Corte costituzionale: la posidonia spiaggiata, rifiuto e risorsa
di Gianfranco AMENDOLA
La sentenza in commento è consultabile qui
pubblicato su Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare (www.osservatorioagromafie.it) si ringraziano Autore ed Editore
1. Premessa. - 2. La normativa applicabile ai residui spiaggiati di posidonia. -3. Conclusione. - 4. Alcune prime considerazioni a caldo.
1. - Premessa. Posidonia marina spiaggiata: rifiuto o risorsa ambientale? Competenza dello Stato o delle Regioni?
Queste le domande cui ha appena risposto la Corte costituzionale in una bella e argomentata sentenza che vale la pena di leggere integralmente 1 .
La premessa è chiarissima: le praterie di posidonia (pianta marina), sono tutelate da varie convenzioni internazionali e sono classificate dalla normativa comunitaria quali tipi di habitat naturali prioritari, ossia tipi di habitat che rischiano di scomparire e per la cui conservazione la «Comunità ha una responsabilità particolare». E, anche quando queste piante muoiono, i loro residui che si depositano sulle spiagge svolgono una fondamentale funzione di conservazione delle coste e dei loro ecosistemi. «È univocamente affermato, infatti, che le strutture lamellari (così dette banquettes) presenti lungo i litorali costieri – composte dagli accumuli delle foglie morte, dei rizomi e dei resti fibrosi della posidonia frammisti alla sabbia – svolgono un ruolo importante nella protezione dei litorali dall’erosione, in quanto ostacolano l’azione e l’energia del moto ondoso, contribuendo alla stabilità delle spiagge e della costa».
Tuttavia, è altrettanto evidente che queste «barriere» di piante morte (e maleodoranti) sulle spiagge limitano notevolmente la idoneità alla balneazione; e, pertanto, in questi casi, devono essere rimosse, creando il problema di conciliare tutela ambientale e fruizione turistica.
Proprio a questo fine la Regione Sardegna ha emanato la legge n. 1/2020 incentrata sulla premessa che i residui della posidonia depositati sulle coste e sugli arenili possono essere considerati rifiuti soltanto in presenza della volontà di disfarsene; e pertanto, ritenendo la posidonia spiaggiata come strumento di difesa naturale contro l’erosione costiera e come risorsa riutilizzabile, «ha inteso approntare una specifica disciplina di protezione che però, al contempo, favorisca il turismo, facendo sì che le coste e gli arenili possano presentarsi sgombri da tali accumuli nella stagione estiva»; autorizzando, pertanto, i Comuni o i gestori concessionari, previa comunicazione alla Regione, a spostare temporaneamente gli accumuli di posidonia in zone idonee dello stesso arenile o, qualora non disponibili, in aree idonee appositamente individuate all’interno del territorio del Comune. Disposizioni che sono state, tuttavia, ritenute dallo Stato illegittime in quanto invasive delle competenze statali in tema di rifiuti, sottraendo la gestione di questi residui spiaggiati agli obblighi (autorizzazioni, tracciabilità ecc.) e ai divieti previsti, appunto, per la gestione dei rifiuti dalla parte IV del d.lgs. n. 152/06 (cod. ambiente). Con conseguente ricorso alla Corte costituzionale.
In sostanza, quindi, i quesiti cui doveva rispondere la Corte erano due: i residui spiaggiati di posidonia sono rifiuti cui deve applicarsi la relativa disciplina? La competenza per la loro gestione spetta allo Stato o alle Regioni?
2. - La normativa applicabile ai residui spiaggiati di posidonia. Per rispondere a queste domande, la Corte osserva, in primo luogo, che «la sopra ricordata naturale vocazione della posidonia – sia quale pianta marina, sia come accumulo dei suoi residui depositati sulle coste e sugli arenili – alla tutela dell’ambiente comporti che la sua regolamentazione ricada in ogni caso nella competenza esclusiva del legislatore statale in materia di “tutela dell’ambiente” e “dell’ecosistema” ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.». E, pertanto, a prescindere dalla problematica rifiuto-non rifiuto, la competenza legislativa in materia è quella esclusiva dello Stato, «mentre quella regionale in materia di “turismo” può essere esercitata, quanto alla sua incidenza sulla regolamentazione della posidonia come risorsa ambientale, soltanto in quanto non risulti in frizione con la disciplina statale». Più in particolare, «questa Corte ha affermato che le Regioni possono esercitare competenze legislative proprie per la cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali purché l’incidenza nella materia di competenza esclusiva statale sia solo in termini di maggiore e più rigorosa tutela dell’ambiente (...). In particolare, con riferimento ad altra Regione a statuto speciale, questa Corte (sentenza n. 215 del 2018) ha precisato che la competenza esclusiva statale in materia di “tutela dell’ambiente” e “dell’ecosistema” può incontrare altri interessi e competenze, con la conseguenza che – ferma rimanendo la riserva allo Stato del potere di fissare livelli di tutela uniforme sull’intero territorio nazionale – possono dispiegarsi le competenze proprie delle Regioni per la cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali. Tali sono, nella fattispecie, quelli legati al turismo, importante fonte di risorse per l’economia della Regione autonoma Sardegna, ed essi possono intercettare profili che attengono all’ambiente, ma sempre che comportino un’elevazione dello standard di tutela».
In secondo luogo, la gestione di tali accumuli è assoggettata, in particolare, alla disciplina dei «rifiuti», quale prevista dal cod. ambiente anche se – precisa opportunamente la Corte – «la riconducibilità dei residui della posidonia alla nozione di “rifiuto” non ha quella connotazione negativa associata a tale termine nel linguaggio corrente, ma esprime solo la qualificazione giuridica da cui discende l’assoggettamento alla specifica regolamentazione dettata dal cod. ambiente per i “rifiuti”». Basta leggere, in proposito, l’art. 183, comma 1, lett. b ter), n. 4, secondo cui i rifiuti «di qualunque natura o provenienza, giacenti (...) sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d’acqua», costituiscono rifiuti urbani, ricomprendendo «a pieno titolo in tale definizione anche la posidonia spiaggiata». Per la quale, tuttavia, esiste anche una disposizione speciale. Infatti. l’art. 39, comma 11, del d.lgs. n. 205 del 2010, «nel contesto quindi della disciplina europea dei rifiuti», prevede, espressamente per la posidonia spiaggiata, non diversamente che per le meduse che il moto ondoso deposita sugli arenili, una specifica norma, stabilendo che essa possa essere oggetto di interramento in loco «laddove sussistano univoci elementi che facciano ritenere la loro presenza sulla battigia direttamente dipendente da mareggiate o altre cause comunque naturali, (...) purché ciò avvenga senza trasporto né trattamento».
In sostanza, quindi, in questi casi, è consentito l’interramento in loco senza incorrere nei reati di deposito incontrollato o di discarica di rifiuti, altrimenti ipotizzabili come sottolineato dalla giurisprudenza della Suprema Corte 2 .
Nella stessa direzione, peraltro, l’attuale art. 183, comma 1, lett. n), d.lgs. n. 152/06, nella definizione «gestione dei rifiuti», esclude «le operazioni di prelievo, raggruppamento, cernita e deposito preliminari alla raccolta di materiali o sostanze naturali derivanti da eventi atmosferici o meteorici, ivi incluse mareggiate e piene, anche ove frammisti ad altri materiali di origine antropica effettuate, nel tempo tecnico strettamente necessario, presso il medesimo sito nel quale detti eventi li hanno depositati»; confermando, quindi, la esclusione dall’obbligo di autorizzazione anche per le «operazioni di “vagliatura”, consistenti nella separazione della sabbia (da recuperare per il ripascimento dell’arenile) dal materiale organico, con rimozione dei rifiuti frammisti di origine antropica, purché ciò avvenga in situ , ossia nel luogo in cui gli accumuli di posidonia sono stati depositati a causa degli eventi atmosferici» e senza indugi.
Assunto ribadito e meglio specificato, come ricordato dalla sentenza, dalla circolare Ministero ambiente n. 8838 del 20 maggio 2019, facente seguito ad altra circolare del 2006 3 .
Pertanto, con riferimento agli accumuli di posidonia, soltanto quando le indicate attività siano espletate in situ, non trova applicazione l’articolata disciplina sui rifiuti (con relative sanzioni) di cui alla parte IV, d.lgs. n. 152/06.
3. - Conclusione . «In definitiva, dal descritto contesto normativo e giurisprudenziale discende, dunque, che i residui della posidonia depositati sulle coste e sugli arenili hanno una peculiare natura per essere, al contempo, risorsa di salvaguardia ambientale da un lato, e sostanza da assoggettare alla disciplina sui rifiuti, dall’altro. Da tale speciale connotazione deriva che tali accumuli, al pari di altri materiali spiaggiati, sono assoggettati alla disciplina statale in tema di rifiuti, che espressamente ne prevede l’esonero nei soli casi in cui gli stessi siano “trattati” in situ ; disciplina che non può essere inficiata da una scelta normativa regionale».
Dal canto suo, la legge della Regione Sardegna n. 1 del 2020 persegue il «meritevole fine di predisporre una disciplina che miri a contemperare l’esigenza di rendere maggiormente fruibili le spiagge nel periodo estivo – nel contesto della disciplina del “turismo”, espressione della potestà legislativa di cui all’art. 3, lett. p), dello statuto speciale, pur con il limite delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica – con la necessità della salvaguardia ambientale e del possibile recupero e riuso della posidonia». Nel perseguire tale intento, però, «il legislatore sardo, limitatamente alle norme impugnate, ha esorbitato dalle proprie competenze statutarie, sovrapponendosi in modo contrastante con la disciplina recata dal cod. ambiente in tema di rifiuti e senza elevare, in questa parte, il livello di tutela dell’ambiente».
E pertanto va accolta l’impugnativa dello Stato che, non a caso, «non ha riguardato tutta la legge, ma selettivamente solo quelle disposizioni che sono state ritenute in frizione con la disciplina statale in materia di rifiuti».
4. - Alcune prime considerazioni a caldo. A nostro sommesso avviso, la sentenza della Corte appare totalmente condivisibile ma lascia l’amaro in bocca. E non solo a noi ma alla Corte stessa, la quale, non a caso, è la prima a sottolineare che la legge della Regione Sardegna n. 1 del 2020 persegue un «meritevole fine»; aggiungendo che i residui di posidonia sono da considerare «rifiuti» a termine di legge 4 ma senza alcuna connotazione dispregiativa; anzi possono svolgere un importante ruolo nella difesa dell’ambiente. E non solo come barriere. Il d.lgs. n. 75/2010 (Riordino e revisione della disciplina in materia di fertilizzanti), ammette (negli allegati) tra le matrici che compongono gli scarti compostabili, in proporzioni non superiori al 20 per cento della miscela iniziale, alghe e piante marine, come la posidonia spiaggiata, previa separazione della frazione organica dalla eventuale presenza di sabbia.
E, non a caso, l’art. 1, comma 8, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2020, dichiarato giustamente 5 illegittimo dalla sentenza in esame, ampliava i materiali esclusi dal campo di applicazione della disciplina sui rifiuti dall’art. 185, comma 1, lett.f), d.lgs. n. 152/06 6 , inserendovi anche i «prodotti costituiti di materia vegetale di provenienza agricola o forestale, depositata naturalmente sulle sponde di laghi e fiumi e sulla battigia del mare, derivanti da eventi atmosferici o meteorici, ivi incluse mareggiate e piene, anche ove frammisti ad altri materiali di origine antropica».
Così come, sempre non a caso, la sentenza in esame evidenzia che è in corso, nella stessa direzione, una rilevante innovazione legislativa, attraverso un emendamento inserito dal Parlamento al c.d. d.d.l. «salvamare» a norma del quale:
«Art. 5. (Norme in materia di gestione delle biomasse vegetali spiaggiate)
1. Le biomasse vegetali, derivanti da piante marine o alghe, depositate naturalmente sul lido del mare e sull’arenile possono essere gestite con le modalità di cui al presente articolo. Fatta salva la possibilità del mantenimento in loco o del trasporto a impianti di gestione dei rifiuti, la reimmissione nell’ambiente naturale, anche mediante il riaffondamento in mare o il trasferimento nell’area retrodunale o in altre zone comunque appartenenti alla stessa unità fisiografica, è effettuata previa vagliatura finalizzata alla separazione della sabbia dal materiale organico nonché alla rimozione dei rifiuti frammisti di origine antropica, anche al fine dell’eventuale recupero della sabbia da destinare al ripascimento dell’arenile. In caso di riaffondamento in mare, tale operazione è effettuata, in via sperimentale, in siti ritenuti idonei dall’autorità competente.
2. Gli accumuli antropici, costituiti da biomasse vegetali di origine marina completamente mineralizzata, sabbia e altro materiale inerte frammisto a materiale di origine antropica, prodotti dallo spostamento e dal successivo accumulo in determinate aree, possono essere recuperati previa vagliatura di cui al comma 1. Tale possibilità è valutata e autorizzata, caso per caso, dall’autorità competente, la quale verifica se sussistono le condizioni per l’esclusione del materiale sabbioso dalla disciplina dei rifiuti ai sensi dell’articolo 185 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, o se esso sia riutilizzabile nell’ambito delle operazioni di recupero dei rifiuti urbani mediante il trattamento di cui al codice R10 dell’allegato C alla parte IV del citato decreto legislativo n. 152 del 2006 ovvero DDL S. 1571 - Senato della Repubblica XVIII Legislatura 1.2.1. Testo DDL 1571 Senato della Repubblica pag. 7 qualificabile come sottoprodotto ai sensi dell’articolo 184 bis del medesimo decreto legislativo. Le amministrazioni interessate provvedono all’attuazione del presente comma nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
3. Fatto salvo quanto previsto dai commi 1 e 2, ai prodotti costituiti di materia vegetale di provenienza agricola o forestale, depositata naturalmente sulle sponde di laghi e fiumi e sulla battigia del mare, derivanti dalle operazioni di gestione di cui all’articolo 183, comma 1, lettera n ), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, finalizzate alla separazione dei rifiuti frammisti di origine antropica, si applica l’articolo 185, comma 1, lettera f ), del medesimo decreto legislativo n. 152 del 2006. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano competenti per territorio individuano criteri e modalità per la raccolta, la gestione e il riutilizzo dei prodotti di cui al periodo precedente, tenendo conto delle norme tecniche qualora adottate dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale nell’ambito del Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente, ai sensi dell’articolo 4 ».
È, pertanto, auspicabile che il legislatore porti presto a conclusione il processo già iniziato sin dal 2010 e chiarisca definitivamente che la posidonia spiaggiata per cause naturali non costituisce un rifiuto se trattata in loco quale massa naturale reimmessa nell’ habitat, ovvero se utilizzata come materia prima naturale a fini produttivi, inserendo quella recuperata in un’ottica di economia circolare.
Peraltro, già alcune esperienze sembrano particolarmente significative a questo proposito. Tra maggio e giugno 2020 Marevivo Onlus insieme a Pramerica SGR, con il progetto « Rispetta il tuo capitale », ha varato una partnership di buona pratica ambientale. Sulla spiaggia delle Gorette a Marina di Cecina, in provincia di Livorno, sono state rimosse e ripulite circa 150 tonnellate di posidonia oceanica. Si tratta di un protocollo sperimentale in grado di ridurre i costi ambientali della rimozione della più importante pianta acquatica del Mediterraneo , che è stata trasformata in compost in un’ottica di economia circolare: da rifiuto a preziosa risorsa. L’intervento ha previsto anche il trattamento di recupero della sabbia che, una volta ripulita da circa 10 tonnellate di rifiuti (tra i quali rifiuti plastici, carte, lattine e microplastiche), è stata ricollocata alle Gorette, restituendo così alla spiaggia ben 320 tonnellate di sabbia pulita.
Ovviamente, occorrerà farlo nell’ambito della normativa comunitaria 7 . Sarebbe auspicabile che ciò avvenisse al più presto su impulso del nostro Paese.
1 Corte costituzionale 5 maggio 2021, n. 86, in www.osservatorioagromafie.it.
2 Cass. Sez. III Pen. 28 gennaio 2015, n. 3943, Aloisio, in Dir. giur. agr. al. amb., 2015, 101.
3 Nella prima circolare (n. 8123/2006 Gestione della Posidonia spiaggiata) venivano identificate tre tipologie di intervento, che rappresentavano «soluzioni flessibili legate di volta in volta alla specificità dei luoghi e delle situazioni sociali ed economiche»: mantenimento in loco degli accumuli, spostamento degli accumuli e rimozione permanente con trasferimento in discarica. Nel 2019, essa veniva integrata, anche a seguito dell’aggiornamento legislativo, dalla n. 8838 del 20 maggio 2019, in cui si fornivano indicazioni aggiuntive sulle prime due tipologie (mantenimento in loco o spostamento degli accumuli) e si aggiungevano ulteriori misure gestionali degli accumuli di biomasse vegetali spiaggiate quali l’interramento in sito, la valorizzazione quale produzione di ammendante, lo smaltimento in discarica, la re immissione in ambiente marino seppure come rifiuto.
4 Si noti, in proposito, che la classificazione [art. 183, comma 1, lett. b-ter), numero 4], relativa ai rifiuti «di qualunque natura o provenienza, giacenti (...) sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d’acqua», non trova riscontro nella normativa comunitaria.
5 «Così facendo, però, la norma regionale amplia il catalogo dei materiali esclusi dall’applicazione della normativa statale, intervenendo nella materia «tutela dell’ambiente» riservata alla competenza esclusiva del legislatore statale».
6 Che esclude «e materie fecali, se non contemplate dal comma 2, lettera b), del presente articolo, la paglia e altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, gli sfalci e le potature effettuati nell’ambito delle buone pratiche colturali, (...) utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione ovvero con cessione a terzi, mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana».
7 Peraltro, la posidonia secca è da tempo in Europa al centro di studi per valutarne un impiego alternativo. Ci sono realtà, soprattutto in Spagna, dove le banquette di posidonia vengono impiegate per la chiusura delle discariche e il recupero delle aree verdi. Inoltre non mancano gli studi per la trasformazione di queste foglie in materiali da utilizzare nel settore dell’edilizia.