Cass. Sez. III n. 31291 del 17 luglio 2019 (UP 7 mag  2019)
Pres. Di Nicola  Est. Gai Ric. Ricigliano
Rifiuti.Inottemperanza ordinanza di rimozione

La sanzione penale di cui all’art. 255 comma 3 cit, è rivolta propriamente non già ai responsabili dell’abbandono o ai proprietari menzionati nella prima norma, ma ai destinatari formali dell'ordinanza sindacale, mentre il precetto di cui all'art. 193 comma 3, è rivolto ai responsabili dell'abbandono di rifiuti e ai proprietari del terreno inquinato. Ma in ogni caso, spetta a costoro, per evitare di rendersi responsabili dell'inottemperanza, di ottenere l'annullamento dell'ordinanza sindacale per via amministrativa o per via giurisdizionale, o - al limite - di provare in sede penale di non essere proprietari del terreno ne' responsabili dell'abbandono, al fine di ottenere dal giudice penale la disapplicazione dell'ordinanza per illegittimità (cioè per mancanza dei presupposti soggettivi).

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’impugnata sentenza, la Corte d'appello di L’Aquila ha confermato la sentenza del Tribunale di Teramo con la quale Ricicliano Gianluca era stato condannato, alla pena di mesi tre di arresto, in ordine al reato di cui all’art. 255 comma 3 del d.lvo n. 152 del 2006, per avere, quale titolare dell’omonima ditta esercente l’attività di agente e rappresentante di latte, burro e formaggi, non ottemperato all’ordinanza sindacale n. 18 del 05/04/2014, emanata dal Sindaco di Teramo, ai sensi dell’art. 192 comma 3 del medesimo decreto, con la quale si intimava di provvedere, entro trenta giorni dalla notifica (08/04/2014), alla rimozione e al corretto smaltimento dei rifiuti alimentari abbandonati lungo la SP 3, in epoca precedente al 20/03/2004. Accertato il 09/05/2014.

2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, e ne ha chiesto l’annullamento deducendo, con un unico motivo di ricorso, la violazione dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod.proc.pen. in relazione all’illogicità e contraddittorietà della motivazione sulla affermazione della responsabilità penale, in contrasto con altra pronuncia giudiziale.  
Argomenta il ricorrente illogicità della motivazione nella parte in cui fonda il proprio convincimento sul mero dato fattuale della inottemperanza all’ordinanza di rimozione dei rifiuti, emessa dal Sindaco di Teramo, ignorando completamente l’intervenuta sentenza di assoluzione, passata in giudicato, emessa dal Tribunale di Teramo in relazione al reato di abbandono di rifiuti. Illogicità della motivazione risiederebbe nella circostanza per cui l’imputato sarebbe stato dichiarato responsabile per un fatto di reato e, allo stesso tempo, punito per l’inottemperanza ad un ordine amministrativo di rimozione dei rifiuti, che traeva giustificazione dalla commissione del reato e che lo presupponeva. La corte territoriale avrebbe ritenuto del tutto irrilevante la successiva sentenza assolutoria, avrebbe ignorato che la soluzione definitiva del ricorrente per il reato presupposto si riverbera integralmente sulla affermazione della responsabilità del reato contestato che presuppone l’accertamento del fatto di abbandono di rifiuti. Il conflitto tra le sentenze comporta l’illegittima conseguenza per cui l’imputato, ad oggi, è stato ritenuto estraneo dall’abbandono di rifiuti e, allo stesso tempo, riconosciuto colpevole per non aver ottemperato all’ordinanza comunale che gli imponeva di rimuovere i rifiuti abbandonati. Chiede l’annullamento della sentenza.

3. In udienza, il Procuratore generale ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e la sentenza va annullata, senza rinvio, perché il fatto non sussiste.
2. Occorre muovere all’esegesi delle norme giuridiche che regolano la materia e segnatamente dall’art. 255 comma 3 del d.lgs n. 152 del 2006, art. 192, comma 1 e 3 del medesimo decreto.
Gli elementi essenziali della fattispecie penale di cui all’art. 255 comma 3 del d.lgs n. 152 del 2006, che punisce “chiunque non ottempera all'ordinanza del Sindaco, di cui all' articolo 192, comma 3, o non adempie all'obbligo di cui all' articolo 187, comma 3, è punito con la pena dell'arresto fino ad un anno”, sono l'esistenza di un'ordinanza sindacale di rimozione dei rifiuti, emessa ex art. 192 cit. e la condotta di inottemperanza da parte dei destinatari dell'ordinanza stessa.
Come chiarito dalle sentenze di Questa Terza Sezione della Corte di cassazione Grispo e Viti, trattasi - nonostante l'apparenza contraria indotta dal riferimento lessicale a "chiunque" - di un reato proprio, che può essere commesso solo dai destinatari formali dell'ordinanza (Sez. 3, n. 24724 del 15/05/2007, Grispo, Rv. 236954 – 01; Sez. 3, n. 31003 del 10/07/2002, P.M. in proc. Viti M ed altro, Rv. 222421).
In particolare, la pronuncia Grispo mette in luce i diversi destinatari dei diversi obblighi, inizialmente dettati dagli artt. 14 e 17 del d.lgs n. 22 del 1997 (cd. Decreto Ronchi), la cui disciplina è stata poi trasfusa nell'attuale d.lgs n. 152 del 2006 che regola il settore.
L’art. 14 del Decreto Ronchi individuava il soggetto obbligato alla rimozione ed al ripristino nella persona che ha violato il divieto di abbandono, al quale è affiancato in solido il proprietario del sito (o il titolare di diritti di godimento sulla area) solo se la violazione gli sia imputabile "a titolo di dolo o di colpa".
Accanto al generale divieto di abbandono dei rifiuti e al correlato obbligo di rimozione in capo a colui che ha proceduto all’abbandono (ed alla posizione del proprietario "incolpevole"), si colloca l’ordinanza sindacale di rimozione, smaltimento e ripristino dei luoghi, prevista dall’art. 14 comma 3 del d.lgs. n. 22 del 1997, ora D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 192, comma 3. Essa può essere emanata solo nei confronti dei soggetti che hanno abbandonato i rifiuti. Sempre la pronuncia Grispo si riallaccia e ripete i principi fissati dalla precedente sentenza (Sez. 3, n. 31003 del 10/07/2002, P.M. in proc. Viti M ed altro, Rv. 222421), che evidenziava come, mentre il comando di cui all'art. 14, comma 3, è rivolto ai responsabili dell'abbandono di rifiuti e ai proprietari del terreno inquinato, il precetto dell'art. 50, comma 2, è rivolto ai destinatari formali dell'ordinanza sindacale; di modo che spetta a costoro, per evitare di rendersi responsabili dell'inottemperanza, di ottenere l'annullamento dell'ordinanza sindacale per via amministrativa o per via giurisdizionale, o - al limite - di provare in sede penale di non essere proprietari del terreno nè responsabili dell'abbandono, al fine di ottenere dal giudice penale la disapplicazione dell'ordinanza per illegittimità (cioè per mancanza dei presupposti soggettivi). Mentre onere dell'organo dell'accusa è solo quello di provare gli elementi essenziali del reato previsto dall'art. 50, comma, 2 D. Lgs. 22/1997, oggi dall’art. 255, comma 3, del D. Lgs. n. 152 del 2006, ossia, da una parte, l'esistenza dell'ordinanza sindacale assistita da presunzione di legittimità e, dall'altra, l'inottemperanza da parte dei suoi destinatari.
Dunque, sulla scorta dei condivisibili principi, che il Collegio intende ribadire e dare continuità, la sanzione pena di cui all’art. 255 comma 3 cit, è rivolto propriamente non già ai responsabili dell’abbandono o ai proprietari menzionati nella prima norma, ma ai destinatari formali dell'ordinanza sindacale, mentre il precetto di cui all'art. 193 comma 3, è rivolto ai responsabili dell'abbandono di rifiuti e ai proprietari del terreno inquinato. Ma in ogni caso, spetta a costoro, per evitare di rendersi responsabili dell'inottemperanza, di ottenere l'annullamento dell'ordinanza sindacale per via amministrativa o per via giurisdizionale, o - al limite - di provare in sede penale di non essere proprietari del terreno ne' responsabili dell'abbandono, al fine di ottenere dal giudice penale la disapplicazione dell'ordinanza per illegittimità (cioè per mancanza dei presupposti soggettivi).
3. Nel caso in esame, incontestata l’inottemperanza dell’ordinanza del Sindaco di Teramo che intimava al Riciliano Gianluca, titolare dell’omonima ditta individuale esercente l’attività di “agente e rappresentante latte, burro e formaggi”, la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti rinvenuti sul ciglio della strada provinciale, allegata dal difensore la sentenza di assoluzione, passata in giudicato, dal reato di abbandono di rifiuti, la Corte d’appello ha errato nel pretermettere la valutazione circa la legittimità dell’ordinanza sindacale che, seppur assistita da presunzione di legittimità, era nel caso concreto da ritenersi esclusa in ragione della venuta meno del suo presupposto applicativo dell’abbandono dei rifiuti.
L’imputato, in altri termini, aveva provato l'assenza di sua responsabilità nell’abbandono, al fine di ottenere la disapplicazione della ordinanza illegittima (per carenza dei presupposti soggettivi), sicchè la Corte territoriale, preso atto dell’assenza dei presupposti di legittimità dell’ordinanza sindacale avrebbe dovuto disapplicare l’atto amministrativo illegittimo e assolvere l’imputato per insussistenza del fatto.
Pertanto, la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila va annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.


P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Così deciso, il 07/05/2019