Cass. Sez. III n. 47836 25 novembre 2019 (CC 23 ott 2019)
Pres. Di Nicola Est. Cerroni Ric. Del Prete
Rifiuti.Inosservanza prescrizioni autorizzazione

La fattispecie di cui all’art. 256, comma quarto, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni in materia di rifiuti) non ha natura di circostanza, bensì di reato autonomo integrante un’ipotesi attenuata rispetto alle fattispecie di cui ai rispettivi primi tre commi e rappresenta reato formale di pericolo, che si configura in caso di violazione delle prescrizioni imposte per l’attività autorizzata di gestione di rifiuti, non essendo richiesto che la condotta sia anche idonea a ledere in concreto il bene giuridico tutelato dalla fattispecie incriminatrice

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza dell’11 giugno 2019 il Tribunale di Macerata, quale Giudice del riesame delle misure cautelari reali, ha rigettato la richiesta di riesame proposta da Massimo Del Prete, in qualità di legale rappresentante della scarl La Splendente ed indagato per il reato di cui all’art. 256, comma 4, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, nei confronti del decreto del 10 maggio 2009 di sequestro preventivo del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Macerata, avente ad oggetto l’autocarro di proprietà della società, in quanto sprovvisto dei teloni di copertura dei rifiuti ivi trasportati e del cartello con la scritta “R”, indicante il trasporto di rifiuti pericolosi.
2. Avverso la predetta decisione è stato proposto ricorso per cassazione articolato su due motivi di impugnazione.
2.1. Col primo motivo il ricorrente ha osservato che l’ordinanza impugnata non aveva tenuto conto delle pronunce della Corte costituzionale laddove essa aveva sancito l’illegittimità costituzionale di norme che, in differenti ambiti, avevano previsto la confisca obbligatoria del mezzo utilizzato per commettere il reato, nonché del prezzo o del profitto così tratti, in tal modo censurando l’automatismo dei vincoli.
2.2. Col secondo motivo è stata censurata la manifesta illogicità del provvedimento, atteso che risultava affermata in tal modo la piena discrezionalità del legislatore nell’attribuire all’autorità giudiziaria il potere di adottare misure cautelari reali, equiparando sotto il profilo sanzionatorio situazioni tra loro anche assai diverse, anche eventualmente frutto di mero errore materiale.
3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell’inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è infondato.
4.1. In via del tutto preliminare, peraltro, questa Corte ricorda che, nonostante l’adesione – tempestivamente comunicata - del difensore all’astensione proclamata dall’Unione delle Camere Penali, il procedimento è stato egualmente trattenuto in decisione stante la previsione dell’art. 4, comma 1, lett. a) del Codice di autoregolamentazione forense, atteso che trattasi di udienza afferente misure cautelari.
Al riguardo, infatti, nei procedimenti relativi a misure cautelari reali non è così consentita l’astensione dalle udienze da parte del difensore che aderisce ad una protesta di categoria, ciò in quanto l’art. 4 del predetto Codice, escludendo la possibilità di astenersi nelle udienze “afferenti misure cautelari”, si riferisce a tutte le misure cautelari, e, quindi, non solo a quelle personali (Sez. 2, n. 50339 del 03/12/2015, Ortolan e altro, Rv. 265527), in quanto l’esigenza di cui all’art. 321 cod. proc. pen. condivide con quella personale la medesima finalità preventiva (Sez. 3, n. 38852 del 04/12/2017, dep. 2018, Lombardo, Rv. 273702).   
Il rispetto pertanto dei presupposti fissati dal Codice, avente natura regolamentare, costituisce la precondizione per la sussistenza del diritto che si afferma voler esercitare (Sez. 2, n. 21779 del 18/02/2014, Frattura, Rv. 259707; Sez. 6, n. 39248 del 12/07/2013, Cartia, Rv. 256336).
4.2. Ciò posto, il ricorso e – parzialmente – il provvedimento impugnato muovono da un presupposto non corretto, assumendo l’identità di disciplina tra le ipotesi di cui al primo ed al quarto comma dell’art. 256 cit., e quindi la conseguente obbligatoria della confisca dei mezzi utilizzati per la commissione dei reati ivi contemplati.
Al contrario, la fattispecie di cui all’art. 256, comma quarto, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni in materia di rifiuti) non ha natura di circostanza, bensì di reato autonomo integrante un’ipotesi attenuata rispetto alle fattispecie di cui ai rispettivi primi tre commi (Sez. 3, n. 42394 del 28/09/2011, Rossetti, Rv. 251425), e rappresenta reato formale di pericolo, che si configura in caso di violazione delle prescrizioni imposte per l’attività autorizzata di gestione di rifiuti, non essendo richiesto che la condotta sia anche idonea a ledere in concreto il bene giuridico tutelato dalla fattispecie incriminatrice (in specie i rifiuti venivano trasportati su un mezzo, protetti solo da un telo traforato in quanto le condizioni meteorologiche non esponevano il carico ad alcun agente atmosferico, in violazione di apposita prescrizione autorizzativa che imponeva un'idonea copertura)(Sez. 3, n. 6256 del 02/02/2011, Mariottini e altro, Rv. 249577).
Integra infatti il reato previsto dall’art. 256, comma quarto, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 l’inosservanza delle prescrizioni previste per l’esercizio dell’attività di recupero dei rifiuti, che traggano origine da specifiche disposizioni normative o che siano direttamente imposte dalla P.A. nell’esercizio del suo potere discrezionale (Sez. 3, n. 19955 del 09/04/2013, Balzarini, Rv. 255401).
Invero, quanto alla fattispecie, essa ha natura di reato proprio (Sez. 3, n. 13884 del 28/02/2002, Fregoli, Rv. 221570, in relazione al d.lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 4, riprodotto testualmente nel d.lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 4) a differenza di quella del comma 1 del medesimo art. 256, che ha natura di reato comune (ex plurimis, Sez. 3, n. 7462 del 15/01/2008, Cozzoli, Rv. 239011); mentre i reati di cui al comma 1 possono normalmente realizzarsi solo in forma commissiva, il reato di violazione delle prescrizioni è appunto formale, di mera condotta e di pericolo (v. supra, nonché ad es. Sez. 3, n. 15560 del 14/03/2007, Andreani, Rv. 236341).
4.2.1. Alla stregua dei rilievi che precedono, pertanto, vero è che alle ipotesi di trasporto illecito consegue invero, a norma dell’art. 259, comma 2, d.lgs. 152 cit., la confisca obbligatoria del mezzo all’uopo utilizzato, laddove per trasporto illecito deve peraltro intendersi un’attività, prevalentemente commissiva, svolta senza autorizzazioni.
Mentre, al contempo, la contestata inosservanza di prescrizioni siccome impartite (assenza di teloni di copertura del materiale trasportato, mancata presenza del cartello “R”) presuppone necessariamente lo svolgimento, in tesi non corretto, di un’attività professionale e/o commerciale senz’altro autorizzata.
In conseguenza di ciò, l’odierno ricorrente non ha dato seguito agli adempimenti prescritti dall’Autorità nello svolgimento dell’attività per la quale peraltro sussisteva l’autorizzazione, sì che la stessa contestazione non ha riguardato ipotesi di trasporto illecito, per il quale in effetti vi è obbligatorietà di confisca.
4.2.2. Se quindi la stessa proposta questione di costituzionalità – circa l’indefettibilità dell’obbligatorietà della confisca per ogni ipotesi di reato di cui all’art. 256 cit. - è inammissibile per evidente difetto di rilevanza, il vincolo cautelare comunque permane.
In proposito, infatti, l’ordinanza impugnata – dopo avere erroneamente accomunato le ipotesi di trasporto illecito alla distinta figura dell’inosservanza alle prescrizioni di cui all’art. 256, comma 4, cit. – ha comunque osservato che il disposto sequestro rispondeva all’esigenza cautelare di evitare che la libera disponibilità del bene potesse agevolare la commissione di altri reati, in relazione tra l’altro al fatto che la mancata copertura del materiale in giornata di pioggia concretizzava l’offensività della condotta, e che non era giustificata in alcun modo la mancata apposizione della scritta “R” indicante il trasporto dei rifiuti pericolosi.
Al riguardo, per contro, non vi è traccia di rilievo nei motivi di ricorso, specificamente formulati nei termini di cui supra.
In definitiva, il provvedimento impugnato si regge su due rationes decidendi, l’una delle quali non è corretta mentre l’altra non è stata puntualmente fatta oggetto di rilievo in questa sede.
5. In ragione dell’esito dell’impugnazione, e comunque del percorso argomentativo non del tutto condivisibile dell’ordinanza impugnata, il ricorso va rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 23/10/2019