Cass. Sez. III n. 6420 dell’11 febbraio 2008 (Ud. 7 Nov. 2007)
Pres. Postiglione Est. Fiale Ric. Girolimetto
Rifiuti. Gestione e responsabilità

In tema di gestione dei rifiuti, le responsabilità per la sua corretta effettuazione, in relazione alle disposizioni nazionali e comunitarie; gravano su tutti i soggetti coinvolti nella produzione, distribuzione, utilizzo e consumo dei beni dai quali originano i rifiuti stessi, e le stesse si configurano anche a livello di semplice istigazione, determinazione, rafforzamento o facilitazione nella realizzazione degli illeciti. Il concetto di "coinvolgimento" trovava specificazione nelle disposizioni poste dall\'art. 10 del D.Lgs. n. 22/1997 ed attualmente dall\'art. 188 del D.Lgs. n. 152/2006 (fatte salve le ipotesi di concorso di persone nel reato), ma la giurisprudenza della Corte Suprema ha specificato che anche la mera osservanza delle condizioni di cui all\'art. 10 non vale ad escludere la responsabilità dei detentori e/o produttori di rifiuti allorquando costoro si siano "resi responsabili di comportamenti materiali o psicologici tali da determinare una compartecipazione, anche a livello di semplice facilitazione, negli illeciti commessi dai soggetti dediti alla gestione dei rifiuti". Il sistema della responsabilità penale, inoltre, nella materia in oggetto, "risulta ispirato ai principi di concretezza e di effettività, con il rifiuto di qualsiasi soluzione puramente formale ed astratta"

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Cagliari - Sezione distaccata di lglesias, con sentenza del 30 gennaio 2007, affermava la responsabilità penale di Girolimetto Albino in ordine al reato di cui:

- all’art. 51, 1° comma, del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, [per avere - nella qualità di legale rappresentante della s.r.l. “C.M.S. - Carpenterie Metalliche Sarde” - avviato circa 250 tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi (rottami ferrosi derivati dallo smantellamento di III impianto di magnesio), a non autorizzate operazioni di smaltimento, conferendoli alla piccola cooperativa “Eurometal” che non era autorizzata allo smaltimento e/o recupero di rifiuti provenienti da terzi e non era iscritta all’albo nazionale dei gestori di rifiuti - in Portoscuo, tra il giugno e il luglio 2003]

e, riconosciute circostanze attenuanti generiche, lo condannava alla pena di euro 3.000,00 di ammenda.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Girolimetto, il quale - sotto i profili del vizio di motivazione e della violazione di legge - ha eccepito che:

- la società cooperativa “Eurometal” aveva stipulato III contratto di associazione in partecipazione, ex art. 2549 cod. civ., con la ditta Ignazio Cossu, regolarmente iscritta all’albo nazionale delle imprese esercenti servizi di smaltimento di rifiuti, ditta che effettuava in concreto le operazioni di smaltimento. Erano stati inoltre correttamente adempiuti gli oneri, imposti dall’art. 10 del D.Lgs. n. 22/1997, di compilazione e ricezione del formulario previsto dal successivo art. 15;

- non era ravvisabile nella propria condotta alcun elemento di colpa, avendo egli delegato le specifiche funzioni al dipendente Alberto Loddo.

 

Motivi della decisione

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perché articolato in fatto e manifestamente infondato.

I. Questa Corte Suprema, con decisione condivisa dal Collegio, già ha affermato che il produttore/detentore dì rifiuti speciali non pericolosi, qualora non provveda all’autosmaltimento o al conferimento dei rifiuti a soggetti che gestiscono il pubblico servizio, può, ex art. 10 del D.Lgs. n. 22/1997, consegnarli ad altri soggetti ma, in tal caso, ha l’obbligo di controllare che si tratti di soggetti autorizzati alle attività di recupero o smaltimento; ove, per contro, tale doverosa verifica sia omessa, il produttore/detentore risponde, a titolo di concorso con il soggetto qualificato, nella commissione del reato di cui all’art. 51, comma 1, dello stesso decreto legislativo (Cass., Sez. III, 17 aprile 2003, n. 16016, Battaglino).

Nella fattispecie in esame l’imputato era gravato dall’obbligo di controllare se il soggetto al quale consegnava i rottami ferrosi fosse effettivamente autorizzato, ai sensi delle disposizioni vigenti, allo smaltimento e/o al recupero dei rifiuti conferiti. Con la consegna del rifiuto al terzo, senza l’esauriente espletamento di tale doverosa verifica, l’imputato ha contribuito, pertanto, con il suo apporto casuale, alla commissione del reato contestato, configurandosi a suo carico una responsabilità colposa per inosservanza della regola di cautela imprenditoriale imposta dalla legge.

L’art. 2, comma 3, del D.Lgs. n. 22/1997 già prevedeva la responsabilizzazione e la cooperazione di tutti i soggetti “coinvolti”, a qualsiasi titolo, nel ciclo di gestione non soltanto dei rifiuti ma anche degli stessi “beni da cui originano i rifiuti” e l’art. 178, 3° comma, del D.Lgs. n. 152/2006 ha puntualmente ribadito il principio di “responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell’utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti”.

Sul punto, pertanto, questa Corte (Sez. III, 24 febbraio 2004, n. 7746, Turati ed altro) ha rilevato che, in tema di gestione dei rifiuti, le responsabilità per la sua corretta effettuazione, in relazione alle disposizioni nazionali e comunitarie, gravano su tutti i soggetti coinvolti nella produzione, distribuzione, utilizzo e consumo dei beni dai quali originano i rifiuti stessi, e le stesse si configurano anche a livello di semplice istigazione, determinazione, rafforzamento o facilitazione nella realizzazione degli illeciti.

Il concetto di “coinvolgimento” trovava specificazione nelle disposizioni poste dall’art. 10 del D.Lgs. n. 22/1997 ed attualmente dall’art. 188 del D.Lgs. n. 152/2006 (fatte salve le ipotesi di concorso di persone nel reato), ma la giurisprudenza di questa Corte Suprema ha specificato che anche la mera osservanza delle condizioni di cui all’art. 10 non vale ad escludere la responsabilità dei detentori e/o produttori di rifiuti allorquando costoro si siano “resi responsabili di comportamenti materiali o psicologici tali da determinare IIIa compartecipazione, anche a livello di semplice facilitazione, negli illeciti commessi dai soggetti dediti alla gestione dei rifiuti” (vedi Cass., Sez, III, 6 febbraio 2000, n. 1767, Riva). Il sistema della responsabilità penale, inoltre, nella materia in oggetto, “risulta ispirato ai principi di concretezza e di effettività, con il rifiuto di qualsiasi soluzione puramente formale ed astratta” (vedi Cass., Sez. III, 20 ottobre 1999, n. 11951, P.M. in proc. Bonomelli).

2. Nella specie si pone come assolutamente irrilevante l’esistenza di III contratto di associazione in partecipazione (prodotto all’udienza del 28 marzo 2006) stipulato ex art. 2549 cod. civ. tra la società cooperativa “Eurometal” e Ignazio Cossu (che in esso si definisce “autotrasportatore con autorizzazione allo smaltimento dei materiali ferrosi”), poiché:

- con tale atto (carente, tra l’altro, di data certa) l’imprenditore “associato” si impegnava a prestare “la propria personale opera autonoma in favore della Eurometal, per quanto necessario avvalendosi dell’organizzazione dell’associante”;

- il Cossu era iscritto all’albo nazionale delle imprese esercenti servizi di smaltimento di rifiuti per la “categoria 3 classe D” ed esclusivamente per i rifiuti speciali consistenti in “veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti”;

- il trasporto consentito doveva effettuarsi con l’autocarro “Iveco Fiat” targato CA701282.

I formulari prodotti in giudizio riguardano - invece - “ferro da taglio” e “ferro pronto forno”, trasportato con l’automezzo targato ZA1O2LP e risultano tutti redatti tra la s.r.l. “C.M.S.” e la piccola cooperativa “Eurometal”, sicché è stato comunque introdotto nel ciclo di gestione dei rifiuti III soggetto non autorizzato (tenuto conto della caratteristica “soggettiva” dell’atto autorizzatorio), che ha impegnato la propria organizzazione nelle operazioni di smaltimento, recupero e trasporto.

3. Quanto alla prospettata “delega di funzioni” al dipendente Loddo, va rilevato che alcune pronunzie di questa Corte hanno negato in modo assoluto la rilevanza penale della delega in materia ambientale (vedi, in tema di inquinamento idrico, Cass., Sez. III: 8 gennaio 1992, Furlani; 8 febbraio 1991, Bortoluzzi; 11 aprile 1989, Pomari).

L’indirizzo prevalente, però - dapprima limitato al campo dell’inquinamento idrico e successivamente esteso anche al settore dei rifiuti - perviene a conclusioni analoghe a quelle elaborate in tema di sicurezza sul lavoro, affermando la rilevanza della delega in presenza di precisi requisiti (vedi Cass., Sez. III, 24 settembre 1990, Manghi):

- la delega deve essere puntuale ed espressa, senza che siano trattenuti in capo al delegante poteri residuali di tipo discrezionale (Cass., Sez. III, 22 giugno 1998, Moscatelli);

- il soggetto delegato deve essere tecnicamente idoneo e professionalmente qualificato per lo svolgimento del compito affidatogli (Cass., Sez. III, 14 maggio 2002, Saba);

- il trasferimento delle funzioni deve essere giustificato in base alle dimensioni dell’impresa (Cass., Sez. III, 14 maggio 2002, Saba) o, quanto meno, alle esigenze organizzative della stessa (vedi Cass., Sez. III, 29 maggio 1996, Bressan);

- unitamente alle funzioni devono essere trasferiti i correlativi poteri decisionali e di spesa;

- l’esistenza della delega deve essere giudizialmente provata in modo certo.

Nessuno di tali requisiti risulta dimostrato nella specie.

4. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte Costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che la parte “abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria della inammissibilità medesima segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 1.000,00.