Cass. Sez. III n. 20154 del 19 maggio 2016 (Ud 13 apr 2016)
Presidente: Ramacci Estensore: Mengoni Imputato: Amato
Rifiuti.Compost di qualità

In materia ambientale, integra il reato di gestione non autorizzata di rifiuti, previsto dall'art. 256 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, la produzione di "compost" nel quale sia superata la soglia d'accettabilità dei rifiuti raccolti separatamente per il compostaggio ovvero siano presenti sostanze pericolose non previste nemmeno nell'elencazione delle delibere regionali in materia, in quanto in tal caso è applicabile la disciplina in materia di recupero dei rifiuti prevista dagli artt. 181 e ss. del citato D.Lgs. e non quella in materia di fertilizzanti, prevista dal D.Lgs. 29 aprile 2006, n. 217.


       RITENUTO IN FATTO

1.Con sentenza del 6/7/2012, il Tribunale di Arezzo dichiarava A. I. responsabile della contravvenzione di cui all'art. 81 cpv.

c.p., D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 256, comma 1 e la condannava alla pena di 5.000 Euro di ammenda; alla stessa, quale legale rappresentante della "Green Planet s.r.l.", era contestato di aver effettuato attività di raccolta, trasporto e smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi senza la prescritta autorizzazione.

2. Propone ricorso per cassazione la A., a mezzo del proprio difensore, deducendo i seguenti motivi:

- mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. Il Tribunale avrebbe affermato la responsabilità dell' A. riconoscendo, a suo carico, una condotta colposa invero non provata; ancora, non sarebbe stato specificato neppure quale profilo di colpa sarebbe addebitabile alla ricorrente, si da evidenziarsi la carenza e l'illogicità della motivazione sul punto, fondata - di fatto - su un giudizio di responsabilità oggettiva, legata al solo ruolo coperto dalla stessa in sede societaria;

- estinzione del reato per intervenuta prescrizione. La contravvenzione ascritta alla ricorrente si sarebbe estinta alla data del 30/9/2013, si da doversi pronunciare sentenza di proscioglimento ex art. 129 c.p.p..

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Osserva preliminarmente questa Corte che non costituisce oggetto di contestazione l'oggettivo verificarsi della condotta ascritta, quale l'aver la "Green Planet" ceduto - a titolo gratuito all'azienda agricola P.M. - quantità di ammendanti compostati misti nei quali la quantità di fanghi di depurazione superava la soglia consentita del 35%; il dato riscontrato, infatti, era risultato pari al 64%. Ne risulta confermata, quindi, la violazione delle norme contestate; ed invero, per costante indirizzo di questa Corte, ove nella produzione del "compost" di qualità sia superata la soglia d'accettabilità dei rifiuti raccolti separatamente per il compostaggio, ovvero siano presenti nel "compost" sostanze pericolose non previste nemmeno nell'elencazione delle delibere regionali in materia, si configura il reato di smaltimento di rifiuti pericolosi e non pericolosi in difetto dell'autorizzazione prevista dal D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 208, in quanto è applicabile in tal caso la disciplina in materia di recupero dei rifiuti prevista dal D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 181 e ss. e non quella in materia di fertilizzanti, prevista dal D.Lgs. 29 aprile 2006, n. 217 (tra le altre, Sez. 3, n. 10709 del 28/1/2009, Tenzon, Rv. 243105; Sez. 3, 27079 del 21/6/2007, Ugolini, Rv. 237129).

4. Ciò premesso, il ricorso risulta manifestamente infondato.

Ed invero, il Tribunale di Arezzo ha rilevato - in modo oggettivo ed adeguato - che la condotta di cui trattasi era stata posta in essere in plurime occasioni, tanto da giustificare la contestazione della continuazione ex art. 81 cpv. c.p.; ancora, la sentenza ha sottolineato che la ricorrente, nella qualità citata, aveva disatteso anche le norme in tema di tracciabilità dei fertilizzanti, di cui al D.Lgs. n. 217 del 2006 si da ravvisare un profilo quantomeno colposo in capo alla stessa, desumibile anche dalla rilevanza dello scostamento del dato riscontrato (si ribadisce, 65%) rispetto a quello massimo consentito (35%), tale da non permettere di riferirlo ad un errore scusabile; specie, peraltro, alla luce della carica ricoperta dalla A. e degli obblighi - anche informativi e di controllo - che ad essa ineriscono. Un'attività di smaltimento di rifiuti non autorizzata, quindi, ripetutamente posta in essere con carattere di rilevanza e ascritta in modo corretto al legale rappresentante della società.

Una motivazione congrua e priva di qualsivoglia illogicità, dunque, alla quale la ricorrente contrappone una doglianza palesemente generica con cui disattendendo tutto quanto precede, tamquam non esset - si limita ad affermare la mancanza di motivazione in punto di colpa.

5. Il gravame, pertanto, risulta inammissibile. Alla luce di ciò, non può dichiararsi l'intervenuta prescrizione del reato; ed invero, per costante indirizzo di questa Corte, l'inammissibilità del ricorso per cassazione per manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e, pertanto, preclude la possibilità di dichiarare le cause di non punibilità di cui all'art. 129 c.p.p., ivi compresa la prescrizione intervenuta nelle more del procedimento di legittimità (per tutte, Sez. 2, n. 28848 dell'8/5/2013, Ciaffoni, Rv. 256463).

In forza della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento della somma, in favore della cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 1.500,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 13 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2016