Cass. Sez. III n. 24731 del 22 giugno 2007 (Cc 13 apr. 2007)
Pres. De Maio Est. Marmo Ric. Ferluga
Rifiuti. Trasporto illecito (soggetti destinatari della norma)

L'art. 256 comma 1 della legge 3 aprile 2006, n. 152, si rivolge a "chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli artt. 208,. 209,210, 211,212,214,215 e 216". La norma, con l'utilizzo della parola" chiunque" non ha quindi come destinatari soltanto i soggetti che svolgano professionalmente attività di trasporto di rifiuti.

Svolgimento del processo

Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trieste, con provvedimento del 7 novembre 2006, nell’ambito del procedimento a carico di Vincenzo Ferluga, indagato in ordine al reato di cui all’art. 256 del decreto legislativo n. 152 del 2006 perché effettuava, senza alcuna autorizzazione, attività di commercio e/o smaltimento di rifiuti cedendo a Carlo Puri, verso il corrispettivo di euro centoventi, dieci metri cubi di rifiuti (terra mista a vetro, ceramica, metalli ed altri materiali estranei prodotti dalle demolizioni e scavi effettuati nell’area da adibirsi a parcheggio nel comune di Opicina, dichiarando al Puri trattarsi di terra ad uso agricolo), sottoponeva a sequestro preventivo l’autocarro con cui era stato effettuato il trasporto rilevando che il veicolo era soggetto a confisca obbligatoria ex art. 259 n. 2 del decreto legislativo n. 152 del 2006.

Con ordinanza emessa il 19 dicembre 2006 il Tribunale di Trieste, decidendo sulla richiesta di riesame proposta dall’ indagato, confermava l’impugnato provvedimento.

Proponeva ricorso per cassazione il Ferluga chiedendo alla Corte di annullare l’ordinanza impugnata per il motivo che sarà nel prosieguo analiticamente esaminato.

Tanto premesso il Collegio rileva che il ricorrente, con un unico articolato motivo, lamenta la violazione di cui all’art. 606 lettera b), e) o lettera e c.p.p. in relazione agli artt. 125 comma 3, 321 e 324 c.p.p. e agli artt. 183, 256, 259 comma secondo d.lgs. n. 152 del 2006.

Deduce il Ferluga che il Tribunale del riesame era stato chiamato a valutare la compatibilità tra la fattispecie concreta e la fattispecie legale ipotizzata. La fattispecie concreta consisteva nella vendita di circa dieci metri cubi di terra ad uso agricolo effettuata da esso indagato in favore del confinante Puri.

La terra sarebbe stata trasportata, con l’autocarro di esso ricorrente, sul fondo del Puri che, successivamente alla consegna, avrebbe constatato la scadente qualità del prodotto per la presenza di pietre, cocci di vetro, ceramica e materiali vari da qualificarsi come rifiuti non pericolosi provenienti dalle demolizioni e dagli scavi effettuati nell’area del Comune di Opicina da adibirsi a parcheggio.

Il Tribunale aveva quindi ritenuto che, in assenza di iscrizione e (o autorizzazione), doveva considerarsi illecito anche il trasporto non ordinario di rifiuti non pericolosi prodotti dallo stesso trasportatore anche qualora questi non svolga professionalmente l’attività di trasporto di rifiuti.

Tale interpretazione era errata poiché:

1) l’art. 256 del d.lgs. n. 152 del 2006 considera illecita l’attività di trasporto di rifiuti in mancanza del provvedimento prescritto dagli artt. 208 e 216 dello stesso decreto;

2) tali norme individuano obblighi di iscrizione soltanto a carico di soggetti che esercitano l’attività di trasporto dì rifiuti;

3) a norma dell’art. 212 comma 5 del d.lgs. n. 152 del 2006 l’iscrizione all’albo nazionale dei gestori ambientali e requisito per lo svolgimento di attività di trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi;

4) a norma del comma 8 dello stesso art. 212 del d.lgs. n. 152 del 2006 l’iscrizione effettuata a semplice richiesta per le imprese che esercitano attività di trasporto dei propri rifiuti non pericolosi come attività ordinaria e regolare.

In sostanza, deduce il ricorrente, diversamente da quanto ritenuto dai giudici di Trieste, il trasporto straordinario o comunque eccezionale di rifiuti non pericolosi prodotti dallo stesso trasportatore non è sottoposto ad alcuna preventiva autorizzazione, comunicazione od iscrizione e quindi non può dar luogo ad un’ipotesi di trasporto illecito ai sensi dell’art. 256-259 comma secondo d.lgs. 152 del 2006.

Rileva inoltre il ricorrente che nel provvedimento impugnato vi era anche mancanza assoluta della motivazione o mera apparenza della motivazione sotto un duplice profilo.

Il Tribunale di Trieste aveva infatti completamente omesso di motivare sul perché ritenesse “rifiuto” il materiale trasportato dal Ferluga, senza considerare che perché un materiale possa considerarsi tale non è sufficiente che esso sia compreso in una delle categorie di cui all’allegato A della parte quarta del d.lgs. n. 152 del 2006, essendo contestualmente necessario che il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi del prodotto, sicché la corretta qualificazione del materiale come rifiuto presuppone un’indagine volta a verificare se il produttore detentore voglia effettivamente disfarsi di esso.

Il motivo è infondato.

Ritenuto in fatto che, come non contestato dallo stesso ricorrente, la fattispecie concreta consiste nella vendita di circa dieci metri cubi di terra ad uso agricolo effettuata dal Ferluga in favore del confinante Puri, va rilevato, in primo luogo, sotto il profilo soggettivo che la mancata iscrizione dell’indagato all’albo delle imprese è irrilevante ai fini della correttezza del provvedimento atteso che, come risulta dal tenore letterale dell’art. 256 comma 1 della legge 3 aprile 2006, n. 152, la norma si rivolge a “chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli artt. 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216”.

La norma, con l’utilizzo della parola “ chiunque” non ha quindi come destinatari, contrariamente a quanto ritiene il ricorrente, soltanto i soggetti che svolgano professionalmente attività di trasporto di rifiuti.

E’ quindi irrilevante, in ordine al fumus commissi delicti, la circostanza che il ricorrente non svolga professionalmente tale attività.

Anche sotto il profilo oggettivo deve ritenersi sussistente il fumus commissi delicti, atteso che, come ha precisato questa Corte (v. Cass. Pen. sez. III n. 14557 del 2007, Palladino) i materiali di risulta di attività edili devono ritenersi rivestire la qualità di rifiuti ai sensi dell’art. 6 lettera a) del decreto legislativo 22 del 1997 quando i produttori se ne distano e, nel caso in esame, il trasporto del materiale era finalizzato alla vendita a terzi, (nella specie al confinante Puri), come riconosciuto dallo stesso ricorrente.

Va quindi respinto il ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.