Consiglio di Stato Sez. IV n. 8859 del 5 novembre 2024
Rifiuti.Ordinanze di rimozione e competenze
In via generale, il responsabile dell'ufficio comunale è competente ad adottare l’ordinanza recante l’ingiunzione alla rimozione dei rifiuti depositati al suolo, quando si tratta di esercitare gli ordinari poteri di controllo del territorio la cui titolarità resta in capo agli organi di gestione dell’Ente secondo il modello di riparto delle competenze delineato dal d.gs n. 267 del 2000. Il medesimo responsabile è, tuttavia, incompetente ad adottare la medesima ordinanza quando questa sia espressione, invece, dei poteri di cui all’art. 192 del d.lgs n. 152 del 2006, trattandosi di adempimenti che eccedono l’ordinario controllo e vigilanza del territorio, in quanto strettamente espressione di un rimedio sanzionatorio per la violazione del divieto dell'abbandono dei rifiuti, come tale rientrante nell'ambito di operatività della norma speciale e derogatoria al regime ordinario delle competenze dell'art. 192 del d.lgs n. 152 del 2006. Il comma 3 dell'art. 192 contempla tale competenza, e solo quest’ultima, in capo al Sindaco trattandosi di uno strumento di natura non ordinaria, di tipo non gestionale, ovvero non rientrante nei compiti fisiologici degli organi di gestione dell’ente, assimilabile piuttosto agli interventi extra ordinem.
Pubblicato il 05/11/2024
N. 08859/2024REG.PROV.COLL.
N. 07194/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7194 del 2021, proposto dai signori Fabrizia Mazzucchelli, Gabriele Turla, Edil G.T. di Turla Gabriele, in persona del legale rappresentante, rappresentati e difesi dagli avvocati Carlo Francesco Braga, Paola Chirulli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Paola Chirulli in Roma, via Emilia 88;
contro
Ministero della cultura, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Comune di Monte Isola, Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per le Province di Bergamo e Brescia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti, non costituiti in giudizio;
nei confronti
Regione Lombardia, Provincia di Brescia, Arpa Lombardia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti, e Giuseppina Bino, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tar per la Lombardia – sezione staccata di Brescia, n. 96/2021 del 28 gennaio 2021, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della cultura;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 luglio 2024 il consigliere Giuseppe Rotondo;
Viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso nrg 344/2014, i signori Gabriele Turla e Fabrizia Mazzucchelli impugnavano innanzi al T.a.r per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, i seguenti atti:
- ordinanza di rimozione/demolizione opere abusive prot. 989 emessa dal responsabile dell'area tecnica del Comune di Monte Isola il 12 febbraio 2014 con la quale, preso atto del parere vincolante negativo espresso dal Soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Brescia, Cremona e Mantova, è stato ordinato ai ricorrenti ed al direttore dei lavori di rimuovere e trasportare a discarica autorizzata entro 90 giorni dalla notifica tutto il materiale depositato (in sito eccedente le quote originarie di terreno) in modo da riportare il terreno alle esatte condizioni precedenti il deposito del materiale;
-il parere negativo 3 gennaio 2014, prot. 00066, formulato ex art. 167, comma 5, d.lgs 22 gennaio 2004 n. 42 dal Soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Brescia, Cremona e Mantova sulla richiesta di compatibilità paesaggistica dell'intervento effettuato dai ricorrenti, provvedimento comunicato ai ricorrenti in data 17 gennaio 2014.
2. I ricorrenti esponevano:
a) di essere da tempo utilizzatori, e dal 2002 anche proprietari, del terreno individuato dai mappali 83, 84, 85 e 86 FG 6 NCTR siti in comune censuario di Monte Isola;
b) che il 7 dicembre 2002, il Comune di Monte Isola rilasciava agli istanti la concessione edilizia n. 56/2002 relativa alla “formazione deposito materiali edili e strada di accesso allo stesso" da realizzarsi sui mappali sopra indicati;
c) che le opere richieste per la formazione del deposito consistevano nell'asportazione di terreno, nella costruzione di un muro di contenimento in pietra locale e nel reimpiego del materiale derivante dallo scavo "utilizzato in loco per livellare il terreno", mentre per la realizzazione della strada, le opere consistevano in uno sbancamento di terreno necessario per creare la nuova sede stradale con costruzione di un muro di sostegno verso valle e di uno verso monte, rivestiti con pietra locale a vista;
e) trattandosi di intervento su area sottoposta a vincolo, il Comune di Monte Isola, quale autorità subdelegata, rilasciava l'autorizzazione paesaggistica n. 6824 del 7 agosto 2002;
f) in data 2 aprile 2008 ai ricorrenti veniva rilasciato dal Comune di Monte Isola il permesso di costruire n. 27/2008 relativo alla "realizzazione di un deposito per attrezzi e materiali agricoli interrato e fuori terra”, per il quale ottenevano l'autorizzazione paesaggistica (prot 430 del 17 gennaio 2008);
g) in data 25 giugno 2013, i ricorrenti ottenevano dal Comune di Monte Isola il permesso di costruire n. 40/2013 finalizzato al "completamento delle opere esterne autorizzate con permesso di costruire n. 27/2008 del 2 aprile 2008", per il quale ottenevano l'autorizzazione paesaggistica 3920 del 17 giugno 2013;
h) la realizzazione del deposito interrato richiedeva l'esecuzione di sbancamenti di terreno dai quali derivava una certa quantità di materiale composto da pietre e da terreno vegetale, per cui in data 23 aprile 2013 gli istanti presentavano una richiesta di "accertamento di compatibilità paesaggistica", proponendo che il terreno residuato dallo scavo venisse lasciato in sito;
i) i1 Comune di Monte Isola, con nota 26 aprile 2013 prot. 2819, chiedeva integrazioni documentali, che i ricorrenti riscontravano in data 25 giugno 2013;
l) con comunicazione 5 ottobre 2013, prot. 6305, il Comune di Monte Isola comunicava che la commissione paesaggistica comunale aveva espresso parere favorevole all'accoglimento dell'istanza;
m) con nota 7 ottobre 2013, la pratica veniva inviata alla Soprintendenza per i beni Architettonici e Paesaggio di Brescia per quanto di sua competenza, la quale, con provvedimento 3 gennaio 2014, prot. 00066, esprimeva - ex art. 167, comma 5, del d.lgs 22 gennaio 2004 n. 42 - parere negativo per i seguenti motivi: "si ritiene l'intervento: - fortemente impattante per i movimenti di terra operati che hanno stravolto il sedime ed il vincolo di tutela che su di esso insiste; - in contrasto con quanto previsto dal DGR 1X/2727 per quanto riguarda gli interventi sui versanti, di cui non tiene conto né nella valutazione del sito né nella compatibilità di trasformazione né nelle vulnerabilità dello stesso; - il parere della commissione del paesaggio appare non coerente e sibillino";
n) con ordinanza di rimozione/demolizione opere abusive, prot. 989 del 12 febbraio 2014, il responsabile dell'area tecnica del Comune di Monte Isola, preso atto del parere vincolante negativo espresso dal Soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Brescia, Cremona e Mantova, ordinava ai ricorrenti ed al direttore dei lavori "di rimuovere e trasportare a discarica autorizzata entro 90 giorni dalla notifica tutto il materiale depositato in sito eccedente le quote originarie di terreno così come precisate ed evidenziate sull'elaborato grafico tavola 3 sezioni AA -BB - CC presentato in data 25 giugno 2013 prot. 4174 agli atti del Comune, in modo da riportare il terreno alle esatte condizioni precedenti il deposito del materiale”.
3. Da questi antefatti origina il ricorso n. 344/2014 proposto dai signori Gabriele Turla e Fabrizia Mazzucchelli innanzi al T.a.r. per la Lombardia, sezione staccata di Brescia.
3.1. Il ricorso veniva affidato a un unico, articolato motivo di gravame per: violazione degli artt. 3, 42 e 97 della Costituzione, degli artt. 1 e 7 della legge n. 241/1990, degli artt. 146 e 159 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, degli artt. 80 - 86 della legge regione Lombardia 11 marzo 2005 n. 12, degli artt. 30 - 41 del d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380; eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento, della contraddittorietà in sé ed anche con precedenti determinazioni, del travisamento dei fatti, del difetto d'istruttoria e di motivazione, della illogicità manifesta.
3.2. Quanto al parere negativo espresso dalla Soprintendenza, questi i vizi dedotti in ricorso:
a) la Soprintendenza, nell'esprimere il proprio parere negativo, si sarebbe sostituita alle valutazioni operate dalla commissione paesaggistica ambientale del Comune di Monte Isola, nonché avrebbe posto in essere un controllo di merito e non di legittimità, esercitato peraltro in modo non corretto e privo del necessario conforto motivazionale;
b) l’autorità non può esprimere il proprio parere sulla base di considerazioni tecnico discrezionali, contrarie a quelle effettuate dalla Regione o dall'Ente subdelegato;
c) l'esame della domanda di autorizzazione paesaggistica da parte dell'Autorità Statale, si deve basare su un'idonea istruttoria e deve essere supportata da adeguata motivazione;
d) la Soprintendenza non avrebbe compreso il contenuto della domanda presentata dai ricorrenti i quali avevano “espressamente dichiarato la loro volontà di asportare e destinare a discarica autorizzata, al termine dei lavori, proprio i cumuli di materiale lapideo di risulta oggi presenti sul cantiere e diretta conseguenza dei lavori di sbancamento che la stessa Soprintendenza ha autorizzato”, come risulterebbe “dall'esame della tavola n. 3 allegata alle integrazioni effettuate il 25 giugno 2013” nonché “dalle fotografie allegate alla ricordata integrazione documentale 25 giugno 2013”;
e) generico sarebbe il mero richiamo, contenuto nel provvedimento impugnato, alla delibera di giunta regionale n. 9/2727 (composta da un testo di 94 pagine e da due allegati, l'appendice A di 26 pagine e l'appendice B di altre 59 pagine, per un totale di 179 pagine) e al ravvisato, altrettanto generico contrasto con quanto ivi previsto per gli interventi sui "versanti", senza un'indicazione che precisi o indichi quale disposizione della ricordata delibera sia stata ritenuta dalla Soprintendenza come contrastante con l'intervento proposto;
f) dall'esame della suddetta disposizione regolamentare non emergerebbe affatto alcun profilo di insanabile contrasto con l'intervento proposto dai ricorrenti, dal momento che solo e soltanto nelle aree aventi pendenza superiore al 30% debbono essere "di norma" esclusi i movimenti di terreno che alterino il profilo del terreno; in ogni caso, tale disposizione non vieterebbe in modo assoluto i suddetti movimenti di terra, ponendo attenzione all'aspetto geologico al fine di evitare frane o smottamenti e prescrivendo opere di mitigazione percettiva, soluzioni queste che sarebbero state attuate dai ricorrenti anche in esecuzione dei precedenti provvedimenti autorizzativi;
g) generica sarebbe la motivazione del provvedimento impugnato laddove si afferma che il parere della commissione del paesaggio apparirebbe "non coerente e sibillino", atteso il tenore motivazionale del parere medesimo che così si esprime: “Visto il progetto presentato dal quale si evidenzia la differente sezione del terreno dovuta al precedente deposito del materiale di risulta e terreno vegetale, date le opere di mitigazione (inerbimento scarpate) proposte e l'intento di asportare e portare in discarica il materiale depositato (ed evidenziato in blu negli elaborati) in superficie a fine lavori, si esprime parere di compatibilità in quanto le opere non sembrano apportare nocumento al paesaggio circostanze. Si esprime parere favorevole all'esecuzione delle opere indicate nell'oggetto";
h) trattandosi di un intervento che si inseriva in altri interventi dalla stessa già autorizzati in passato, la Soprintendenza avrebbe potuto dettare prescrizioni dirette non solo ad aumentare la mitigazione percettiva dell'intervento ma anche, occorrendo, prescrivendo delle limitazioni quantitative al terreno vegetale da lasciate in sito.
3.3. Quanto all'ordinanza di rimozione/demolizione opere abusive prot. 989 emessa dal responsabile dell'area tecnica del Comune di Monte Isola il 12 febbraio 2014, il Comune, preso atto che i ricorrenti hanno depositato "in sito, nell'area di cantiere e nel corso dei lavori, del materiale derivato dallo scavo necessario a realizzare il deposito fuori terra ed entroterra regolarmente autorizzato" e preso atto del parere vincolante negativo espresso dal Soprintendente, ha ordinato ai ricorrenti e al direttore dei lavori, "di rimuovere e trasportare a discarica autorizzata entro 90 giorni dalla notifica tutto il materiale depositato in sito eccedente le quote originarie di terreno così come precisate ed evidenziate sull'elaborato grafico tavola 3 sezioni AA – BB - CC presentato in data 25 giugno 2013 prot. 4174 agli atti del Comune, in modo da riportare il terreno alle esatte condizioni precedenti il deposito del materiale".
Questi i vizi dedotti in ricorso:
a) nell'area in oggetto sono attualmente in corso i lavori di completamento delle opere autorizzate con il permesso di costruire n. 40/2013 del 25 giugno 2013, i cui lavori dovranno terminare entro 36 mesi e prevedibilmente scadere nel giugno del 2016, pertanto, non si comprende per quale ragione il materiale suddetto debba essere asportato nel termine di novanta giorni e non invece, entro il termine di 36 mesi assegnato per il completamento delle opere ed il conseguente smantellamento del cantiere;
b) gran parte del materiale lapideo collocato sull'area dovrà essere riutilizzato all'interno del cantiere per il completamento del rivestimento delle opere realizzate; non si comprende un simile ordine di rimozione del materiale che comporterà una doppia movimentazione del materiale lapideo che, con notevole pregiudizio economico, verrebbe prima trasportato in discarica autorizzata in esecuzione della ordinanza e poi riacquistato dai ricorrenti presso un fornitore e trasportato in loco per poter così terminare le opere regolarmente autorizzate;
c) l’ordine di asportare tutto il materiale eccedente le quote originarie del terreno sarebbe incongruente con i provvedimenti in precedenza adottati che avevano consentito lievi modifiche dell'andamento originario del terreno.
3.4. Si costituiva in giudizio, per resistere, il Ministero per i beni architettonici e paesaggistici.
4. Con ricorso nrg 246/2015, i signori Fabrizia Mazzucchelli e Turla Gabriele, quest’ultimo in proprio e in qualità di titolare della ditta individuale Edil GT di Turla Gabriele:
- impugnavano innanzi al T.a.r. per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, l'ordinanza di rimozione rifiuti non pericolosi prot. 6395, emessa dal responsabile dell'area tecnica del Comune di Monte Isola il 24 novembre 2014, con la quale, preso atto che nelle pratiche edilizie presentate dai ricorrenti non è stato riscontrato il piano di utilizzo delle terre e rocce derivanti dalle opere edilizie stesse e preso atto altresì che il materiale scavato è in sito da oltre un anno, è stato ordinato ai ricorrenti di rimuovere e di trasportare a discarica autorizzata e/o ad attività di recupero presso impianti autorizzati, entro novanta giorni, tutto il materiale depositato in sito eccedente le quote originarie del terreno così come precisate ed evidenziate sull'elaborato grafico tavola 3 sezioni AA - BB - CC presentato in data 25 giugno 2013 prot. 4174 agli atti del comune, in modo da riportare il terreno alle esatte condizioni precedenti il deposito del materiale;
- si riservavano azione di risarcimento del danno.
4.1. Gli istanti esponevano:
a) che in data 23 giugno 2014, successivamente all'invio della precedente ordinanza di demolizione (impugnata con suindicato ricorso n. 344/2014), il Comune di Monte Isola trasmetteva alla ditta Edil GT di Turla Gabriele, ditta esecutrice dei citati lavori, la nota prot. 3473 rubricata "indirizzi guida per la gestione delle terre e rocce da scavo", con la quale veniva comunicato alla ditta stessa che, ai sensi del regolamento approvato con decreto dal Ministero della tutela del territorio e del mare 10 agosto 2012 n. 161, la stessa avrebbe dovuto presentare il Piano di Utilizzo delle terre e rocce da scavo residuate dall'intervento edilizio in fase di esecuzione;
b) in tale nota veniva precisato che, ai sensi dell'art. 186 del d.lgs n. 152 del 2006, i tempi per l'utilizzo del materiale derivato dagli scavi non potevano eccedere l'anno dalla data di produzione, trascorso tale termine il materiale suddetto avrebbe perso la qualifica di sottoprodotto, rientrando così nella disciplina dei rifiuti;
c) i ricorrenti commissionavano a ditta specializzata il compito di effettuare il campionamento e le analisi del materiale residuato dalla attività edilizia (terre e rocce) e depositato sul proprio fondo; quindi, ricevuta conferma della totale assenza di materiale inquinante e/o contaminato, presentavano con nota 25 luglio 2014, il Piano di Utilizzo del materiale stesso, indicando la destinazione del materiale che, al termine dei lavori, fosse residuato dalle lavorazioni;
d) che la Polizia Provinciale effettuava, a propria volta, la verifica dei materiali depositati, verifica che si concludeva con la conferma della totale assenza di sostanze inquinanti;
e) che in data 8 novembre 2014, il Comune di Monte Isola, con nota n. 6118, sollecitava l'invio di indicazioni sulle modalità e destinazione del materiale di risulta, nota riscontrata con comunicazione del 18 novembre 2014 nella quale venivano forniti ulteriori dettagli sulle modalità del piano di utilizzo dei materiali;
f) che il 24 novembre 2014, il responsabile dell'area tecnica del Comune di Monte Isola notificava ai ricorrenti l'ordinanza n. 6395, del 24 novembre 2014 con la quale:
- richiamato il parere negativo espresso dal Soprintendente per i beni Architettonici (di cui al ricorso n. 344/2014);
- richiamato l'art. 186 del d.lgs n. 152 del 2006 nella parte in cui prescrive che i tempi per l'utilizzo del materiale scavato in assenza di piano di utilizzo non possono superare un anno dalla data di produzione e che decorso il termine suddetto viene meno la qualifica di sottoprodotto con conseguente obbligo di gestire il predetto materiale come rifiuto, ai sensi dell'art. 183, comma 1, lettera a) del d.lgs n. 152 del 2006;
- dato atto del mancato riscontro agli atti delle pratiche edilizie del Piano di Utilizzo;
- richiamati il procedimento penale 11151/2014 RG Procura Repubblica di Brescia, il verbale 18 agosto 2014 della Polizia Provinciale di qualifica e quantificazione del materiale depositato sul suolo del lotto interessato dalle opere edilizie nonché la nota della polizia provinciale 55/Amb/14 del 20 ottobre 2014 contenente la quantificazione e qualificazione del materiale suddetto;
- accertato che il materiale è depositato in sito da oltre un anno ed è assente il Piano di Utilizzo;
- precisato che i detti rifiuti non pericolosi quantificabili in 1200 metri cubi sono destinabili a discarica autorizzata e/o ad attività di recupero presso impianti autorizzati e che lo stesso materiale deve essere sottoposto a test di cessione prescrivendo modalità tecniche sul trattamento;
ordinava ai ricorrenti di rimuovere e trasportare a discarica autorizzata e/o ad attività di recupero presso impianti autorizzati, dopo aver sottoposto ad analisi su tal quale e test di cessione allegato 3 del D.M. 5 febbraio 1998, tutto il materiale depositato in sito ed eccedente le quote originarie del terreno così come precisate ed evidenziate sull'elaborato grafico tavola 3 sezioni AA — BB — CC presentato in data 25 giugno 2013 prot. 4174 agli atti del comune, in modo da riportare il terreno alle esatte condizioni precedenti il deposito del materiale.
4.2. Contro la suindicata ordinanza, i ricorrenti proponevano ricorso al T.a.r. per la Lombardia (nrg 246/2015), deducendo violazione di legge ed eccesso di potere:
a) la competenza ad adottare l’ordinanza di rimozione rifiuti spetta al Sindaco e non al dirigente, ai sensi dell'art. 192 del d.lgs 3 aprile 2006 n. 152;
b) l'ordinanza non è stata preceduta dall'avviso dell'inizio del procedimento ex art. 7 della legge 7 agosto 1990 n. 241;
c) l’ordinanza impugnata si fonda su due presupposti normativi errati, ovvero (i) la ritenuta necessità del Piano di Utilizzo, richiesto dal decreto del Ministero della tutela del territorio e del mare 10 agosto 2012 n. 161; (ii) la ritenuta applicazione al caso di specie del disposto di cui all'art. 186 del D. Lgs. n.152/2006:
c1) quanto al primo presupposto (mancato Piano di utilizzo), con la legge 9 agosto 2013 n. 98 (di conversione del c.d. "decreto del fare"), è stato introdotto un nuovo comma 2-bis all'art. 184 bis del d.lgs n. 152/2006 in forza del quale le disposizioni del decreto del Ministero della tutela del territorio e del mare 10 agosto 2012 n. 161 si applicano solo ai cantieri di rilevanti dimensioni in cui vengono eseguite opere soggette a valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) oppure ad autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.);
c2) in ordine al mancato rispetto delle prescrizioni di cui all'art. 186 del d.lgs n. 152 del 2006, la norma richiamata nell’ordinanza è stato abrogato dall'art. 39, comma 4, del d.lgs 3 dicembre 2010 n. 205 e pertanto, lo stesso non avrebbe potuto essere invocato dal Comune;
d) in ogni caso, il piano di utilizzo è stato comunque presentato dai ricorrenti; costoro, ricevuta dall'amministrazione comunale la nota 23 giugno 2014 prot. 3473, contenente l'invito a presentare il Piano di Utilizzo delle terre e rocce da scavo derivanti dal cantiere in oggetto, si sarebbero immediatamente attivati presentando, con nota 25 luglio 2014, il Piano di Utilizzo del materiale stesso, corredandolo con le analisi effettuate sul materiale stesso, analisi che avrebbero confermato la totale assenza di materiale inquinante e/o contaminato;
e) il materiale derivante dalle lavorazioni effettuate dai ricorrenti rientra nei requisiti prescritti dagli artt. 184-bis del d.lgs 3 aprile 2006 n. 152 e quindi deve essere considerato come sottoprodotto e non come rifiuto.
4.3. Nessuno si costituiva per le controparti.
4.4. Il T.a.r per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, con sentenza n. 96 del 28 gennaio 2021, previa riunione dei ricorsi n. 344/2014 e 246/2015, respingeva il ricorso n. 344/2014, dichiarava improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, il ricorso n. 246/2015, condannava i ricorrenti, in solido, alle spese del primo giudizio (euro 3.000,00).
5. Hanno appellato i signori Gabriele Turla, in proprio e in qualità di titolare della ditta individuale Edil GT di Turla Gabriele, e la signora Fabrizia Mazzucchelli.
5.1. A fondamento dell’appello, gli istanti premettono:
a) che “il T.a.r., investito della domanda cautelare, emetteva l’ordinanza sospensiva propulsiva 9 marzo 2015 n. 323/2015 nella, quale se da un lato confermava l’intervenuta abrogazione dell’art. 186 del DLgs 152/2006 eccepita dai ricorrenti, dall’altro riteneva che, per effetto di una interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata, il Comune di Monte Isola poteva esigere la presentazione di un piano di utilizzo e monitorare il pericolo di inquinamento, suggerendo l’elaborazione di “un piano di utilizzo del materiale da scavo che potrà distinguere tra le rocce destinate al rivestimento dei muri ed il terreno vegetale da collocare sull’area interessata dai lavori”, prevedendo la possibilità di “individuare termini di utilizzazione differenziati in quanto solo il materiale che altera stabilmente le quote originarie del terreno incontra il diniego di sanatoria paesistica venendo attratto nella relativa controversia. Per le pietre di rivestimento, invece, si può ipotizzare un termine di utilizzazione molto più breve”. Sempre nella medesima ordinanza i ricorrenti venivano invitati ad “attivarsi per ottenere quanto prima una pronunzia sulla questione della sanatoria paesistica. In alternativa i ricorrenti possono cercare una soluzione in via amministrativa e riformulare, ad esempio, la richiesta sanatoria limitando la sopraelevazione del terreno in modo che l’impatto paesistico sia minore”;
b) che i ricorrenti davano pronta esecuzione alla suddetta ordinanza (piano di utilizzo delle Terre e Rocce da scavo nei termini indicati dal TAR, analisi effettuate sul terreno che confermavano l’assenza di inquinanti, autorizzazione 15 giugno 2015 del Comune di Monte Isola allo svolgimento delle operazioni di trasporto del materiale presso il Comune di Borgosatollo, comunicazione dei ricorrenti al Comune di Monte Isola e ad ARPA Lombardia con la quale veniva confermata l’asportazione dai luoghi di causa di ben 850 metri cubi di materiale terroso, documentazione fotografica rappresentante la nuova situazione dei terreni dopo l’asporto del materiale);
c) che a fronte dell’abbassamento della quota del terreno per effetto della asportazione di ben 850 metri cubi di terra, i ricorrenti prendevano contatto con l’amministrazione comunale per verificare la possibilità di ottenere l’accertamento di compatibilità ambientale;
d) che il comune di Monte Isola, con nota 20 novembre 2015, comunicava la propria disponibilità ad esaminare la sanatoria solo dopo il preventivo parere favorevole della Soprintendenza;
e) che il tecnico officiato da parte ricorrente prendeva quindi contatto con la Sovrintendenza, tenendo numerosi incontri con il funzionario arch. Gentile;
f) sennonché, la malattia del signor G.T. interrompeva la prosecuzione dell’iter tracciato dai tecnici, né la pur parziale guarigione del sig. G.T. favoriva la conclusione degli stessi stante la destinazione ad altro incarico dell’arch. Gentile, funzionario istruttore della Soprintendenza competente per territorio che fino ad allora aveva seguito la pratica;
g) nel frattempo veniva fissata udienza per la discussione del ricorso; i ricorrenti presentavano una motivata istanza di rinvio della udienza di discussione allegando i fatti sopra indicati ed i motivi che avevano intralciato l’avviato iter procedimentale finalizzato ad ottenere l’accertamento di compatibilità ambientale;
h) sennonché, il presidente del TAR, nonostante non vi fosse alcuna resistenza delle altre parti processuali, con il decreto monocratico 239/2020 respingeva la domanda di rinvio.
5.2. Come seguono i motivi di appello.
I) Error in judicando ed anche in procedendo, in relazione alla mancata concessione del rinvio della udienza di discussione.
II) Error in judicando, per avere ritenuto correttamente adottato dalla Soprintendenza il parere negativo ed avere ritenuto legittimamente adottata dal Comune di Monte Isola l’ordinanza di rimozione opere ritenute abusive.
III) Error in judicando ed error in procedendo, per avere ritenuto che la reiezione del ricorso 344/2014 determinasse la carenza di interesse alla decisione del ricorso 246/2015: i ricorrenti hanno interesse ad ottenere una pronunzia sulla legittimità dei provvedimenti impugnati con il ricorso 246/2015, stante la rilevanza della tematica sottesa attinente alla classificazione del materiale di risulta come sottoprodotto oppure come rifiuto non foss’altro per le implicazioni di natura penale che tale classificazione comporta.
Parte appellante reitera le censure dedotte nei due ricorsi di primo grado.
5.3. Si è costituito, per resistere, il Ministero della cultura.
5.4. In data 10 giugno 2024, parte appellante ha depositato memoria.
6. All’udienza dell’11 luglio 2024, la causa è stata trattenuta per la decisione.
7. Il primo motivo di appello è infondato (sopra, par. 5.2.I).
8. Il Collegio osserva che il codice del processo amministrativo non contiene una norma, espressa o di principio, la quale consenta alla parte un diritto di ottenere senz’altro il rinvio della discussione del ricorso.
8.1 Militano, anzi, in senso contrario principi costituzionali e ordinamentali informati ai canoni di concentrazione, economia e speditezza processuale nonché il disposto dell’art. 73, comma 1-bis, c.p.a.
8.2. La parte interessata ad ottenere un differimento ha senz’altro la facoltà di rappresentare le ragioni che a suo avviso lo giustificano, ma la decisione finale spetta comunque al giudice, stante la particolare natura del processo amministrativo che, da un lato, è regolato dal principio dell’impulso di parte, dall’altro lato, prende in considerazione sia gli interessi privati che quelli della collettività.
8.3. Di conseguenza, il rinvio della decisione non costituisce un diritto né può conseguire a una mera scelta di parte dovendo trovare un fondamento giuridico in eccezionali ragioni che, se non fossero tenute in considerazione, andrebbero a pregiudicare interessi di pari rango, ovvero in primo luogo il diritto di difesa costituzionalmente garantito (ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 29 dicembre 2014, n. 6414).
8.4. Nel caso di specie, l’incedere dei fatti, per come sopra rappresentati dagli appellanti, non ha affatto pregiudicato il diritto di difesa che è stato esercitato puntualmente in ogni fase del giudizio di primo grado.
8.4. La valutazione in ordine alla rilevanza delle ragioni spetta, in ogni caso, al giudice territoriale ed è insindacabile in appello.
9. Il secondo motivo di appello (sopra, par. 5.2.II) è infondato.
9.1. Giova premettere che in data 10 agosto 2002, il Comune di Monte Isola trasmetteva alla Soprintendenza un’autorizzazione paesaggistica rilasciata per la formazione in località Anes di un deposito di materiali edili e di una strada di accesso al medesimo sito.
Il parere reso era favorevole in ragione della modesta entità del materiale di risulta che la realizzazione del deposito avrebbe prodotto.
Successivamente, in data 21 gennaio 2008, il Comune trasmetteva una seconda autorizzazione paesaggistica, relativa alla realizzazione, nella medesima area di sedime, di un deposito di attrezzi e materiali agricoli interrato e fuori terra.
L’opera consisteva nella costruzione di un edificio su due piani, di cui uno interrato.
Gli istanti specificavano che il materiale di risulta dello scavo sarebbe stato usato per livellare il terreno.
Il parere, anche in questo caso, veniva reso in senso favorevole ritenendo la Soprintendenza esiguo il materiale interessato dall’opera e dalla movimentazione del terreno.
Sennonché, in data 9 ottobre 2013, il Comune trasmetteva un’ulteriore richiesta di parere vincolante di compatibilità ambientale, questa volta riferito ad opere realizzate in difformità dall'autorizzazione paesaggistica rilasciata.
La Soprintendenza esprimeva il parere negativo stante: i) l’intervento fortemente impattante per i movimenti di terra operato, che avevano stravolto il sedime e il vincolo di tutela che su di esso insiste; ii) il contrasto con quanto previsto dalla delibera di giunta regionale per quanto riguarda gli interventi sui versanti, di cui non si tiene conto né nella valutazione del sito né nella compatibilità di trasformazione né nella vulnerabilità dello stesso: iii) il parere della commissione paesaggio non coerente e sibillino.
9.2. Il Collegio osserva che, nel procedimento di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, con l’entrata in vigore (dal 1° gennaio 2010) dell’art. 146 del codice approvato con il d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, la Soprintendenza esercita un potere che consente di effettuare ex ante valutazioni di merito amministrativo nel rispetto naturalmente del quadro di legittimità.
9.3. Cadono, pertanto, anche le censure sopra rubricate al par. 3.2. lett. a-b), reiterate in appello.
9.4. La Soprintendenza ha, infatti, esercitato un potere che trova pertinente fondamento normativo nelle fonti sopra citate.
9.5. Il parere, altresì, neppure si espone a profili di contraddittorietà rispetto a quelli resi in precedenza dalla stessa Soprintendenza tenuto conto dei diversi presupposti di fatto e di diritto e del diverso contenuto nonché del differente quadro fattuale e delle differenti finalità dell’ultimo parere rispetto ai precedenti.
10. Parte appellante censura (sopra par. 3.2. lett. c-d) il parere della Soprintendenza per difetto di istruttoria e di motivazione.
10.1. Le censure sono infondate.
10.2. Come sopra anticipato, la richiesta di autorizzazione paesistica del 2002 venne ritenuta ammissibile in quanto non realizzava volumi, bensì solo muri di contenimento mascherati dalla siepe.
10.3. L'intervento, dunque, non fu valutato negativamente sotto il profilo della sua rilevanza ed impatto, in considerazione della trascurabile entità del materiale di scavo steso per livellare il terreno.
10.3. La seconda istanza, presentata nel 2008, interveniva su area definita E1) ed E3) dalla pianificazione urbanistica di Monte Isola, con indice di fabbricazione 0,04 mc/mq.
10.4. La Soprintendenza ritenne che la costruzione del un deposito attrezzi agricoli fosse di modeste dimensioni, quindi non in contrasto con il paesaggio in ragione degli elementi che lo costituivano; anzi, esso fu ritenuto strumento di mantenimento del decoro dell'area.
10.5. Rispetto a questo stato dei luoghi, la Soprintendenza, nell’esaminare l'istanza in sanatoria si è espressa negativamente il 9 ottobre 2013 poiché ha riscontrato, sulla base degli elementi a supporto dell’istanza medesima e del raffronto con le precedenti autorizzazioni, tenuto conto del tempo trascorso (dalla autorizzazione paesaggistica del 2008) e dello stato dei luoghi, una oggettiva trasformazione del sito perché interessato dalla presenza di consistenti materiali di natura eterogenea, di dubbia provenienza, difficilmente riconducibili ad estrazioni e movimentazioni in loco, tali da configurare una deposito di rifiuti a cielo aperto, a fronte di lavori ormai conclusi (di cui alla autorizzazione paesaggistica del 2008 anche scaduta), che gli appellanti intenderebbe sanare anche per evitare le conseguenti responsabilità.
10.6. La documentazione fotografica esibita in giudizio (in entrambi i ricorsi di primo grado: ex multis documento n. 8 allegato al ricorso n. 344/2014, documenti n. 8 e 23 allegati al ricorso n. 246/2015) rende non irragionevole o incoerente col quadro fattuale la posizione assunta dalla Soprintendenza, tenuto conto peraltro dei limiti del sindacato in questi casi consentito al giudice.
10.7. Ebbene, come correttamente osservato anche dalla difesa erariale, l’asportazione dei materiali non riconducibili alle autorizzazioni rilasciate e, quindi, da ritenersi abusivamente depositati, non può essere oggetto di autorizzazione in sanatoria, ma costituisce il contenuto dell’obbligo di ripristino incombente sugli autori dell’abuso.
11. Parte appellante censura, altresì (sopra par. 3.2. lett. e-f), il provvedimento della Soprintendenza per malgoverno della delibera di g.r. n. 9/2727 del 22 dicembre 2011.
11.1. Le censure sono infondate.
11.2. La menzionata delibera detta i criteri regionali relativi all’esercizio delle funzioni amministrative in materia di beni paesaggistici, in attuazione della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12, nonché i criteri per la redazione dell’esame paesistico dei progetti di trasformazione del territorio lombardo.
11.3. Per quanto rileva ai fini del presente ricorso, la normativa paesaggistica stabilisce che, per tutto il territorio regionale, è obbligatorio che i progetti che modificano lo stato dei luoghi e l’esteriore aspetto degli edifici siano soggetti ad una valutazione paesaggistica applicando i criteri e gli indirizzi dettati dalla soprarichiamata deliberazione regionale.
11.4. La Soprintendenza, nell’esaminare il progetto, ha rilevato che l’intervento ricade sui “versanti” di cui il progetto stesso non tiene conto né in relazione alla valutazione del sito né con riferimento alla compatibilità di trasformazione e di vulnerabilità dello stesso.
11.5. Orbene, per i “versanti” la delibera regionale prescrive drastici criteri per la valutazione delle opere da realizzare in ambito tutelato, imponendo una verifica sulla compatibilità delle trasformazioni del sito e sulla sua vulnerabilità.
11.6. Nel caso di specie, la Soprintendenza ha ritenuto - all’esito di una valutazione tecnica, immune da vizi logici e travisamento evidente dei fatti, siccome operata alla luce della sopravvenuta trasformazione dei luoghi, degli interventi eseguiti e dei materiali giacenti in loco - che un’area di grande visibilità e valore paesistico fosse stata trasformata, rispetto all’autorizzazione paesaggistica del 2008, in deposito a cielo aperto di materiali.
12. Parte appellante censura (sopra par. 3.2. lett. g-h), il provvedimento della Soprintendenza per genericità laddove si afferma che il parere della commissione del paesaggio apparirebbe "non coerente e sibillino”.
12.1. Anche queste censure sono infondate.
12.2. II parere della commissione paesaggistica palesa, in realtà, profili di (plausibile) contraddittorietà laddove, da un lato, afferma che "le opere non di compatibilità sembrano apportare nocumento al paesaggio circostante", dall’altro conclude invece con parere favorevole.
13. Parte appellante ha censurato, altresì, in primo grado (ricorso nrg 344/2014), con motivi riproposti in appello (sopra al par. 3.3.), l'ordinanza di rimozione/demolizione opere abusive prot. 989 del 12 febbraio 2014 con la quale il Comune, sulla scorta del parere della Soprintendenza, ha ordinato ai ricorrenti ed al direttore dei lavori, "di rimuovere e trasportare a discarica autorizzata entro 90 giorni dalla notifica tutto il materiale depositato in sito eccedente le quote originarie di terreno così come precisate ed evidenziate sull'elaborato grafico tavola 3 sezioni AA – BB - CC presentato in data 25 giugno 2013 prot. 4174 agli atti del Comune, in modo da riportare il terreno alle esatte condizioni precedenti il deposito del materiale.".
13.1. Le censure sono infondate.
13.2. Con le prime due censure (par. 3.3.,lett. a-b), parte appellante sostiene che: i) nell'area in oggetto sono attualmente in corso i lavori di completamento delle opere autorizzate con il permesso di costruire n. 40/2013 del 25 giugno 2013, i cui lavori dovranno terminare entro 36 mesi e prevedibilmente scadere nel giugno del 2016, pertanto, non si comprenderebbe per quale ragione il materiale suddetto debba essere asportato nel termine di novanta giorni e non invece, entro il termine di 36 mesi assegnato per il completamento delle opere ed il conseguente smantellamento del cantiere; ii) non si comprenderebbe, altresì, un simile ordine di rimozione del materiale che comporterà una doppia movimentazione del materiale lapideo che, con notevole pregiudizio economico, verrebbe prima trasportato in discarica autorizzata in esecuzione della ordinanza e poi riacquistato dai ricorrenti presso un fornitore e trasportato in loco per poter così terminare le opere regolarmente autorizzate.
13.3. Il Collegio osserva, a confutazione dei suddetti rilievi censori, che l’ordinanza in questione è stata adottata sulla scorta del parere vincolante della Soprintendenza del 9 ottobre 2013 ed è riferita, non già al permesso di costruire n. 40/2013 del 25 giugno 2013, come sostenuto da parte appellante, riguardo al quale il permesso i lavori andavano a scadere dopo 36 mesi, bensì all’autorizzazione paesaggistica del 2008, ormai scaduta, a fronte della quale era stata accertata, con istruttoria sopra riscontrata immune da vizi logici e travisamento dei fatti, la trasformazione del sito nei sensi sopra illustrati.
14. Altrettanto infondata s’appalesa la censura di contraddittorietà (sopra par. 3.3.lett. c), riferita sempre all’ordinanza prot. 989 del 12 febbraio 2014, dedotta per incongruenza con i provvedimenti in precedenza adottati che avevano consentito lievi modifiche dell'andamento originario del terreno.
14.1. Si tratta, come sopra anticipato, di atti di contenuto e finalità diversi, non sovrapponibili ontologicamente e funzionalmente, poiché basati su presupposti fattuali differenti.
14.2. L’ordinanza in parola riguarda, infatti, l’ultima istanza di sanatoria esaminata alla luce della trasformazione subita dal sito, rispetto alla autorizzazione paesaggistica del 2008.
15. Parte appellante ha, inoltre, avversato (con il ricorso di primo grado nrg 246/2015) l'ordinanza di rimozione rifiuti non pericolosi, prot. 6395, del 24 novembre 2014 (sopra, par. 4), deducendo vizi formali e sostanziali che sono stati reiterati in appello (sopra, par. 4.2).
15.1. Il T.a.r, sul punto, ha dichiarato il ricorso (n. 246/2015) improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
15.2. La pronuncia in rito è stata contestata dagli appellanti, che prospettano un interesse attuale alla decisione quanto meno ai fini della qualificazione del rifiuto ai sensi del d.lgs n. 152/2006.
15.3. Il motivo è fondato, tenuto conto dell’interesse manifestato dagli appellanti a una pronuncia nel merito anche soltanto ai fini della qualificazione del rifiuto e delle conseguenze conformative ed eventualmente risarcitorie.
16. Nel merito, tuttavia, le censure mosse avverso l’ordinanza prot. 6395, del 24 novembre 2014 (impugnata con ricorso di primo grado n. 246/2015), non scrutinate dal T.a.r., sono infondate.
16.1. Con il primo motivo (sopra, par. 4.2.lett.a), parte appellante sostiene che la competenza ad adottare l’ordinanza di rimozione rifiuti spetti al Sindaco e non al dirigente, ai sensi dell'art. 192 del d.lgs 3 aprile 2006 n. 152.
16.2. Il Collegio osserva che le competenze sul punto vanno tenute distinte in ragione dei poteri in concreto esercitati.
16.3. In via generale, il responsabile dell'ufficio comunale è competente ad adottare l’ordinanza recante l’ingiunzione alla rimozione dei rifiuti depositati al suolo, quando si tratta di esercitare gli ordinari poteri di controllo del territorio la cui titolarità resta in capo agli organi di gestione dell’Ente secondo il modello di riparto delle competenze delineato dal d.gs n. 267 del 2000.
16.3. Il medesimo responsabile è, tuttavia, incompetente ad adottare la medesima ordinanza quando questa sia espressione, invece, dei poteri di cui all’art. 192 del d.lgs n. 152 del 2006, trattandosi di adempimenti che eccedono l’ordinario controllo e vigilanza del territorio, in quanto strettamente espressione di un rimedio sanzionatorio per la violazione del divieto dell'abbandono dei rifiuti, come tale rientrante nell'ambito di operatività della norma speciale e derogatoria al regime ordinario delle competenze dell'art. 192 del d.lgs n. 152 del 2006.
16.4. Il comma 3 dell'art. 192 contempla tale competenza, e solo quest’ultima, in capo al Sindaco trattandosi di uno strumento di natura non ordinaria, di tipo non gestionale, ovvero non rientrante nei compiti fisiologici degli organi di gestione dell’ente, assimilabile piuttosto agli interventi extra ordinem.
16.5. Nel caso di specie, il funzionario comunale non ha inteso esercitare i poteri conferiti dall’art. 192 del d.lg n. 152 del 2006 (che neppure vengono richiamati a fondamento del medesimo), non avendo ordinato né la bonifica, né la messa in sicurezza né tantomeno la riqualificazione ambientale del suolo.
16.6. Piuttosto egli si è limitato a disporre il trasporto a discarica autorizzata del materiale di risulta utilizzato per l’attività edilizia assentita dal permesso di costruire con rimozione dei materiali di risulta provenienti dalla attività edilizia posta in essere in loco.
16.7. Poteri questi ascrivibili ai normali e doverosi controlli e alla vigilanza del territorio, poteri rientranti nei compiti ordinari dell’organo di gestione dell’ente in quanto connessi e consequenziali alle verifiche sul corretto utilizzo del titolo edilizio rilasciato.
16.8. Con riguardo al secondo motivo di ricorso con cui si deduce la violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990 (sopra, par. 4.2.,lett. b), il Collegio osserva che l'ordinanza impugnata si regge su un dirimente presupposto di fatto, rappresentato dalla circostanza che: i) il materiale scavato è in sito da oltre un anno; ii) che l’ordinanza di rimozione e trasporto a discarica autorizzata e/o ad attività di recupero presso impianti autorizzati, entro novanta giorni, di tutto il materiale depositato in sito eccedente le quote originarie del terreno, non è stata eseguita; iii) che il terreno non è stato riportato alle esatte condizioni precedenti il deposito del materiale; iv) che manca il Piano di utilizzo.
16.9. Le circostanze di fatto sopra evidenziate depongono nel senso che parte appellante fosse comunque a conoscenza, aliunde, del procedimento in corso e delle sue eventuali conseguenze in caso di persistenti omissioni.
17. Nel merito delle censure (Piano di utilizzo: (sopra, par. 4.2. lett. d), il Collegio osserva che il Comune ha riscontrato il documento in questione (v. documenti n. 23 e 24 allegati al ricorso di primo grado n. 246/2015) comunicando, con nota n. 6118 dell’8/11/2014, di essere “in attesa di indicazioni sulle modalità e destinazione dei rifiuti a impianto di trattamento e/o in discarica autorizzata dopo l’esecuzione delle necessarie analisi”, con l’avvertenza che “Trascorsi 7 giorni … in assenza di indicazioni verranno adottati i provvedimenti previsti dalla normativa in materia”.
Parte appellante ha, a sua volta, riscontrato la suddetta nota (v. doc. 25 allegato al ricorso n. 246/2015) con formula interlocutoria (nota del 18 novembre 2014).
17.1. La pratica, tuttavia, non risulta abbia avuto seguito nei termini assegnati, per cui il Comune ha adottato, in data 24 novembre 2014. la citata ordinanza.
17.2. Il provvedimento si regge, pertanto, su congruenti presupposti, valutate le circostanze di fatto che ne hanno determinato l’adozione sulla base del principio tempus regit actum.
17.3. Il successivo Piano di Utilizzo, redatto soltanto a gennaio 2015 (documento 2, depositato il 25 febbraio 2016), non è in grado di inficiare, in via postuma, la legittimità dell’ordinanza, siccome adottata sulla base dei presupposti ratione temporis acquisiti al procedimento.
18. Viene poi avanzato (sopra, par. 4.2.lett. c) un duplice ordini di rilievi relativi:
- alla circostanza che con la legge 9 agosto 2013 n. 98 (di conversione del c.d. "decreto del fare") è stato introdotto un nuovo comma 2-bis all'art. 184 bis del d.lgs n. 152/2006 in forza del quale le disposizioni del decreto del decreto del Ministero della tutela del territorio e del mare 10 agosto 2012 n. 161 (id est, Piano di utilizzo) si applicano solo ai cantieri di rilevanti dimensioni in cui vengono eseguite opere soggette a valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) oppure ad autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.);
- al mancato rispetto delle prescrizioni di cui all'art. 186 del d.lgs n. 152 del 2006.
18.1. Il Collegio ritiene tali rilievi (sopra, par. 4.2. lett. c1-c2) ininfluenti ai fini annullatori poiché l’ordinanza, come sopra chiarito, si regge su autonomi e dirimenti presupposti rappresentati da elementi (riscontrati legittimi), di per sé idonei da soli a supportare la legittimità dell’atto.
19. Per quanto concerne, infine, la censura (sopra, par. 4.2. lett. e) secondo cui il materiale derivante dalle lavorazioni effettuate dai ricorrenti rientrerebbe nei requisiti prescritti dagli artt. 184-bis del d.lgs 3 aprile 2006 n. 152 e quindi andrebbe considerato come sottoprodotto e non come rifiuto, il Collegio reputa la censura generica, siccome non meglio supportata in punto di allegazione degli elementi che, ai sensi dell’art. 184-bis del d.lgs n. 152/2006 consentono la identificazione del materiale come sottoprodotto.
19.1. La norma in commento qualifica come sottoprodotto e non come rifiuto “qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni: a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto; b) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi; c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale; d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana”.
L’amministrazione ha ritenuto, sulla scorta di verifiche e sopralluoghi anche di Polizia, che si tratta di rifiuto ancorché non pericoloso.
19.2. Di contro, non sono stati allegati elementi tecnici e fattuali idonei a comprovare con ragionevole certezza che tale materiale avrebbe le caratteristiche intrinseche richieste dal comma 1, lettere b)-c)-d), dell’art. 184-bis sopra citato.
20. In conclusione, per quanto sin qui argomentato, entrambi gli appelli sono infondati e devono essere respinti seppure con diversa motivazione rispetto a quella contenuta nella sentenza di primo grado.
21. Le spese processuali, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, lo respinge.
Condanna gli appellanti al pagamento delle spese processuali che si liquidano, in favore del Ministero della cultura, in euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre accessori di legge e spese generali.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 luglio 2024 con l'intervento dei magistrati:
Vincenzo Neri, Presidente
Silvia Martino, Consigliere
Giuseppe Rotondo, Consigliere, Estensore
Luigi Furno, Consigliere
Ofelia Fratamico, Consigliere