Cass. Sez. III n. 34131 del 12 ottobre 2006 (ud. 23 mag. 2006)
Pres. De Maio Est. Onorato Ric. Caracciolo
Rifiuti. Ordinanze contingibili e urgenti

Il potere di ordinanza non compete al sindaco nella sua qualità di presidente di un consorzio intercomunale titolare di un depuratore

Udienza pubblica del 23.05.2006
SENTENZA N. 930
REG. GENERALE n. 46577/2005


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE


Composta dagli III. mi Signori
1. Dott. Guido DE MAIO                                         Presidente
2. Dott. Aldo GRASSI                                            Consigliere
3. Dott. Pierluigi ONORATO (est.)                           Consigliere
4. Dott. Alfredo TERESI                                          Consigliere
5. Dott. Antonio IANNIELLO                                    Consigliere

ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto per CARACCIOLO Biagio, nato a Corsano il 22.9.1950,


avverso la sentenza resa il 16.6.2005 dal tribunale di Lecce, sez. dist. di Tricase.


Vista la sentenza denunciata e il ricorso,
Udita la relazione svolta in udienza dal consigliere Pierluigi Onorato,
Udito il pubblico ministero in persona del sostituto procuratore generale Angelo Di Popolo,

che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio della sentenza per essere il reato estinto per prescrizione,
Udito il difensore della parte civile, avv.==

Udito il difensore dell' imputato, avv. ==

Osserva:


Svolgimento del processo


1 - Con sentenza del 16.6.2005 il tribunale monocratico di Lecce, sezione distaccata di Tricase, ha dichiarato:


- Biagio Caracciolo, Andrea Guareschi e Fabio Botrugno colpevoli del reato di cui all'art. 51, comma 1, lett. a) D.Lgs. 22/1997 perché il Caracciolo quale sindaco del comune di Corsano e responsabile dell'impianto consorziale di depurazione dei comuni di Corsano, Alessano e Tiggiano, il Guareschi quale amministratore unico e direttore tecnico della s.r.l. SIDI - Società Impianti Depurazioni Industriali, affidataria del predetto impianto - e il Botrugno quale responsabile tecnico-amministrativo del servizio di gestione dell'impianto, avevano effettuato attività di raccolta e smaltimento di rifiuti non pericolosi (liquami) in assenza della prescritta autorizzazione: in Corsano dall'1.1.1998 al 31.12.2000;


- Andrea Guareschi colpevole del reato di cui all'art. 51, comma 4, D.Lgs. 22/1997 perché, nella predetta qualità, aveva violato le prescrizioni contenute nella delibera di autorizzazione allo scarico in falda, emessa dalla Provincia di Lecce in data 4.6.1998, omettendo di inviare le certificazioni di analisi, di effettuare con frequenza bimestrale le analisi del pozzo spia, di verificare semestralmente la potabilità dell'acqua stoccata e di tenere i quaderni di registrazione dei prelievi e delle analisi: in Corsano il 5.12.2001.


Per l'effetto, concesse a tutti le attenuanti generiche, il giudice ha condannato il Guareschi alla pena di 12.000 euro di ammenda e il Caracciolo e il Botrugno alla pena di 11.500 euro di ammenda, col beneficio della sospensione condizionale.


In particolare, il tribunale ha osservato che l'impianto di depurazione consortile provvedeva sia allo scarico diretto in falda, per il quale era stato autorizzato dalla Provincia in base alla legge 319/1976, con delibera del 4.6.1998, sia all'attività di raccolta e smaltimento attraverso autobotti dei liquami (rifiuti liquidi urbani) provenienti da numerosi comuni, per la quale era necessaria l'autorizzazione regionale ai sensi del D.Lgs. 22/1997, che era stata rilasciata solo in data 23.10.2000 (dalla Provincia, competente per delega della Regione), limitatamente ai liquami provenienti dai comuni di Alessano, Corsano e Tiggiano.


Anche dopo questa data però il Caracciolo aveva autorizzato eccezionalmente la raccolta e lo smaltimento tramite autobotti di liquami provenienti da circa venti comuni, non inclusi quindi nei tre comuni consorziati e autorizzati.


Sussisteva quindi il reato di cui all'art. 51, comma 1, lett. a) D.Lgs. 22/1997, per il quale non poteva legittimamente invocarsi né lo stato di necessità ne l'errore scusabile sulla necessità dell'autorizzazione richiesta dal predetto decreto.


2 - Avverso Ia sentenza ha proposto ricorso il difensore del Caracciolo, deducendo cinque motivi a sostegno. In particolare lamenta:


2.1 inosservanza degli artt. 521 e 522 c.p.p., giacché il reato di cui all'art. 51 D. Lgs. 22/1997 era stato contestato al Caracciolo ai sensi dell'art. 40 cpv. c.p. per non aver impedito ai responsabili della SIDI di raccogliere e smaltire liquami senza autorizzazione, mentre poi il giudice aveva condannato il Caracciolo "a titolo di concorso con il Botrugno e il Guareschi", nel presupposto che il comune di Corsano era direttamente responsabile della gestione dell'impianto consortile di depurazione;


2.2 - inosservanza o erronea applicazione della norma incriminatrice, nonché mancanza e manifesta illogicità della motivazione sul punto. Sostiene che il Caracciolo, quale presidente del consorzio, rappresentava solo l'ente proprietario dell'impianto di depurazione, che ne aveva appaltato la gestione alla SIDI, sicché era solo la società appaltante che doveva munirsi delle necessarie autorizzazioni.


2.3 - ancora inosservanza o erronea applicazione della norma incriminatrice e dell'art. 5 c.p., nonché mancanza e manifesta illogicità della motivazione sul punto. Sostiene che l'iniziale incertezza giurisprudenziale e lo stesso atteggiamento perplesso della Provincia circa la necessità che il depuratore consortile dovesse munirsi anche dell'autorizzazione prevista dalla discipline per il trattamento dei rifiuti, rendeva scusabile l'errore in cui era incorso il Caracciolo.


2.4 - inosservanza o erronea applicazione dell'art. 51, comma 1 e comma 4, D.Lgs. 22/1997, nonché mancanza e manifesta illogicità di motivazione sul punto, giacché, almeno dopo l'autorizzazione del 23.10.2000, non aveva alcun rilievo giuridico che la raccolta di liquami provenisse anche da comuni non consorziati (nel rispetto del quantitativo massimo giornaliero stabilito per ('impianto); o tutt'al più poteva integrare solo il minor reato di cui all'art. 51, comma 4.


2.5 - inosservanza o erronea applicazione dell'art. 51, comma 1, e dell'art. 13 D.Lgs. 22/1997, nonché mancanza e manifesta illogicità di motivazione sul punto, giacché la sentenza impugnata non s'è posta il problema di verificare se le autorizzazioni rilasciate dal Caracciolo ai comuni non consorziati fossero esercizio del potere di provvedere per necessità contigibili e urgenti ai sensi dello stesso art. 13.


Motivi della decisione


3 - IL primo motivo di ricorso (n. 2.1) non può essere accolto.


Non c'è stata infatti una mutazione radicale del fatto tra il capo di imputazione e Ia sentenza, ma piuttosto una diversa qualificazione giuridica del concorso tra gli imputati, giacché Ia condotta concorsuale del Caracciolo da omissiva è diventata commissiva.


In ogni caso la modificazione da condotta omissiva a condotta commissiva non aveva carattere radicale, tale da impedire all'imputato di difendersi sul punto (la giurisprudenza di legittimità è costante sul punto).


4 - Parimenti infondato è il secondo motivo (n. 2.2).


Dalla sentenza impugnata risulta espressamente che, a norma dell'art. 4.1 del capitolato di concessione, il consorzio del depuratore (concedente) era tenuto a provvedere alle autorizzazioni e ai permessi di sua competenza necessari alla gestione dell' impianto. Non può quindi sostenersi né in fatto né in diritto che solo la società concessionaria (SIDI) fosse tenuta a munirsi delle necessarie autorizzazioni.


Tanto ciò è vero che fu proprio il Caracciolo, quale presidente del consorzio intercomunale, a presentare istanza per la gestione dei rifiuti liquidi ai sensi del D. Lgs. n. 22/1997 sin dal maggio 1997, e in seguito a presentare altra istanza, nel corso del 1999, ai sensi del D.Lgs. 152/1999.


3 - Manifestamente destituita di fondamento giuridico è anche la censura di cui al n. 2.3, con cui si rivendica la buona fede del Caracciolo.


Questa buona fede dell'imputato ricorrente, fondata sul suo errore asseritamente scusabile di non essere destinatario delle norme incriminatrici, è positivamente esclusa proprio dal fatto ora accennato che era stato lo stesso imputato a presentare istanza ex D.Lgs. 22/1997 sin dal 16.5.1997 (v. pag. 5 del ricorso) e poi a presentare istanza ex D.Lgs. 152/1999 nel corso del 1999 (v. pag. 4 della sentenza impugnata). II che significa che il Caracciolo era ben consapevole degli obblighi a lui incombenti per legge.


La sentenza impugnata, inoltre, correttamente ha escluso la buona fede in considerazione della condotta negligente del Caracciolo, che aveva ritardato la consegna della documentazione integrativa richiesta della conferenza dei servizi per regolarizzare l'impianto di depurazione.


4 - Merita il rigetto anche la quarta censura (n. 2.4).


Invero, l'autorizzazione rilasciata il 23.10.2000 dall'autorità competente per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti liquidi urbani (liquami) era limitata a quelli provenienti dai comuni di Alessano, Corsano e Tiggiano. Si trattava quindi di un limite geografico (oltre che quantitativo massimo giornaliero) dell'autorizzazione al trattamento di depurazione, e non già di una prescrizione in senso tecnico impartita dal provvedimento autorizzatorio.


Per tale ragione, l'aver esteso la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti liquidi a circa venti comuni, eccedenti i tre abilitati, configura una gestione senza titolo autorizzatorio, punita dall'art. 51, comma 1, D.Lgs. 22/1997, e non già una semplice inosservanza di prescrizioni contenute nell'autorizzazione, punita come reato più lieve dal comma 4 dello stesso art. 51.


5 - Infine è manifestamente infondato l'ultimo motivo di ricorso (n. 2.5), che invoca in via ipotetica l'applicazione dell'art. 13 del 22/1997.


Questa norma - com'è noto - prevedendo la possibilità che il sindaco (o il presidente della Regione o il presidente della Provincia), in situazioni di eccezionale necessità per la salute o per l'ambiente, emani un'ordinanza contingibile e urgente per autorizzare la gestione di rifiuti anche in deroga alle disposizioni vigenti, secondo condivisibile giurisprudenza di questa corte, configura una scriminante speciale del reato previsto dall'art. 51 (Sez. III n. 3257 del 16.12.1997, Santagata, rv. 210147; Sez. III n. 12692 del 16.10.1998, Schepis, rv. 212182).


Ma è del tutto evidente che questo potere extra ordinem compete al sindaco, al presidente provinciale o a quello regionale per le necessità dell'ambito territoriale e funzionale di rispettiva competenza; ma non compete al sindaco nella qualità di presidente di un consorzio intercomunale titolare di un depuratore.


Per conseguenza, nel caso di specie, il sindaco Caracciolo poteva emanare un'ordinanza contingibile ed urgente solo limitatamente alle necessità straordinarie del comune di Corsano da lui amministrato; ma non poteva emanarla come presidente del consorzio in relazione alle asserite necessità dei numerosi comuni non consorziati.


Peraltro, non risulta affatto che il Caracciolo abbia formalmente emanato una ordinanza ex art. 13 D.Lgs. 22/1997. Al contrario risulta dalla sentenza impugnata (pag. 4) che egli abbia autorizzato lo smaltimento di liquami tramite autobotti non tanto per venire incontro alle necessità dei comuni non consorziati, quanto piuttosto per assecondare le esigenze economiche della società appaltatrice del depuratore.


6 - Infine, non può essere accolta Ia richiesta del procuratore generale in sede di dichiarare la prescrizione del reato.


La contravvenzione attribuita al Caracciolo è stata commessa sino 31.12.2000. Ma il periodo prescrizionale massimo, scadente il 30.6.2005, deve essere prolungato di mesi 7 e giorni 22 (cioè sino al 22.2.2006) per la sospensione del processo disposta in primo grado (dal 28.2.2003 al 24.3.2003, dal 2.12.2003 al 23.2.2004, dall'8.2.2005 al 15.6.2005) e per ulteriori mesi 3 e giorni 1 (cioè sino alle ore 24 del 23.5.2006) per Ia sospensione del processo disposta in questo grado del giudizio (dal 22.2.2006 al 23.5.2006).


7 4 - Il ricorso va pertanto rigettato. Consegue ex art. 616 c.p.p. Ia condanna del ricorrente alle spese processuali. Considerato il contenuto dell'impugnazione, non si ritiene di comminare anche la sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende.


P.Q.M.


la corte suprema di cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.


Così deciso in Roma il 23.5.2006.


L' estensore              Il presidente
(Pierluigi ONORATO )        ( Guido DE MAIO)