TAR Calabria (CZ) Sez. I n. 293 del 10 febbraio 2025
Rifiuti.Gestione e responsabilità del produttore
In tema di responsabilità nella gestione dei rifiuti l’art. 188, comma 4, del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i. stabilisce che la consegna dei rifiuti, ai fini del trattamento, dal produttore iniziale ad un intermediario abilitato, al di fuori dei casi di concorso di persone nel fatto illecito, esclude la responsabilità dello stesso produttore per il recupero o smaltimento dei rifiuti laddove il conferimento sia effettuato a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento a condizione che “…il detentore abbia ricevuto il formulario di cui all'articolo 193 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore ovvero che alla scadenza di detto termine il produttore o detentore abbia provveduto a dare comunicazione alle autorità competenti della mancata ricezione del formulario”. L’esclusione di responsabilità presuppone che il produttore sia in possesso del formulario di cui all'art. 193 del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 controfirmato e datato dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore (segnalazione Avv. A. Calzone)
Pubblicato il 10/02/2025
N. 00293/2025 REG.PROV.COLL.
N. 00358/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 358 del 2024, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Angelo Crisafulli, Teodora Marocco e Leonardo Maurizio Procopio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Il Comune di -OMISSIS-, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Angelo Calzone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
-OMISSIS- e -OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avvocati Antonella Capria, Tomaso Cenci e Francesca Carlesi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
-OMISSIS-, Provincia di Vibo Valentia, Arpacal Calabria, Regione Calabria, Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, Commissario Straordinario per la Bonifica delle Discariche Abusive, Prefettura Vibo Valentia, Ufficio Territoriale del Governo, Wwf Italia, Sede Nazionale, Ministero dell'Interno, non costituiti in giudizio;
per l'annullamento, previa sospensiva dell’efficacia,
- dell''ordinanza del Comune di -OMISSIS- n. -OMISSIS- avente ad oggetto “-OMISSIS-”;
- del verbale di sopralluogo, non conosciuto, del -OMISSIS-;
- ove occorra dell''ordinanza del Comune di -OMISSIS- n. -OMISSIS- avente ad oggetto “-OMISSIS-”;
- ove occorra, della delibera della Giunta Comunale di -OMISSIS- n. -OMISSIS-;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di -OMISSIS- e di -OMISSIS- e -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 dicembre 2024 il dott. Cristiano De Giovanni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
a. La società -OMISSIS- ha proposto ricorso contro il Comune di -OMISSIS- e nei confronti di -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, la Provincia di Vibo Valentia, l’Arpacal Calabria, la Regione Calabria, il Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, il Commissario Straordinario per la Bonifica delle Discariche Abusive, la Prefettura Vibo Valentia, l’ Ufficio Territoriale del Governo, il Wwf Italia, la Sede Nazionale e il Ministero dell'Interno, per ottenere l’annullamento, previa sospensiva dell’efficacia, dell'ordinanza Sindacale n. -OMISSIS-, del verbale di sopralluogo, non conosciuto, del -OMISSIS- e, ove occorra, dell'ordinanza Sindacale n. -OMISSIS- del Comune di -OMISSIS- e contestuale avviso di avvio del procedimento amministrativo ex art. 7 Legge 241/90” e, sempre ove occorra, della delibera della Giunta Comunale di -OMISSIS--OMISSIS- n. -OMISSIS- nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente.
a.1. La società ricorrente, sul presupposto di essere proprietaria della centrale -OMISSIS- “-OMISSIS-” di -OMISSIS-” (già -OMISSIS-) nel cui ambito di gestione si generano dei rifiuti dall’impianto di trattamento delle acque reflue (ITAR) e dall’impianto di trattamento spurghi di desolforazione DeSOx (ITSD), ed in particolare fanghi, di essere tali fanghi sempre stati classificati come rifiuti non pericolosi e di essere stati trasportati, nel periodo -OMISSIS-, tramite soggetti scelti con apposita gara, presso l’impianto di produzione di-OMISSIS-di -OMISSIS- (“-OMISSIS-”) sito nel comune di -OMISSIS- in provincia di Vibo Valentia – impianto soggetto alle verifiche della Provincia di Vibo Valentia-, di essere stato sottoposto a procedura fallimentare detto impianto nel 2008 e di essere stato avviato un procedimento penale per ipotizzati gravi danni ambientali poi conclusosi con sentenza del -OMISSIS- del Tribunale Penale di Vibo Valentia dichiarativa della sopravvenuta prescrizione dei medesimi, di avere il Comune di -OMISSIS- notificato alla ricorrente l’ordinanza sindacale impugnata n. -OMISSIS- con la quale era stato ingiunto alla medesima di adempiere a molteplici prescrizioni, tra le quali, la rimozione dei rifiuti, ha formulato una serie di censure volte a denunciare l’illegittimità del provvedimento, atteso che la ricorrente avrebbe correttamente provveduto alla gestione dei rifiuti conferendoli a soggetti autorizzati (motivo 1); che l’eventuale concorso della ricorrente nel fatto illecito (di terzi) costituito dall’abbandono dei rifiuti sarebbe stato escluso da due sentenze penali e dall’affidamento legittimo sorto per effetto della documentazione amministrativa e dei titoli di -OMISSIS- (motivo 2); che la ricorrente avrebbe rispettato i quantitativi massimi di tonnellate annuali conferibili nell’impianto della -OMISSIS- (motivo 3); che l’ammasso di rifiuti sarebbe stato realizzato prima dell’agosto 2005 di modo che i rifiuti presenti prima di tale data -e pari a circa 103.589 tonnellate- sarebbero stati correttamente recuperati (motivo 4); che l’ente comunale non avrebbe adottato alcuna ordinanza nei confronti della curatela fallimentare (motivo 5); che la sentenza n. -OMISSIS- del Tribunale di Vibo Valentia e quella n. -OMISSIS- del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Vibo Valentia avrebbero escluso la responsabilità della ricorrente nel trattamento dei rifiuti (motivo 6); che delle circa 135.000 tonnellate ammassate, al più solo 22.226,74 tonnellate, ossia la porzione di rifiuti abbancata dopo il mese di Agosto 2005, potrebbero essere state oggetto di non corretta gestione e non il 90% come stabilito dal Comune (motivo 7); che nell’area non sussisterebbe alcun grave rischio per la salute pubblica e per la tutela dell’ambiente (motivo 8); che le ragioni sottese al provvedimento impugnato sarebbero finalizzate a coinvolgere la ricorrente unicamente per finalità di opportunità economica e indipendentemente da ogni sua responsabilità (motivo 9); che l’ordinanza impugnata risulterebbe abnorme anche nella parte in cui detta i tempi per la predisposizione del piano di ripristino e quelli per l’esecuzione dell’intervento (motivo 10).
b. Nel costituirsi il Comune di -OMISSIS- ha chiesto rigettarsi la domanda della ricorrente in quanto la sentenza n. -OMISSIS- avrebbe riconosciuto la responsabilità della società -OMISSIS- nello smaltimento illecito dei rifiuti tanto da avere prescritto al Sindaco di adottare l’ordinanza ai sensi dell’art. 192 del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i. (come già avvenuto con altra sentenza del Tribunale di -OMISSIS-per vicenda analoga che aveva coinvolto sempre la società -OMISSIS-); i contratti di conferimenti dei rifiuti a soggetti autorizzati avrebbero garantito solo periodi parziali; i fanghi provenienti dalla centrale -OMISSIS- di -OMISSIS- avrebbero dovuto essere recuperati e non depositati ossia messi in riserva stante l’assenza di apposita autorizzazione in tal senso e che il terrapieno di rifiuti sarebbe da ricondurre all’attività della ricorrente; il mancato coinvolgimento della curatela fallimentare sarebbe conseguenza della chiusura della procedura fallimentare per mancanza di attivo; le risultanze delle indagini penali avrebbero fatto emergere la piena responsabilità della società -OMISSIS-.
c. Nel costituirsi, -OMISSIS- e -OMISSIS-, hanno chiesto rigettarsi il ricorso della società -OMISSIS- rilevando che le doglianze della ricorrente volte a far emergere l’illegittimità della ordinanza n. -OMISSIS- per avere escluso la responsabilità dei proprietari dell’area sarebbero infondate atteso che l’ordinanza Sindacale n. -OMISSIS- che “ingiungeva a -OMISSIS-, in solido ai proprietari dell’area e agli altri responsabili ivi individuati, la rimozione di tutti i rifiuti”, era stata annullata a seguito di accoglimento del ricorso straordinario innanzi al Presidente della Repubblica - proposto dagli odierni terzi controinteressati quali soggetti proprietari- in quanto non era emersa la prova della sussistenza del dolo, della colpa ovvero della violazione dei doveri di diligenza media non potendo i relativi oneri di vigilanza estendersi al controllo delle attività di impresa, all’origine della produzione dei rifiuti abbandonati, poste in essere dalla Società -OMISSIS- in costanza del rapporto di locazione.
d. Con ordinanza collegiale di questa Sezione n.-OMISSIS- è stata rigettata l’istanza incidentale di sospensione cautelare del provvedimento impugnato. Con ordinanza collegiale n. -OMISSIS- della Quarta Sezione del Consiglio di Stato, in accoglimento dell’appello cautelare, in riforma della citata pronuncia, è stata accolta l’istanza incidentale di sospensione cautelare del provvedimento impugnato.
e. Nella pubblica udienza dell’11 dicembre 2024 il ricorso è stato ritenuto per la decisione.
f. Tanto premesso, occorre precisare che la vicenda, sottesa ai provvedimenti impugnati, concerne l’individuazione di profili di responsabilità sul trattamento di fanghi provenienti dalla -OMISSIS-di -OMISSIS- presso l’impianto di produzione di-OMISSIS-di -OMISSIS- (società poi dichiarata fallita nell’anno 2008 e con chiusura della procedura nel 2013 per carenza di attivo) sito nel Comune di -OMISSIS- in provincia di Vibo Valentia causa successiva scoperta, nel luogo in cui si trovava l’impianto, di un ammasso di rifiuti costituiti da fanghi o cenere, rifiuti generici e rifiuti metallici, con concentrazioni di Vanadio e Nichel, da cui era derivato l’avvio di indagini da parte del competente Ufficio della Procura della Repubblica con il coinvolgimento di periti nominati d’ufficio e l’adozione di una prima sentenza del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Vibo Valentia n. -OMISSIS- e di quella successiva del Tribunale Penale di Vibo Valentia n.-OMISSIS-.
g. Tutto ciò premesso si procede ad esaminare i motivi formulati dalla ricorrente.
1. Con il primo motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione di legge (art. 192 e 188, d.lgs. 152 del 2006, già art. 14 d.lgs. n. 22 del 1997; art. 3 l. 241 del 1990). Difetto di motivazione e di istruttoria. Travisamento dei fatti.” la ricorrente si è lamentata del fatto che nell’impugnata ordinanza n. -OMISSIS- l’ente comunale avrebbe erroneamente configurato una responsabilità del produttore dei rifiuti da escludersi atteso il loro conferimento a soggetti autorizzati ex lege da parte di -OMISSIS-
Il motivo è infondato.
1.1. In tema di responsabilità nella gestione dei rifiuti l’art. 188, comma 4, del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i. stabilisce che la consegna dei rifiuti, ai fini del trattamento, dal produttore iniziale ad un intermediario abilitato, al di fuori dei casi di concorso di persone nel fatto illecito, esclude la responsabilità dello stesso produttore per il recupero o smaltimento dei rifiuti laddove il conferimento sia effettuato a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento a condizione che “…il detentore abbia ricevuto il formulario di cui all'articolo 193 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore ovvero che alla scadenza di detto termine il produttore o detentore abbia provveduto a dare comunicazione alle autorità competenti della mancata ricezione del formulario”.
1.2. La giurisprudenza richiamata dalla stessa ricorrente (ex multis T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 14 aprile 2023, n. 945) evidenzia che l’esclusione di responsabilità presuppone che il produttore sia in possesso del formulario di cui all'art. 193 del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 controfirmato e datato dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore.
1.2.1. Nell’impugnata ordinanza n. -OMISSIS- il Comune di -OMISSIS- ha rilevato che, sulla base del consolidato principio della responsabilità condivisa nella gestione dei rifiuti, quella per la corretta gestione dei medesimi grava su tutti i soggetti coinvolti nella loro produzione, detenzione, trasporto e smaltimento, essendo detti soggetti investiti di una posizione di garanzia in ordine al corretto smaltimento dei rifiuti stessi.
L’ente comunale nel ritenere sussistente la responsabilità della ricorrente, a titolo di colpa, per l’abbandono di rifiuti provenienti per il 90% dalla centrale -OMISSIS- di -OMISSIS- nel sito della ex -OMISSIS- di -OMISSIS-, ha evidenziato che dalla documentazione contenuta nel fascicolo del dibattimento relativo al procedimento penale n. -OMISSIS- a cui è seguita la sentenza -OMISSIS- del Tribunale Penale di Vibo Valentia è emersa la provenienza dei rifiuti (MUD, FIR e registri carico e scarico) smaltiti illecitamente (mediante sversamento sulla nuda terra).
1.2.2. Nella sentenza del Tribunale Penale di Vibo Valentia del -OMISSIS- risulta che all’epoca dei fatti -OMISSIS- risultava svolgere, presso l’opificio, attività di custode e socio all’interno della c.d. -OMISSIS-; costui ha riconosciuto di avere apposto la sua firma su alcuni dei formulari e ha dichiarato che questi ultimi erano stati conferiti a corredo dei rifiuti trasportati successivamente alla chiusura della -OMISSIS-; pertanto rispetto al ruolo del -OMISSIS- il Tribunale di Vibo Valentia ha concluso che: “..apponendo la firma in un momento successivo rispetto alla chiusura dell’opificio acclarava che quei materiali venivano riutilizzati nella -OMISSIS-. Questi formulari autorizzativi di trasporto a firma del -OMISSIS- venivano sottoscritti dal ricevente per attestazione e poi tornavano al produttore del rifiuto per il tramite dell’autista” (pagg. 11 e 12).
Del pari il Tribunale di Vibo Valentia ha evidenziato che “…il teste -OMISSIS- dichiarava altresì che dall’analisi dei formulari emergevano le firme di altri soggetti, identificati in alcuni degli odierni imputati. In particolare, nel periodo di funzionamento della -OMISSIS- i formulari erano firmati dal -OMISSIS- o dal - OMISSIS-, in qualità di amministratori della società, e solo in alcune da qualche delegato” (pag. 12) e che “-OMISSIS- veniva coinvolto nelle indagini in qualità di titolare della società -OMISSIS- che si occupava del trasporto dei materiali per il riciclo e in quanto tale doveva accertarsi che la documentazione che accompagnava il materiale trasportato fosse idonea a identificarlo, a dare il corretto inquadramento sia normativo che chimico. Il teste -OMISSIS-, all’epoca dei fatti in servizio presso la Compagnia della Guardia di Finanza di -OMISSIS-, riferiva circa l’attività di perquisizione e sequestro di documenti rinvenuti all’interno dell’opificio effettuata dopo il sequestro dell’area. Al momento dei controlli i documenti di trasporto risultavano incompleti, in quanto privi di alcune analisi (FIR) che avrebbero dovuto accompagnare il materiale che veniva trasportato. Dalla documentazione veniva confermato inoltre che dal 2000 al 2007 il -OMISSIS- fosse il custode dell’area e che la firma di tali “atti di consegna” dei fanghi risultava essere quella dello stesso sebbene questi non fosse il titolare della -OMISSIS- e pertanto non rientrasse nei suoi compiti” (pag. 13).
1.2.3. Pertanto dal contenuto della sentenza -OMISSIS- (richiamata dalla stessa difesa della ricorrente seppure per dimostrare l’assoluta estraneità ai fatti sottesi al provvedimento impugnato) è dato concludere che l’attività di conferimento dei rifiuti da parte di -OMISSIS- -OMISSIS- non fosse conforme alle prescrizioni di cui al D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e, in specie, all’art. 193 quanto alla corretta tenuta del formulario.
1.2.4. La ricorrente, per dimostrare di avere adempiuto alle prescrizioni di cui al D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i., ha depositato nel presente giudizio una serie di contratti, stipulati nel periodo compreso tra il 2000 e il 2007 con intermediari autorizzati, aventi ad oggetto il ritiro di ceneri e di fanghi provenienti dagli impianti di trattamento acque reflue di processo della -OMISSIS-di -OMISSIS-, da destinare al recupero presso l’impianto di produzione di-OMISSIS--OMISSIS- di -OMISSIS- .
1.2.5. Il collegio osserva che i contratti in esame, pur avendo una durata che è compresa tra i due e i dodici mesi, hanno una parziale efficacia dal momento che non contemplano i seguenti periodi: 1. febbraio 2001 - giugno 2001; 2. febbraio 2003 - novembre 2004; 3. 20 novembre 2005 – dicembre 2006.
1.2.5.1. Dal pari i modelli FIR allegati sono parziali e riguardano solo alcuni mesi degli anni 2000 e 2001.
1.2.6. La ricorrente, rispetto ai periodi privi di copertura contrattuale e considerato quanto emerge dal contenuto della sentenza n. -OMISSIS-, ha allegato un contratto datato 5.1.2007; trattasi di titolo negoziale che operando retroattivamente non è inidoneo ad assicurare le finalità di cui all’art. 188, comma 4, del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i. e a rispettare quanto prescritto dal successivo art. 193.
1.2.7. Né tantomeno assume rilievo la circostanza che la società -OMISSIS- fosse in possesso di regolare abilitazione al riutilizzo dei fanghi nel proprio processo di produzione di-OMISSIS-perché iscritta al registro della provincia di Vibo Valentia al n. -OMISSIS- secondo le procedure semplificate previste all’epoca dal D. Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22.
Si osserva che l’art. 32, comma 2, del D. Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 nello stabilire che, sul presupposto del rispetto delle norme tecniche e delle prescrizioni specifiche adottate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dell'articolo 31, le attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate nel luogo di produzione dei rifiuti stessi potevano essere intraprese decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia territorialmente competente.
La suddetta comunicazione non è idonea a provare la liceità dell’attività svolta a fronte di quanto disposto dall’art. 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241 visto, salvo che il fatto costituisca più grave reato, il dichiarante è punito ai sensi dell'art. 483 c.p. (vds Cass. Pen. Sez. III, 14 marzo 2006, n. 14242 in tema di responsabilità per il reato di cui all'art. 16, comma quinto, del D. Lgs. 27 gennaio 1992 n. 99, per inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione sull’inizio dei lavori di spargimento dei fanghi in agricoltura oltre il termine previsto e senza comunicazione all’autorità competente).
1.2.8. In conclusione non è emersa la prova della conformità degli allegati titoli (per il ritiro di fanghi provenienti dagli impianti di trattamento acque reflue di processo da destinare al riutilizzo) alle disposizioni scriminanti di cui al D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i..
Pertanto, in assenza di idonea prova contraria “per tabulas” e sulla base delle risultanze del procedimento penale di cui alla sentenza n. -OMISSIS-, l’impugnata ordinanza n. -OMISSIS- risulta avere correttamente escluso la sussistenza dei requisiti formali idonei ad escludere l’automatica responsabilità della ricorrente rispetto alle operazioni di effettivo recupero o smaltimento dei rifiuti presso l’ex opificio con conseguente concorso della medesima nella determinazione dei fatti per cui è causa ai sensi dell’art. 188 del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i..
2. Con il secondo motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione di legge (art. 192 e 188, d.lgs. 152 del 2006, già art. 14 d.lgs. n. 22 del 1997; art. 3 l. 241 del 1990) sotto altro profilo. Difetto assoluto di motivazione e di istruttoria. Travisamento dei fatti.”, la ricorrente ha denunciato, sotto diversi profili, l’illegittimità della impugnata ordinanza n. -OMISSIS- sia per l’esistenza di sentenze penali che escluderebbero qualsiasi responsabilità a proprio carico a titolo concorsuale e sia in ragione delle autorizzazioni e dei titoli sussistenti quanto al conferimento dei rifiuti presso l’impianto -OMISSIS-
2.1. Il primo profilo è infondato.
Secondo la difesa della ricorrente sarebbe fatto incontestato che la società -OMISSIS- -OMISSIS- non avrebbe concorso nel fatto illecito (di terzi) costituito dall’abbandono dei rifiuti a fronte di due sentenze penali di cui l’una avrebbe disposto il non luogo a procedere nei confronti di due responsabili della -OMISSIS-“per non aver commesso il fatto” (avendo accertato che quanto meno fino all’agosto 2005 non sarebbe stato presente alcun ammasso di rifiuti presso la -OMISSIS-) e l’altra che avrebbe accertato la sopravvenuta prescrizione nei confronti di altri responsabili della società -OMISSIS-
2.2. Il collegio osserva che, per quanto di interesse, i due titoli giudiziali valgono, piuttosto, a dimostrare l’avvenuto sversamento e accumulo dei rifiuti nel sito della ex -OMISSIS- anche per effetto del contributo causale della odierna ricorrente. Diversamente la prospettata limitazione temporale individuata nella sentenza del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Vibo Valentia n. -OMISSIS- deve essere valutata ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 425 c.p.p..
2.2.1. Il Tribunale Penale di Vibo Valentia con la sentenza n.-OMISSIS-, quanto alle contestazioni di cui ai capi a) - reato ambientale di cui all’art. 260 del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152- e b) – disastro ambientale ex art. 434, comma 2, c.p.-, non ha prosciolto gli imputati nel merito ma ha dichiarato l’improcedibilità dell’azione penale per intervenuta prescrizione, evidenziando che la formula procedurale ha prevalso su quella assolutoria di merito in quanto non è stata raggiunta la prova dell’evidenza della prova di circostanze che escludessero la colpevolezza degli imputati.
E, infatti, nella sentenza, risulta affermato che “Alla stregua, dunque, delle risultanze processuali come sopra descritte, le quali hanno fatto emergere una incompletezza documentale presso la -OMISSIS-, un’incertezza relativa alla ricostruzione corretta delle tempistiche di sversamento dei rifiuti e alla relativa riferibilità o meno delle condotte agli odierni imputati, l’impossibilità di smaltire i rifiuti comunque trasportati mediante lo sversamento in una discarica inerte, nonché della copiosa produzione documentale acquisita al fascicolo per il dibattimento, non può ritenersi raggiunta tale prova nei termini dell’”evidenza” di cui all’art. 129 comma 2 c.p.p.; per le medesime considerazioni, essendo maturata la prescrizione del reato, non è consentito, nel caso di specie, dare prevalenza, all’esito dell’attività dibattimentale alla formula di proscioglimento nel merito, per contraddittorietà o insufficienza della prova, trattandosi di pronuncia che, in ogni caso, richiede un apprezzamento ponderato tra opposte risultanze” (pag. 30).
2.3 Del pari, quanto alla contestazione di cui al capo b), il Tribunale ha diversamente sussunto i fatti nel comma 1 della stessa disposizione ravvisando la sussistenza di un fatto distruttivo di proporzioni straordinarie, qualitativamente caratterizzato dalla pericolosità per l’incolumità pubblica atteso che “Le indagini hanno infatti escluso il verificarsi di un evento secondo le modalità e le proporzioni richieste dalla fattispecie incriminatrice e lo stesso consulente del Pubblico Ministero ha negato una avvenuta contaminazione del suolo, date le caratteristiche particolari del sito e la tipologia di rifiuti abbandonati nel sito. Il deposito è avvenuto infatti su un terreno argilloso che per sua natura è poco permeabile e le caratteristiche del materiale e la consistenza del manto erboso, hanno portato a escludere da parte dello stesso consulente della Procura la possibilità di fenomeni di trasporto eolico sia nei terreni circostanti che di permeazione negli strati più bassi dell’abbancamento. Non essendo pertanto emerso alcun riscontro relativo alla sussistenza dei requisiti richiesti dalla fattispecie di cui all’art. 434, 2 comma c.p.c. il fatto va correttamente qualificato nella fattispecie di cui al 1 comma per il quale si impone una sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione. Non può escludersi che lo sversamento e l’accumulo dei rifiuti nel sito della ex -OMISSIS- abbia generato un pericolo per la pubblica incolumità” (pag. 34).
2.3.1. Il Tribunale penale ha, conseguentemente, stabilito che “In ottemperanza a quanto previsto dall’art. 192, comma 3 d.lgs 152/2006 dispone che copia della sentenza sia trasmessa al Sindaco di -OMISSIS- per quanto di competenza” (pag. 36).
2.4. Quanto alla sentenza n. -OMISSIS- il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Vibo Valentia pur avendo disposto il non luogo a procedere [quanto ai reati di cui ai capi a) - reato di cui all’art. 260 del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152- e b) - reato di cui all’art. 434 c.p.] nei confronti degli imputati (tra cui due responsabili dell’Unità di Business della centrale -OMISSIS- -OMISSIS-di -OMISSIS- autori delle linee guida di gestione degli impianti) per non avere commesso il fatto, [pur avendo accertato che l’area già utilizzata come opificio industriale denominato “-OMISSIS-” era stata utilizzata per lo smaltimento di rifiuti di ogni genere essendo stato, in specie, realizzato nella parte posteriore dell’opificio un terrapieno formato dall’accumulo stratiforme di rifiuti di vario genere, quali scarti della lavorazione di mattoni di argilla, macchinari e attrezzature varie, materiale ferroso, carcasse di veicoli industriali, fusti metallici contenenti olii in parte riversati sul suolo, il tutto per una quantità stimabile in diverse migliaia di tonnellate], ha concluso per la estraneità delle condotte degli imputati ai fatti in contestazione perché sino al mese di agosto dell’anno 2005 l’area interessata sarebbe stata utilizzata come cava per il prelievo della materia prima da destinare all’attività di impresa della -OMISSIS- e che, quindi, l’area sarebbe stata trasformata di fatto in una discarica abusiva di rifiuti di ogni genere nel periodo compreso tra il mese di settembre dell’anno 2005 e fino al mese di novembre 2009 (data dell’accertamento dei fatti).
2.5. Ora il collegio rileva che, nell’ambito della generale categoria delle “sentenze di proscioglimento”, il codice di procedura penale pone una fondamentale distinzione tra sentenza di non luogo a procedere, o di proscioglimento anticipato, e sentenza di assoluzione.
2.5.1. La Corte costituzionale ha più volte affermato che le modifiche apportate alla disciplina della udienza preliminare non ne hanno modificato la funzione assegnata ad essa, nel disegno del codice, nella quale "l'apprezzamento del giudice non si sviluppa... secondo un canone, sia pur prognostico, di colpevolezza o innocenza, ma si incentra sulla ben diversa prospettiva di delibare... se risulti o meno necessario dare ingresso alla successiva fase del dibattimento" (sent. n. 82 del 1993; sent. n. 71 del 1996; sent. n. 51 del 1997; ord. n. 185 del 2001): la funzione dell'udienza preliminare resta quindi pur sempre quella di verificare l'esistenza dei presupposti per l'accoglimento della domanda di giudizio formulata dal Pubblico Ministero (Cass. Pen., Sez. VI, 17 luglio 2012, n. 33921).
Pertanto, stante la funzione di "filtro" svolta dall'udienza preliminare, il G.U.P. per l’adozione della sentenza di non luogo a procedere ex artt. 424 e 425 c.p.p. (titolo che ha natura prevalentemente processuale), deve valutare, sotto il solo profilo processuale, se gli elementi probatori acquisiti risultino insufficienti, contraddittori o comunque inidonei a sostenere l'accusa in giudizio, esprimendo un giudizio prognostico circa l'inutilità del dibattimento, senza poter effettuare una complessa ed approfondita disamina del merito e senza poter formulare un giudizio sulla colpevolezza dell'imputato (vds Cass. Pen. Sez. V, 26 ottobre 2016, n.565; Cass. Pen., Sez. IV, 12 luglio 2016, n. 32574; Cass. Pen., Sez. II, 5 novembre 2015, n. 461459).
2.5.2 Di conseguenza quanto al profilo temporale della condotta che secondo la tesi della ricorrente potrebbe semmai essere limitato al periodo compreso successivamente al mese di -OMISSIS-, il collegio osserva che l’accertamento di rito di cui alla sentenza n. -OMISSIS- risulta superato, in questa sede, dalla documentazione fotografica prodotta dalla difesa del Comune, risalente al -OMISSIS-, dalla quale emerge la presenza, già prima di quella data, dell’ammasso di rifiuti in questione; circostanza che trova ulteriore riscontro nella Relazione redatta dal consulente di parte resistente, -OMISSIS-, dalla quale è dato inferire che, nel periodo compreso tra l’anno 2000 e fino all’anno 2008, l’abbancamento dei rifiuti è progressivamente aumentato.
2.6. In conclusione il Comune di -OMISSIS- nell’adozione del provvedimento impugnato ha correttamente valutato i fatti sottesi ai titoli giudiziali così da ritenere che la odierna ricorrente ha concorso nell’attività di trasformazione dell’area dell’ex opificio in una discarica abusiva di rifiuti di ogni genere senza che possa limitarsene la responsabilità al solo periodo successivo al mese di settembre 2005.
2.7. Il secondo profilo è infondato.
La ricorrente si è lamentata del fatto che il Comune di -OMISSIS- avrebbe dovuto tenere conto della esistenza di documenti amministrativi (documentazione della Provincia di Vibo Valentia e le dichiarazioni rese da -OMISSIS-) idonei a dimostrare l’affidamento maturato dalla stessa -OMISSIS- -OMISSIS- sul corretto trattamento dei rifiuti da parte di -OMISSIS- per poter così escludere la sussistenza di una condotta colposa o dolosa ex art. 192 del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.
In specie la difesa della ricorrente deduce che sarebbe sorta in favore della stessa un legittimo affidamento sui requisiti risultanti dai documenti della Provincia di Vibo Valentia [in specie la documentazione relativa al quantitativo massimo di rifiuti trattabili (pari, dapprima a 20.000 t/annue e poi a 40.000 t/annue), evidentemente calcolato sulla base dei criteri previsti dal D.M. 5.2.1998, contenente prescrizioni anche in ordine alle quantità massime annue di rifiuti impiegabili nelle attività di recupero (art. 7, comma 1), da indicarsi obbligatoriamente nella comunicazione di inizio attività (comma 5)] nonché dalle dichiarazioni rese da -OMISSIS- sulle certificazioni di cui era in possesso.
2.7.1. Occorre premettere che in questa sede l’affidamento valutabile non corrisponde alla nozione tipizzata ai sensi dell’art. 21 nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241 e, in generale, rispetto a quella ravvisabile nell’ambito dell’autotutela, ma è riconducibile alla figura della buona fede intesa come esimente della responsabilità amministrativa.
2.7.1.1. E, infatti, secondo il condivisibile insegnamento della giurisprudenza di legittimità la buona fede, in tema di sanzioni amministrative, rileva come causa di esclusione della responsabilità amministrativa quando sussistano elementi positivi idonei ad ingenerare nell'autore della violazione il convincimento della liceità della sua condotta e quando l'autore medesimo abbia fatto tutto quanto possibile per conformarsi al precetto di legge, onde nessun rimprovero possa essergli mosso, neppure sotto il profilo della negligenza omissiva - sulla rilevanza della buona fede in tema di sanzioni amministrative in materia ambientale di cui all'art. 21 della legge 10 maggio 1976, n. 319, così come modificato dall'art. 6, secondo comma, del d.l. 17 marzo 1995, n. 79, convertito nella legge 17 maggio 1995, n. 172, ed ulteriormente modificato per effetto dell'art. 54 del d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152, quanto alla individuazione del soggetto attivo della violazione si veda Cass. Civ. Sez. II, 11 febbraio 2011, n. 3417- (vds Cass. Civ. Sez. II, ordinanza del 19 giugno 2020, n. 11977; Cass. Civ. , Sez V, 30 ottobre 2009, n. 23019).
2.7.2. In questa sede la valutazione della sussistenza della invocata buona fede da parte di -OMISSIS- -OMISSIS- deve essere parametrata rispetto alla natura della responsabilità del produttore dei rifiuti.
Secondo la condivisibile giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, Sez. II, 27 novembre 2020, n. 7509) la responsabilità del produttore non si esaurisce con il conferimento di rifiuti a soggetto autorizzato atteso che “gli adempimenti relativi al controllo dell’autorizzazione del soggetto autorizzato alle attività di recupero o di smaltimento, alla restituzione del formulario e, in caso di omissione, alla comunicazione alla provincia, previsti dal citato precetto, non esauriscono completamente la misura della diligenza richiesta al detentore e/o produttore dei rifiuti” (Cass. pen., sez. III, 17 dicembre 1999, n. 1767) e che “il produttore di rifiuti è investito di una posizione di garanzia in ordine al corretto smaltimento dei rifiuti e pertanto può essere ritenuto responsabile, a titolo di concorso con il soggetto che materialmente ha effettuato le operazioni di smaltimento dei rifiuti” (Cass. pen., sez. III, 21 gennaio 2000, n. 4957). Infatti, per regola di cautela imprenditoriale, “colui che conferisce i propri rifiuti a soggetti terzi per il recupero o lo smaltimento ha il dovere di accertare che questi ultimi siano debitamente autorizzati allo svolgimento delle operazioni” rimanendo altrimenti corresponsabile dell’illecita gestione dei rifiuti (Cass. pen., sez. III, 4 giugno 2013, n. 29727; cfr. Cass. pen., sez. III, 15 aprile 2014, n. 19884, e 20 marzo 2014, n. 13025).
2.7.3. Pertanto la responsabilità del produttore non costituisce una forma di responsabilità per l’altrui illecito ma quella colposa per violazione di una specifica regola di cautela connessa all’esercizio di attività imprenditoriale. L’estensione della posizione di garanzia a tutti i soggetti coinvolti nel ciclo della gestione dei rifiuti poggia sui principi di responsabilizzazione e di cooperazione di cui agli artt. 178 e 188 del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, sul principio comunitario “chi inquina paga”, di cui all’art. 174, par. 2, del Trattato CE, allo scopo di assicurare un elevato livello di tutela dell’ambiente. In merito alla direttiva del Consiglio del 15 luglio 1975 relativa ai rifiuti (75/442/CEE), la Corte di Giustizia delle Comunità europee (Grande Sezione), in causa C-188/07, ha affermato che “la direttiva 75/442 distingue la materiale realizzazione delle operazioni di recupero o smaltimento - che essa pone a carico di ogni «detentore di rifiuti», indipendentemente da chi sia il produttore o il possessore degli stessi - dall’assunzione dell’onere finanziario relativo alle suddette operazioni, che la medesima direttiva accolla, in conformità del principio ‘chi inquina paga’, ai soggetti che sono all’origine dei rifiuti, a prescindere dal fatto che costoro siano detentori o precedenti detentori dei rifiuti o anche fabbricanti del prodotto che ha generato i rifiuti (sentenza Van de Walle e a., cit., punto 58)”, perciò “l’applicazione del principio ‘chi inquina paga’, ai sensi dell’art. 174, n. 2, primo comma, seconda frase, Trattato CE e dell’art. 15 della direttiva 75/442, sarebbe vanificata se tali soggetti coinvolti nella produzione di rifiuti dovessero sottrarsi ai loro obblighi finanziari come previsti dalla direttiva 75/442”.
2.7.3.1. Di conseguenza occorre stabilire se la documentazione della Provincia di Vibo Valentia e le dichiarazioni rese da -OMISSIS- sulle certificazioni di cui questa ultima era in possesso siano elementi idonei a dimostrare il convincimento della liceità della condotta della ricorrente e, quindi, se questa ultima abbia fatto tutto quanto possibile per conformarsi ai precetti di cui al D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i..
2.7.3.2. Dai documenti depositati dalla ricorrente emerge che:
- nella Nota n. -OMISSIS- la Provincia di Vibo Valentia aveva ribadito alla società -OMISSIS- che i rifiuti dovevano essere recuperati direttamente senza la messa in riserva, in quanto non prevista dal D.M. 5.2.1998 per le tipologie e le caratteristiche dei rifiuti trattati presso l’opificio.
- Nella Nota n. -OMISSIS- l’amministrazione aveva preso atto della modifica in aumento a 6000 tonnellate annue dei rifiuti conferiti rispetto a quanto indicato nella denuncia di inizio attività del -OMISSIS-.
- Nella Nota n. -OMISSIS- l’amministrazione nel limitare il trattamento dei fanghi derivanti da trattamento delle acque di processo, codice CER 060503 per l’anno 2002 a 40.000 tonnellate aveva confermato che i fanghi avrebbero dovuto essere smaltiti/recuperati entro le 24 ore dal loro conferimento.
- Nella Nota n. -OMISSIS- l’amministrazione nel limitare il trattamento dei fanghi derivanti da trattamento delle acque di processo codice CER 100121 per l’anno 2004 a 40.000 tonnellate aveva confermato che i fanghi avrebbero dovuto essere smaltiti/recuperati entro le 24 ore dal loro conferimento.
- Nella Nota n. -OMISSIS- l’amministrazione aveva autorizzato il recupero dei rifiuti con codice CER 100121 nella misura di 15.000 tonnellate annue ribadendo che i fanghi avrebbero dovuto essere smaltiti/recuperati entro le 24 ore dal loro conferimento.
- Dai verbali di sopralluogo presso la -OMISSIS- redatti dal personale della Provincia di Vibo Valentia emerge, quanto a quello del -OMISSIS-, che la ditta aveva recuperato i fanghi derivanti da trattamento delle acque di processo -CER 100121- e ceneri leggere non trattate -CER 100103-; mentre, quanto a quello del -OMISSIS-, emergeva che presso l’opificio erano stati trattati rifiuti con codici CER del 22.1.2003.
2.7.4. A parere del collegio dalla documentazione suindicata emerge un dato fondamentale: i rifiuti avrebbero dovuto essere recuperati direttamente senza la messa in riserva.
Pertanto per il tipo di trattamento e per la quantità annua autorizzata di rifiuti non si sarebbe dovuto formare alcun accumulo di rifiuto laddove, diversamente, dai titoli giudiziali (sentenze penali n. -OMISSIS- e -OMISSIS-) e dalle indagini penali è emerso che nella parte posteriore dell’opificio è presente un terrapieno formato dalla stratificazione di rifiuti di vario genere, quali scarti della lavorazione di mattoni di argilla, macchinari e attrezzature varie, materiale ferroso, carcasse di veicoli industriali, fusti metallici contenenti olii in parte riversati sul suolo, il tutto per una quantità stimabile in diverse migliaia di tonnellate.
2.7.5. Quanto alle dichiarazioni rese da -OMISSIS- richiamate dalla difesa della ricorrente il collegio osserva che quelle del -OMISSIS-, del -OMISSIS-, del -OMISSIS-, del -OMISSIS-, del -OMISSIS-, del -OMISSIS--aventi ad oggetto le tonnellate dei rifiuti conferite dalla -OMISSIS- -OMISSIS- all’ex opificio- sono state sottoscritte da -OMISSIS-, legale rappresentante della -OMISSIS-.
Ebbene -OMISSIS- nella sentenza -OMISSIS- del Tribunale penale di Vibo Valentia risulta tra coloro che nel periodo di funzionamento della -OMISSIS- hanno sottoscritto i formulari relativi al conferimento di materiali: materiali che sono, poi, risultati costituire rifiuti trattati illecitamente.
Ne segue che le dichiarazioni resa da soggetto coinvolto a pieno titolo nell’attività di trattamento illecito dei rifiuti risultano inattendibili e come tali non sono idonee a dare prova della pretesa estraneità della ricorrente all’attività medesima.
2.7.6. Nell’impugnata ordinanza n. -OMISSIS- il Comune resistente non solo ha contestato alla ricorrente la mancanza di documentazione idonea a dimostrare la provenienza (MUD, FIR e registri carico e scarico) dei rifiuti smaltiti illecitamente ma, altresì, la conoscenza dell’assenza di autorizzazione alla messa in riserva [(come da Nota della Provincia di Vibo Valentia n. -OMISSIS-) e nota relativa all’audit effettuato presso lo stabilimento dell’ex opificio (come da memoria -OMISSIS-] da parte dello stabilimento della -OMISSIS- atteso che sarebbe stato impossibile recuperare, senza stoccarli, i quantitativi di rifiuti conferiti di -OMISSIS-
2.7.7. Nella nota del -OMISSIS- relativa all’audit effettuato presso lo stabilimento -OMISSIS- da ispettori di -OMISSIS- -OMISSIS- emerge che “I fanghi provenienti dalla Centrale di -OMISSIS- vengono depositati in una cava di argilla, situata all’interno del sito della -OMISSIS-, da cui vengono successivamente prelevati, mescolati alle altre materie prime e avviati al ciclo produttivo”.
2.7.7.1. Quest’ultima circostanza è corroborata dalle conclusioni di cui alla Relazione del -OMISSIS- redatta dal consulente della Procura, dott. -OMISSIS-, (richiamata nella sentenza del Tribunale penale di Vibo Valentia n. -OMISSIS-) in cui il tecnico, a fronte dell’accertata pericolosità dei rifiuti presenti nel terrapieno a causa della presenza di Vanadio e Nichel, ha concluso che trattasi di elementi compatibili con il ciclo industriale delle Centrali -OMISSIS- seppure miscelati con argille provenienti dall’opificio.
2.8. Pertanto il collegio ritiene che il dato quantitativo annuale dei rifiuti -a fronte del divieto di messa in riserva dei rifiuti prescritto dalla Provincia di Vibo Valentia- e le dichiarazioni del legale rappresentante della società -OMISSIS- – che risultano inattendibili-, non sono elementi idonei a provare sul piano concreto l’estraneità della ricorrente rispetto alla condotta contestata atteso che è provato documentalmente che, all’esterno dell’ex opificio, sono stati ritrovati rifiuti provenienti dalla Centrale di -OMISSIS- che hanno concorso alla creazione del terrapieno nella parte posteriore dell’opificio e che, quindi, non sono stati trattati nei termini autorizzati dalla Provincia.
2.8.1. Non assume rilievo, poi, la circostanza che la ricorrente non fosse stata notiziata dello stato di decozione della società -OMISSIS- atteso che l’eventuale patologia finanziaria ed economica della suddetta società non ha avuto alcun effetto sulla gestione corretta dei rifiuti che si è svolta in un periodo antecedente alla sopraggiunta crisi dell’impresa.
2.8.2. Né tantomeno vale a scriminare la condotta illecita della ricorrente la eventuale mancanza di controlli e/o verifiche sul trattamento dei rifiuti da parte delle amministrazioni pubbliche trattandosi di profili diversi che fanno capo a soggetti differenti e producono responsabilità distinte.
2.8.3. Nel parere dell’Adunanza del Consiglio di Stato del -OMISSIS-, adottato in riferimento al ricorso straordinario presentato al Presidente della Repubblica, proposto da -OMISSIS- e -OMISSIS- contro il Comune di -OMISSIS- e nei confronti di -OMISSIS- -OMISSIS- e di -OMISSIS- e -OMISSIS-, in qualità di soci della Società -OMISSIS- per l’annullamento, previa sospensione cautelare, dell’ordinanza sindacale n.-OMISSIS-, la Sezione ha concluso che, a carico dei ricorrenti, in qualità di proprietari di un’area, non sussistevano oneri di vigilanza perché non estensibili al controllo delle attività di impresa, all’origine della produzione dei rifiuti abbandonati, poste in essere dalla società -OMISSIS- in costanza del rapporto di locazione.
Ne segue che il suddetto parere, poi recepito dal D.P.R. del 24.2.2023 di accoglimento del ricorso, vale a confermare che la produzione e la gestione dei rifiuti per cui è causa ha riguardato l’attività svolta dalla -OMISSIS- cui -OMISSIS- -OMISSIS- aveva conferito i rifiuti medesimi.
2.9. In conclusione il collegio ritiene che il provvedimento risulta avere congruamente e correttamente individuato i presupposti e le ragioni che hanno determinato l’amministrazione comunale a ritenere sussistente un contegno consapevole della ricorrente circa lo smaltimento dei rifiuti e sulle conseguenze causate allo stato dei luoghi ai sensi dell’art. 192 del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i., non essendo emersi elementi idonei a configurare un contegno psicologico sussumibile nella esimente della buona fede.
3. Con il terzo motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione di legge (art. 192 e 188, d.lgs. 152 del 2006, già art. 14 d.lgs. n. 22 del 1997; art. 3 l. 241 del 1990) sotto altro profilo. Difetto di motivazione e di istruttoria. Travisamento dei fatti.” la ricorrente si è lamentata del fatto che nel provvedimento impugnato il Comune di -OMISSIS- avrebbe concluso che -OMISSIS- -OMISSIS- sarebbe stata consapevole che -OMISSIS- non fosse autorizzata alla messa in riserva e che recuperasse i rifiuti conferiti previo stoccaggio avendo indicato che “si pensi che in un solo giorno -OMISSIS- sono stati conferiti alla -OMISSIS- 394 tonnellate di rifiuti 200 tonnellate in più dei 109 ton/die che potevano essere recuperati secondo i calcoli di -OMISSIS-” e che “era impossibile non rendersi conto che certa quantità di rifiuti non potevano essere recuperati entro le 24 ore e necessitavano di essere stoccate (…)”.
La difesa della ricorrente, sul presupposto che la presenza delle autorizzazioni ottenute scriminerebbe qualsiasi responsabilità, ha dedotto di avere svolto delle verifiche a campione nei primi anni del rapporto contrattuale, evidenziando che l’unico limite quantitativo di trattamento dei rifiuti applicabile a -OMISSIS- fosse pari a 40.000 tonnellate annue e non su base giornaliera, essendo questo ultimo valore meramente indicativo e non vincolante.
Il motivo non è fondato.
3.1. Occorre premettere che, a fronte della nozione di “gestione dei rifiuti” di cui all’art. 183 lett n) del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i. che ne comprende tutte le fasi: “la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compresi il controllo di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento, nonché le operazioni effettuate in qualità di commerciante o intermediario”, vige l’assioma in forza del quale tutti i soggetti coinvolti nella gestione dei rifiuti rispondono solidalmente del corretto smaltimento, e più in generale del loro “fine ciclo di vita”.
3.2. Nell’impugnata ordinanza n. -OMISSIS- l’ente comunale ha concluso che: “(si pensi che in un solo giorno -OMISSIS- sono stati conferiti alla -OMISSIS- -OMISSIS-394 tonnellate di rifiuti 200 tonnellate in più dei 109 ton/die che potevano essere recuperati secondo i calcoli di -OMISSIS-) e, pertanto, l’assenza da parte di -OMISSIS- di qualsiasi verifica e controllo (non meramente formale) in loco, avente ad oggetto il processo produttivo e l’effettivo recupero dei rifiuti da parte della società. Era impossibile, infatti, non rendersi conto che certe quantità di rifiuti non potevano essere recuperate entro le 24 ore e necessitavano di essere stoccate così com’era impossibile non a accorgersi anche ad occhio nudo – v- verbale del -OMISSIS-- del terrapieno di cento metri di lunghezza, trenta di larghezza e dieci di profondità, costituito dall’accumulo di rifiuti smaltiti illecitamente, presente nel sito dell’ex -OMISSIS- La -OMISSIS-e provenienti per la quasi totalità (127000 tonnellate di rifiuti su 135 mila che formano il terrapieno v. sentenza citata) dalla centrale -OMISSIS- di -OMISSIS- (v. MUD 2001, 2002, 2003, 2004, 2005, 2006, 2007 sequestrati nel proc. Pen. n. n.-OMISSIS- o prodotti con memoria -OMISSIS-, per la parte riguardante -OMISSIS- --OMISSIS-, FIR, registri carico e scarico agli atti del procedimento penale, Consulenza tecnica PM in relazione alla riconducibilità dei rifiuti osservati a quelli prodotti dalla centrale -OMISSIS- di -OMISSIS-) tenendo conto, peraltro, che i conferimenti dalla centrale -OMISSIS- di -OMISSIS- sono continuati almeno fino al -OMISSIS- mentre la -OMISSIS- risulta avere concluso la sua attività ( v. sentenza del Tribunale Penale di Vibo Valentia) nel periodo luglio-agosto 2006)”.
3.3. Il collegio ritiene che il richiamo al preteso limite quantitativo di trattamento dei rifiuti applicabile a -OMISSIS- pari a 40.000 tonnellate annue non vale a dimostrare l’assenza di responsabilità della ricorrente atteso che l’utilizzo nel provvedimento impugnato del dato giornaliero per dimostrare l’impossibilità di un corretto smaltimento dei rifiuti risulta ragionevole.
L’amministrazione resistente ha, infatti, impiegato un criterio di calcolo idoneo a ricostruire l’effettivo quantitativo e il tipo di trattamento cui erano sottoposti i rifiuti presenti nell’ex opificio anche sulla base della documentazione inerente l’attività svolta dalla ricorrente.
3.3.1. E, infatti, dalla allegata documentazione, e in specie, dalla Relazione degli Ispettori -OMISSIS- del -OMISSIS- risulta che “il quantitativo giornaliero di fanghi utilizzati è, pertanto, equivalente a quanto trasportato camion 2.5. camion circa”, che il “Totale di fanghi impiegati 25-30%)” è pari a 75 tonnellate giornaliere e che “I fanghi provenienti dalla Centrale di -OMISSIS- vengono depositati in una vasca di argilla, situata all’interno del sito della -OMISSIS-, da cui vengono successivamente prelevati, mescolati alle altre materie ed avviati al ciclo produttivo”.
3.3.2. Inoltre dall’Elenco formulari dei rifiuti trasportati presso la -OMISSIS- nel mese di gennaio 2001 è dato inferire che nella giornata del 2 gennaio erano state trasportate nella struttura -OMISSIS- un totale di n. 399,86 tonnellate di fanghi.
3.4. Il collegio ritiene che, al di là del dato annuale complessivo di tonnellate autorizzate, la differenza numerica del dato giornaliero di rifiuto indicato nella Relazione degli Ispettori -OMISSIS- del -OMISSIS- e quello dell’Elenco formulari dei rifiuti trasportati presso la -OMISSIS- nel mese di gennaio 2001 vale a dimostrare che non vi è prova di uno smaltimento proporzionalmente compatibile con un recupero diretto dei rifiuti (mediante prescrizione di recupero entro 24 ore) e che, piuttosto, trova conferma la circostanza che i rifiuti fossero stoccati nell’area mediante la messa in riserva per la quale la -OMISSIS- non era autorizzata (come da nota n. -OMISSIS- della Provincia di Vibo Valentia).
3.4.1. A corroborare tale dato milita il fatto che, come confermato nella sentenza -OMISSIS-, nella parte posteriore dell’ex opificio è stato rinvenuto un terrapieno di rifiuti composto da argilla e fanghi tra cui quelli provenienti dalla Centrale di -OMISSIS-.
3.5. Trattasi, quindi, di circostanze che complessivamente danno riscontro della correttezza della ricostruzione formulata dal Comune di -OMISSIS- nell’ordinanza Sindacale n. -OMISSIS-, sulla base di fatti come documentalmente accertati, quanto alla consapevolezza in capo ad --OMISSIS- che un quantitativo giornaliero così ingente di fanghi non potesse essere recuperato entro le 24 ore ma fosse stoccato nell’area mediante ricorso alla messa in riserva per la quale la stessa --OMISSIS- non era autorizzata e con conseguente realizzazione di un terrapieno in cui confluivano detti rifiuti.
4. Con il quarto motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione di legge (art. 192 e 188, d.lgs. 152 del 2006, già art. 14 d.lgs. n. 22 del 1997; art. 3 l. 241 del 1990) sotto altro profilo. Difetto di motivazione e di istruttoria. Travisamento dei fatti.”, la ricorrente ha denunciato che il Comune di -OMISSIS- imputerebbe ad -OMISSIS- -OMISSIS- la consapevole partecipazione alla gestione illecita dei rifiuti per la presenza del terrapieno di cento metri di lunghezza, trenta di larghezza e dieci di profondità, costituito dall’accumulo di rifiuti dovendo tenersi conto, peraltro, che i conferimenti dalla centrale -OMISSIS- di -OMISSIS- si erano protratti almeno fino al -OMISSIS- mentre la -OMISSIS- aveva concluso la sua attività nel periodo luglio – agosto 2006.
In specie la difesa della ricorrente ha dedotto che l’unico obbligo cui avrebbe dovuto adempiere l’assistita sarebbe consistito nella verifica dei titoli autorizzativi e che, una volta accertate irregolarità nell’anno 2006, avrebbe interrotto ogni procedura di conferimento di rifiuti il cui quantitativo avrebbe dovuto, comunque, essere limitato al periodo successivo al mese di settembre 2005.
Il motivo è infondato.
4.1. Il collegio osserva che, atteso che la verifica formale dei titoli non scrimina la condotta della ricorrente stante l’assioma della responsabilità solidale di tutti i soggetti coinvolti nella gestione dei rifiuti nel loro “fine ciclo di vita”, l’impugnato provvedimento ha accertato, secondo una ricostruzione immune da vizi di manifesta illogicità, la consapevole responsabilità della società ricorrente nei fatti di causa sulla base delle risultanze di cui ai procedimenti penali, alle sentenze penali e alla Relazione del tecnico della Procura che hanno coinvolto l’odierna ricorrente.
4.1.1. In specie nella Relazione del tecnico nominato dalla Procura, dott. -OMISSIS-, del -OMISSIS- emerge che nell’area in cui era situato l’ex opificio era stato eseguito un nuovo rimodellamento dei luoghi con colmature dei vuoti creati in precedenza a causa delle continue operazioni di discarica di ceneri/fanghi e altri rifiuti provenienti da diverse strutture industriali e che “L’aspetto generale è di un fango o di una cenere che è stata depositata in tempi successivi, come dimostra anche la successione delle bande di colore, in cui occasionalmente sono immersi rifiuti generici e rifiuti metallici.” (pag. 3).
Il tecnico ha, quindi, concluso che all’esito dell’attività investigativa svolta è risultato che i rifiuti sono stati conferiti alla “-OMISSIS-” prevalentemente da -OMISSIS- -OMISSIS- (centrali -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-) mentre conferimenti di entità minori erano provenienti da altre strutture industriali ovvero da rifiuti generici.
Del pari ha evidenziato che le informazioni ottenute in sede investigativa, i dati di cui alle operazioni di carotaggio e di scavo esplorativo nonché le analisi chimiche avevano, per un verso, dimostrato la presenza di numerosi metalli non legati in alcun modo all’ambiente naturale dei luoghi fatta eccezione per Alluminio e Ferro e, per altro, la rilevazione di numerosi composti, nei materiali indentificati come rifiuto, non riscontrabili nell’ambiente circostante tra i quali, per concentrazione, il Vanadio e il Nichel, questi ultimi compatibili con il ciclo industriale delle Centrali -OMISSIS-, seppure miscelati con argille provenienti dagli affioramenti di pertinenza della “-OMISSIS-”.
Ha, quindi, definito come “pericolosi i rifiuti costituenti il terrapieno”, rilevando, altresì, che i rifiuti erano ancora in grado di rilasciare sostanze nell’ambiente per liscivazione e, occasionalmente, per via aerea (dispersione di polveri) atteso che “L’assenza di qualsiasi protezione dei materiali, infatti, espone gli stessi agli agenti atmosferici che possono mobilizzare le sostanze contenute in essi per dilavamento in occasione delle piogge e/o, nei periodi secchi, per dispersione delle polveri” (pag. 19).
4.1.2. La limitazione temporale di responsabilità delineata dalla ricorrente non è fondata atteso che l’individuato limite al periodo compreso successivamente al mese di -OMISSIS- come prospettato nella sentenza di rito n. -OMISSIS- è risultato insussistente in ragione della documentazione fotografica prodotta dalla difesa del resistente Comune unitamente alla Relazione redatta dal consulente di parte resistente, -OMISSIS-, trattandosi di documenti che dimostrano come l’ammasso di rifiuti sia progressivamente aumentato dall’anno 2000 fino all’anno 2008.
5. Con il quinto motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione di legge (art. 192 e 188, d.lgs. 152 del 2006, già art. 14 d.lgs. n. 22 del 1997; art. 3 l. 241 del 1990) sotto altro profilo. Difetto di motivazione e di istruttoria. Travisamento dei fatti. Sviamento di potere.”, la ricorrente si è lamentata del fatto che il Comune di -OMISSIS- avrebbe dovuto porre sul detentore dell’area l'onere di ripristino e di smaltimento dei rifiuti di cui all’art. 192 del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i. e, quindi, a carico della società -OMISSIS- “in bonis” e, successivamente, sulla curatela fallimentare.
Il motivo è infondato.
5.1. Il provvedimento impugnato è stato adottato all’esito di un procedimento avviato nell’anno 2021 sulla base di quanto disposto dalla sentenza penale n. -OMISSIS- rispetto a fatti risalenti all’anno 2009 laddove, nel frattempo, la società -OMISSIS- era stata sopposta a procedura fallimentare conclusasi nell’anno 2013 per carenza di attivo.
Ne consegue che il provvedimento impugnato non poteva essere notificato ad un organo come la curatela fallimentare che, una volta chiusa la procedura ai sensi dell’art. 120 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 applicabile “ratione temporis”, risultava privo di qualsiasi legittimazione.
6. Con il sesto motivo del ricorso, rubricato “Violazione e falsa applicazione di legge (art. 192 e 188, d.lgs. 152 del 2006, già art. 14 d.lgs. n. 22 del 1997; art. 3 l. 241 del 1990) sotto altro profilo. Difetto di motivazione e di istruttoria. Travisamento dei fatti. Violazione di giudicato.” la ricorrente ha denunciato che con la sentenza del -OMISSIS- il Tribunale Penale di Vibo Valentia non avrebbe accertato alcuna responsabilità della ricorrente nella causazione dei fatti mentre con la sentenza n. -OMISSIS- il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Vibo Valentia avrebbe addirittura stabilito che la formazione dell’ammasso di rifiuti non avrebbe certamente avuto luogo prima dell’agosto 2005.
Il motivo non è fondato.
6.1. Si è già evidenziato che nella sentenza n.-OMISSIS- il Tribunale Penale di Vibo Valentia, a fronte dei fatti emersi all’esito delle disposte indagini, pur adottando una sentenza di improcedibilità per sopravvenuta prescrizione dei reati ha, comunque, escluso qualsiasi assoluzione nel merito rimettendo, infatti, all’amministrazione di procedere ai sensi dell’art. 192, comma 3, del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i..
6.2. Del pari l’adozione della sentenza processuale di cui all’art. 425 c.p.p. da parte del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Vibo Valentia con la sentenza n. -OMISSIS- non ha determinato alcuna preclusione quanto al potere in capo al Comune di -OMISSIS- di accertare l’effettivo svolgimento dei fatti e l’eventuale responsabilità dei soggetti coinvolti, ivi compresa l’attuale ricorrente.
Trattasi, infatti, di titoli giudiziali che, non avendo accertato nel merito i fatti, non hanno dato luogo alle preclusioni in tema di giudicato di cui agli artt. 651 e seguenti del codice di procedura penale.
E, infatti, la pronuncia a Sezioni Unite della Corte di Cassazione 26 gennaio 2011, n 17689 – impropriamente richiamata dalla difesa della ricorrente – e confermata da altra recente pronuncia (Cass. Civ., Sez. II, ord. n. 16422 del 12 giugno 2024)- ha stabilito che “…le sentenze di non doversi procedere perché il reato è estinto per prescrizione o per amnistia non hanno alcuna efficacia extrapenale, a nulla rilevando che il giudice penale, per pronunciare la sentenza di proscioglimento, abbia dovuto accertare i fatti e valutarli giuridicamente; ne consegue, altresì, che, nel caso da ultimo indicato il giudice civile, pur tenendo conto degli elementi di prova acquisiti in sede penale, deve interamente ed autonomamente rivalutare il fatto in contestazione”.
6.3. Pertanto il Comune di -OMISSIS-, a fronte delle sentenze in esame, non è risultato vincolato agli effetti delle stesse ma è rimasto titolare del potere di rivalutare interamente ed autonomamente i fatti in contestazione.
7. Con il settimo motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione di legge (art. 192 e 188, d.lgs. 152 del 2006, già art. 14 d.lgs. n. 22 del 1997; art. 3 l. 241 del 1990) sotto altro profilo. Difetto di motivazione e di istruttoria. Travisamento dei fatti. Violazione del principio di proporzionalità.”, la ricorrente si è lamentata del fatto che nel provvedimento impugnato la resistente avrebbe attribuito a carico di -OMISSIS- -OMISSIS- una quota di rifiuti pari al 90% laddove, all’esito degli accertamenti di cui alla sentenza del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Vibo Valentia n. -OMISSIS-, la porzione di rifiuti abbancata dopo il mese di Agosto 2005 sarebbe pari al 16%.
7.1. Il motivo è infondato atteso che il Comune di -OMISSIS-, in assenza di qualsiasi vincolo nascente dal giudicato di cui alla sentenza di rito n. -OMISSIS-, ha proporzionalmente imputato a carico della ricorrente, secondo il principio di matrice comunitaria del “chi inquina paga”, la quota di rifiuti come risultante dagli accertamenti sottesi alla disposta attività investigativa sottesa alla sentenza del Tribunale penale di Vibo Valentia del -OMISSIS-.
8. Con l’ottavo motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione di legge (art. 192 e 188, d.lgs. 152 del 2006, già art. 14 d.lgs. n. 22 del 1997; art. 3 l. 241 del 1990) sotto altro profilo. Violazione e falsa applicazione della parte quarta del d. lgs. 152/2006. Difetto di motivazione e di istruttoria. Travisamento dei fatti e violazione di giudicato sotto altro profilo.”, la ricorrente ha denunciato che nel provvedimento impugnato l’amministrazione avrebbe erroneamente concluso che nell’area vi sarebbe un grave rischio per la salute pubblica e per la tutela dell’ambiente ma che tale circostanza sarebbe smentita dalle risultanze del processo penale.
Il motivo è infondato.
8.1. L’art. 434 c.p. stabilisce che “1. Chiunque, fuori dei casi preveduti dagli articoli precedenti, commette un fatto diretto a cagionare il crollo di una costruzione o di una parte di essa ovvero un altro disastro è punito, se dal fatto deriva pericolo per la pubblica incolumità, con la reclusione da uno a cinque anni. 2. La pena è della reclusione da tre a dodici anni se il crollo o il disastro avviene.”
La disposizione suindicata punisce tutte le condotte aggressive, diverse da quelle tipizzate dalle disposizioni precedenti di cui al Libro II, Titolo VI, in tema di delitti contro l'incolumità pubblica, che rappresentano un pericolo per l'incolumità; per disastro s'intende un incidente di non comune gravità, produttivo di danni estesi e complessi, che mette a repentaglio la vita e l'integrità di un numero indeterminato di persone.
Secondo la giurisprudenza penale “integra il delitto di disastro innominato di cui all'art. 434 c.p.c. ("altro disastro") non solo il macroevento di immediata manifestazione esteriore, che si verifica in un arco di tempo ristretto, ma anche l'evento, non visivamente e immediatamente percepibile, che si realizza in un periodo pluriennale, sempre che produca una compromissione delle caratteristiche di sicurezza, di tutela della salute e di altri valori della persona e della collettività tale da determinare una lesione della pubblica incolumità” (Cass. Pen., Sez. I, 19 maggio 2023, n. 31005). E ancora che “Integra il reato di disastro innominato di cui all'art. 434 cod. pen. la ripetuta e sistematica immissione nell'ambiente di fattori inquinanti, mediante tombamento, spargimento su terreni agricoli o sversamento in canali per acque reflue di rifiuti pericolosi, quali fanghi e rocce da lavorazione industriale, anche sotto forma di compost contenente idrocarburi ad alto peso molecolare, percolato, amianto ed oli esausti, in quanto condotta produttiva di contaminazione e compromissione del suolo e dell'acqua, con conseguente processo di deterioramento ambientale di lunga durata” (Cass. Pen., Sez. I, 18 marzo 2021, n. 7479).
Nella sentenza n. -OMISSIS- il Tribunale, nel sussumere i fatti nel comma 1 e non già nel comma 2 dell’art. 434 c.p., come da capo di imputazione, ha concluso che “Non può infatti escludersi che lo sversamento e l’accumulo dei rifiuti nel sito della ex -OMISSIS- abbia generato un pericolo per la pubblica incolumità”.
8.2. Ne consegue che l’accertamento contenuto nel provvedimento impugnato non appare erroneo in quanto trova riscontro nella motivazione della sentenza suindicata che ha ravvisato nei fatti in contestazione una ipotesi di pericolo per la pubblica incolumità.
9. Con il nono motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione di legge (art. 192 e 188, d.lgs. 152 del 2006, già art. 14 d.lgs. n. 22 del 1997; art. 3 l. 241 del 1990) sotto altro profilo. Sviamento di potere.”, la ricorrente si è lamentata di essere stata individuata come responsabile dei fatti in contestazione per ragioni prettamente economiche risultando manifestamente ingiusto che debba rispondere per fatto altrui e verosimilmente per una generale poco attenta vigilanza sul territorio da parte delle competenti amministrazioni.
Il motivo è infondato.
9.1. Nell’ordinanza Sindacale n. -OMISSIS- il Comune di -OMISSIS-, sulla base di accertamenti che risultano corretti e congrui e in applicazione del principio di matrice comunitario del “chi inquina paga”, ha accertato la responsabilità della odierna ricorrente in applicazione del disposto di cui all’art. 192 del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i..
La responsabilità di cui all’art. 192 del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i. è da attribuire in capo al soggetto in ragione dell’assioma della responsabilità solidale di tutti i soggetti coinvolti nella gestione dei rifiuti nel loro “fine ciclo di vita” ed è autonoma da ulteriori e diverse ipotesi di responsabilità che fossero configurabili a carico di eventuali amministrazioni coinvolte.
10. Con il decimo motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione di legge (art. 192 e 188, d.lgs. 152 del 2006, già art. 14 d.lgs. n. 22 del 1997; art. 3 l. 241 del 1990) sotto altro profilo. Sviamento di potere.”, la ricorrente ha denunciato che l’ordinanza impugnata sarebbe illegittima e abnorme anche nella parte in cui detta i tempi per la predisposizione del piano di ripristino e quelli per l’esecuzione dell’intervento.
Il motivo è infondato.
10.1. Nel provvedimento impugnato l’amministrazione ha stabilito che il programma di rimozione dovrà essere presentato entro centottanta (180) giorni dalla notifica dell’ordinanza e contenere, tra l’altro, “2) qualità, quantità e caratteristiche dei rifiuti presenti”, nonché “6) gli esiti delle indagini del suolo al fine di acquisire gli elementi conoscitivi per predisporre l’eventuale progetto di bonifica […]”.
Secondo la difesa della ricorrente la rimozione complessiva dei materiali per quantità e tipologia, a fronte delle operazioni legate alle analisi e alla eventuale caratterizzazione dell’area, richiederebbero tempi superiori a quelli indicati nell’ordinanza sindacale.
10.2. Il collegio ritiene che, al di là delle generiche contestazioni difensive, a fronte della mancanza di elementi concreti e precisi non vi è prova della pretesa vessatorietà e non proporzionalità delle suddette prescrizioni.
11. La complessità tanto processuale che sostanziale della vicenda giustifica la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte ricorrente.
Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2024 con l'intervento dei magistrati:
Giancarlo Pennetti, Presidente
Arturo Levato, Primo Referendario
Cristiano De Giovanni, Referendario, Estensore