Cass. Sez. III n. 38857 del 14 ottobre 2022 (UP 8 giu 2022)
Pres. Di Nicola Est. Cerroni Ric. Ghiringhelli
Rumore.Ambito di applicazione dell’art. 659 cod. pen.

Quanto al reato di cui all’art. 659 cod. pen., l’ambito di operatività di detta norma, con riferimento ad attività o mestieri rumorosi, deve essere individuato nel senso che, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione fissati secondo i criteri di cui alla legge 447/95, mediante impiego o esercizio delle sorgenti individuate dalla legge medesima, si configura il solo illecito amministrativo di cui all’art. 10, comma 2 della legge quadro; quando, invece, la condotta si sia concretata nella violazione di disposizioni di legge o prescrizioni dell’autorità che regolano l’esercizio del mestiere o dell’attività, sarà applicabile la contravvenzione sanzionata dall’art. 659 comma 2 cod. pen., mentre, nel caso in cui l’attività ed il mestiere vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete, sarà configurabile la violazione sanzionata dall’art. 659, comma 1 cod. pen. indipendentemente dalla fonte sonora dalla quale i rumori provengono, quindi anche nel caso in cui l’abuso si concretizzi in un uso smodato dei mezzi tipici di esercizio della professione o del mestiere rumoroso

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 1. ottobre 2021 la Corte di Appello di Milano, peraltro confermando le statuizioni civili di cui alla sentenza del 16 maggio 2019 del Tribunale di Busto Arsizio resa in esito a giudizio abbreviato, ha dichiarato non doversi procedere nei riguardi di Maria Antonietta Ghiringhelli, nella qualità di presidente del consiglio di amministrazione della s.p.a. Nastrificio di Cassano, essendo il reato di cui all’art. 659 cod. pen. estinto per prescrizione.
2. Avverso la predetta decisione l’imputata ha proposto ricorso per cassazione articolato su unico complesso motivo di impugnazione.
2.1. In particolare, la ricorrente, deducendo erronea interpretazione ed applicazione della legge e vizio motivazionale, ha osservato che dalle verifiche svolte il livello delle immissioni sonore si collocava al limite della legge 447 del 1995, mentre erano cessate le immissioni notturne che, in precedenza, erano state sanzionate dal Tribunale di Gallarate.
Il mancato superamento dei limiti di legge non rendeva in alcun modo realizzabile il reato di cui all’art. 659 cit., mentre in ogni caso si trattava di attività rumorosa, in ordine alla quale si rendeva applicabile la costante giurisprudenza formatasi sul punto.
3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell’inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è fondato per quanto di ragione.
4.1. In relazione al motivo di censura, è stato ribadito da questa Corte di legittimità che, quanto al reato di cui all’art. 659 cod. pen., l’ambito di operatività di detta norma, con riferimento ad attività o mestieri rumorosi, deve essere individuato nel senso che, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione fissati secondo i criteri di cui alla legge 447/95, mediante impiego o esercizio delle sorgenti individuate dalla legge medesima, si configura il solo illecito amministrativo di cui all’art. 10, comma 2 della legge quadro; quando, invece, la condotta si sia concretata nella violazione di disposizioni di legge o prescrizioni dell’autorità che regolano l’esercizio del mestiere o dell’attività, sarà applicabile la contravvenzione sanzionata dall’art. 659 comma 2 cod. pen., mentre, nel caso in cui l’attività ed il mestiere vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete, sarà configurabile la violazione sanzionata dall’art. 659, comma 1 cod. pen. indipendentemente dalla fonte sonora dalla quale i rumori provengono, quindi anche nel caso in cui l’abuso si concretizzi in un uso smodato dei mezzi tipici di esercizio della professione o del mestiere rumoroso (da ult. Sez. 3, n. 25424 del 05/06/2015, dep. 2016, Pastore, non mass.) (così, in motivazione, Sez. 3, n. 39261 del 30/05/2018, Vignoli, non mass.).
Più in generale, quindi, è stato ripetutamente osservato che, in tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, l’esercizio di una attività o di un mestiere rumoroso integra: A) l’illecito amministrativo di cui all’art. 10, comma 2, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione del rumore fissati dalle disposizioni normative in materia; B) il reato di cui al comma 1 dell’art. 659, cod. pen., qualora il mestiere o la attività vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete; C) il reato di cui al comma 2 dell’art. 659 cod. pen., qualora siano violate specifiche disposizioni di legge o prescrizioni della Autorità che regolano l’esercizio del mestiere o della attività, diverse da quelle relative ai valori limite di emissione sonore stabiliti in applicazione dei criteri di cui alla legge n. 447 del 1995 (Sez. 3, n. 56430 del 18/07/2017, Vazzana, Rv. 273605; Sez. 3, n. 5735 del 21/01/2015, Giuffrè, Rv. 261885; da ult. Sez. 3, n. 12519 del 16/01/2020, Reyes, non mass.).
4.2. In definitiva, quindi, la Corte territoriale ha invece ritenuto che il riferimento ai limiti di rumorosità delle emissioni sonore fissate per legge non rilevava ai fini della contravvenzione contestata, posto che la condotta punibile nel reato contravvenzionale non è il superamento dei limiti di legge  ma i criteri di normale sensibilità e tollerabilità in un determinato contesto sociale ambientale.
4.2.1. A questo proposito, peraltro, la non condivisibilità di siffatto principio reso dai Giudici del merito, i quali non hanno per vero considerato la natura - pacificamente - rumorosa dell’attività esercitata dalla società legalmente rappresentata dall’odierna ricorrente, non muta radicalmente i termini della questione.
4.2.2. Vero è, infatti, che la Corte territoriale ha giustificato il mancato proscioglimento a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. e si è limitata a dichiarare la prescrizione del reato, assumendo quindi espressamente – da un lato - la continuità delle molestie anche in periodi successivi alla prima condanna intervenuta per fatti analoghi da parte del Giudice di Gallarate (in sé non contestati dalla ricorrente, se non per il fatto che, v. supra, si sarebbe trattato di sanzione derivante dall’ormai dismessa attività notturna del nastrificio) e – dall’altro – dando conto della riduzione comunque della rumorosità (a prescindere quindi dalla regola iuris applicabile) a seguito dell’adozione di idonei dispositivi da parte della società della Ghiringhelli.
Va da sé che va senz’altro annullata la sentenza impugnata limitatamente alle disposizioni e ai capi che riguardano l’azione civile, con rinvio in proposito al Giudice civile competente in grado di appello.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alle disposizioni e ai capi che riguardano l’azione civile e con rinvio al Giudice civile competente in grado di appello.

Così deciso in Roma il 08/06/2022