Cass. Sez. III n. 21777 del 5 giugno 2007 (Ud. 27 mar. 2007)
Pres. Onorato Est. Sarno Ric. Conti
Rifiuti. Sansa e acque di vegetazione delle olive

Si deve fare riferimento alla categoria dei rifiuti sia per la sansa che per le acque di vegetazione delle olive. Tra i rifiuti, infatti, - al di fuori dall'utilizzazione agronomica - va certamente inclusa la sansa di cui non si fa peraltro menzione né negli artt. 38 e 59 comma 11 ter del Dlvo 152-99, né negli artt. 112 e 137 comma 14 del D.Lvo 152-2006 che li hanno sostituiti. Ma anche le acque di vegetazione possono senz'altro rientrare tra i rifiuti qualora di esse si faccia una raccolta finalizzata, come nella specie, all'abbandono, mediante raccolta in contenitori o in invasi.

Svolgimento del processo

Con sentenza del 15 dicembre 2005 il tribunale di Tivoli condannava Conti Carlo alla pena di euro tremila di ammenda ed al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile, con provvisionale fissata in euro 1000, per il reato di cui all’articolo 51 comma 2 D.L.vo 22/97 perché, in violazione del divieto di cui all’articolo 14, quale titolare dell’omonima ditta individuale, abbandonava o comunque depositava in modo incontrollato un’ingente quantità di acque di vegetazione derivante dalla macinazione delle olive. Accertato in Licenza, località Riosecco il 9 dicembre 2003.

Rilevava il tribunale in motivazione che le acque derivate nei processi produttivi che avevano luogo nello stabilimento erano convogliate mediante una conduttura privata in alcuni silos installati in un terreno di proprietà del Conti in località Frainile mentre la sansa residuata dalle medesime lavorazioni veniva depositata in un cassone concesso dalla società Pragma 89, collocato in un’area di proprietà del comune di Licenza, ubicata in località Risecco, messa a disposizione del Conti dall’amministrazione comunale.

Si evidenzia inoltre in motivazione che all’epoca dei sopralluoghi effettuati dai vigili urbani del comune e dal personale dell’ASL, il fondo ospitante i silos presentava sul terreno depositi ed acquitrini di liquido maleodorante fuoriuscito dai contenitori mentre nell’area comunale di Riosecco si trovavano ammassati, in parte anche fuori dal cassone in uso ai Conti., significativi quantitativi di sansa da cui dipartivano rivoli di acqua confluenti in pozze putrescenti.

Riteneva dunque il tribunale, sulla base delle emergenze processuali, che sia la sansa che le acque di vegetazione erano da ricondurre ai processi produttivi del Conti ma che, nella specie, dovendosi escludere l’uso agronomico del materiale citato, esso andava considerato come rifiuto speciale non pericoloso assoggettabile come tale alle disposizione del D.L.vo n. 22/97. Escludeva inoltre che nella specie, in relazione alle modalità descritte, potesse essere ipotizzato un deposito temporaneo del materiale rinvenuto.

Avverso tale decisione ha proposto appello il Conti richiedendo:

1) l’assoluzione per infondatezza della notizia di reato, mancando la dimostrazione dei fatti e in particolare in assenza di prove in ordine alla riconducibilità della proprietà del cassone alla sua persona.

2) dichiararsi errata la qualificazione di rifiuto della sansa; l’insussistenza dell’accertamento sulla natura dei presunti rifiuti e l’omessa valutazione delle prove documentali.

Trattandosi di sentenza inappellabile ai sensi dell’art. 593 cpp, l’appello veniva convertito in ricorso per cassazione.

 

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.

In ordine alle doglianze formulate con il primo ed in parte anche con il secondo motivo, occorre immediatamente rilevare che non appare in questa sede possibile una rilettura degli elementi di prova e che, risultando congruamente motivata la decisione sia in ordine alla provenienza del materiale in esame che alla sua destinazione finale, non vi spazio alcuno per porre in discussione la condotta di smaltimento acclarata in capo alla ditta facente capo al Conti.

Lo sviluppo della motivazione - articolata sotto il profilo probatorio sulle dichiarazioni del personale di PG intervenuto e sugli accertamenti d’indagine espletati nell’immediatezza -, pone in evidenza la non decisività dell’attestazione rilasciata dal Comune, non a conoscenza, evidentemente delle modalità di smaltimento dei reflui oleari.

Residua, pertanto, in questa sede unicamente l’esame della questione relativa alla qualificazione della sansa e delle acque di vegetazione come rifiuto.

Anche sul punto la motivazione appare ineccepibile.

Si deve anzitutto affermare, in linea con quanto già affermato in altre decisioni della Corte, che, come correttamente rilevato dal tribunale, l’ambito di applicazione della disciplina contenuta nella legge 574/96 deve essere necessariamente circoscritto ai soli casi in cui i reflui oleari abbiano una loro utilità a fini agricoli.

Dall’insieme delle disposizioni che riguardano le acque di vegetazione dei frantoi oleari (menzionate nella legge 574/96; agli artt. 38 e 59 Co. 11 ter del D.L.vo 152/99; nel Decreto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali 6 luglio 2005 che dà attuazione all’art. 38, e da ultimo agli artt. 112 e 137 Co. 14 del D.L.vo 152/2006) e delle sanse umide dei frantoi stessi (menzionate nella legge 574/96 e nel Decreto ministeriale 6 luglio 2005, citato) si ricava che di tali sostanze è espressamente consentita unicamente l’utilizzazione agronomica e, cioè, l’applicazione al terreno… finalizzata all’utilizzo delle sostanze nutritive ammendanti... ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo (art. 2 lett. n bis) D.L.vo 152/99; 74 lett. p) D.L.vo 152/2006).

Puntualizza l’art. 1 del Decreto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali del 6 luglio 2005 recante “Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell’utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e degli scarichi di frantoi oleari, di cui all’art. 38 del decreto legislativo 11 maggio 1999 n. 152” che “lo spandimento delle acque di vegetazione e delle sanse umide deve essere praticato nel rispetto di criteri generali di utilizzazione delle sostanze nutritive ed ammendanti pedogeomorfologiche, ideologiche ed agroambientali del sito e che siano rispettosi delle norme igienico - sanitarie, di tutela ambientale ed urbanistica” (comma 2) e che “l’utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e della sansa umida disciplinata dalla legge n. 574 del 1996 e dal presente decreto è esclusa ai sensi dell’art. 8 comma 1 del decreto legislativo 5 febbraio 2997 n. 22 dal campo di applicazione del medesimo decreto legislativo” (comma3).

E’ da escludere, pertanto, che, come affermato dal tribunale in sentenza, il legislatore abbia in qualche modo inteso favorire lo spandimento o l’abbandono sul terreno come mezzo incontrollato di smaltimento dei reflui della lavorazione delle olive ed anzi è ferma la preoccupazione del legislatore medesimo di contenere rigidamente il fenomeno come dimostra l’introduzione del comma 11 ter all’art. 59 con il D.L.vo n. 258/2000 che ha inserito la sanzionabilità penale dell’utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione dei frantoi fuori dei casi e delle procedure previste dall’art. 38 del D.L.vo 152/99.

Correttamente, inoltre, si deve fare riferimento nella specie alla categoria dei rifiuti sia per la sansa che per le acque di vegetazione.

Tra i rifiuti, infatti, - al di fuori dall’utilizzazione agronomica - va certamente inclusa la sansa di cui non si fa peraltro menzione né negli artt. 38 e 59 comma 11 ter del D.L.vo 152/99, né negli artt. 112 e 137 comma 14 del D.L.vo 152/2006 che li hanno sostituiti.

Ma anche le acque di vegetazione possono senz’altro rientrare tra i rifiuti qualora di esse si faccia una raccolta finalizzata, come nella specie, all’abbandono, mediante raccolta in contenitori o in invasi.

Né vale, infine, richiamare la disposizione dell’art. 6 della 1. 574/96 che consente lo stoccaggio delle acque di vegetazione per un termine non superiore ai trenta giorni in silos, cisterne o vasche interrate o sopraelevate all’interno del frantoio o in altra località.

L’applicazione dell’art. 6 citato è condizionata, infatti, per le ragioni esposte, all’uso agronomico dei reflui oleari e, nell’ambito citato, è comunque subordinato alla preventiva comunicazione al sindaco - di cui nella specie non vi è menzione.

Al di fuori di tale contesto trovano evidentemente applicazione, come rilevato dal tribunale, le disposizioni sulla raccolta dei rifiuti.

Nella specie il tribunale, dopo avere correttamente ricordato che solo il deposito temporaneo non richiede autorizzazione, ha comunque escluso, con motivazione sicuramente adeguata sul piano logico e corretta sotto il profilo dell’applicazione dei principi di diritto, di poter ravvisare in concreto tale condizione, sul rilievo che il deposito temporaneo presuppone in ogni caso il controllo diretto del produttore e l’effettuazione nel luogo dì produzione, condizioni queste non rilevate in concreto.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.