T.A.R. Puglia (BA) Sez. I n. 718 del 12 maggio 2011
Sostanze pericolose. Amianto e bonifica

Sulla illegittimità dell’ordine di rimozione e smaltimento, entro sessanta giorni, di tutto l’amianto presente in uno stabilimento  imposto, ex art. 54, comma secondo, del decreto legislativo 28 agosto 2000 n. 267

N. 00718/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00687/2003 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Prima)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


sul ricorso numero di registro generale 687 del 2003, proposto da Italcementi S.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati Vincenzo Caputi Jambrenghi e Riccardo Villata, con domicilio eletto presso il primo, in Bari – Marina S. Giorgio, via Abate Eustasio, 5;


contro


Comune di Modugno;
Azienda U.S.L. Ba/4;

per l'annullamento

- dell'ordinanza n. 7901 del 12 febbraio 2003, notificata in data 18 febbraio 2003, con la quale il Sindaco ha imposto alla società ricorrente di provvedere con urgenza alla bonifica dei materiali contenenti amianto presenti nell'insediamento industriale di sua proprietà;

- di ogni altro atto conseguenziale, presupposto e/o comunque connesso, e segnatamente, ove occorrer possa, della nota n. 294 del 10 febbraio 2003, redatta dal P.M.P. A.U.S.L. BA/4.


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Vista la memoria difensiva;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 febbraio 2011 il cons. Giuseppina Adamo e udito l’avv. Francesco Muscatello, per delega dell'avv. Vincenzo Caputi Jambrenghi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO


La società per azioni Italcementi ha utilizzato un complesso industriale ubicato nel territorio di Modugno di sua proprietà. L’area è stata ceduta nel 2002 alla Italgen s.p.a., che l’ha concessa in uso alla dante causa per lo svolgimento dell’attività di un centro di consegna.

Già dal 1994 era risultata la necessità di un piano di bonifica del sito, poiché le lavorazioni nel tempo avevano interessato anche materiali contenenti amianto – EMCA.

I lavori, suddivisi in due lotti, sono stati effettuati nel 1999-2000 e nel 2002.

Il Sindaco ha poi emesso l'ordinanza n. 7901 del 12 febbraio 2003, con la quale ha imposto alla società di provvedere con urgenza alla bonifica dei materiali contenenti amianto presenti nell'insediamento; ciò sulla base del parere espresso nella nota n. 294 del 10 febbraio 2003, redatta dal P.M.P. A.U.S.L. BA/4.

La Italcementi impugna i suddetti atti: in primo luogo, sostiene che non sussistono nella fattispecie i presupposti dell’ordinanza contingibile e urgente e che il termine fissato (sessanta giorni) sia incongruo; in secondo luogo, denuncia la violazione degli articoli 3, 7 e 8 della legge 7 agosto 1990 n. 241 e del principio di proporzionalità; infine lamenta la carenza d’istruttoria e l’insufficiente accertamento dei fatti, nonché il mancato rispetto del decreto legislativo n. 277/1991, della legge n. 257/1992 e del decreto ministeriale 6 settembre 1994.

Prima dell’udienza del 23 febbraio 2011, fissata per la discussione della causa, la ricorrente ha segnalato, con apposita memoria del 21 gennaio 2011, che, successivamente al provvedimento sindacale impugnato, il Comune in data 31 marzo 2004 ha approvato il piano d’intervento presentato dalla società, e, nell’occasione ha preso atto che dai monitoraggi ambientali risulta “l’assenza di problemi di dispersioni di fibre di amianto nell’ambiente”, attestando la “congruenza tra la tipologia di materiale contenente amianto presente e il censimento effettuato dall’azienda ai fini dell’approvazione di precedenti piani di bonifica”.

Sul presupposto che la bonifica dell’amianto prescritta dalla legge sia stata completata (circostanza risultante dai documenti prodotti in data 13 gennaio 2011), l’istante ha chiesto, in subordine, che il Tribunale pronunci una sentenza ai sensi degli articoli 30 e 34 del codice del processo amministrativo, approvato con il decreto legislativo 2 luglio 2010 n. 104, accertando comunque l’illegittimità delle prescrizioni relative alla fissazione di un termine irragionevole e all’eliminazione dell’amianto in matrice compatta.

Occorre chiarire in premessa che l’ordinanza impugnata, emessa espressamente ai sensi dell’articolo 54, comma secondo, del decreto legislativo 28 agosto 2000 n. 267, imponeva, entro sessanta giorni dalla notifica del provvedimento, la bonifica dei materiali contenti amianto presenti nell’insediamento e in particolare la “rimozione e smaltimento di tutto l’amianto e nella bonifica delle parti d’impianto che, trovandosi a contatto con materiali friabili e degradati, possono essere stati contaminati”.

Le contestazione attoree si appuntano allora sull’ampiezza dell’oggetto, con specifico riferimento alla normativa di settore.

Già, in generale, nell'articolo 12, terzo comma, della legge 27 marzo 1992, n. 257 ("Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto") ritiene praticabile "la rimozione dei materiali contenenti amianto, sia floccato che in matrice friabile", solo "Qualora non si possa ricorrere a tecniche di fissaggio".

Secondo poi le apposite normative e metodologie tecniche dettate con il decreto del Ministero della Sanità 6 settembre 1994 devono essere compiutamente valutate le tecniche di bonifica, tenendo conto che la rimozione dei materiali contenenti amianto comporta un rischio estremamente elevato per i lavoratori addetti e per la contaminazione dell'ambiente, produce notevoli quantitativi di rifiuti tossici e nocivi che devono essere correttamente smaltiti e presenta costi elevati nell'immediato (articolo 3-metodi di bonifica-). Nella scelta del metodo di bonifica viene suggerito tra l'altro che "un intervento di rimozione spesso non costituisce la migliore soluzione per ridurre l'esposizione ad amianto. Se viene condotto impropriamente può elevare la concentrazione di fibre aerodisperse, aumentando, invece di ridurre, il rischio di malattie da amianto".

Agli articoli 1 e 2 il medesimo decreto si occupa, altresì, della pericolosità dei materiali di amianto, chiarendo che essa "dipende dall'eventualità che siano rilasciate fibre aerodisperse nell'ambiente che possono venire inalate dagli occupanti. Il criterio più importante da valutare in tal senso è rappresentato dalla friabilità dei materiali: si definiscono friabili i materiali che possono essere sbriciolati o ridotti in polvere mediante la semplice pressione delle dita. I materiali friabili possono liberare fibre spontaneamente per la scarsa coesione interna (soprattutto se sottoposti a fattori di deterioramento quali vibrazioni, correnti d'aria, infiltrazioni di acqua) e possono essere facilmente danneggiati nel corso di interventi di manutenzione o da parte degli occupanti dell'edificio, se sono collocati in aree accessibili". Viene poi espressamente specificato che "I ricoprimenti a spruzzo (floccati) sono generalmente materiali friabili mentre i rivestimenti di tubazioni e i materiali in cemento-amianto sono materiali in origine poco o niente friabili, lo possono tuttavia diventare a seguito del degrado subito a causa di fattori ambientali".

Alla luce dalle premesse può essere esaminato e deciso il ricorso.

Da un lato, è evidente che è venuto meno l'interesse all’annullamento del provvedimento nella parte incidente sul reparto macinazione carbone-primo piano; sul reparto macinazione cotto-primo piano; sul forno 1 (secondo piano), sul forno 2 (primo piano) e sul forno 3, nonché sul reparto forni, tramogge e scambiatori di calore primo, secondo e terzo livello. Infatti, a seguito di esecuzione del piano di bonifica presentato il 30 maggio-3 giugno 2003 e dei successivi piani di lavoro, la Italcementi ha ottenuto i relativi certificati di restituibilità (5 aprile 2007 n. 58.100, I giugno 2007 n. 45.234, 25 luglio 2007 n. 135.928 e 21 settembre 2007 n. 169.250).

Rispetto agli aspetti coinvolti da tali certificati, occorre poi notare che la società non ha mosso specifiche censure riguardanti propriamente tali porzioni dell’impianto in cui presumibilmente si concentravano i “nastri trasportatori, costituenti dei pluviali, vasche e frangisole delle finestrature”, contenenti elevate quantità di amianto e, per il loro stato di degrado, suscettibili d’ingenerare una situazione di pericolo per la salute pubblica, come segnalato nella gravata ordinanza sindacale.

Di conseguenza, al riguardo, in assenza di appositi rilievi e domande, non vi è spazio per pronunciarsi ai sensi anche dell’articolo 34, terzo comma, del codice del processo amministrativo in ordine a profili diversi e più puntuali rispetto a quelli da esaminare in riferimento al complesso dell’atto.

Dall’altro lato, in riferimento appunto al complesso dell’ordinanza, si deve ricordare che, già nel corso del procedimento relativo a quest’ultimo stralcio, il Comune di Modugno, nell'esprimere parere favorevole all'intervento, aveva preso atto che i monitoraggi effettuati indicano "l'assenza di problemi di dispersione di fibre di amianto nell'ambiente " e aveva riconosciuto la "congruenza tra tipologia di materiale presente e il censimento effettuato dall'azienda ai fini della presentazione del piano generale di bonifica " (nota sindacale 31 marzo 2004 prot. 17.744 - I aprile 2004).

Ciò conferma quanto sostenuto dall’istante a sostegno delle proprie censure nei confronti dell'ordinanza sindacale, laddove essa imponeva la “rimozione e smaltimento di tutto l’amianto". In effetti, rispetto all'ampiezza degli obblighi imposti alla società, non è risultato sussistente il presupposto della situazione di necessità grave e urgente che giustifica il ricorso a misure extra ordinem.

Di conseguenza, neppure appaiono congrui i termini assegnati dall'ordinanza per la realizzazione della bonifica, che non tengono conto dei delicati passaggi procedurali, necessitati non solo dall'esigenza di prescegliere in modo ponderato e di pianificare attentamente le modalità delle operazioni, ma anche da quella di tutelare i lavoratori impiegati nella pericolosa attività a contatto con fibre di amianto (legge n. 257/1992; decreto legislativo n. 277/1991).

In conclusione, l'atto gravato è d’annullare nella parte in cui ordina la “rimozione e smaltimento di tutto l’amianto".

Dato l'esito del giudizio, le spese, da compensare parzialmente, vanno poste a carico del Comune di Modugno, come da liquidazione in dispositivo.


P.Q.M.


il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse e in parte lo accoglie e, per l'effetto, annulla l'ordinanza del sindaco di Modugno n. 7901 del 12 febbraio 2003, laddove ordina la “rimozione e smaltimento di tutto l’amianto".

Condanna il Comune di Modugno al pagamento di € 2.000,00, più CU, CPI e IVA, come per legge, a favore della società ricorrente, a titolo di spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 23 febbraio 2011 con l'intervento dei magistrati:

Corrado Allegretta, Presidente
Giuseppina Adamo, Consigliere, Estensore
Savio Picone, Referendario

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/05/2011