Consiglio di Stato Sez. II n. 10537 del 31 dicembre 2024 
Rifiuti.Definizione di biomassa

La definizione di biomassa fornita dall'art. 2, comma 1, lett. e), d. lgs n. 28 del 3 marzo 2011 è abbastanza eterogenea, similmente a quanto riportato dalla normativa ambientale (allegato II alla parte V del D. Lgs. 152/2006), secondo cui sono biomassa: prodotti, costituiti interamente o in parte di materia vegetale, di provenienza agricola o forestale, utilizzabili come combustibile ai sensi della normativa vigente per recuperarne il contenuto energetico, ed i seguenti rifiuti usati come combustibile: - rifiuti vegetali derivanti da attività agricole e forestali; - rifiuti vegetali derivanti dalle industrie alimentari di trasformazione, se l'energia termica generata è recuperata; - rifiuti vegetali fibrosi della produzione di pasta di carta grezza e della produzione di carta dalla pasta, se gli stessi sono coinceneriti sul luogo di produzione e se l'energia termica generata è recuperata; - rifiuti di sughero; - rifiuti di legno, ad eccezione di quelli che possono contenere composti organici alogenati o metalli pesanti, a seguito di un trattamento o di rivestimento, inclusi in particolare i rifiuti di legno, ricadenti in questa definizione, derivanti dai rifiuti edilizi e di demolizione. In riferimento alla normativa ambientale da ultimo richiamata, si riscontra che nella definizione di biomassa, oltre ai prodotti, sono contemplate anche determinate tipologie di rifiuto la cui definizione è quella riportata all’art. 183 c. 1 lett. a del D.Lgs. 152/2006. Pertanto è possibile affermare che il legislatore “lato sensu” ammette la possibilità che nella biomassa vi possano essere materie dal diverso status giuridico, ossia prodotti e rifiuti che provvede ad annoverare.

Pubblicato il 31/12/2024

N. 10537/2024REG.PROV.COLL.

N. 10277/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10277 del 2018, proposto da
Gestore dei Servizi Energetici – Gse S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Gianluca Maria Esposito, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Roma, Lungotevere Arnaldo da Brescia 11;

contro

-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Bartolomeo Cozzoli e Saverio Sticchi Damiani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avv. Saverio Sticchi Damiani in Roma, p.zza S. Lorenzo in Lucina n. 26;

nei confronti

Ministero dello sviluppo economico, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n.12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (sezione terza) n. -OMISSIS-, resa tra le parti il 9 luglio 2018.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di -OMISSIS- e del Ministero dello sviluppo economico;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2024 il consigliere Maria Stella Boscarino e uditi per le parti gli avvocati Gianluca Maria Esposito, Bartolomeo Cozzoli e Ugo De Luca per l’avv. Saverio Sticchi Damiani;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado è stato impugnato il provvedimento prot. n. GSE/P20160046257 del 29 aprile 2016, tramite il quale il Gestore dei Servizi Energetici – GSE S.p.A. (d’ora in poi anche solo “il Gestore” o “GSE”) ha sospeso il riconoscimento degli incentivi per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile nell'impianto, alimentato a biomassa, dell'odierno appellato, sito nel Comune di Confienza, identificato dal numero IAFR 5319, di potenza pari a 1000 kWe e 5230 kWt, unitamente agli atti presupposti, ivi compresi il verbale di sopralluogo redatto in data 26 gennaio 2016 e l'annessa comunicazione del GSE di avvio del procedimento di controllo, prot. n. GSE/P20160003582 del 25 gennaio 2016.

Con ricorso per motivi aggiunti è poi stato impugnato il provvedimento di decadenza successivamente adottato dal Gestore.

1.1. La società -OMISSIS- premetteva di essere titolare di un impianto termoelettrico, alimentato con biomassa di origine legnosa, situato in Confienza (PV), via Vespolate n. 52, per il quale il Gestore dei Servizi Energetici – G.S.E. s.p.a., nel 2010, aveva riconosciuto la qualifica di IAFR (Impianto Alimentato da Fonti Rinnovabili) ai sensi del d.m. 18 dicembre 2008 (“Incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, ai sensi dell'articolo 2, comma 150, della legge 24 dicembre 2007, n. 244”), con conseguente accesso ai meccanismi incentivanti per la produzione di energia elettrica previsti dall’art. 2, commi 143 ss., della legge n. 244 del 2007 e stipula della relativa convenzione.

A seguito di un sopralluogo sull’impianto, effettuato in data 26 gennaio 2016 alla presenza di rappresentanti del Corpo forestale dello Stato, dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale– A.R.P.A. Lombardia e della Provincia di Pavia, il Gestore aveva rilevato che la biomassa utilizzata per l’alimentazione (identificata, dai documenti di trasporto, come “MPS – Materia prima secondaria”) “non era una biomassa di legno vergine, ma una biomassa triturata con presenza di residui legnosi ottenuti da triturazione di materiali quali bancali e legno lavorato misto a residui di plastica e di altro genere”. Questa biomassa, per un quantitativo pari a 1000 mc, veniva sequestrata dalla Procura di Milano, nell’ambito dell’apertura di un’indagine penale.

Il G.S.E., contestando all’impresa “violazioni rilevanti” ai sensi del d.m. 31 gennaio 2014 (recante “Attuazione dell'articolo 42 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, sulla disciplina dei controlli e delle sanzioni in materia di incentivi nel settore elettrico di competenza del Gestore dei Servizi Energetici GSE S.p.a.”), adottava gli atti impugnati in primo grado.

1.2. Con il ricorso di primo grado (seguito da due ricorsi per motivi aggiunti) la ricorrente, in particolare, lamentava che

-durante il sopralluogo del 26 gennaio 2016 gli ispettori del GSE si erano limitati ad una mera verifica visiva del combustibile, senza compiere le dovute “operazioni di campionamento e caratterizzazione chimico-fisica” di cui all’art. 2, comma 2, del d.m. 31 gennaio 2014;

-la biomassa utilizzata per l’alimentazione dell’impianto rientrava pienamente nella definizione delle “biomasse combustibili” di cui al d.lgs. n. 152 del 2006 (Allegato X alla parte V, parte II, sez. 4, punto 1, lett. c, d, e); inoltre, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. e, del d.lgs. n. 28 del 2011, nel concetto di biomassa rientrano pure “gli sfalci e le potature provenienti dal verde pubblico e privato, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani”, quindi il legno vergine “può presentarsi sotto qualsiasi forma, purché lo stesso venga trattato con metodi esclusivamente meccanici e non chimici”;

- l’autorizzazione unica rilasciata dalla Provincia, nel richiamare le differenti tipologie di biomassa da immettere nel ciclo produttivo della centrale, aveva richiamato proprio le fattispecie indicate dalle predette norme, ad ulteriore conferma della legittimità dell’operato della società ricorrente; inoltre, a seguito dell’impiego della biomassa utilizzata nel sito, non era mai stato superato “il limite autorizzato di SO2”;

-l’ARPA aveva “erroneamente supposto (senza …..evidenza probatoria) che il materiale rinvenuto in impianto fosse destinato tal quale alla combustione”, mentre tale materiale “era semplicemente stoccato presso l’Impianto”.

1.3. Nell’ambito del giudizio la ricorrente depositava una consulenza tecnica d’ufficio, recante la data del 18 ottobre 2016 e redatta per ordine del Tribunale civile di Pavia, nell’ambito della parallela causa civile tra l’odierna ricorrente e l’impresa fornitrice della biomassa.

1.4. Tale consulenza è stata decisiva per l’accoglimento del ricorso, avendo il T.a.r. ritenuto che, in esito agli accertamenti eseguiti dal consulente sulla biomassa che era stata sequestrata in esito al sopralluogo del 26 gennaio 2016, la minima contaminazione rilevata nell’ambito del materiale analizzato fosse irrisoria ed irrilevante, tale quindi da non pregiudicare, nel complesso, la classificazione del materiale come biomassa da filiera vergine.

Il Tribunale ha sottolineato come l’accertamento compiuto dal GSE si fosse basato, esclusivamente, su un mero “esame a vista”, corredato solo da un dossier fotografico e non da operazioni di campionamento e caratterizzazione chimico-fisica del combustibile utilizzato per l’alimentazione della centrale, come pure sarebbe stato possibile ai sensi dell’art. 2, comma 2, del d.m. 31 gennaio 2014, così come l’accertamento condotto contestualmente da ARPA Lombardia e quello condotto dai funzionari del Corpo Forestale dello Stato– Comando Provinciale di Pavia, limitati ad una verifica “da aspetto visivo” del cippato, a differenza del più approfondito esame con campionamento eseguito dal consulente.

Alla stregua degli esiti dell’accertamento in questione, il giudice di prime cure ha ritenuto fondato il ricorso ed annullato gli atti ivi impugnati.

2. Con il ricorso in appello il GSE chiede la riforma della decisione, che assume affetta da diversi vizi, sia sotto il profilo del difetto di istruttoria sia sotto il profilo del difetto di motivazione, in quanto basata esclusivamente sulle conclusioni della perizia a firma del dott. ing. -OMISSIS-, prodotta in sede di accertamento tecnico preventivo nell’ambito della causa civile pendente dinanzi al Tribunale di Pavia (avente ad oggetto il presunto inadempimento contrattuale della ditta fornitrice della biomassa), e depositata dalla società Area Impianti nel giudizio amministrativo, perizia in contrasto con i risultati dell'attività di verifica e controllo del GSE, senza che nel giudizio di accertamento tecnico preventivo fossero presenti il GSE o le altre autorità competenti (Corpo Forestale ed ARPAV) né la Provincia di Pavia che aveva rilasciato l’autorizzazione e senza garanzia che la perizia fosse stata svolta proprio sul materiale oggetto di sequestro.

2.1. La sentenza sarebbe erronea non essendosi tenuto conto che è sufficiente che sia verificato ed accertato, come nella specie, l’utilizzo di combustibili rinnovabili in difformità del titolo autorizzativo o della documentazione presentata in sede di istanza di incentivazione per disporre la decadenza dalla qualifica.

2.3. Il Giudice di primo grado avrebbe dovuto tener conto che il GSE e le altre autorità competenti non avevano ritenuto necessario disporre ulteriori indagini in quanto già da quelle visive era ictu oculi emersa la difformità della biomassa rispetto a quella autorizzata e comunque non vi è alcun obbligo per il GSE di effettuare approfondimenti di natura tecnica consistenti nel campionamento e nell’analisi chimico fisica delle biomasse sequestrate.

In fase di controllo, anche i documenti di trasporto della biomassa avevano evidenziato che era stata conferita all’impianto biomassa identificata come MPS (materia prima secondaria), ad ulteriore conferma che la biomassa in ingresso non era assimilabile a biomassa di origine legnosa. La materia prima secondaria è, infatti, una sostanza qualificata come rifiuto.

La sentenza, secondo l’appellante, avrebbe acriticamente recepito le erronee conclusioni della consulenza, che pur avendo rilevato una contaminazione, non ha ritenuto la stessa rilevante.

2.4. Il GSE, come specificato nel provvedimento impugnato, non solo aveva compiuto un’analisi visiva della biomassa, riscontrando chiaramente plastica e materiali estranei, ma, in sede di sopralluogo, aveva altresì preso visione della documentazione di trasporto che aveva confermato l’utilizzo di rifiuti.

3. Costituitasi in giudizio, AREA s.p.a. ha controdedotto alle censure, rilevando la correttezza della decisione appellata, atteso che il GSE (al pari degli altri enti deputati al controllo) aveva espletato una mera indagine visiva del materiale sequestrato, mentre il CTU ha svolto un’indagine tecnica molto più approfondita del materiale, con campionamento ed analisi di laboratorio, tesa ad accertare la natura e la composizione fisico- chimica del materiale sequestrato. La consulenza d’ufficio non ha fatto altro che sopperire alle carenze probatorie del medesimo GSE.

La verifica visiva non costituiva idonea prova, avendo il GSE semplicemente constatato la presenza di alcuni residui e/o impurità stoccate nell’area di impianto.

Inoltre, le emissioni prodotte dall’Impianto, che venivano semestralmente consegnate ad ARPA con i rilievi in continuo, non avevano mai evidenziato alcuna anomalia.

4. GSE ha presentato una memoria, insistendo nelle proprie difese.

5. Con memoria di replica AREA, dopo aver ricordato come l’autorizzazione unica prevedesse la possibilità di immettere nel processo produttivo materiale vegetale prodotto da interventi selvicolturali, da manutenzione forestale e da potatura, materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica da legno vergine e costituito da cortecce, segatura, trucioli, chips, refili e tondelli di legno vergine, granulati e cascami di legno vergine, granulati e cascami di sughero vergine, tondelli, non contaminati da inquinanti, e materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica di prodotti agricoli, ha sottolineato come < il legno vergine, per poter essere impiegato come combustibile, non deve necessariamente presentarsi come fascine di rami appena raccolti dagli alberi, ma può avere anche forma meno “naturale”, ben potendo consistere, appunto, in potature, cortecce, segatura, trucioli, chips, refili e tondelli, ecc>, aggiungendo che i bancali sono legno vergine in quanto non sottoposti a trattamenti chimici (colle e vernici) e rientrano a pieno titolo tra i materiali autorizzati (prodotti provenienti da industrie, indicati dalla Provincia sotto la voce tondelli). Per di più, anche nella scheda tecnica di caratterizzazione delle biomasse (trasmessa alla Provincia e al GSE in fase di richiesta di incentivi) veniva chiaramente rappresentato come la biomassa da immettere nel ciclo produttivo fosse costituita da: “Parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse”, ciò ad indicare come non si trattasse unicamente di legno proveniente da boschi o da culture dedicate.

In questo contesto, la presenza di chiodi (non di parti metalliche) non è indice che la biomassa non fosse compatibile perché i chiodi sono impiegati per assemblare pallet di legno vergine non trattato.

6. A sua volta il GSE, con memoria di replica, ha osservato come si evinca dalla stessa consulenza d’ufficio che il legno utilizzato non era legno vergine ma già “rilavorato”; per il GSE il semplice fatto che vi fosse una seppur minima parte di materiale “non puro” è stato sufficiente per rilevare la violazione contestata.

L'autorizzazione unica n. 2/10 rilasciata dalla Provincia di Pavia, infatti, vietava l'utilizzo di rifiuti, prevedendo esclusivamente l'alimentazione dell'impianto con biomasse legnose vergini.

7. Con ordinanza collegiale n.5623/2022 il giudizio è stato sospeso sino al passaggio in giudicato della definitiva pronuncia sul processo penale pendente presso il Tribunale di Milano.

8. In data 23/10/2024 le parti hanno depositato atto di appello instaurato da Area Impianti avverso la sentenza di primo grado nel giudizio penale, che ne ha riconosciuto la responsabilità risarcitoria nei confronti del GSE.

9. L’odierno giudizio è stato chiamato all’udienza del 3 dicembre 2024, in vista della quale le parti hanno depositato memorie.

AREA ha sottolineato l’avvenuta assoluzione con formula piena dell’Amministratore delegato di Area Impianti s.r.l., assoluzione non appellata dalla Procura.

10. All’esito della discussione orale, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

11. Il Collegio premette che con ordinanza collegiale istruttoria n. 4358/2024, emessa sul ricorso n. 4689/2021 r.g., pendente avanti questa sezione e proposto da Intesa Sanpaolo S.p.A. (colpita, in quanto cessionaria del credito vantato da -OMISSIS- nei confronti del GSE S.p.A., dalla richiesta di restituzione degli incentivi di cui all’odierno giudizio) per la riforma della sentenza del T.a.r. per il Lazio n. 3465/2021, sono state chieste alle parti ed alla competente Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano notizie circa l’intervenuta (o meno) definizione del richiamato procedimento penale n. -OMISSIS- r.g.n.r. Procura di Milano - N. -OMISSIS-R.G.G.G.P.

11.1. All’udienza del 24/09/2024, dato atto dell'intervenuto deposito in atti della documentazione trasmessa dalla Corte d'appello di Milano, con notizie in ordine allo stato della causa e allegata sentenza di primo grado, il Collegio ha rinviato la causa n. 4689/2021 r.g. all'udienza pubblica del 3 dicembre 2024; in tale contesto, il G.S.E. ha chiesto che anche il presupposto giudizio n.r.g. 10277/2018 venisse fissato alla medesima udienza pubblica.

12. Ciò posto, il Collegio ritiene di ritornare sulla precedente decisione di sospendere l’odierno giudizio nelle more del procedimento penale (scelta che, al di fuori dei casi di cui agli artt. 8, comma 2, e 77 d.lg. n. 104/2010, è rimessa ad una valutazione di opportunità del giudice amministrativo).

In esito all’istruttoria disposta nel richiamato giudizio n. 4689/2021 r.g., il Presidente della Corte d’appello penale di Milano, con nota vergata il 9.9.2024 in calce alla richiesta di informazioni trasmessa dalla segreteria di questa sezione, ha comunicato che il procedimento penale di appello non risulta ancora fissato e non riveste carattere di priorità, attesa la già intervenuta prescrizione.

Pertanto, vengono i meno i presupposti che avevano indotto la sezione (ordinanza n.5623/2022) a sospendere il giudizio in epigrafe fino al passaggio in giudicato della definitiva pronuncia sul processo penale (ossia “i fatti materiali oggetto dell’attivato giudizio penale potrebbero risultare rilevanti per la definizione del presente giudizio d’appello”).

Posto che non è più prevedibile che i fatti materiali vengano accertati con autorità di giudicato, stante la già intervenuta prescrizione dei reati, rimane unicamente la possibilità dell’utilizzazione del materiale probatorio acquisito nel processo penale di primo grado, affidata al cd. libero convincimento del giudice sulla base di autonomi elementi di valutazione, posta l'impossibilità di trarre dallo stesso conclusioni ulteriori per l'intervenuta prescrizione dei reati contestati; quindi, essendo prevedibile il proscioglimento per intervenuta prescrizione, questo giudice deve operare un'autonoma e completa ricostruzione dei fatti, pur potendo tener conto delle risultanze processuali acquisite nel giudizio penale, ma senza attendere la (incerta nel quando) definizione di quest’ultimo, che non sarebbe di particolare utilità, attesa la segnalata già intervenuta prescrizione.

Protrarre la sospensione del giudizio nonostante la richiamata evoluzione del procedimento si porrebbe in contrasto con le esigenze di economia processuale e di ragionevole durata del processo.

13. Tanto premesso, l’appello, a giudizio del Collegio, si appalesa infondato.

13.1. La questione principale da dirimere attiene alla portata degli atti di autorizzazione e di concessione degli incentivi, oggetto di decadenza, cui è connesso il problema della sufficienza o meno dell’istruttoria condotta dal GSE in sede di verifica e controllo.

13.2. Quanto al primo aspetto, occorre premettere alcuni cenni di carattere normativo.

13.3. L’impianto per cui è causa è un “medio impianto di combustione” ex art. 268, c.1, lett. gg-bis Decreto Legislativo 152/2006, in quanto secondo l’autorizzazione (v. “considerando”), all.3 al ricorso di primo grado, è prevista una potenza termica pari a 5230 kW che = a 5,23 MW, quindi entro i limiti previsti dalla richiamata disposizione per l’impianto medio, che viene ivi definito come l’impianto di combustione di potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW e inferiore a 50MW, inclusi i motori e le turbine a gas alimentato con i combustibili previsti all'allegato X alla Parte Quinta o con le biomasse rifiuto previste all'allegato II alla Parte Quinta.

13.4. Detta disposizione non definisce la biomassa, rinviando all’allegato II alla parte V del D. Lgs. 152/2006, che così stabilisce:

1. Definizioni.

Ai fini del presente allegato si intende per:

(omissis)

c) biomassa: prodotti, costituiti interamente o in parte di materia vegetale, di provenienza agricola o forestale, utilizzabili come combustibile ai sensi della normativa vigente per recuperarne il contenuto energetico, ed i seguenti rifiuti usati come combustibile:

- rifiuti vegetali derivanti da attività agricole e forestali;

- rifiuti vegetali derivanti dalle industrie alimentari di trasformazione, se l'energia termica generata è recuperata;

- rifiuti vegetali fibrosi della produzione di pasta di carta grezza e della produzione di carta dalla pasta, se gli stessi sono coinceneriti sul luogo di produzione e se l'energia termica generata è recuperata;

- rifiuti di sughero;

- rifiuti di legno, ad eccezione di quelli che possono contenere composti organici alogenati o metalli pesanti, a seguito di un trattamento o di rivestimento, inclusi in particolare i rifiuti di legno, ricadenti in questa definizione, derivanti dai rifiuti edilizi e di demolizione.

13.5. L’ allegato X alla parte V del D.Lgs. 152/2006 individua le biomasse utilizzabili in maniera esclusiva come combustibili rispetto alle biomasse (di cui alla definizione contenuta nell’allegato II alla parte V, sopra richiamata) ed ai rifiuti, utilizzabili nei grandi impianti di combustione. Il detto allegato X viene individuato dal legislatore quale complemento normativo da utilizzare per discriminare i medi impianti di combustione di cui all’art. 268 c.1 lett gg bis e stabilisce:

Disciplina dei combustibili

Parte II

Caratteristiche merceologiche dei combustibili e metodi di misura

Sezione 4

Individuazione delle biomasse combustibili e delle loro condizioni di utilizzo (parte 1, sezione 1, paragrafo 1 lettera n) e sezione 2, paragrafo 1, lettera h))

1. Tipologia e provenienza

a) Materiale vegetale prodotto da coltivazioni dedicate;

b) Materiale vegetale prodotto da trattamento esclusivamente meccanico di coltivazioni agricole non dedicate;

c) Materiale vegetale prodotto da interventi selvicolturali, da manutenzione forestale e da potatura;

d) Materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica di legno vergine e costituito da cortecce, segatura, trucioli, chips, refili e tondelli di legno vergine, granulati e cascami di legno vergine, granulati e cascami di sughero vergine, tondelli, non contaminati da inquinanti;

e) Materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica di prodotti agricoli.

(omissis)

L’allegato X parte II sez. 4 lett. c, d, e (riportato sopra e richiamato negli atti autorizzatori per cui è causa) individua le biomasse combustibili e le loro condizioni di utilizzo ma non indica alcuna definizione delle stesse né, tantomeno, il loro grado di purezza; viceversa, la definizione normativa di biomassa si rinviene nel richiamato allegato II, parte I c.1 lett. C.

L’allegato X si esprime esclusivamente in termini di materiale combustibile e non di rifiuti, e d’altra parte l’esame degli artt. 183, 184 e 185 (che definiscono e classificano i rifiuti) consente di concludere che nell’ambito della parte IV titolo I del D.Lgs. 152/2006 le biomasse non rientrano nel novero dei rifiuti speciali (cfr. in particolare art.185, rubricato “Esclusioni dall'ambito di applicazione”, secondo il quale non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta, tra l’altro, sub “f”, la paglia e altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, gli sfalci e le potature effettuati nell'ambito delle buone pratiche colturali, utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione ovvero con cessione a terzi, mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente né mettono in pericolo la salute umana).

13.6. A sua volta, il d.m. 2 marzo 2010 ha definito la biomassa e il biogas derivanti da prodotti agricoli, di allevamento e forestali come "la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall'agricoltura e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse", ammettendo ad ottenere l'incentivo per la produzione elettrica da energia rinnovabile solo le biomasse di origine agricola, agro-alimentare e forestale (legno vergine).

A sua volta, la definizione legislativa di cui all'art. 2, comma 1, lett. e), d. lgs n. 28 del 3 marzo 2011 (di “Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE”) identifica testualmente la "biomassa" quale "frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l'acquacoltura, gli sfalci e le potature provenienti dal verde pubblico e privato, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani".

13.7. La definizione di biomassa fornita dal testo normativo citato, come si vede, è abbastanza eterogenea, similmente a quanto riportato dalla normativa ambientale (allegato II alla parte V del D. Lgs. 152/2006, sopra richiamato), secondo cui sono biomassa: prodotti, costituiti interamente o in parte di materia vegetale, di provenienza agricola o forestale, utilizzabili come combustibile ai sensi della normativa vigente per recuperarne il contenuto energetico, ed i seguenti rifiuti usati come combustibile: - rifiuti vegetali derivanti da attività agricole e forestali; - rifiuti vegetali derivanti dalle industrie alimentari di trasformazione, se l'energia termica generata è recuperata; - rifiuti vegetali fibrosi della produzione di pasta di carta grezza e della produzione di carta dalla pasta, se gli stessi sono coinceneriti sul luogo di produzione e se l'energia termica generata è recuperata; - rifiuti di sughero; - rifiuti di legno, ad eccezione di quelli che possono contenere composti organici alogenati o metalli pesanti, a seguito di un trattamento o di rivestimento, inclusi in particolare i rifiuti di legno, ricadenti in questa definizione, derivanti dai rifiuti edilizi e di demolizione.

In riferimento alla normativa ambientale da ultimo richiamata, si riscontra che nella definizione di biomassa, oltre ai prodotti, sono contemplate anche determinate tipologie di rifiuto la cui definizione è quella riportata all’art. 183 c. 1 lett. a del D.Lgs. 152/2006.

Pertanto è possibile affermare che il legislatore “lato sensu” ammette la possibilità che nella biomassa vi possano essere materie dal diverso status giuridico, ossia prodotti e rifiuti che provvede ad annoverare.

D’altra parte, un discrimine ai fini dell’utilizzo della biomassa può evincersi dall’esame dell’autorizzazione tecnica all’esercizio dell’impianto, che può essere grande o medio impianto di combustione e di conseguenza deve utilizzare combustibili previsti all'allegato X alla Parte Quinta o biomasse rifiuto previste all'allegato II alla Parte Quinta.

14. Fatta tale necessaria premessa, occorre rilevare che, nella vicenda in esame, l’autorizzazione n.2/2010 ha previsto che l’impianto potesse utilizzare le biomasse previste dall’allegato X parte II sez. 4 lett. c, d, e, indicando espressamente:

c) materiale vegetale prodotto da interventi selvicolturali, da manutenzione forestale e da potatura;

d) materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica di legno vergine e costituito da cortecce, segatura, trucioli, chips, refili e tondelli di legno vergine, granulati e cascami di legno vergine, granulati e cascami di sughero vergine, tondelli, non contaminati da inquinanti;

e) materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica di prodotti agricoli.

Sono stati, quindi, ammessi, quali possibili fonti di biomassa, compatibili con la richiamata elencazione, tra gli altri, i residui derivanti dalle coltivazioni agricole (paglie di cereali, lolla di riso, stocchi di mais ecc.) e della silvicoltura, i residui e sottoprodotti derivanti dalle operazioni di manutenzione forestale (frascami, ramaglie, sfalci e residui di potature), sottoprodotti colturali, ramaglie raccolte dalla pulizia e dalla manutenzione dei boschi, legna e i suoi derivati, scarti dell’industria del legno (ritagli di pannelli, segature e truciolame di varia pezzatura, chips, ottenuti tramite un processo meccanico di frantumazione del legname, e pellets, trucioli pressati prodotti tramite pressione meccanica della segatura e di altro legname precedentemente sminuzzato).

Si tratta, quindi, di biomasse residuali che comprendono i sottoprodotti di altre lavorazioni principali: sottoprodotti agricoli e forestali, residui della lavorazione del legno.

14.1. Nell’ambito di questi ultimi (sottoprodotti dell’industria del legno) l’autorizzazione ha ammesso unicamente gli scarti di legno vergine, che, notoriamente, sono costituiti da residui di legno naturale di varia pezzatura (segatura, trucioli, cippato, imballaggi in legno ecc.), reperibili da segherie, carpenterie e falegnamerie, escludendo gli scarti di legno trattato con colle e/o prodotti vernicianti.

15. Da quanto fin qui detto, si evidenzia la carenza di istruttoria lamentata in primo grado.

15.1. In esito al sopralluogo, è stato contestato all’appellata che la biomassa utilizzata nell’impianto non era vergine, trattandosi di biomassa triturata da bancali e legno lavorato misto a residui di plastica ed altro: ma di per sé la circostanza che la biomassa si presentasse in forma di bancali e legno lavorato non era incompatibile con le prescrizioni dell’autorizzazione, che consentiva, tra l’altro, l’utilizzo di residui della lavorazione del legno, purché di legno vergine.

15.2. La circostanza che fossero visibili elementi contaminanti ben poteva essere riconducibile ad una minima percentuale di impurità, inevitabile in un complesso processo di produzione, raccolta e trasporto della biomassa, rispetto la quale deve essere previsto un seppur minimo margine di tolleranza, in relazione a contaminazioni da intemperie (vento), residui di precedenti operazioni all’interno dei camion di trasporto (e considerato, peraltro, che l’autorizzazione aveva ammesso anche scarti e sottoprodotti agricoli e forestali).

15.3. Nel caso specifico, l’amministrazione procedente non ha proceduto al campionamento del materiale, limitandosi ad una ispezione visiva, che però non restituisce elementi di certezza.

Vero è che non vi era obbligo di procedere alla caratterizzazione del materiale, ma per converso tale omissione preclude di valutare la esatta consistenza delle impurità rilevate, non consentendo di determinare se le stesse possano essere ascritte al necessario margine di tolleranza di cui si è detto ovvero se possa ravvisarsi la violazione dell’autorizzazione.

Anche la lettura della sentenza penale conferma come in nessuna parte del procedimento amministrativo sia stato eseguito un preciso campionamento.

15.4. Soccorre, quindi, la consulenza tecnica che, seppure intervenuta nell’ambito di un giudizio civile cui non ha partecipato il GSE, può comunque integrare elementi di prova liberamente valutabili dal giudice.

Nello specifico, le operazioni di consulenza appaiono accurate, avendo l’ausiliario del giudice civile sottoposto il campione ad “analisi chimiche- fisiche- merceologiche”, come sottolineato nella sentenza appellata, procedendo all’analisi di cinque diversi campioni prelevati dal materiale e pervenendo al risultato per cui “i campioni 1, 2 3 risultano interamente costituiti da legno derivante da filiera vergine o comunque ad esso assimilabile” mentre “i campioni 4 e 5 risultano costituiti per il quasi 98% da legno derivante da filiera vergine o comunque ad esso assimilabile e per il 2,1- 2,2% da materiali assimilabili a truciolari/ compensati, ovvero da materiali non derivanti da filiera vergine”.

Sotto tale ultimo profilo, il collegio sottolinea come l’utilizzo del materiale in questione (truciolato e compensato) fosse consentito alla stregua dell’autorizzazione, purché derivante da legno vergine, e in proposito appare condivisibile la conclusione del giudice di prime cure, secondo il quale la minima contaminazione riscontrata non pregiudica nella globalità la classificazione del materiale come biomassa, trattandosi di un dato del tutto irrisorio ed irrilevante, tale quindi da non pregiudicare, nel complesso, la classificazione del materiale come biomassa da filiera vergine.

Va al riguardo sottolineato come né l’autorizzazione né altri atti prodotti in giudizio dalle parti possono condurre a conclusioni diverse, non risultando che la minima (e come sopra detto inevitabile) contaminazione superasse una percentuale eventualmente indicata nei provvedimenti di riferimento.

15.5. Nel corso della discussione orale il GSE ha sostenuto come fosse stato ammesso a finanziamento solo l’utilizzo di legno 100% vergine; ma tale affermazione non trova riscontro nella documentazione agli atti del giudizio, con i quali anzi contrasta sotto due profili: intanto, per essere stato consentito, dall’autorizzazione, l’utilizzo di biomassa proveniente da sottoprodotti delle lavorazioni agricole e forestali, oltre che da residui della lavorazione del legno vergine; e in secondo luogo, per avere la parte appellata dimostrato di aver allegato, nella fase istruttoria tendente a conseguire l’autorizzazione, documentazione dalla quale era ben possibile evincere con certezza il ricorso a plurime ed eterogenee fonti di provvista (fatto rimarcato anche nella sentenza penale).

Ove l’amministrazione avesse inteso escludere alcune di dette fonti, sarebbe stata necessaria una maggior chiarezza negli atti autorizzatori.

16. Le ulteriori eccezioni sollevate in appello avverso la consulenza tecnica d’ufficio devono essere disattese: che il consulente non abbia eseguito le operazioni di campionamento sul materiale sequestrato costituisce contestazione labiale, non assistita da alcuna prova tale da poter superare la dichiarazione del consulente di aver esaminato proprio il materiale sequestrato.

16.1. Il Gestore non può limitarsi a chiedere l’estromissione della consulenza per il fatto di non aver partecipato alle relative operazioni, atteso che il ricorso a tale fonte di prova si rende necessario a causa della carenza istruttoria in capo alle autorità procedenti, che si sono limitate a ricognizioni visive e fotografiche e ad impressioni soggettive, del tutto inidonee a supportare provvedimenti sanzionatori e di recupero.

17. Deve quindi confermarsi la lamentata carenza di istruttoria nella fase di accertamento, sia per il mancato campionamento del materiale, sia per il mancato accertamento univoco che la biomassa riscontrata fosse pronta per l’utilizzo e non –come addotto dall’interessata- meramente depositata in attesa di essere esaminata e vagliata.

17.1. La circostanza che i documenti di trasporto acquisiti in fase di controllo abbiano evidenziato che era stata conferita all'impianto biomassa identificata come "MPS - Materia prima secondaria - legno triturato" non consente di pervenire a conclusioni diverse, in quanto, secondo il codice dell’ambiente, la cd. MPS nasce come rifiuto ma, a seguito di legittime operazioni di recupero, muta il suo status giuridico da rifiuto a materia. Tale operazione può ad esempio conseguire anche all’utilizzo di sottoprodotti delle potature e delle lavorazioni agricole, in particolari condizioni.

18. Conclusivamente, l’appello dev’essere respinto.

19. Tuttavia, la particolare complessità della vicenda induce a disporre la compensazione delle spese di questo grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellata ed i soggetti privati indicati in sentenza.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2024 con l'intervento dei magistrati:

Oberdan Forlenza, Presidente

Francesco Guarracino, Consigliere

Carmelina Addesso, Consigliere

Maria Stella Boscarino, Consigliere, Estensore

Stefano Filippini, Consigliere