GIP Tribunale Palermo ord.13 novembre 2014
Est. Petruzzella
Aria.Mancato rispetto della normativa nazionale e europea sulla adozione dei piani di risanamento dell'aria da parte della Regione siciliana

Ordinanza che dispone il giudizio per violazione dell' art. 328 c.p. per la mancata adozione dei piani dell'Aria da parte di Dirigenti  del servizio tutela dall'inquinamento dell'aria, Direttori generali e Assessori all'ambiente della Regione siciliana

SINTESI

1. Poiché è nozione di base che l’aria, come l’acqua, costituisce per l’uomo uno dei principali nutrimenti e la scienza specialistica dagli anni trenta mette in luce specifiche evidenze dei rapporti tra tipologie di contaminanti e di danni alla salute, gli stati moderni si sono dotati di normative sulla salubrità dell’aria, con l’individuarne specifici contaminati, col fissare di ciascuno di questi limiti di emissione non valicabili, col sancire e normare in dettaglio gli obblighi di monitoraggio e di intervento delle amministrazioni pubbliche designate -con la finalità di curarne il rientro e garantirne il mantenimento nei parametri stabiliti dalla stessa normativa-, col disporre per le Regioni obblighi di controllo dei monitoraggi locali ed azioni di intervento in caso di sforamento, attraverso la programmazione di piani di risanamento e di intervento con misure concrete.

2. In breve, le norme sull’aria presuppongono e dichiarano anche nei suoi titoli, l’acquisizione che l’inquinamento dell’aria produce nella popolazione effetti pericolosi per la salute, a breve e a lungo termine, o addirittura immediatamente dannosi, e che la soglia di pericolosità dell’inquinamento è suscettibile di variare in relazione all’età, allo stato fisico, alle condizioni di salute dell’individuo che ne è colpito e a seconda delle concentrazioni e della tipologia della sostanza inquinante e dei mix, a volte anche micidiali (le stesse norme ne definiscono alcuni), che possono essere determinati dalla chimica della loro composizione e naturalmente dalla struttura degli ambienti e dall’intensità e dalla frequenza dell’esposizione.

3.-L’intera normativa sull’ inquinamento dell’aria, assume l’acquisizione specialistica scientifica che la presenza nell’aria di talune sostanze contaminanti costituisce un serio rischio per la salute della popolazione e della necessità di un governo da parte del Comuni e dalle Regioni che si sostanzi in azioni responsabili che agiscano sulle fonti emissive al fine di impedire sforamenti di quantità pericolose.

4.-In Italia le Regioni, anche attraverso poteri di normazione pure secondaria, devono individuare le aree inquinate, vigilare sulle emissioni, provvedere alla programmazione e curare il compimento di azioni concrete finalizzate alla riduzione delle emissioni a tutela della salute e dell’ambiente nel rispetto dei criteri e con gli obiettivi fissati dalla norme primarie dello stato e dalle direttive della comunità europea, di cui più avanti.

5. -In materia di OBBLIGHI amministrativi afferenti alla qualità dell’aria la minuziosa formulazione e la “tipizzazione” da parte del legislatore degli obblighi specifici -di cui presuppone la necessità per la tutela della salute pubblica (che vanno dagli obblighi di monitoraggio degli inquinanti, conformemente alle modalità e criteri ammessi, agli obblighi di zonizzazione e pianificazione degli interventi a quelli di adozione ed attuazione di misure concrete di intervento sulle fonti inquinanti)- comporta l’immediata individuazione delle condotte omissive dei soggetti investiti, almeno dal punto di visto oggettivo.

7.-Osserva ancora il giudice che le applicazioni che le amministrazioni investite del governo di una materia talmente normata e così determinante per la salute collettiva deve essere improntata a un principio di responsabilità e di assoluta prudenza, ne più e ne meno come le discipline di altri settori che incidono direttamente o indirettamente sull’ambiente e sulla salute delle persone, come ad esempio quella delle discariche dei rifiuti e a tutela delle acque.

8.In dottrina proprio in tema di inquinamento dell’aria si rileva che le norme che riguardano i limiti delle emissioni degli inquinanti nell’aria e le regole del suo governo sono “norme che interessano lo studio del diritto penale, rappresentando la fonte di obblighi a carico della pubblica amministrazione in funzione di garantire le migliori condizioni per la prevenzione della salute umana , il disprezzo delle quali potrebbe essere evidentemente rilevante come rifiuto di atti di ufficio ai sensi del comma I dell’art. 328 c.p.”.

Gli stessi principi sono significativamente da tempo espressi dalla Suprema Corte, che incisivamente, in tema di inquinamento ambientale, ravvisa nelle omissioni del sindaco, a fronte di situazioni anche solo potenzialmente pregiudizievoli, il reato di cui all’art. 328 c.p., definendo la fattispecie come reato di mero pericolo “ “integra il reato di rifiuto di atti d'ufficio ai sensi del comma primo dell’art. 328 c.p., la condotta del sindaco di un comune il quale - a fronte di una situazione potenzialmente pregiudizievole per l'igiene e la salute pubblica a causa dell'assenza dei requisiti previsti per la potabilità dell'acqua erogata per il consumo -direttiva CEE 98/83 sulla qualità delle acque destinate al consumo umano- ometta di adottare i provvedimenti idonei ad eliminare il rischio dei superamenti dei parametri stabiliti dalla legislazione speciale in materia.. Il reato di cui all'art. 328 c.p., comma 1 è un reato di pericolo, che si perfeziona ogni qual volta venga denegato un atto non ritardabile, incidente su beni di valore primario tutelati dall'ordinamento, indipendentemente dal nocumento che in concreto possa derivarne -Cass. Sez. 6, 19-9-2008 n. 38386;Cass. Sez. VI, 4.7.2006 n. 34066-. La mancanza di una concreta pericolosità delle acque, risultante dall'accertamento ex post compiuto dal perito, non vale di per sè ad elidere la potenziale pericolosità delle stesse acque, rivelata dai risultati delle analisi all'epoca compiute, e il conseguente dovere, per le autorità preposte per legge alla tutela della salute pubblica, di intervenire senza ritardo e in modo adeguato onde rimuovere le cause dell'inquinamento”.(v. inoltre Cass. VI 13519 del 29/01/2009 Rv. 243684 “Il delitto di omissione di atti d'ufficio è un reato di pericolo la cui previsione sanziona il rifiuto non già di un atto urgente, bensì di un atto dovuto che deve essere compiuto senza ritardo, ossia con tempestività, in modo da conseguire gli effetti che gli sono propri in relazione al bene oggetto di tutela ;

- E ancora CASS. III 17.1.2012, Miotti “Nei reati di pericolo l'offesa al bene giuridico protetto consiste in un nocumento potenziale dello stesso, che viene soltanto minacciato, e - come evidenziato da autorevole dottrina - può parlarsi di "pericolo" quando, secondo un giudizio ex ante e secondo la migliore scienza ed esperienza, appare probabile che dalla condotta consegua l'evento lesivo. In conformità alla funzione preventiva dei reati di pericolo, è pertanto essenziale che la valutazione debba essere retrocessa al momento della condotta -giudizio prognostico ex ante-).

 

9.-In materia di aria, proprio la non materiale percettibilità visiva dei rapporti

tra il superamento di certi limiti dello smog e gli effetti sulla salute uniti ad una limitata informazione porta con sé una diffusa scarsa percezione sociale della gravità di tale fenomeno e la possibilità di ingenerare confusione, comode manipolazioni ed equivoci, che possono portare a negare la stessa esistenza degli obblighi giuridici di agire, dettati dalla disciplina del settore, e le omissioni, sia pure a volte evidenti, della pubbliche amministrazioni competenti (cnfr. ad es. i brevi cenni fatti all’inizio sulle schematizzazioni degli specialistiche circa le modalità di incidenza delle diverse sostanze inquinanti dell’aria sulla salute dell’uomo). Ed invero in un contesto di informazione approssimativa e di disattenzione per le questioni ambientali, fin tanto che essi restano non immediatamente visibili, la comprensione dei nessi tra inquinamento e pericoli per la salute rimane appannaggio di una cerchia di specialisti medici, epidemiologi, biologi e chimici e operatori del diritto più accorti, nonostante dagli anni trenta rigorosi studi di settore rilevino le evidenze di dette relazioni e continuino incessantemente con l’avanzare delle tecnologie a riceverne conferme (vedi studio citato EPIAIR e dichiarazioni del OMS negli atti del fascicolo del Pubblico Ministero).

10.-E’ proprio questa caratteristica di invisibilità degli effetti deleteri dei contaminanti dell’aria sulla salute della popolazione, e la tendenza ad eludere e nascondere il fenomeno, la ragione per cui il legislatore pone al centro degli obblighi delle p.a. designate al governo dell’aria obblighi di informazione al pubblico delle rilevazioni e degli sformanti dai limiti delle sostanze rispetto ai limiti consentiti.

6.-Possono configurano gli estremi del reato di cui all’art. 328 c.p.

nella fattispecie in cui risultano sistematici e anche gravissimi dei limiti della omissione e specifiche trasgressioni e sistematiche anche di altri aspetti della normativa europea e nazionale sulla qualità dell’aria, da parte di Assessori (che avevano il dovere di rendersi competenti ed avvertiti delle problematiche esistenti e di avvalersi di dirigenti adeguatamente selezionati secondo criteri congrui, e di vigilare sul metodo e sui risultati del loro operato ed eventualmente di agire per trovare le soluzioni più adeguate) di dirigenti di dipartimento (che avevano l’obbligo di razionalizzare le modalità dell’operare dei settori affidati ai loro poteri con azioni congrue) e di dirigenti dei servizi dedicati (che avevano il dovere di studiare e mettere a punto e proporre i migliori sistemi per il raggiungimento degli obiettivi di legge e per la tutela della salute della popolazione dalle aree interessate all’inquinamento, e di porre in essere tutte le procedure per superare gli inghippi e risolvere i problemi presenti di mal funzionamento dei settori, anche attraverso conferenze di servizio anche con altri settori ed enti, con finalità risolutive e deliberative).

11.-Gli obblighi di azione istituzionalmente gravanti, sui dirigenti degli organismi competenti e le specifiche omissioni e negligenze delle condotte di ciascuno, determinanti delle omissioni degli atti di tipo tecnico attribuibili ai loro uffici (causa nella specie del mancato risanamento dell’aria nelle zone inquinate e delle sanzioni europee), li rendono penalmente responsabili ai sensi del comma uno dell’art. 328 c.p.. Ed invero sebbene i dirigenti non siano autori degli atti deliberativi esterni dell’Assessore o del Presidente della giunta della Regione, con cui vengono adottati i piani, il compimento dei loro atti costituisce un anello essenziale ed anzi la conditio sine qua non per i Decreto deliberativi.

12. Mentre i dirigenti del preposto sono individuabili come responsabili delle omissioni di cui si discute, in quanto tecnici investiti di quei particolari adempimenti e procedure di legge (che avrebbero portato alle deliberazioni dei piani e alla adozione delle azioni concrete), i DIRETTORI generali del Dipartimento sono responsabili in quanto garanti dell’efficienza del Settore, con poteri di controllo e ampi poteri ed obblighi di fermo intervento, ove necessario a fronte di gravi emergenze e di disfunzioni dei servizi.

13. Ma non meno rilevanti di quelle dei dirigenti possono essere le responsabilità omissive degli ASSESSORI, laddove ataviche stasi e inefficienze dei servizi del loro assessorato siano esperimentate e abbiano cura di occuparsene adottando i rimedi, che sono in loro potere per rendere il sistema più efficiente, a cominciare dalle linee per la selezione dei collaboratori, e laddove si limitino ad accettare un sistema condiviso di inerzia congiunta di assessori, direttori e dirigenti di servizi speciali.

13 bis Deve aggiungersi che la non cura o tantomeno l’ignoranza di un ASSESSORE regionale, o la mancanza in lui di strumenti per districarsi nelle materie di sua competenza, non potrebbe mai a fronte di gravi omissioni di atti dovuti, soprattutto se per ragioni di igiene e salute pubblica, costituire una scriminante , ma al contrario un elemento di maggiore intensità del dolo. Colui che accetti di rivestire un ruolo di indirizzo in situazioni che richiedono l’assunzione di decisioni fondamentali su servizi decisivi per la vivibilità e la salute pubblica (come appunto un assessore all’ambiente della Regione siciliana -in una situazioni di disordine amministrativo e con un territorio da governare denso di problemi ambientali, di salute e sicurezza diffusi), ove non dovesse averne le capacità necessarie sarebbe comunque ben avvertito dei rischi delle sue omissioni o azioni inesperte e prive di orientamento. Ne più e ne meno come per chi, senza averne gli strumenti (e senza che ci sia necessità proprio di lui), voglia avventurarsi alla guida di una missione delicata e pericolosa che coinvolga le sorti di una popolazione, sapendo di non sapere vigilare e intervenire sull’operato dei suoi collaboratori e accettando l’eventualità dei danni di altrettante proporzioni che possono derivarne (cnfr. la giurisprudenza sulla responsabilità di chi esercita le sue funzioni delegandole ad altri e sul dolo generico della fattispecie dell’art. 328 c.p.c.1 : -Cass. VI n. 422 del 03/12/1999 : “in materia di tutela dall' inquinamento la delega di funzioni, per potere agire quale scriminante della responsabilità penale, deve essere accompagnata dalle seguenti condizioni: a) la natura formale ed espressa, ovvero una delega scritta; b) la natura non occasionale, ma strutturale, nel senso della conformità alle norme statuarie previa adozione secondo le procedure e da parte degli organi competenti; c)la specificità, nel senso di un puntuale contenuto; d) la pubblicità; e)l'effettivo trasferimento di poteri decisionali in capo al delegato, con la attribuzione di una completa autonomia di gestione e con piena e completa disponibilità economica; f) le dimensioni dell'impresa, tali da giustificare la necessità di decentrare compiti e responsabilità; g) la capacità ed idoneità tecnica del soggetto delegato; h) l'insussistenza di una richiesta di intervento da parte del delegato; i) la mancata conoscenza della negligenza o sopravvenuta inidoneità del delegato; l) che l' inquinamento non derivi da cause strutturali dovute ad omissioni di scelte generali; m) la natura eccezionale della delega e la necessità di una prova rigorosa della osservanza di tutte le condizioni di legge).

(((((-nella specie i dirigenti e gli assessori, pur avendo a disposizione margini di azione e lauti fondi a disposizione o da ottenere con gli adempimenti comunitari (di cui alcuni di essi hanno pure riferito), non hanno compiuto nei tempi utili alcuna di quelle azioni delle quali la legge non solo imponeva l’obbligo ma, come si è rilevato, dettava anche dettagliatamente le modalità operative agevolandone l’esecuzione.))))

- la Commissione europea preposta alla vigilanze delle norme del trattato e delle direttive da parte degli stati membri, non ha mai invece mancato di pretendere il rispetto e di considerare non plausibili le motivazioni addotte con riferimento, per quanto qui interessa, alla Sicilia, in considerazione dell’allarme per la salute umana che i livelli di taluni inquinanti da troppi anni presenti nell’aria di alcune zone ed agglomerati dell’isola continua a suscitare (la sentenza della Corte europea del 19 dicembre 2012 ha appunto giudicato ingiustificata la mancata adozione da parte della Regione siciliana dei piani dell’aria per le suddette zone inquinate 8, 9, 10, 11 e 12 -Catania, Palermo, Agrigento, Siracusa e Messina).

-Le argomentazioni addotte dai suddetti indagati a giustificazione del loro carente operato non appaiono allo stato poter costituisce una giustificazione delle omissioni rilevate, così come ritenuto nella puntualissima analisi della Corte europea nella sentenza del 19.12.12, che ha stigmatizzato i comportamenti dilatori della Regione siciliana, ritenendo generiche e poco convincenti le giustificazioni addotte dallo stato italiano.

-La citata sentenza del 19.12.12 la Corte europea (nel respingere le giustificazione dello stato italiano sulla mancato rispetto delle direttive sul PM 10, secondo cui la pretesa di adeguamento alla normativa europea avrebbe comportato per i cittadini italiani violazioni delle libertà costituzionali di movimento e sacrifici economici impossibili) ne ha stigmatizzato la pretestuosità e l’inconsistenza, rilevando in particolare che se esistono cause di forza maggiore si devono affrontare entro termini sufficienti e che comunque la forza maggiore nel caso dell’Italia non era ravviabile poiché le prospettazione addotte a sostegno erano troppo generiche e poco convincenti (vedi motivazioni della sentenza e in particolare paragrafi "64 e 65 “In ogni caso,  uno Stato membro che si trovi a dover far fronte a difficoltà momentaneamente insormontabili che gli impediscono di conformarsi agli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione può appellarsi a una situazione di fORZa mAggiore solo per il periodo necessario a porre rimedio a tali difficoltà (v., in tal senso, sentenza del 13 dicembre 2001, Commissione/Francia, C‑1/00, Racc. pag. I‑9989, punto 131). "65Invece, nel caso di specie, gli argomenti addotti dalla Repubblica italiana sono troppo generici e imprecisi per poter configurare un caso di forza maggiore che giustifichi il mancato rispetto dei valori limite applicabili alle concentrazioni di PM10 nelle 55 zone e agglomerati italiani considerati dalla Commissione").

IL PROVVEDIMENTO

 

 

 







N.17603\12 (proveniente dal N. 9963\2009)

RGNR -N. 11184\12 RGGIP

TRIBUNALE DI PALERMO

SEZIONE GIUDICE INDAGIINI PRELIMINARI

Il Giudice, dott.ssa Marina Petruzzella, a scioglimento della riserva di cui all’udienza del 10 giugno 2014, sulla richiesta di archiviazione del PM nei confronti di:

XXXXX dirigente del servizio 3 del dipartimento ambiente dell’Ass.Reg. Terr.Amb. dal 2001 fino al gennaio 2007, XXXXX dirigente del medesimo servizio 3 del Dipartimento suddetto dal gennaio 2007 fin oltre il giugno 2009, XXXX, direttore del dipartimento ambiente dell’ARTA fino al 20.6.2005, XXXXXi direttore dello stesso Dipartimento ambiente dal 21.6.2005 al 2006, XXXX direttore dello stesso Dipartimento ambiente dal 12.10.06 al 25.2.2009, XXXXX assessore all’ambiente della Regione siciliana dal 10 agosto 2010 al 7.11.11, XXXXX, assessore all’ambiente della Regione siciliana dal 18 aprile 2003 fino al 31 agosto 2004, XXXX, della Regione siciliana dal 14.8. 2010 al dicembre 2010

INDAGATI

Tutti per il reato di cui agli artt. artt. 110,112, 81 cpv, e 328 c.p., perché, agendo in concorso tra loro con più omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, nelle rispettive qualità e quindi responsabili del governo locale dell'ambiente, anche nel senso di assicurare il diritto delle persone a vivere in un ambiente salubre; essendo investiti di competenze di prevenzione sanitaria e di tutela ambientale del territorio ed avendo conferiti a tal fine specifici competenze finalizzate alla preventiva conoscenza del fenomeno dell’ inquinamento dell’aria e alla conseguente adozione degli strumenti per rimuoverne o attenuarne le cause,-avendo tutti piena consapevolezza delle gravi e attuali conseguenze per la salute umana, dovute alla prolungata esposizione della popolazione a valori di inquinanti dell aria superiori ai limiti fissati dalla normativa nazionale e comunitaria, anche alla luce del contenuto dei piani sanitari nazionali emanati dal Ministero della Sanita, in accordo con le deliberazioni della Conferenza Stato-Regioni, PSN 2003- 2005, PSN 2006-2008, PSN 2009-2011], che recependo, tra l'altro, gli studi epidemiologici in merito ai rischi per la salute umana evidenziano i rapporti diretti tra inquinamento atmosferico e danni agli apparati respiratorio e cardiovascolare dei soggetti esposti al medesimo; -avendo tutti piena conoscenza, in quanto informati dei risultati delle centraline di rilevamento poste sul territorio regionale, dell'andamento della qualità dell'aria -ambiente sul proprio territorio, del persistere dei fenomeni negativi di inquimamento con superamento dei limiti di legge e della completa incoerenza tra gli obiettivi di qualità dell’aria imposti dalla legge e i programmi di intervento adottati con riferimento ai picchi giornalieri sia con riferimento alle medie annue ed idonei a cagionare

Vedi CAPI D’ACCUSA

OSSERVA

Il PM chiede l’archiviazione, sul rilevo preminente che gli indagati che rivestirono ruoli dirigenziali all’interno del Dipartimento Ambiente dell’Assessorato Territorio e Ambiente della Regione siciliana, competenti in materia di inquinamento atmosferico (vale a dire XXX, XXX, XXX, XXX e XXX) non avevano poteri deliberativi finali in ordine agli atti oggetto delle imputazioni già formulate e che quindi non sarebbero loro imputabili le omissioni descritte al capo d’accusa, riferibili in linea di principio solo ad assessori e presidenti della Regione. Con riferimento agli ex assessori XXX, XXX e XXXX il PM reputa che invece l’archiviazione vada disposta in quanto per il primo i reati si sono già da tempo prescritti e gli altri ebbero troppo poco tempo per potere agire.

I.

-Premesse sulla ratio delle leggi sulla qualità dell’aria

a tutela della salute umana;

Giurisprenza su omissioni e configurbalità dell’art. 328 c.p.

-Brevi nozioni su chimica degli inquinanti ed effetti sulla salute,

dallo studio EPIAIR sugli effetti a breve termine dell’inquinamento atmosferico in 10 città, tra cui Palermo, 2001-2005, promosso dal CCM (Centro Nazionale prevenzione e controllo delle malattie) organismo di coordinamento tra Ministero della salute Ministero del lavoro e le REGIONI, per le attività di sorveglianza, prevenzione e risposta tempestiva alle emergenze.

Ogni valutazione sull’ istanza di archiviazione avanzata dai PM passa inevitabilmente dall’esame della configurabilità astratta nelle condotte degli indagati (in quanto all’epoca dei fatti susseguitisi come assessori all’ambiente e dirigenti del dipartimento e del settore che si occupava, presso l’assessorato all’ambiente Regione siciliana, responsabili dell’ applicazione della normativa sull’inquinamento dell’aria) degli estremi del reato di rifiuto di atti d’ufficio di cui all’art. 328 comma primo c.p., con riferimento alle omesse violazioni della normativa europea e nazionale che imponeva interventi e adempimenti specifici a tutela della salute umana dall’inquinamento.

A tal fine occorre partire dalla costatazione che la l’intera normativa sull’ inquinamento dell’aria, per le cui violazioni i predetti sono dunque indagati, assume l’acquisizione specialistica scientifica che la presenza nell’aria di talune sostanze contaminanti costituisce un serio rischio per la salute della popolazione e della necessità di un governo da parte del Comuni e dalle Regioni che si sostanzi in azioni responsabili che agiscano sulle fonti emissive al fine di impedire sforamenti di quantità pericolose.

Per inciso è importante pure premettere che la documentazione dell’indagine racchiude un prezioso patrimonio di conoscenze della materia sia dal punto di vista della scienza sia dal punto di vista giuridico e della complesse evenienze del caso concreto.

Poiché dunque è nozione di base che l’aria, come l’acqua, costituisce per l’uomo uno dei principali nutrimenti e la scienza specialistica almeno dagli anni trenta mette in luce specifiche evidenze dei rapporti tra tipologie di contaminanti e di danni alla salute, gli stati moderni si sono dotati di normative sulla salubrità dell’aria, con l’individuarne specifici contaminati, col fissare di ciascuno di questi limiti di emissione non valicabili, col sancire e normare in dettaglio gli obblighi di monitoraggio e di intervento delle amministrazioni pubbliche designate -con la finalità di curarne il rientro e garantirne il mantenimento nei parametri stabiliti dalla stessa normativa-, col disporre per le Regioni obblighi di controllo dei monitoraggi locali ed azioni di intervento in caso di sforamento, attraverso la programmazione di piani di risanamento e di intervento con misure concrete.

In breve, le norme sull’aria presuppongono e dichiarano anche nei suoi titoli, l’acquisizione che l’inquinamento dell’aria produce nella popolazione effetti pericolosi per la salute, a breve e a lungo termine, o addirittura immediatamente dannosi, e che la soglia di pericolosità dell’inquinamento è suscettibile di variare in relazione all’età, allo stato fisico, alle condizioni di salute dell’individuo che ne è colpito e a seconda delle concentrazioni e della tipologia della sostanza inquinante e dei mix, a volte anche micidiali (le stesse norme ne definiscono alcuni), che possono essere determinati dalla chimica della loro composizione e naturalmente dalla struttura degli ambienti e dall’intensità e dalla frequenza dell’esposizione.

 

Osserva ancora il giudice che le applicazioni che le amministrazioni investite del governo di una materia talmente normata e così determinante per la salute collettiva deve essere improntata a un principio di responsabilità e di assoluta prudenza, ne più e ne meno come le discipline di altri settori che incidono direttamente o indirettamente sull’ambiente e sulla salute delle persone, come ad esempio quella delle discariche dei rifiuti e a tutela delle acque.

 

Ciò posto e riservando al termine della presente motivazione l’esame degli elementi della fattispecie descritta all’art. 328 c.p. e la riconducibilità nella stessa dei comportamenti degli indagati, può intanto rilevarsi che in dottrina proprio in tema di inquinamento dell’aria si rileva che le norme che riguardano i limiti delle emissioni degli inquinanti nell’aria e le regole del suo governo sono “norme che interessano lo studio del diritto penale, rappresentando la fonte di obblighi a carico della pubblica amministrazione in funzione di garantire le migliori condizioni per la prevenzione della salute umana , il disprezzo delle quali potrebbe essere evidentemente rilevante come rifiuto di atti di ufficio ai sensi del comma I dell’art. 328 c.p.”.

Gli stessi principi sono significativamente da tempo espressi dalla Suprema Corte.

Ed infatti incisivamente la Cassazione in tema di inquinamento ambientale, ravvisa nelle omissioni del sindaco, a fronte di situazioni anche solo potenzialmente pregiudizievoli, il reato di cui all’art. 328 c.p., definendo la fattispecie come reato di mero pericolo “ “integra il reato di rifiuto di atti d'ufficio ai sensi del comma primo dell’art. 328 c.p., la condotta del sindaco di un comune il quale - a fronte di una situazione potenzialmente pregiudizievole per l'igiene e la salute pubblica a causa dell'assenza dei requisiti previsti per la potabilità dell'acqua erogata per il consumo -direttiva CEE 98/83 sulla qualità delle acque destinate al consumo umano- ometta di adottare i provvedimenti idonei ad eliminare il rischio dei superamenti dei parametri stabiliti dalla legislazione speciale in materia.. Il reato di cui all'art. 328 c.p., comma 1 è un reato di pericolo, che si perfeziona ogni qual volta venga denegato un atto non ritardabile, incidente su beni di valore primario tutelati dall'ordinamento, indipendentemente dal nocumento che in concreto possa derivarne -Cass. Sez. 6, 19-9-2008 n. 38386;Cass. Sez. VI, 4.7.2006 n. 34066-. La mancanza di una concreta pericolosità delle acque, risultante dall'accertamento ex post compiuto dal perito, non vale di per sè ad elidere la potenziale pericolosità delle stesse acque, rivelata dai risultati delle analisi all'epoca compiute, e il conseguente dovere, per le autorità preposte per legge alla tutela della salute pubblica, di intervenire senza ritardo e in modo adeguato onde rimuovere le cause dell'inquinamento”.(v. inoltre Cass. VI 13519 del 29/01/2009 Rv. 243684 “Il delitto di omissione di atti d'ufficio è un reato di pericolo la cui previsione sanziona il rifiuto non già di un atto urgente, bensì di un atto dovuto che deve essere compiuto senza ritardo, ossia con tempestività, in modo da conseguire gli effetti che gli sono propri in relazione al bene oggetto di tutela -in fattispecie relativa alla mancata adozione di un'ordinanza sindacale di sgombero di una palazzina priva del certificato di abitabilità e con gravi carenze igienico-sanitarie dovute alla mancata autorizzazione del sistema di smaltimento dei reflui; Sez. 3, E’ interessante anche per le analogie che il caso che esamina può avere con le condotte omissive di una p.a. deputata agli interventi sull’inquinamento la Sentenza Cass. VI n. 422 del 03/12/1999 : “in materia di tutela dall' inquinamento la delega di funzioni, per potere agire quale scriminante della responsabilità penale, deve essere accompagnata dalle seguenti condizioni: a) la natura formale ed espressa, ovvero una delega scritta; b) la natura non occasionale, ma strutturale, nel senso della conformità alle norme statuarie previa adozione secondo le procedure e da parte degli organi competenti; c)la specificità, nel senso di un puntuale contenuto; d) la pubblicità; e)l'effettivo trasferimento di poteri decisionali in capo al delegato, con la attribuzione di una completa autonomia di gestione e con piena e completa disponibilità economica; f) le dimensioni dell'impresa, tali da giustificare la necessità di decentrare compiti e responsabilità; g) la capacità ed idoneità tecnica del soggetto delegato; h) l'insussistenza di una richiesta di intervento da parte del delegato; i) la mancata conoscenza della negligenza o sopravvenuta inidoneità del delegato; l) che l' inquinamento non derivi da cause strutturali dovute ad omissioni di scelte generali; m) la natura eccezionale della delega e la necessità di una prova rigorosa della osservanza di tutte le condizioni di legge- E ancora CASS. III 17.1.2012, Miotti “Nei reati di pericolo l'offesa al bene giuridico protetto consiste in un nocumento potenziale dello stesso, che viene soltanto minacciato, e - come evidenziato da autorevole dottrina - può parlarsi di "pericolo" quando, secondo un giudizio ex ante e secondo la migliore scienza ed esperienza, appare probabile che dalla condotta consegua l'evento lesivo. In conformità alla funzione preventiva dei reati di pericolo, è pertanto essenziale che la valutazione debba essere retrocessa al momento della condotta -giudizio prognostico ex ante-).

In un paragrafo successivo si enunceranno brevemente alcune nozioni scientifiche che costituiscono la base cognitiva della normazione sul governo dell’aria di cui si discute.

Non visibilità del fenomeno

Ancora ai fini delle valutazioni che ci occupano non è di secondaria importanza notare che in materia di aria, proprio la non materiale percettibilità visiva del rapporto, immediato o a lungo termine, tra certi sforamenti delle smog e la salute (come l’indagine ci dimostra accertato accadere in Sicilia in aree industriali gravemente inquinate e negli agglomerati urbani pure interessati a gravi sforamenti di pericolose emissioni) porta con sé una diffusa scarsa percezione sociale del fenomeno, rischi di confusione e di comode manipolazioni tendenti a negarne i rapporti con la salute.

Generalmente pertanto, come pure l’indagine dimostra, in un contesto di scarsa informazione e disattenzione per le questioni ambientali fin tanto che restano non visibili, anche socialmente, la comprensione dei nessi tra inquinamento e pericoli sulla salute rimane limitata ad una cerchia specialisti legislatori, medici epidemiologi, biologi e chimici più accorti.

L’interessante studio EPIAIR, tra gli atti del fascicolo dell’indagine, riporta che dagli anni trenta rigorosi studi di settore rilevano quelle che sono considerate dagli esperti “evidenze” circa le relazioni tra dati inquinanti ed effetti sulla salute, con continue incessanti conferme (vedi studio citato EPIAIR e dichiarazioni dell’ OMS, queste ultime pure enunciate in atti d’ufficio e nelle dichiarazioni degli INDAGATI; v. note e verbali di tavoli tecnici contenute nel fascicolo del PM).

E va sottolineato che è proprio questa caratteristica di invisibilità degli effetti deleteri dei contaminanti dell’aria sulla salute della popolazione, e la tendenza ad eludere e nascondere il fenomeno, la ragione per cui il legislatore pone al centro degli obblighi delle p.a. designate al governo dell’aria obblighi di informazione al pubblico delle rilevazioni e degli sformanti dai limiti delle sostanze rispetto ai limiti consentiti.

 

Brevi cenni su alcune nozioni scientifiche a base della normativa

Ciò posto, la base prettamente scientifica e molto settoriale della normativa sulla qualità dell’aria, e sugli obblighi della p.a. di monitoraggio ed intervento, non può esimere dalla considerazione di tale aspetto. E’ pertanto opportuno un breve accenno circa alcuni dei tipi degli inquinanti considerati dalle medesime norme e i meccanismi di interazione con la salute dell’uomo, traendo direttamente le relative informazioni dal ricco materiale d’indagine (v. anche relazioni dei consulenti chimici e vari altri documenti).

L’aria costituisce per l’uomo il principale nutrimento insieme all'acqua. Gli inquinanti atmosferici agiscono principalmente sulle vie respiratorie ed entrano nel corpo umano anche attraverso la pelle, la bocca e i polmoni. Gli inquinanti gassosi (es. Pm 10 e Pm 2,5 trasportano con essi una serie di inquinanti quali i metalli pesanti, che comportano modificazioni genetiche se non direttamente a malattie cancerogene, come ormai ritenuto dalla OMS) possono penetrare profondamente nell'apparato respiratorio ed essere assorbiti dai tessuti bagnati del corpo durante il loro percorso. Ciò può comportare una alterazione del pH dei fluidi fisiologici, causando delle irritazioni che alla lunga possono comportare lesioni dei tessuti. I solventi organici possono essere assorbiti facilmente dal sangue, che li trasporta velocemente attraverso l'intero corpo. Le probabilità di penetrazione di contaminanti nel corpo umano dipende principalmente dalle dimensioni delle particelle. Le particelle più grandi rimangono nel naso o vengono inghiottite, ma le particelle più piccole possono penetrare nei polmoni. Le particelle più piccole assorbono più materiale tossico, che possono portare più profondamente nel corpo. Quando gli agenti inquinanti sono solubili in acqua, possono essere immediatamente assorbiti dal sangue umano. Quando la concentrazione dell’inquinante aumenta il rischio di effetti sulla salute diventa più alto. Le sostanze inquinanti atmosferiche possono causare effetti acuti, come tosse e mal di gola, ma esistono inquinanti atmosferici che hanno soltanto gli effetti cronici. Gli specialisti affermano inoltre che evidenze crescenti mostrano che all’esposizione a inquinanti presenti nell’ambiente di vita si possono attribuire quote non trascurabili della morbosità e mortalità per neoplasie, malattie cardiovascolari e respiratorie. Negli ultimi 30-40 anni in molte città europee se è diminuito l’inquinante tradizionale costituito dal biossido di zolfo (SO2, in seguito a ristrutturazioni industriali, innovazioni tecnologiche, miglioramenti nella qualità dei combustibili e normative per il controllo della qualità dell’aria) è andato crescendo il volume di traffico auto veicolare e il livello dei nuovi inquinanti. Le caratteristiche morfologiche dei centri urbani e i fattori meteoclimatici ne favoriscono l’accumulo, i livelli di concentrazione innescando la formazione di ulteriori inquinanti mediante trasformazioni chimiche; si parla di precursori e inquinanti secondari : la riduzione di un precursore non porta automaticamente a un decremento proporzionale nel livello di un inquinante secondario (per esempio, il livello di O3 nell’aria può aumentare al diminuire delle emissioni di monossido di azoto –NO-). Gli effetti degli inquinanti sui diversi organismi variano a seconda della concentrazione in aria, del tempo di permanenza e delle loro caratteristiche fisico-chimiche.

Sono inquinanti da traffico autoveicololare, da combustione di combustibili fossili (carbone/derivati del petrolio) o legno, da impianti di riscaldamento, industrie, centrali termoelettriche e incendi : il CO monossido di carbonio, CO2 anidride carbonica, l’NO2 biossido di azoto (rappresenta quasi esclusivamente un inquinante secondario dal momento che deriva dall’ossidazione dell’NO in atmosfera. L’NO2 svolge un ruolo fondamentale nella formazione dello smog fotochimico essendo l’intermedio di base per la produzione di una serie di inquinanti secondari molto dannosi come l’O3, l’acido nitrico, l’acido nitroso, gli alchilnitrati, i perossiacetilnitrat; ne sono fonti impianti di riscaldamento non metanizzato, centrali termoelettriche, processi industriali, emissioni dei motori dei veicolari); gli HC idrocarburi incombusti, gli IPA idrocarburi policiclici aromatici, i COV composti organici volatili, l’O3 ozono (l’ozono è un gas tossico di colore bluastro, costituito da molecole instabili formate da tre atomi di ossigeno -O3-per le sue caratteristiche è un energico ossidante in grado di demolire materiali organici e inorganici. L’O3 di origine naturale è presente negli strati alti dell’atmosfera (stratosfera) ed è utilissimo per la protezione dalle radiazioni ultraviolette solari; per effetto della circolazione atmosferica viene in piccola parte trasportato anche negli strati più bassi dell’atmosfera (troposfera). Questo è un fenomeno prettamente estivo, legato all’interazione tra radiazione solare e sostanze chimiche (idrocarburi e NO2), che a temperature elevate attivano e alimentano le reazioni fotochimiche producendo O3, radicali liberi, perossidi e altre sostanze organiche fortemente ossidanti. Ha la capacità di spostarsi con le masse d’aria anche a diversi chilometri dalla fonte e comporta la presenza di concentrazioni elevate a grandi distanze, determinando il rischio di esposizioni significative in gruppi di popolazione relativamente distanti dalle fonti principali di O3 e danneggiando la componente vegetale dell’ecosistema e le attività agricole).

Vi è inoltre il così detto PM o particolato.

Va chiarito che il termine PM o particolato indica l’aspetto delle dimensioni, infatti le particelle sospese in aria possono essere campionate mediante filtri di determinate dimensioni identificate in base al loro massimo diametro aerodinamico. Il simbolo PM che appunto le designa deriva dall’inglese Particulate Matter, o materiale particolato, seguito dal numero che indica il diametro massimo delle particelle.

In particolare, il PM10 è la frazione di materiale particolato che passa attraverso un diametro aerodinamico di 10 μm, il PM2.5 un di diametro aerodinamico di 2,5 μm.

L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha stabilito linee guida per la concentrazione di PM2.5 e di PM10. Queste linee guida dichiarano di riflettere le attuali conoscenze epidemiologiche sugli incrementi di morbosità e mortalità per cause cardiovascolari e respiratorie all’aumentare dei livelli ambientali di PM2.5 e PM10.

Sebbene il PM2.5 rappresenti un sottoinsieme del PM10, esso è regolamentato in modo separato per assicurare un adeguato controllo di queste particelle, che avendo una massa inferiore possono penetrare più profondamente nell’apparato respiratorio e quindi avere una maggiore tossicità.

Sotto l’aspetto qualitativo il materiale particolato ( PM x) presente nell’aria è costituito da una miscela di particelle solide e liquide, che possono rimanere sospese anche per lunghi periodi, costituite da una miscela di elementi quali carbonio, piombo, nichel, nitrati, solfati, composti organici, frammenti di suolo, etc..

Le polveri totali vengono generalmente distinte in tre classi dimensionali corrispondenti alla capacità di penetrazione nelle vie respiratorie da cui dipende l’intensità degli effetti nocivi.13

In particolare:

PM10 – particolato formato da particelle con diametro < 10 μm, è una polvere inalabile, ovvero in grado di penetrare nel tratto respiratorio superiore (naso, faringe e laringe).

PM2.5 – particolato fine con diametro < 2,5 μm, è una polvere toracica,cioè in grado di penetrare nel tratto tracheobronchiale (trachea,bronchi, bronchioli).

PM0.1 – particolato ultrafine con diametro < 0,1 μm, è una polvere in grado di penetrare profondamente nei polmoni fino agli alveoli.

C’è oggi tra i ricercatori un grande interesse sulla frazione più piccola di particolato, rappresentata dalle particelle ultrafini (è anche usato il termine nanoparticelle a indicare prodotti industriali, farmaci, cosmetici, nuovi materiali) che per le loro dimensioni possono diffondersi in tutte le parti del tratto respiratorio, entrare più facilmente all’interno delle cellule e quindi potenzialmente superare le barriere epiteliali ed endoteliali. La loro tossicità si basa su un più elevato potenziale infiammatorio.

Il contributo specifico delle particelle ultrafini alla tossicità nell’uomo è in studio con approccio sia tossicologico sia epidemiologico.

 

Il PM può dunque veicolare numerosi microinquinanti adsorbiti sulla sua superficie, come metalli e IPA, e questo spiega la sua capacità di indurre anche effetti mutageni sull’uomo. E’ riportato in letteratura l’effetto combinato di PM e Nitro-IPA, composto organico che si forma dai processi di combustione dei composti organici reagenti con l’NO2 presente in atmosfera. La combinazione di elevata intensità di traffico e di elevata percentuale di motori diesel determina una elevata concentrazione di Nitro-IPA in atmosfera e quindi aumenta la probabilità di effetti mutageni nelle cellule da parte del PM.

 

Per una visione approfondita su altri aspetti si rimanda alla lettura del rapporto EPIAIR nel faldone n. 1 degli atti del PM, anche fascicolo sugli effetti dell’inquinamento sulla salute che tra l’altro illustra i metodi di indagine.

 

Avendo riguardo al contenuto delle relazioni dei consulenti del PM,

che hanno preso in esame con rigore i rilevanti a loro disposizione, non pare dunque poter essere intanto ignorato o negato da parte degli operatori del diritto, che i livelli oltre soglia raggiunti degli inquinanti dell’aria nelle zone della Sicilia costituiscono (analiticamente messi in fila nelle pregevoli relazioni) un serio pericolo per la salute della popolazione -in termini di elevato allarme in particolare per alcune categorie come gli affetti a particolari patologie, i bambini, i neonati e le donne incinte (come sempre sottolineato nelle citate relazioni). Lo stesso è a dirsi per le omissioni refluenti sulla misurazione degli inquinanti e sui piani del’aria e sulla attuazione del risanamento, di cui oltre1,.

(1) Secondo l’osservazione, divenuta nota, espressa -all’esito della procedura d’infrazione subìta dall’Italia per via della violazione delle normative sulla tutela della salute umana in materia di inquinamento dell’aria, oggetto tra l’altro della presente indagine- dal Commissario UE per l’ambiente Janez Potočnik, l’inquinamento atmosferico continua a causare ogni anno più di 350.000 morti premature in Europa e che in Italia sono ancora troppi i luoghi dove, per ogni 10000 abitanti, più di 15 persone muoiono prematuramente solo a causa del particolato, e che gli Stati membri devono prendere sul serio le norme europee sulla qualità dell’aria e adottare i provvedimenti necessari per ridurre le emissioni.

(2) I risultati dello studio condotto dall'OMS insieme all'allora APAT (oggi Ispra) – si legge nel dossier 2010 Mal’aria di Città di Legambiente -pubblicati nel giugno 2006, avevano colpito nel dichiarare che in 13 città italiane (Torino, Genova, Milano, Trieste, Padova, Venezia-Mestre, Verona, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Catania, Palermo) negli anni 2002-2004 si sarebbero potute evitare circa 2300 decessi se si fosse rispettato il limite annuale di 40 μg/m3 previsto per legge di concentrazione di PM10. Portando la concentrazione di polveri sottili a livelli ancora più bassi, al di sotto dei 20 μg/m3, le morti evitate salirebbero addirittura a 8220”.

(3) In una denuncia del marzo 2014, presentata da alcune associazioni alla commissione europea per l’ambiente, e divulgata dagli organi di stampa, con riguardo ai siti di Priolo, Milazzo e Gela, elencando varie Violazioni delle direttive europee in materia di qualità dell’aria (Milazzo, Priolo e Gela, sono tre SIN siti di interesse nazionale da bonificare, ad alto rischio ambientale)RIGUARDANTI anche la INADEGUATEZZA DELLA RETE DI MONITORAGGIO E QUANTO AI DATI SANITARI, si fa riferimento ad alcuni dati sanitari, nei seguenti termini

“ è stato accertato che le falde sono state inquinate da Idrocarburi come nel caso di Priolo, e che ad oggi nessun piano di bonifica e risanamento ambientale è stato avviato nei siti inquinati, tranne sporadici e non complessivi interventi nonostante ingenti risorse economiche, anche comunitarie, siano state investite; e che Le conseguenze dell’inquinamento sulla salute della popolazione destano preoccupazione, poiché a Priolo-Siracusa vi è un’incidenza di nascituri geneticamente malformati pari al 5.6%..” Ad esempio lo studio epidemiologico dell’ISS denominato studio Sentieri nel periodo 1995-2000 e 2001 -2005 ha evidenziato un eccesso di mortalità tra la popolazione di Priolo,Melilli, e Siracusa. A Gela invece secondo lo studio dell’osservatorio regionale epidemiologico il tumore infantile è al +159,2%. L’analisi delle tabelle sulla «mortalità» in alcuni casi sono persino peggiori rispetto a quelle di Taranto. Rispetto alle città più vicine, a Gela i maschi muoiono di più per tutti i tipi di tumore (+ 18,3%), per il cancro infantile (+ 159,2%), per il tumore allo stomaco (+ 47,5%), alla pleura (+ 67,3%), alla vescica (+ 9,6), o per morbo di Hodgkin (+ 72,4), del mieloma multiplo (+ 31,8) e delle malattie del sistema circolatorio (+ 14,2). A Milazzo L’analisi per le specifiche sedi tumorali ha permesso di osservare tra gli uomini eccessi statisticamente significativi sul livello di confronto locale per il tumore maligno del colon e del retto (SMR=152) e del mieloma multiplo (SMR=424).Tra le donne eccessi statisticamente significativi sono stati osservati per il tumore maligno del sistema nervoso centrale sia sul confronto locale (SMR=187) che regionale (SMR=203), mentre sul confronto locale per il tumore maligno della trachea, bronchi e polmoni (SMR=199) e tumore maligno delle ossa e del connettivo (SMR=461)”)

 

Altre brevi premesse sulla gestione dell’aria in Sicilia da parte delle p.a. competenti

Altro materiale d’indagine sugli effetti sulla salute

Ai fini di ogni valutazione circa la pregnanza degli obblighi omessi dalla Regione siciliana, per un migliore orientamento sull’oggetto composito della presente indagine è utile ancora evidenziare schematicamente anche i seguenti punti :

-che partendo dal genere di acquisizioni l’italia e l’europa si sono dotati di specifiche normative sulla disciplina e il governo dell’aria (fissando limiti di emissioni per ogni sostanza tra quelle considerate ed imponendo monitoraggi e piani di intervento concreto per il risanamento delle zone dove si rilevano inquinamenti oltre i limiti), affidando l’amministrazione delle fonti emissive” ai Ministeri dell’ambiente e alle amministrazioni locali. In Italia le Regioni, anche attraverso poteri di normazione pure secondaria, devono individuare le aree inquinate, vigilare sulle emissioni, provvedere alla programmazione e curare il compimento di azioni concrete finalizzate alla riduzione delle emissioni a tutela della salute e dell’ambiente nel rispetto dei criteri e con gli obiettivi fissati dalla norme primarie dello stato e dalle direttive della comunità europea, di cui più avanti. I capi d’accusa enunciano con particolare analiticità le normative specifiche di riferimento al caso concreto (cnfr. anche per una disamina esplicata della normativa di riferimento e degli adempimenti correlativi la relazione CTU citata);

--che sebbene, a questo ultimo riguardo, uno degli spunti della qui procedimento -a carico degli assessori all’ambiente e dei dirigenti della Regione siciliana dei settori investiti della attuazione delle normative sulla qualità dell’aria-, siano le inadempienze (seguite ai superamenti del limiti consentiti dalla legge nei comuni di Palermo e Catania e poi in altre zone della Sicilia, che obbligavano l’adozione in tempi brevi di piani di risanamento dell’aria, di agli artt. 8 della direttiva 96\62 CE in relazione all’art. 5 della direttiva 1999\30) conseguenti al recepimento della Direttiva Quadro europea sulla qualità dell'aria, già prima dell'entrata in vigore dei Decreti attuativi, la legislazione vigente derivata dal DPCM 203/88, regolava la materia dell'inquinamento atmosferico in modo sostanzialmente analogo certamente con riguardo ai piani di risanamento (cnfr. le rigorose relazioni dei dottori Sanna e Stoli e Felici l’altrettanto chiara anche se sintetica relazione del ctu dottor Allegrini, e la sentenza della Corte di giustizia europea del 19.12.12. che ha dichiarato l’omissione da parte della Repubblica italiana dei provvedimenti affinchè nel 2006 e nel 2007 le concentrazioni di PM 10 nelle 55 zone della diffida del 2.2.2009 non superassero i valori limite fissati all’art. 5 par. 1 direttiva 1999\30 CONCERNENTI il PM 10 per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo).

-che le pacifiche, gravi e reiterate omissioni della Regione siciliana hanno avuto un peso rilevante sulle procedure d’infrazione e sulla condanna della corte europea intervenuta con la nota sentenza del 19.12.12, e hanno comportato non solo le sanzioni economiche conseguenti , ma nel tempo anche la perdita di consistenti finanziamenti comunitari e la mancata utilizzazione di fondi disponibili (cnfr. tutte le dichiarazioni rese nell’indagine da Genchi, Anza’, Tolomeo -e altri sentiti come persone-, i quali rilevano essi stessi tali situazioni di illegali omissioni, sostenendo però ciascuno di non esserne responsabile e attribuendone le responsabilità relative ad altri);

-che in tale contesto, e nonostante quindi l’accertamento di tale serie di gravi inadempimenti e dell’assenza di ogni segno di avvio di un progetto da parte della Regione siciliana e dei comuni, dal 2002 a tutto il 2007 per le città di Palermo e Catania è stato mantenuta la dichiarazione di emergenza ambientale, per Palermo con il DPCM Berlusconi del 18 ottobre 2002, cui è collegata l’investitura dei sindaci rispettivi come commissari straordinari (recita il DPCM relativo a Palermo “ll Presidente del Consiglio dei Ministri, Visto l'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225;Visto l'articolo 107 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112; Visto il decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001,n401; Vista la richiesta del Sindaco di Palermo, in data 8 aprile 2002; Considerato che le condizioni di traffico e di mobilità nella città di Palermo hanno determinato il superamento delle soglie di attenzione dei parametri identificativi dell'inquinamento atmosferico stabiliti dalla normativa vigente e che la crisi del fenomeno circolatorio comporta ormai conseguenze insostenibili anche sul piano del governo urbano e dei rapporti sociali; Considerato che il livello di rischio dell'incolumità dei cittadini durante gli spostamenti giornalieri nella città di Palermo ha raggiunto valori preoccupanti data l'elevata frequenza di incidenti stradali e che la congestione del traffico veicolare genera nei cittadini gravi disturbi alla salute psichico-fisica dovuti allo stress ed all'inquinamento acustico e atmosferico; Considerata la gravità della situazione di emergenza abitativa, ripetutamente evidenziata dal Prefetto di Palermo anche in relazione alla possibile compromissione della sicurezza pubblica, che risulta interessare un consistente numero di nuclei familiari, unitamente alla notevole diffusione del fenomeno di abusivismo edilizio che sta compromettendo l'efficienza dei servizi, lo sviluppo urbanistico della città e che, conseguentemente, produce gravi pregiudizi all'ordinario svolgimento della vita associata; Considerato, altresì, che il pregiudizio ambientale evidenziato dal Comune di Palermo non solo persisterà nel tempo, ma sarà, presumibilmente, suscettibile di ulteriore incremento; Ritenuto quindi che le situazioni sopra evidenziate realizzano una condizione di pericolo per persone e cose, sicché ricorrono i presupposti previsti dalla normativa vigente per la dichiarazione dello stato di emergenza, anche sulla base di quanto statuito in materia dalla giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato – Sezione IV, decisione n. 2361/2000); Tenuto conto che le misure e gli interventi attuabili in via ordinaria non consentono di fronteggiare l'emergenza, per cui tale situazione di pericolo deve essere fronteggiata con mezzi e poteri straordinari; Ritenuto necessario procedere con la massima sollecitudine all'eliminazione dello stato di pericolo ambientale in atto sul territorio della città di Palermo; Acquisita l'intesa del Presidente della Regione siciliana che ha richiamato le motivazioni contenute nel parere espresso dal Dipartimento regionale ai trasporti, evidenziando elementi di particolare criticità per quanto concerne la qualità dell'aria e la congestione del traffico in specifiche fasce orarie ed in determinati ambiti urbani; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del 18 ottobre 2002; Decreta: Ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, è dichiarato fino al 31 dicembre 2003, lo stato di emergenza ambientale determinatasi nel settore del traffico e della mobilità nella città di Palermo. (*)Il presente decreto verrà pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana. Roma, 18 ottobre 2002; Al sindaco sono stati conferiti i Poteri di Commissario straordinario per la soluzione del traffico e dello smog con Ord.Pres.Cons.Min., Berlusconi n. 3255 del 2002, prorogati fino al 31.12. 2006, CNFR. atti al faldone n.1 del PM);

-che le relazioni dei consulenti dei PM e tutti gli altri atti dell’indagine mettono a nudo che in Sicilia ogni anno la popolazione di vaste aree industriali (soltanto due delle quali già dichiarate ad alto rischio nel 2005 e 2006) e dei comuni più popolati e delle loro aree metropolitane è esposta a quantità consistenti di pericolosi“veleni” nell’aria, e che tale situazione (che ha inciso pure sulle numerose procedure di infrazione che fioccano della Commissione europea) sia il portato degli inadempimenti dei vertici politici ed amministrativi degli uffici della Regione siciliana investiti del governo di tale settore dell’ambiente. L’apparato regionale , come mette in evidenza l’indagine, infatti pur possedendo tutti gli strumenti per adeguarsi alle normative del settore non ha mai provveduto ad avviare e attuare autentici programmi di intervento e le procedure dirette all’adozione di misure concrete, cui la legge obbligava per porre freno a questa situazione di inquinamento, che, come sempre rivelano le crude analisi dei consulenti del PM, ed anche i dati forniti dagli organismi delle stessa Regione siciliana, come ARPA ed inoltre anche l’ISPRA, in alcune zone è divenuto addirittura incontrollato (vedi, nella citata relazione dei CTU ad es. i paragrafi sulle violazioni reiterate di tutte la normativa sui piani dell’aria che andavano adottati a seguito dei rilevanti degli sforamenti e di tutti gli adempimenti conseguenti, ed altresì sull’assenza di ogni progetto al riguardo, sulla dismissione delle misurazioni nella città di Palermo, Catania e le arre industriali di Messina e Siracusa, con un danno ambientale incontrollato, sulla inadeguatezza dell’unico piano approvato per le due sole aree ad altro rischio individuate nell’apposito decreto regionale del 2005 nella zona di Siracusa e del Comprensoorio del Mele – Milazzo e altri comuni).

--che in particolare risulta che nel 2008 Siracusa e Palermo sono state per l’Italia punti critici per superamenti dei limiti consentiti, che nel 2009 ancora a Palermo (stazione Di Blasi) sono stati registrati 48 superamenti e Catania (stazione viale Vittorio Veneto) 33 superamenti (le città più a rischio). Messina per il biossido di azoto aveva 70 superamenti, primo posto d'Italia, mentre Catania con 56,1 superamenti. A Siracusa nel mese di dicembre, oltre i 10 sforamenti del limite consentito, la centralina di viale Teracati ha registrato percentuali con un valore di 190 microgrammi per metro cubo, un valore più di tre volte superiore ai limiti di legge (secondo i dati dell’OMS insieme all'allora APAT -oggi Ispra- pubblicati nel giugno 2006, in 13 città italiane -Torino, Genova, Milano, Trieste, Padova, Venezia-Mestre, Verona, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Catania e Palermo- negli anni 2002-2004 si sarebbero potute evitare circa 2300 decessi se si fosse rispettato il limite annuale di 40 μg/m3 previsto per legge di concentrazione di PM10. L’abbassamento delle concentrazione di polveri sottili al di sotto dei 20 μg/m3 avrebbe evitato 8220;

 

--che, sulla base dei loro rigorosi rilevamenti, i consulenti del PM, depositate nel febbraio 2012 concludono che la situazione sullo stato della qualità dell’aria in alcune aree del territorio siciliano rimane nel tempo scadente e che la concentrazione media degli inquinanti misurati continua ad avere un costantemente peggioramento nel tempo, e che tale condizione è confermata alle stesse valutazioni di ARPA Sicilia sullo stato della qualità dell’aria della regione (periodo 2005-2009; riportate nel capitolo 3.9 della relazione dei CTU Sanna : le principali sorgenti emissive presenti nel territorio della regione siciliana -descritte dai Ctu in dettaglio nel capitolo 2 della relazione- sono, per quanto riguarda l’NOx, per il 39,5% i trasporti stradali, per il 23,6 % la combustione nell'industria dell'energia e la trasformazione delle fonti energetiche, per il 20% altre sorgenti mobili e macchine e per il 10,7% gli impianti di combustione industriale e processi di combustione; - le emissioni delle polveri fini -PMm primario- sono dovute per il 43,1% ai trasporti stradali, per il 13,4% alla combustione nell'industria dell'energia ed alla trasformazione delle fonti energetiche, per il 13,5% ad altre sorgenti mobili e macchine e per il 8,1% agli impianti di combustione industriale e processi di combustione; inoltre per quanto riguarda le polveri fini PM, si deve tenere anche conto del contributo determinato dal PMm secondario, tale frazione, sulla base delle quantità degli inquinanti precursori emessi nella regione Siciliana, come dettagliato al capitolo 2.1, risulta predominante -94,6 %- rispetto a quella primaria -5,4 %- . Infatti gli ossidi di azoto contribuiscono con il 63% della fonnazione del PM10 secondario, il biossido di zolfo contribuisce con una percentuale del 33 %, mentre l'ammoniaca contribuisce per il rimanente 4%. Pertanto per attuare una riduzione delle concentrazioni in aria di PM 10 nelle aree urbane si dovrà operare sia sulle emissioni di PM 10 primario che su quelle dei precursori della componente secondaria).

 

-che nella sintesi finale del capitolo relativo agli effetti dell’inquinanti dell’aria sulla salute umana della relazione documentatissima dei consulenti Sanna e Rino Felici del 2005 nel proc. n. 4331\04 RGNR, relativo agli sformanti nella città di Palermo (alle pagg. 41-53 della citata relazione; faldone n. 2 pag.g.259 e segg. ), si conclude che “La speranza di vita dei cittadini che vivono in aree con livelli di inquinamento elevato è diminuita. Gli effetti si verificano ai livelli attuali di inquinamento ambientale e non sembra esserci una soglia al di sotto della quale non si osservano danni. I gruppi di popolazione più colpiti dall’inquinamento ambientale sono soprattutto gli anziani e le persone in condizione di salute più compromessa, come i malati di patologie cardiache e respiratorie. Per queste persone, l’esposizione ad inquinamento ambientale peggiora la prognosi e aumenta la probabilità di morte. E’ stato documentato che i bambini tendono ad ammalarsi più frequentemente per cause respiratorie, in particolare bronchite ed asma, e l’esposizione ad inquinanti peggiora lo stato di malattia in bambini affetti da compromissione cronica delle vie aeree. Anche i neonati, infine, risultano essere soggetti a particolare rischio di morte per effetto dell’inquinamento ambientale. Sulla base delle stime di impatto condotte dalla Organizzazione Mondiale della Sanità, l’inquinamento ambientale costituisce un problema di sanità pubblica molto rilevante”.

Su altri atti presenti nel fascicolo dell’Indagine, e

dichiarazioni rese dagli indagati,

conferenze non sfociati in decisioni

Deve ribadirsi che gli atti della presente indagine costituiscono una straordinaria fonte di conoscenza e informazione su tutte le peculiari articolazioni assunte in Sicilia del fenomeno dell’inquinamento, oltre che degli aspetti normativi e delle omissioni specifiche attribuibili agli indagati.

Deve inoltre ribadirsi che informazioni di altrettanta profondità, provengono dalle dichiarazioni rese dagli indagati XXX ed XXX, dimostratisi, a fronte della loro condotte lacunose, informati nei dettagli delle normative e delle evenienze specifiche del loro settore, sia riguardo a tutte le annose questioni dei piani dell’aria -mai varati-, sia sotto gli aspetti chimici, legislativi e sia rispetto agli obblighi dell’operare amministrativo gravanti sul settore da essi stessi in tempi diversi diretto (XXX dalla fine del 2001 al gennaio del 2007, XXX da allora in avanti-).

Tra le loro numerose produzioni

vi sono ad esempio il “Quadro sintetico di riferimento sullo stato normativo e sugli interventi di risanamento nell’AREA ad elevato rischio ambientale del Comprensorio del Mela (ME)”, ove si riferisce che l’area era stata dichiarata al altro rischio con D.A. 50\gab del 4.9.2002, in relazione all’impatto dovuto alla presenza di impianti industriali di notevole dimensioni- centrale termoelettrica EDIPOWER, raffineria di petrolio di Milazzo, ecc..,e che con lo stesso decreto era stata istituita la commissione Stato-Regione- Provincia –Enti Locali con il compito di predisporre il piano di risanamento ambientale e rilancio economico del comprensorio integrata nella composizione con decreto ASs. 883\16.7.2003 e che tali atti curati dal servizio 3 (di cui era quando a capo XXX), prevedevano la possibilità di affidare ad un ente pubblico di comprovata capacità scientifica Università di Messina- la predisposizione delle linnee guida per la redazione del piano di risanamento in nove mesi. Che tuttavia l’assessore nuovo decideva di affidare il lavoro ad un soggetto da selezionasi con bando europeo, -DA 10.3.2004 poi costato 25.000,00 euro, veniva revocato in autotutela , che il nuovo assessore invece decideva di affidare la cosa a alla comm. provinciale per la tutela dall’inquinamento di Messina , non avente la comprovata capacità tecnica di cui al DA 883\2003, e che presentava il lavoro il giugno 2005 che si limitava ad una enunciazione di linee prive di indirizzi concreto rimandando la stesura del piano entro il termine del 31.1.2006, impostazione molto contestata dai comuni di San Filippo del Mela. Il documento continua esponendo che intanto a seguito della cessazione del commissariamento ministeriale in atto dal 1999 per le zone di ad elevato rischio ambientale dei territori di Siracusa (Augusta, Melilli Priolo etc.. ) e Calatnissetta (Gela Butera etc..) che consentiva il rientro nella disponibilità dell’ASSESSORATO delle somme in origine stanziate, di 140 miliardi di lire, in gran parte non utilizzati per il risanamento, il servizio 3 aveva predisposto il decreto di dichiarazione di aree ad altro rischio che veniva formalizzato con Decreto assessoriale. Veniva predisposto nel luglio l’ufficio speciale per le aree ad alto rischio per predisporre e gestire i pini di risanamento locali e le risorse economiche ; al 31.1.2006 il piano per Comprensorio del Mela; E si trovavano a coesistere tutti gli organismi suddetti con compiti sovrapposti.

Nel mese di giugno 2006 –continua il documento- l’università di Palermo aveva completato l’indagine commissionata sui metalli pesanti con tecniche di biomonitoraggio (con uso di licheni), che accertavano la lo stato di generale compromissione ambientale in relazione alla presenza e distribuzione spaziale nella matrice biologica dei metalli pesanti tracciati dai processi di combustione e delle attività antropiche .Contemporaneamente i risultati dall’ Università di Palermo facoltà di ingegneria dell’indagine per un sistema di valutazione e gestione della qualità dell’aria nelle aree metropolitane della regione, anche con indicatori compositi, per iniziare a tracciare le mappe del rischio per la popolazione esposta.

Quanto alla EDIPOWER espone che il sistema CTE rimaneva la principale fonte di biossido di azoto e che destava preoccupazione il fatto che nel 2005 alcuni superanti della sostanza erano dovuti ai gruppi da 320 MW, dotati di sistema DESOX di abbattimento spinto del biossido di zolfo con produzione di solfato di calcio non erano stati segnalati , gli interventi che si prevedeva di attivare nei confronti dell’azienda, con la celerità richiesta dalla grave situazione, consisteranno nella accelerazione dei lavori di ambientalizzazioni dei gruppi da 160 MW, verifiche relative ai sistemi di trattamento degli inquinanti, revisione e abbassamento dei limiti autorizzati, in virtù del comprovato stato di deterioramento ambientale e delle gravi patologie rilevate a carico della popolazione locale -la Raffineria di Milazzo era assurta all’onore delle cronache per fenomeni di intossicazioen della popolazini collegate a sostanze oganiche volatili odorigene- esponedo la strategia degli inteventi (sistemi di aspirazione del gas emesid dalle navi cisterna, interventi diretti a far si che le torce della raffineria riducano il loro ruolo a quello di dispositivo di sicurezza grazie al quale il gas in eccesso siano bruciati in condizioni controllate e non invece usate come sistema routinario di combustione e di rilascio incontrollato di grandi quantità di inquinanti , revisione dell’artificio csistema di calcolo delle emissioni ad es. del biosido di zolfo.

Era in corso la definizione con L’ARPA e con il estore dela rete pubblica prov. di Messina l’adegumto rete monitoraggio alle linee APAT , con il riposizionamento delle centraline e l’ammodernamento della struttura analitica per un apiù ampia copertura dei parametri ambntali. La rete anche EDIPOWER era di antica concezione e solo biossido di zolfo –non coerenti con indirizzi APAT e CNEIA- ; il dipartimento –aggiunge- ha in fase di avvvio con l’ARPA un monitoraggio sulla caratterizzazione chimica del PM 2,5 e PM 1.

 

Per dare un quadro ancora più ampio della variegata provenienza del materiale d’indagine, può qui rilevarsi che tra gli altri nel fascicolo del PM sono presenti anche:

-la denuncia, che ha dato adito all’indagine presentata presso la Procura di Messina e Barcellona Pozzo di Gotto, da una associazioni di abitanti della Valle del Mele nel 2006; numerosi verbali delle dichiarazioni delle persone informate, i documenti ufficiali dagli indagati forniti al PM; gli atti della Commissione europea inquirente nella procedura d’infrazione sfociata nella sentenza della Corte di Giustizia europea del 19.12.12, che ha condannato l’Italia per lo sforamento dei limiti del PM 10 e la mancata adozione dei piani dell’aria (oggetto della presente procedimento, ed in cui gli inadempimenti della regione Sicilia hanno avuto un peso consistente);

-la rlazione interessante del dottor Ivo Allegrini consegnata nel 2009, sugli inadempimenti della Regione siciliana in materia di aria.

-la denuncia presentata da WWF e Legambiente nel 2009 sui livelli di inquinamento della città di Palermo e la vicenda della dichiarazione dello stato di emergenza ambientale e nomina del sindaco come commissario straordinario del governo Berlusconi, e sulle interrogazioni parlamentari sui correlativi finanziamenti, protrattasi dal 2002 al 2007, con l’interessante già citato rapporto EPIAIR del 2010, ai ministeri commissionari, che al suo interno riporta tra l’altro anche i dati epidemiologici di Palermo (atti del proc. riunito n. 14930\12, contenuti nel faldone n. 1 del fasc. PM).

Per cogliere gli aspetti più pratici delle azioni che sarebbero dovute conseguire a breve distanza di tempo dai rilevamenti dei superanti urbani di legge, delle varie sostanze inquinanti, il citato rapporto EPIAIR fa riferimento alle misure concrete relative anche alla mobilità urbana, dirette alla riduzione dell’uso del veicolo a motore privato (-pure oggetto di precise indicazioni contenute nelle leggi del settore; cnfr. l’importante il decreto Ronchi, ministro dell’Ambiente, del 27 marzo 1998, sulla mobilità sostenibile nelle aree urbane -GU n. 179 del 3-8-1998-) e da adottarsi dai comuni a tutela della salute della popolazione, ed alle risposte ai questionari sull’adozioni di tali misure che erano stati sottoposti ai 10 comuni dell’indagine, tra cui anche Palermo. Il rapporto contiene anche i dati epidemiologici delle città della Sicilia sottoposte all’esame.

 

II.

NORMATIVA

Una ricostruzione sistematica della normativa sulla qualità dell’aria che più afferisce all’oggetto dell’indagine può trarsi dalla relazione di CUT così come dagli atti acquisiti dal PM ma anche dalla più volte citata sentenza della Corte di giustizia europea del 19.1.2.12di condanna dell’Italia.

.

Normativa europea : Direttive 96/62/CE, 1999/30/CE, 2000/69/Ce, 2002/3/C

e Direttiva 2008/50 precedenti direttive CE

 

La norma principale attualmente in vigore nella Comunità Europea è la DIRETTIVA 2008/50 CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa.

Tale norma in vigore dall'11 giugno 2008, dispone la progressiva abrogazione delle direttive 96/62/Ce. 1999/30/Ce. 2000/69/Ce e 2002/3/Ce delle quali assorbe e riordina il contenuti, e richiama gli Stati membri ad innalzare il livello qualitativo dell'aria tra il 2010 ed il 2020.

Parte centrale del provvedimento in materia di qualità dell'aria, sono le particelle inquinanti maggiormente responsabili dei danni alla salute umana, come le PM2.5 e le P M id .

Tale direttiva di sintesi, 2008/50/Ce, impone agli Stati membri di procedere ad una accurata valutazione della qualità dell'aria ambiente e di adottare precisi provvedimenti in caso di superamento di valori massimi critici. Le Autorità designate dai singoli Stati come competenti materia dovranno procedere alla valutazione della qualità dell'aria ambiente utilizzando i criteri dettati dagli allegati tecnici alla direttiva 2008/50/Ce. Modalità e procedure di valutazione sono declinate in modo differente in base alla tipologia di inquinante considerata.

Obbligo degli Stati membri è preservare la migliore qualità dell'aria che sia compatibile con lo sviluppo sostenibile. Il livello di inquinamento dell'aria non dovrà tuttavia essere superiore ai valori stabiliti dagli allegati tecnici alla direttiva in relazione ai singoli anni di riferimento.

Deroghe ai livelli di qualità sono ammessi solo per zone o agglomerati critici e per un massimo di 5 anni rispetto ai tennini stabiliti dalla direttiva. In caso di superamento dei valori limite, gli Stati devono attivarsi per ridurre gli inquinanti nel più breve tempo possibile.

A livelli di inquinamento elevati è espressamente stabilito il parallelo obbligo di informare il pubblico con tutti i media a disposizione. Se l'inquinamento assume dimensioni transfrontaliere, gli Stati membri interessati sono chiamati a collaborare su iniziative congiunte per rientrare nei limiti normativi stabiliti dalla direttiva 2008/50/Ce.

 

Normativa nazionale :

D. Lgs. 351/1999 e dalle altre nonne correlate e/o collegatc (D.M. 2 aprile 2002, n. 60; D.M. 1 ottobre 2002, n. 261; D. Lgs. 21 maggio 2004, n. 183 ; D. Lgs. 19 agosto 2005, n. 195;

D. Lgs. 3 agosto 2007. n. 152

 

La normativa nazionale derivante dal recepimento delle specifiche direttive europee è costituita dal D. Lgs. 351/1999 e dalle altre norme correlate o collegate (D.M. 2 aprile 2002, n. 60; DM 1 ottobre 2002, n. 261; D.lgs. 21 maggio 2004, n. 183 ; D. Lgs. 19 agosto 2005, n. 195; D. Lgs. 3 agosto 2007. n. 152 ).

Tale nonna prevede per le Regioni l'obbligo di:

•individuare, sulla base della valutazione preliminare e/o definitiva, le zone del proprio territorio nelle quali i livelli degli inquinanti comportano il rischio di superamento dei valori limite e delle soglie di allarme. e individuare l’autorità competente alla gestione del rischio;

• definire piani d'azione contenenti le misure da attuare nel breve periodo, affinché sia ridotto il rischio di superamento dei valori limite e delle soglie di allarme, con misure di controllo e, se necessario, di sospensione delle attività - ivi compreso il traffico veicolare - che contribuiscono al superamento dei valori limite e delle soglie di allarme;

• definire zone e agglomerati nei quali i livelli di inquinanti superano il valore limite, aumentato del margine di tolleranza, o sono compresi tra il valore limite ed il valore limite aumentato del margine di tolleranza;

• definire, per l'ozono, zone e agglomerati nei quali i livelli di inquinanti superano il

valore bersaglio (o obiettivo) e l’obiettivo a lungo termine;

• definire, per IPA e metalli, zone e agglomerati nei quali i livelli di inquinanti superano il valore bersaglio (o obiettivo);

• adottare specifici piani o programmi per ridurre i livelli degli inquinanti al di sotto

del valore limite (o per l’ozono del valore bersaglio, o obiettivo e dell'obiettivo a

lungo termine e per gli IPA e i metalli del valore obiettivo), entro un termine stabilito;

• mettere i piani e i programmi adottati a disposizione del pubblico e degli enti locali;

• garantire che, qualora le soglie d'allarme venissero superate, siano prese le misure

necessarie per informare la popolazione;

• garantire che informazioni aggiornate sulla qualità dell'aria ambiente, relativamente

agli inquinanti normati dalla vigente normativa di settore, siano messe a disposizione

del pubblico e degli enfi interessati, facendo in modo che tali informazioni siano

chiare, comprensibili e accessibili.

Tale impianto normativo è stato sostanzialmente confermato dalla Direttiva 2008/50/CE recepita con il D. Lgs. 13 agosto 2010 n. 155 ''Attuazione della diretliva 2008/50)/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa", entrato in vigore il 30 settembre 2010.

Sinteticamente,

le Regioni e le Province autonome, in base al D. Lgs. 351/99. hanno l'obbligo di effettuare una valutazione della qualità dell’aria, sia attraverso misure rappresentative dei livelli degli inquinanti riportati nell’allegato 1 dello stesso decreto, sia attraverso l’uso di modelli o di metodi di valutazione obiettiva.

II Decreto Legislativo 351/99, definisce i criteri per la valutazione e la gestione della

qualità dell'aria ambiente. Essi si basano su una serie di passaggi che vanno dalla

valutazione della qualità dell'aria all'elaborazione di piani e programmi di tutela {piani d'azione, piani di risanamento, piani di mantenimento), i cui contenuti riguardano, tra gli altri aspetti, i provvedimenti volti alla tutela della qualità dell'aria ed al rispetto dei valori limite imposti per gli inquinanti alla luce delle caratteristiche del territorio e delle sorgenti emissive.

L'elaborazione di un piano o programma di risanamento avviene attraverso le

seguenti fasi:

• fase conoscitiva, che comprende l'analisi del quadro normativo, delle caratteristiche del territorio, delle fonti di emissione degli inquinanti in aria (inventari delle emissioni), delle condizioni climatiche e meteorologiche tipiche del territorio;

• fase valutativa, che consiste nella valutazione della qualità dell'aria effettuata mediante misure puntuali di concentrazione fornite dalla rete di rilevamento e mediante tecniche di modellazione;

• fase propositiva, che deve contenere gli elementi necessari per:

- individuare gli obiettivi di riduzione delle emissioni di inquinanti in atmosfera

necessari a conseguire il rispetto dei limiti di qualità dell'aria.

- indicare le misure "di risanamento" attraverso le quali la regione/provincia autonoma conta di raggiungere tali obiettivi. Le misure da individuare potranno essere di tipo economico/fiscale {sgravi, incentivi), di tipo tecnico (utilizzo di tecnologie a minor impatto), o anche di tipo infonnativo (campagne di sensibilizzazione)

- quantificare i benefìci sulla qualità dell'aria derivanti dall'applicazione delle

misure di risanamento e il tempo stimato per raggiungerli.

Secondo quanto contenuto nel D. Lgs. 351/1999 (art. 12, comma 3) le regioni devono trasmettere, per il tramite APAT i piani e/o i programmi di risanamento della qualità dell'aria al Ministero della Salute (MINSAL) e al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare (MATTM) entro diciotto mesi dalla fine dell'anno durante il quale è stato registrato il superamento del valore soglia (VL + MDT), definito come la somma di un valore limite (VL) e di un relativo margine di tolleranza (MDT); il MATTM a sua volta, trasmette i piani e i programmi di risanamento alla Commissione Europea entro due anni dalla fine di ciascun anno in cui si è registrato il superamento valore soglia (VL+MDT).

Le informazioni sui piani o programmi vengono trasmesse secondo le modalità stabilite dalla Decisione 2()()4/224/CE, attraverso un questionario, indicato come questionario sui piani e programmi di risanamento o questionario PPs, costituito da sette moduli in cui vengono riportate in modo sintetico tutte le informazioni contenute nei piani: il modulo l fornisce informazioni generali sul piano o sul programma in questione; nei moduli da 2 a 6 ogni colonna descrive una situazione di superamento presa in considerazione dal piano o dal programma, mentre ogni riga contiene un elemento descrittivo della situazione di superamento; nei moduli 5. 6 e 7 sono descritte sinteticamente le singole misure [Decisione 2004/224/CE].

 

Considerata la situazione critica emersa dagli esiti dell'attività di monitoraggio della qualità dell'aria effettuata sul territorio nazionale, soprattutto nelle aree urbane anche a seguito dell'entrata in vigore, a decorrere dal 1° gennaio 2005, dei limiti alle concentrazioni atmosferiche di materiale particolato (PM10), è stata istituita, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio (con DM 18 febbraio 2005), la Commissione nazionale per l'emergenza inquinamento atmosferico (CNEIA). con la finalità di fornire informazioni e valutazioni scientifiche a supporto delle decisioni che a livello nazionale, regionale e locale devono essere assunte in merito agli interventi emergenziali, nonché a quelli di medio e lungo periodo.

Per i lavori della Commissione sono stati costituiti 9 gruppi di lavoro, il cui coordinamento è stato affidato ai rappresentanti delle Regioni, delle Province e del Ministero della salute e. per gli aspetti tecnico-scientifici, a esperti dell'APAT, del CNR e dell'ENEA. Il Ministero della salute ha operato attraverso la costituzione di un apposito gruppo di esperti nominati con decreto dirigenziale del 20/05/2005. Le altre Amministrazioni centrali (Ministero dello sviluppo economico e Ministero dei trasporti e delle infrastrutture) hanno attivamente partecipato ai gruppi di lavoro di loro interesse.

Nella relazione finale del 20 marzo 2006 e rappresenta la sintesi sia dell’attività di analisi e approfondimento condotta all'interno dei suddetti gruppi di lavoro sia. più in generale, delle audizioni e della documentazione a disposizione della Commissione.

Il documento, sulla base di tale attività conoscitiva, individua le azioni prioritarie da porre in essere nei rispettivi settori d'intervento.

La Commissione, sulla base del proprio mandato, ha individuato una serie di indicazioni di merito, misure e strumenti operativi a sostegno dello sviluppo di una pianificazione integrata che, se supportai da adeguate risorse economiche, consentono alle Regioni e agli Enti Locali di organizzarsi in modo utile per dare attuazione alle norme nazionali e comunitarie.

 

 

III.

CTU

Inadempimenti della Regione siciliana relativi ai piani dell’aria

Frantumazione delle competenze operata attraverso il conferimento di specifici poteri della Regione ad altri enti e soggetti, e delegando a tavoli tecnici la discussione e deliberazioni varie di piani sempre di la da venire,

senza fissare regole certe sul funzionamento di tali tavoli

Dismissione delle centraline di rilevamento di Palermo e altri comuni,

che impedisce la redazione dei piani e degli adempimenti di legge.

 

E’ indispensabile soffermarsi sul punto degli obblighi inadempiuti dalla Regione siciliana circa i piani dell’aria, come pure evidenziati nella pregevole approfondita disamina dei consulenti del PM, dottori Sanna, Stoli e Felici (la relazione prende in esame tutti gli altri punti pure rilevanti oggetto degli altri quesiti posti dai PM, quali l’efficienza della rete di rilevazione e i superamenti dei limiti rilevati, che hanno ricevuto tutti risposta negativa).

In breve risulta come siano stati violati tutti gli adempimenti imposti dalle direttive europee e dalle norme di recepimento e dai decreto di attuazione, e come quei soli piani frettolosamente decretati dalla Regione siciliana siano non conformi alle normative relative ed assolutamente inconsistenti e non consoni alla loro funzione di individuare ed attuare gli obiettivi sanciti dalla legge di risanamento dell’aria nelle zone inquinate, oltre i limiti.

La relazione, dei CTU è supportata rigorosamente dalle delibere e dagli atti ufficiali della Regione siciliana, dagli atti della commissione europea che si è occupata del caso, anche nel riferire del c.d. Piano di Coordimento, che fu deliberato con decreto dell’Assessore Interlandi -durante i controlli della Commisione europea- del 9 agosto 2007 (varato dal dirigente del settore 3 XXX, succeduto a XXX che era stato destituito a gennaio 2007-; Direttore del dipartimento XXX). I consulenti mettono in luce lo spezzettamento arbitrario delle competenze operato dalla Regione attraverso il conferimento di specifici suoi poteri a altri enti e soggetti e delegando a tavoli tecnici la discussione e deliberazioni varie, e come in assenza di regole certe sul funzionamento di tali tavoli gli stessi non abbiano funzionato (un ''Tavolo tecnico di coordinamento sulla qualità dell'aria ambiente" e nove Tavoli di settore provinciali, per il coordinamento delle iniziative aventi influenza in ambito provinciale ai quali è stato assegnato il compito di definire, in via preliminare ed a scala provinciale, gli interventi previsti dagli articoli 7. 8. 9 -comma 2- e IO del D. Lgs. 351/99; CNFR. il testo del Decreto assessoriale dell’ARTA n. 176GAb del 9 agosto 2007, in particolare l’art. 3 che indica tali tavoli e la quantità variegata di soggetti partecipanti, in copia alle pag. 533 -537 del fascicolo del PM).

Facendo integrale rinvio alla lettura dell’intera relazione, si passa di seguito a dar conto delle conclusioni dei CTU relative agli aspetti salienti dei reiterati inadempimenti della Regione siciliana afferenti ai piani dell’aria.

-La Regione Siciliana -rilevano i consulenti dopo avere passato in rassegna la storia dei superamenti- in considerazione dei gravi e ripetuti superamenti dei valori medi annuali rilevati nel 2002 per il PM10, biossido di azoto (NO2) e benzene (C^Hfi), a Palermo e per il biossido di azoto (NO2) nell'agglomerato di Catania, sulla base all’art. 8 comma 3 del D. Lgs. 351/99 doveva adottare entro 18 mesi, dalla fine di quell’anno cioè entro giugno 2004, un piano o un programma per il raggiungimento dei valori limite ai fni della protezione della salute della popolazione. Invece non svolgeva alcuna azione e non predisponeva alcun atto entro l’anno 2004. Questa inadempienza veniva anche espressamente evidenziata a pag. 77 del 1° Rapporto APAT (Edizione 2004) sulla Qualità dell'Ambiente Urbano. Tale situazione risulta anche più rilevante poiché nel 2005 nelle zone di Siracusa e di Catania venivano registrati superamenti dei valori medi annuali e giornalieri relativi al PMm e nell'anno 2006 nelle zone di Agrigento e di Messina superamenti per lo stesso inquinante dei valori medi giornalieri, e la Regione (che era tenuta ad adottare entro giugno 2007 per Siracusa e Catania ed entro giugno 2008 per Agrigento e Messina, i medesimi piani per il raggiungimento dei valori limite), non svolse alcuna azione. Inoltre la Regione Siciliana in contrasto con quanto previsto dalla norma suddetta, non inviò al Ministero dell'Ambiente nessuna comunicazione relativa alle informazioni sul piano di risanamento per gli anni 2005, 2006 e 2007 e nel 2008 né trasmetteva il questionario sulla qualità dell'aria (fonte ISPRA - annuario 2009).

Zonizzazione avvenuta in ritardo e senza comunicazione dei metodi

- I Consulenti inoltre rilevano che l’atto adottato dalla Regione siciliana, la zonizzazione, non è avvenuto a norma : con il Decreto Assessoriale del 2005 n 305/GAB la Regione Siciliana, in ritardo rispetto ai tempi previsti dalla norma nazionale (scadenza 13 aprile 2003 per SO2, N0X, particelle PM. Pb. benzene e CO) nel dicembre 2005 ha adottato la “zonizzazione preliminare del territorio della regione”, individuando appunto in funzione preliminare (all’azione) le zone del territorio regionale dove era necessario adottare i piani di azione e di risanamento, ma contro la previsione dell'art. 5 del D.M. 60/02 successivamente non comunicava al Ministero dell'Ambiente, per il tramite di ANPA (ora ISPRA) i metodi seguiti per la valutazione preliminare della qualità dell'aria e per la zonizzazione (la scadenza per gli inquinanti sopra citati era prevista al 28 luglio 2003).

L'omissione più rilevante tuttavia,

hanno ancora evidenziato i Consulenti del PM, non era quella di cui sopra ma la mancata adozione del piano di risanamento e mantenimento per le zone individuate con lo stesso Decreto Assessoriale n. 305/GAB del 19 dicembre 2005, da elaborarsi secondo quanto dettato dal D.M. del 1° ottobre 2002, n. 261 (Direttive tecniche per la valutazione della qualità dell'aria ambiente - elaborazione del piano e dei programmi di cui agli articoli 8 e 9 del D. Lgs. 351/1999).

Il piano da elaborare, in particolare doveva:

- definire gli scenari di qualità dell'aria riferiti al termine entro il quale il valore limite deve essere raggiunto, sulla base dei provvedimenti regionale, provinciale e comunale aventi rilievo in materia di inquinamento atmosferico e delle misure conseguentemente adottate:

- individuare gli obiettivi di riduzione delle emissioni di inquinanti in atmosfera necessari a conseguire il rispetto dei limiti di qualità dell'aria entro i termini temporali entro i quali essi dovevano essere raggiunti:

- individuare le misure, aggiuntive o modificative rispetto a quelle previste sulla base dei provvedimenti suddetti, da attuare per il conseguimento degli obiettivi previsti. Ciascuna misura doveva essere corredata da opportuni indicatori e analizzata sotto il profilo dei risultati attesi in termini di miglioramento della qualità dell'aria, di riduzione delle emissioni inquinanti dell'aria, dei costi associati, dell'impatto sociale, dei tempi di attuazione e della fattibilità tecnico economica;

selezionare l'insieme di misure più efficaci per realizzare gli obiettivi previsti, tenuto conto dei costi, dell'impatto sociale e degli inquinanti per i quali si ottiene una riduzione delle emissioni: indicare, per ciascuna le misure selezionate le fasi di attuazione, i soggetti responsabili, i meccanismi di controllo e. laddove necessarie, le risorse destinate all'attuazione delle misure: indicare le modalità di monitoraggio delle singole fasi di attuazione e dei relativi risultati, anche al fine di modificare o di integrare le misure individuate, ove necessario per il raggiungimento degli obiettivi previsti.

 

I Soli piani , e per il breve periodo, adottati dalla Regione siciliana per nel 2006

per le Aree ad Elevato Rischio di Crisi Ambientale,

interessano solo due comprensori della regione siciliana e solo un numero limitato di parametri SO2 (anidride s o l f o r o s a ) , NO2 (biossido d1 azoto) e NMHC (idrocarburi non metanici); i relativi rilevamenti a partire dal 2006 sono stati del tutto parziali e insufficienti a monitorare le situazioni e non utili al fìne dell'adozione degli eventuali provvedimenti stabiliti dai suddetti Piani di azioni.

 

Continuando, la relazione dei consulenti del PM dà inoltre contezza del fatto che gli unici piani che risultano adottati dalla Regione Siciliana, sono quelli approvati da un ufficio speciale, denominato Ufficio speciale aree ad elevato rischio di crisi ambientale, con D.D.U.S. n.7 del 14 giugno 2006 e con D.D.U.S. n. 19 del 5 settembre 2006, contenenti i Piani d'azione con le misure da attuare nel breve periodo affinché sia ridotto il rischio di superamento dei valori limite e delle soglie d'allarme nell'Area ad elevato rischio di crisi ambientale, rispettivamente per la provincia di Siracusa, (per i territori dei comuni di Siracusa, Augusta, Melilli, Floridia, Solarino, Priolo Gargallo) e per il comprensorio del Mela, (territori dei comuni di Condrò, Gualtieri Sicaminò, Milazzo. Pace del Mela, San Filippo del Mela, Santa Lucia del Mela e San Pier Niceto). Tali piani di azione prevedono che tutte le volte che vengono registrati, dalle reti installate nelle suddette zone, valori superiori a quelli prestabiliti per l'inquinamento nell'aria ambiente, siano adottati comportamenti e procedure di limitazione delle emissioni degli impianti industriali a cui i gestori debbono attenersi. E' evidenziato dai CTU a riguardo che, rispetto a quanto previsto nei piani di risanamento e mantenimento, tali provvedimenti interessano solo due comprensori della regione siciliana e solo un numero limitato di parametri SO2 (anidride solforosa) , NO2 (biossido d1 azoto) e NMHC (idrocarburi non metanici). Inoltre nelle aree prese in considerazione, sulla base degli atti messi a disposizione da Arpa Sicilia, risulta che i rilevamenti a partire dall'anno 2006 sono stati del tutto parziali e quindi i dati rilevati erano comunque insufficienti a monitorare le situazioni in essere e conseguentemente utili al fìne dell'adozione degli eventuali provvedimenti stabiliti dai suddetti Piani di azioni.

 

La relazione dei consulenti del PM sintetizza

ancora la vicenda del Piano Regionale denominato di Coordinamento Per la Tutela della qualità dell’ aria ambiente della Regione Siciliana (tipo di piano non contemplato dalla legge),

adottato con Decreto Assessoriale n. 176/GAB del 9 agosto 2007. I consulenti mettono a nudo gli elementi di tale piano di coordinamento da cui si desume, nota il giudice, la sua natura di strumento dilatorio .

Tale piano fu varato –nota ancora il giudice- dall’allora dirigente XXX del settore 3 del Dipartimento competente l’Assessorato all’ambiente (dipartimento diretto allora dall’indagato Tolomeo), in corso di procedura d’infrazione. I consulenti ne rilevano la non conformità alla legge, poiché esso non prevedeva misure adeguate a ricondurre gli inquinanti rilevati entro i limiti stabiliti e poiché gli obbiettivi di risanamento e tutela fìssati non erano raggiunti, così da ridurre nel tempo i livelli degli agenti inquinanti nell'aria ambiente.

Rileva il giudice che nel corso dell’indagine l’allora dirigente XXX rendendo dichiarazioni al PM ha affermato che la responsabilità della assenza del piano era del dirigente che lo aveva preceduto, Gioacchino GENCHI; e di essersi trovato quindi costretto ad agire in quel modo dalla ristrettezza dei tempi per cercare di evitare le conseguenze della procedura d’infrazione europea sopperendo alle omissioni del precedente dirigente (cnfr. tra gli altri : esposto presentato da Giuseppe Trifirò, sacerdote, Presidente dell’ Associazione “Tutela della Salute dei Cittadini”, di Pace del Mela il 31.7.2006; verbali del 5 agosto 2009 incontro col P.M., del 14.12.2007, del 15.9.2008 delle dichiarazioni di Anzà, che nel 2006 era il Presidente della Commissione Provinciale Tutela Ambiente -CPTA - di Messina, di cui al verbale al verbale della riunione del 14.6.2005 per esporre le linee guida per la formazione del piano di risanamento ambientale e rilancio del Comprensorio del Mela ).

 

In estrema sintesi rilevano i consulenti che in realtà a distanza di sei anni (Giugno 2004) per i superamenti verificatosi nell’anno 2002, non era stato ancora attuato il piano di risanamento per le zone di Palermo e Catania; e che dalla disamina degli atti –continua la relazione - emerge come solo nel luglio 2010 veniva predisposto dall'Assessorato Ambiente il documento: Adempimenti attuativi della legislazione di settore in materia di valutazione e gestione della qualità dell'aria ambiente, ma che tali adempimenti non avevano avuto , “per i motivi sotto elencati”, ancora piena applicazione.

 

Sintetizzano i consulenti che quindi agli inizi dell’ anno 2007 la Regione Siciliana, esclusi i provvedimenti relativi alle aree ad elevato rischio di crisi ambientale ,prima citati, non aveva ancora adottato alcuna azione finalizzata al risanamento della qualità dell’aria conforme alla normativa statale ed europea, poiché infatti a tale data non risultavano attuati: i modelli di dispersione degli inquinanti, 1’ inventario regionale delle emissioni puntuali, lineari e diffuse, gli strumenti di prevenzione/contrasto antinquinamento atmosferico previsti dal D. Lgs. 351/99, programmi di informazione al pubblico sui dati di qualità dell’aria (inventano, reti, piani e programmi. e le azioni per la prevenzione della salute, ecc.), ed era soprattutto assente un quadro programmatico regionale chiaro, con regole certe e condivise sulle attività da portate avanti, sulle procedure da seguire, sui ruoli e sui compiti dei diversi soggetti, istituzionali e non, coinvolti (Regione, Province. Comuni, Arpa, aziende, ecc.).

Tali inadempienze e carenze sono state anche evidenziate dal Dipartimento Regionale dell'Assessorato Territorio e Ambiente della Regione Siciliana (Presentazione in data 16 luglio 2009 del Tavolo tecnico regionale di coordinamento per la tutela della qualità dell 'aria ambiente).

L’ assenza di un piano di risanamento ha comportato anche una limitazione all'accesso e alla diffusione delle informazioni al pubblico e questo non ha favorito una presa di coscienza del problema.

 

Tornando ai dettagli del citato piano del 9 agosto del 2007,

denominato di Coordinamento - come dettagliato nel capitolo 5.1.1 della relazione dei CTU stessi- a differenza di quanto attuato dalle altre Regioni italiane, non prevedeva ancora un vero e proprio Piano di risanamento e mantenimento per la qualità dell’ aria nella Regione Siciliana, conforme alle norme europee e nazionali, in quanto si limitava a definire in sostanza soltanto principi e linee-guida di carattere generale, rinviando ancora una volta a momenti successivi l’elaborazioni e l’adozione degli strumenti attuativi. In tal modo l'attuazione del piano vero e proprio è stato rinviato, coinvolgendo gli enti Territoriali nella scelta degli effettivi programmi concreti per risanare e mantenere la qualità dell’aria ambiente sul territorio regionale. Infatti per realizzare l'obiettivo sopra indicato era stato istituito un ''Tavolo tecnico di coordinamento sulla qualità dell'aria ambiente" e nove Tavoli di settore provinciali, per li coordinamento delle iniziative aventi influenza in ambito provinciale ai quali è stato assegnato il compito di definire, in via preliminare ed a scala provinciale, gli interventi previsti dagli articoli 7. 8. 9 (comma 2} e IO del D. Lgs. 351/99'.

 

Concludono al riguardo i consulenti del PM (facendo presente di non volere entrare a dare giudizi sulle modalità scelte per pervenire alla pianificazione e programmazione degli interventi) mettendo in evidenza che tale Decreto Assessoriale n. 176 dell’agosto del 2007 non disciplinava in modo analitico il funzionamento dei Tavoli tecnici di coordinamento (regionale e provinciale), non stabiliva chi dovesse convocarli, i tempi e le frequenze degli incontri e le modalità di partecipazione nè infine le modalità di supplenza in caso di inadempienza degli Enti coinvolti, e dunque in concreto non ha posto in essere né verificato che fossero adottate le iniziative necessarie. Al riguardo, la Regione siciliana, dopo aver attivato in data 12 marzo 2008 con il D. A. n. 42/GAB i Tavoli di settore provinciali suddetti, si limitava a sollecitare varie volte le commissioni provinciali per il loro effettivo funzionamento (note del Servizio 3 del D.R.T. e A. in data 27.10.2008 prot. n.80911, in data 12.01.2009 prot. n.l749 e in data 31.03.2009 prot. n. 24948 pei le C.P.T.A. di Ragusa e Trapani), al fine di attuare i compiti suoi propri, che essa aveva di fatto delegato ai diversi enti. In conclusione, il funzionamento di tutti i tavoli previsti, indispensabile, per le modalità adottate, per la redazione del piano di coordinamento avveniva solo a distanza di un anno (2009). Questo determinava che le proposte ultime avanzate dai Tavoli di Settore Provinciali, con i Documenti di piano provinciali elaborati su scala locale, in adempimento a quanto previsto dal D.A. n. 42/GAB del 12 marzo 2008, siano state trasmesse alla Regione nel maggio 2009.

Conseguentemente ed in estrema sintesi si può affermare che la Regione Siciliana alla fine dell'anno 2009 non essendo stati realizzati tutti gli adempimenti previsti dal piano di coordinamento (D. A. 176/GAB del 9 agosto 2007), non aveva di fatto ancora adottato un piano di risanamento e mantenimento della qualità dell'aria conforme alla normativa statale ed europea.

 

 

Decisione dell’1 febbraio del 2010 della Commissione europea

 

Le medesime carenze, costituite sostanzialmente dall'assenza di informazioni e/o specifiche azioni di risanamento, venivano anche sottolineate dalla Commissione Europea nella Decisione del 1.02.2010 emanata in risposta alla notifica, effettuata dall’ Italia il 5 maggio 2009, ai sensi della direttiva 2008/50/Ce, per richiedere la deroga ai valori limite per il PM 10 per la qualità dell’aria in 12 zone del territorio nazionale, tra cui le zone 8, 9. 10. 11 e 12 della Regione Siciliana –Catania Palermo, Siracusa Messina e Agrigento-.

Rinviando per quanto espresso nel parere dalla Commissione, alla sintesi riportata al capitolo 5.1.1 ed al testo integrale contenuto nell’Appendice 2 della relazione dei CTU, si evidenzia che la Commissione con tale decisione non ha accolto la richiesta dell’ITALIA di derogare all’obbligo del rispetto del valore limite giornaliero e annuale (articolo 22 c. 4 Dir. 2008/50/CE) nelle zone otto (Catania, Misterbianco e Motta Santa Anastasia), nove (Palermo. Villabate. Bagheria. Monreale e Altofonte). dieci (Siracusa. Priolo. Melilli. Augusta. Florida e Solarino) e dodici (Agrigento. Porto Empedocle e Canicatti) e del valore limite giornaliero per il PM|o nella zona undici (Messina) della Regione Siciliana, previsto dall'allegato XI della direttiva 2008/50/CE.

In conclusione, si ribadisce che l’adozione del piano o del programma per il raggiungimento dei valori limite per il PM10 finalizzato alla protezione della salute della popolazione doveva avvenire entro giugno del 2004 per gli agglomerati di Palermo e Catania, entro giugno del 2007 per Siracusa e Catania ed entro giugno 2008 per gli agglomerati di Agrigento e Messina Solo con le azioni aggiuntive, finalizzate al miglioramento della qualità dell'aria, riportate nel documento Adempimenti attuativi della legislazione di settore in materia di valutazione e gestione della qualità dell'aria ambiente, redatto a luglio 2010 dall'Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente della Regione Siciliana, con ben sei anni di ritardo dal giugno 2004 (termine determinato dai superamenti riscontrati nell’anno 2002 negli agglomerati di Palermo e Catania), che ha recepito i documenti provinciali con specifiche proposte operative in particolare nelle zone di risanamento, si può affermare che è stato emanato il piano regionale di risanamento e mantenimento della qualità dell’ aria in conformità a quanto previsto dalla normativa vigente in materia.

L’attuazione di tale piano appare però del tutto ininfluente e soprattutto non controllabile a causa della situazione in cui versa le rete regionale di rilevamento, per le gravi carenze che essa presenta al momento e per le necessità di ristrutturazione e riqualificazione evidenziate nella risposta alla parte prima del primo quesito posti dai PM , vale adire la dismissione delle centraline di Palermo Messina e Agrigento. Con l'attuale configurazione delle reti pubbliche e private -la rete di monitoraggio regionale esistente senza una riqualificazione e ristrutturazione- la valutazione dello stato della qualità dell'aria non solo sarà problematica ma sarà irrealizzabile, considerato le disattivazioni di fatto delle centraline per gli agglomerati di Palermo, Messina e Agrigento (come dettagliato al capitolo 3.1 della relazione della consulenza tecnica conferita il giorno 11 marzo 2010 ai dottori Mauro SANNA, Angelo STOLI e Rino FELICI e depositata nel febbraio 2012).

RETE di RILEVANTO

Per quanto concerne la rete di rilevamento della qualità dell 'aria attraverso le reti di monitoraggio dell 'inquinamento atmosferico installate nella Regione Siciliana, la stessa relazione dei CTU afferma che questo non è avvenuto secondo quanto previsto dalle normative tecniche, chè l'insieme delle reti pubbliche e private che attualmente operano sul territorio regionale siciliano si configura come un sistema non conforme alla normativa tecnica vigente nell'Unione Europea, recepita dall'Italia con il decreto legislativo 13 agosto 2010 n. 155 '"Attuazione della direttiva 2008/5O/C E relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa", entrato in vigore il 30 settembre 2010.

Sulla rete di rilevamento la relazione esplica inoltre che ha un numero eccessivo di gestori (pubblici e/o privati), con centraline distribuite in modo non ottimale, che operano con protocolli non sempre omogenei, immettendo dati nel circuito istituzionale con modalità incontrollate e senza preventiva validazione da parte un organismo regionale di verifica e supervisione. Allo stato esisteva solo un Progetto di Razionalizzazione della Rete Regionale di monitoraggio e controllo della qualità dell'aria e degli strumenti di informazione, “al di là da venire”che se attuato potrebbe risolvere l'attuale situazione di non conformità della rete di monitoraggio regionale. Allo stato attuale, nelle more dell'attuazione di tale progetto, con la disattivazione della rete comunale di Palermo e delle reti provinciali di Messina e Agrigento si è determinata una situazione di rischio ambientale incontrollato.

Tali condizioni emergono anche da quanto dichiarato dal Dott. Gaetano Capilli di Aipa Sicilia nel verbale del 18 novembre 2010, a cui si rimanda per i dettagli (Documento IF allegato alla relazione dei ctu) per l'assenza di qualsiasi ricognizione della qualità dell'aria nel corso degli anni 2009 e 2010 e per la situazione di completo abbandono in cui giacciono alcune stazioni di rilevamento, emersa durante i sopralluoghi svolti (Appendice 1).

Per quanto riguarda la domanda se '" i valori rilevati

dall’ anno 2002 fino al 2009,

e in particolare se il biossido di azoto e del PM 10 siano risultati conformi ai limiti previsti dalla normativa tecnica per la qualità dell 'aria ambiente", rinviando per il dettaglio al capitolo 3.2 dell'elaborato, i consulenti evidenziano, in relazione ai diversi parametri e alle diverse situazioni territoriali, le seguenti condizioni.

Biossido di azoto (NO2)

Le seguenti reti di monitoraggio hanno rilevato valori superiori al limite annuale per la protezione della salute umana di 40 |.ig/nr\ tenendo anche conto del relativo margine di tolleranza (VL + MDT), per i relativi periodi.

Rete comunale di Palermo (Tabella 3.2a)

• stazione di Castelnuovo. negli anni 2002, 2003, 2004, 2005, 2007 e 2009;

• stazione di Indipendenza, negli anni 2002, 2003, 2004 e 2007;

• stazione di Belgio, negli anni 2002, 2003, 2005, 2006 e 2009;

• stazione Unità DTtalia nei periodi 2002-2004 e 2006-2009;

• stazioni Di Blasi e Giulio Cesare per l'intero periodo 2002-2009.

Rete provinciale di Caltanisetta-Gela (Tabella 3.4a)

• stazione Calafato nell'anno 2007;

• stazione Gori-Niscemi c.s. negli anni 2008 e 2009.

p . p . 9 9 6 3 / 0 9 R.G.N.R. SANNA - FELICI pugiiui 117

Rete comunale di Catania (Tabella 3.5a)

stazioni di P. Gioieni. P. Michelangelo e V. Giuffrida nel periodo 2002-2009;

stazione di V.le V. Veneto nel periodo 2002-2007 e nell'anno 2009;

stazioni di P. Europa, P. Stesicoro e Osp. Garibaldi, nel periodo 2003-2009;

stazione di P. Giovanni XXlll nel periodo 2003-2005;

stazione di P. Risorgimento negli anni 2003, 2005 e 2009;

stazione di V.le F. Fontana negli anni 2003, 2007, 2008 e 2009;

stazioni di V. del Cristallo e V. Passo Gravina nell'anno 2003;

stazione della Zona Industriale nell'anno 2009.

Rete provinciale di Messina (Tabella 3.6a)

• stazione di Boccetta negli anni 2008 e 2009;

• stazione di Archimede negli anni 2008 e 2009.

Rete provinciale urbana di Siracusa (Tabella 3.7a)

• stazione Siracusa-Scala Greca negli anni 2007 e 2009.

Sempre per il biossido di azoto (NO2) valori inferiori al limite annuale per la protezione della salute umana di 40 ).ig/m3 sono stati rilevati dalle seguenti reti di monitoraggio e per i relativi periodi :

Rete provinciale di Agrigento (Tabella 3.3a) negli anni 2006 e 2007,

Rete provinciale industriale di Siracusa (Tabella 3.8a) negli anni 2008 e 2009.

Polveri fini PM 10

Valori superiori al limite annuale per la protezione della salute umana di 40 f-ig/m3, tenendo anche conto del relativo margine di tolleranza (VL + MDT), sono stati rilevati dalle seguenti reti di monitoraggio e per i relativi periodi.

Rete comunale di Palermo (Tabella 3.2b)

stazione di Castelnuovo, negli anni 2002, 2003, 2004, 2005, 2007 e 2009

stazione di Indipendenza, negli anni 2002, 2003, 2004 e 2007;;

stazione di Giulio Cesare negli anni 2002, 2003, 2004, 2007 e 2009;

stazione Unità D'Italia negli anni 2006 e 2007;

stazioni di Castelnuovo e Belgio nell'anno 2006;

stazione Di Blasi per l'intero periodo 2002-2009.

Rete provinciale di Agrigento (Tabella 3.3b)

• stazione di Porto Empedocle l nell'anno 2007;

• stazione di Porto Empedocle_3 nell'anno 2007.

Rete provinciale di Caltanisetta-Gela (Tabella 3.4b)

• stazione Gori - Niscemi c.s. negli anni 2008 e 2009.

Rete comunale di Catania (Tabella 3.5b)

• stazione di V. Giuffrida nell'anno 2005.

Rete provinciale di Messina (Tabella 3.6b)

• stazioni di Boccetta e Minissale nell'anno 2008.

Rete provinciale urbana di Siracusa (Tabella 3.7b)

• stazione di C. da Fusco nell'anno 2005:

• stazioni di Bixio, Specchi e Teracati per l'intero periodo 2005-2009.

 

I superamenti del valore limite giornaliero per le polveri fini PMm. pari a 50 |.ig/m3. sulla

base delle analisi dei dati rilevati, sono risultati superiori alle 35 volte consentite per anno

civile, nelle seguenti reti di monitoraggio e per i relativi periodi.

Rete comunale di Palermo (Tabella 3.2c)

• stazione Unità DTtalia negli anni 2002, 2004, 2005, 2006 e 2007;

• stazione Castelnuovo nel periodo 2004-2008;

• stazione Belgio nel periodo 2004-2009;

• stazione Indipendenza negli anni 2006 e 2007;

• stazione di Ton-elunga nell'anno 2007;

• stazioni di Giulio Cesare e Di Blasi per l'intero periodo 2003-2009.

Rete provinciale di Agrigento (Tabella 3.3c)

• stazione di Porto Empedocle l negli anni 2006 e 2007;

• stazione di Porto Empcdocle_3 negli anni 2006 e 2007.

Rete provinciale di Caltanisetta-Gela (Tabella 3.4c)

• stazione Gori - Niscemi c.s negli anni 2008 e 2009;

• stazione Gela di Via Venezia nell'anno 2009.

Rete comunale di Catania (Tabella 3.5c)

• stazione di V. Giuffrida 2005;

• stazione di P. Stesicoro nell'anno 2008.

Rete provinciale di Messina (Tabella 3.6c)

• stazione di Archimede negli anni 2006, 2008 e 2009;

• stazioni di Boccetta e Minissale e nell'anno 2008.

Rete provinciale urbana di Siracusa (Tabella 3.7c)

• stazione di Archimede negli anni 2006, 2008 e 2009;

• stazioni di Boccetta e Minissale e nell'anno 2008 alle;

• stazioni Acquedotto e C. da Fusco nell'anno 2005;

• stazione di Teracati per il periodo 2006-2009;

• stazioni di Bixio e Specchi per l'intero periodo 2005-2009.

Rete provinciale industriale di Siracusa {Tabella 3.8c)

• stazione di Augusta nell'anno 2009.

Sulla base dei dati sopra riportati,

emerge in generale come la situazione sullo stato della qualità dell’aria in alcune aree del territorio siciliano rimane nel tempo scadente e che la concentrazione media degli inquinanti misurati continua ad avere costantemente un andamento negativo nel tempo. Tale condizione è confermata anche dalle valutazioni di Arpa Sicilia sullo stato della qualità dell’aria della regione (periodo 2005-2009), riportate nel capitolo 3.9 a cui si rimanda per i dettagli. Tenuto conto delle principali sorgenti emissive presenti nel territorio della regione siciliana (descritte in dettaglio nel capitolo 2) riportate wqWh invantario regionale delle emissioni in aria ambiente, aggiornato a luglio 2008 con il D. A. 94/GAB, per quanto riguarda l’origine degli inquinanti suddetti in breve sintesi si può evidenziare quanto segue:

- le emissioni degli NOx sono dovute per il 39,5% ai trasporti stradali, per il 23,6 % alla combustione nell'industria dell'energia e alla trasformazione delle fonti energetiche, per il 20% ad altre sorgenti mobili e macchine e per il 10,7% agli impianti di combustione industriale e processi di combustione;

- le emissioni delle polveri fini {PMn) primario) sono dovute per il 43,1% ai trasporti stradali, per il 13,4% alla combustione nell'industria dell'energia ed alla trasformazione delle fonti energetiche, per il 13,5% ad altre sorgenti mobili e macchine e per il 8,1% agli impianti di combustione industriale e processi di combustione;

Inoltre per quanto riguarda le polveri fini PM, si deve tenere anche conto del contributo determinato dal PMm secondario, tale frazione, sulla base delle quantità degli inquinanti

precursori emessi nella regione Siciliana, come dettagliato al capitolo 2.1, risulta predominante (94,6 %) rispetto a quella primaria (5,4 %). Infatti gli ossidi di azoto contribuiscono con il 63% della fonnazione del PM 10 secondario, il biossido di zolfo contribuisce con una percentuale del 33 %, mentre l'ammoniaca contribuisce per il rimanente 4%. Pertanto per attuare una riduzione delle concentrazioni in aria di PM 10 nelle aree urbane si dovrà operare sia sulle emissioni di PM 10 primario che su quelle dei precursori della componente secondaria (per quanto riguarda il quesito concernente la conformità alla legge degli atti, disposizioni e provvedimenti adottati dagli Enti ed Uffici competenti, la risposta è negativa).

Non deve trascurarsi da parte del giudice che sulle stesse circostanze anche la già segnalata relazione in atti del CTU Allegrini, dall’inizio dell’indagine ha rappresentato con efficace sintesi la somma delle omissioni imputabili a quegli uffici della Regione siciliana.

 

IV

Responsabilità dei singoli indagati, Dirigenti responsabili del servizio 3,

Assessori e Direttori del Dipartimento, per rifiuto di atti d’ufficio

Nessuno degli indagati, nè tantomeno XXX ed XXX, che figurano tra i principali protagonisti nelle vicende in esame, per via del ruolo di dirigenti del servizio 3 del dipartimento ambiente “tutela dall’inquinamento dell’aria” (rivestito da XXX dal 2001 al gennaio 2007 e successivamente da XXX, che andò a sostituire XXX dopo la sua rimozione), ha negato tali omissioni, ma ciascuno di loro, rimarcandole, ne ha attribuita l’intera la responsabilità ad altri.

Più precisamente XXX da una parte ha elencato la disattenzione dei responsabili della Regione alle sue denunce circa l’allarmante gravità dell’inquinamento soprattutto in alcune aree della Sicilia e ripercorso l’infinita vicenda delle prime due aree dichiarate ad alto rischio ambientale, e della dichiarazione della terza, ha sottolineato che la competenza della redazione dei piani di risanamento in quelle zone non era attribuita al settore 3 dell’Ass., da lui diretto, ma a quella serie di organismi amministrativi speciali costituti dalla Regione siciliana (da ultimo l’ufficio speciale regionale per le tre aree a rischio con un direttore alle dirette dipendenze della Presidenza della Regione) , che in alcune fasi furono anche commissariati -con i Prefetti rispettivamente di Gela e di Siracusa- che non hanno mai attuato i piani di risanamento in quelle zone come sarebbe stato loro compito, col risultato dello stato di rischio permanente e dati epidemiologici allarmanti. In queste sue accuse XXX ha ricordato anche le storture finanziarie rispetto ai 140 milioni di euro destinati dal Ministero solo al risanamento delle due prime aree a rischio della provincia di Siracusa –Augusta, Priolo etc..- e Caltanissetta -Gela etc..-100 miliardi di lire per Siracusa e 40 miliardi per Gela-, riferendo che lui era riuscito a trasferire 30 milioni di euro al Prefetto di Siracusa e 8 a quello di Caltanissetta, e di avere nell’ottobre 2002 posto in essere gli atti prodromici per la dichiararne regionale della terza area a rischio del Comprensorio del Mela, e lo schema del decreto per la istituzione della Commissione Stato Regione Enti locali, per sovrintendere alla redazione del piano di risanamento e alla attuazione degli interventi di risanamento, con lo stanziamento di 7 milioni di euro. Per la terza area ,il comprensorio del Mela, ha ricordato, non ha mai redatto il piano di risanamento nonostante Anzà avesse assicurato che nel 20006 sarebbe stato varato. Ma, rileva il giudice, sul punto delle omissioni circa le azioni e i piani che afferivano alle competenze del settore da lui diretto, XXX ha attribuito non a se la responsabilità (che costò anche la procedura di infrazione e la condanna dell’Italia), ma all’ARPA chè, ha affermato, non trasmetteva i rilevanti impedendogli di procedere all’elaborazione delle procedure per la stesura dei piani, tanto che -ha pure aggiunto- nel 2004, ciò lo aveva costretto ad acquisire, bypassando l’ARPA, direttamente dalle amministrazioni provinciali e comunali i dati delle reti di monitoraggio urbane e provinciali. Altra responsabilità sarebbe stata, secondo XXX, la scarsa qualità dei progetti dell’ARPA cui era stata intestata la redazione , con costi milionari approvati con decreti del dirigente generale del Dipartimento XXX, ricordando al riguardo che invece lui aveva stipulava due convenzioni con le università anche in modo da rendere operativi i fondi non usati dalla fine degli anni’ 90 e gettare le basi per la predisposizione del piano di risanamento.

Riferendosi sempre alle responsabilità altrui, XXX non ha mancato di sottolineare che dopo la sua rimozione dal servizio 3 il suo successore XXX varò il Piano di Coordinamento, del 9 agosto 2007 (per la predisposizione del piano di risanamento vero e proprio), che si rivelò non conforme alle finalità di legge e copiato platealmente da un piano della Regione Veneto già bocciato (come prima riferito, CNFR: ad es. verbali del 14.12.2010, nota sulla procedura di infrazione del 2.7.2013, verbale del 9.12.2007, e del 18.3.2008 memorie prodotte dal difensore di XXX).

 

XXX a sua volta ha invece addossato tutte le responsabilità di tale situazione di assenza dei piani e del procedimento di infrazione al caos e alle omissioni del suo predecessore XXX, lamentando nel corso delle sue dichiarazioni di non avere avuto riscontro dei diversi esposti inviati in Procura, e ha giustificato l’inadeguatezza del piano di Coordinamento per la predisposizione del piano, deliberato con DA del 9.8. 2007 (e poi revocato dall’Assessore), predisposto da lui e dal suo ufficio, con la necessità di dovere in qualche modo sopperire in pochissimo tempo per tentare di evitare la procedura d’infrazione in corso (dagli atti si evince che la vicenda fu al centro di scoop giornalistici nei quali si dava notizia di frettolose scopiazzature in questo piano del piano della Regione Veneto non accolto dalla commissione europea ; si sono già richiamati cnfr. l’esposto del 2006 presentato dal Presidente dell’ Associazione “Tutela della Salute dei Cittadini”, di Pace del Mela, territorio dichiarato ad Alto rischio Ambientale; verbali delle dichiarazioni di XXX del 5 agosto 2009, nota per incontro col P.M., del 14.12.2007 e del 15.9.2008.

Nota il giudice che non ha data alcuna valida spiegazione circa la mancata successiva attuazione del vero piano né del mancato funzionamento dei tavoli predisposti nel suo piano per la conclusione del vero piano (cnfr. per una sintesi efficace le conclusioni, su tale specifico punto, contenute nella relazione dei CTU).

Va ricordato ancora che XXX, prima di diventare dirigente del servizio 3 del dipartimento ambiente del’ARTA, era stato Presidente della Commissione Provinciale Tutela Ambiente -CPTA- di Messina. Tale organismo, come messo in luce dai consulenti e rivelato da alcuni documenti in atti diede prova di inefficienza nonostante i gravissimi problemi di inquinamento della zona del Mela.

Un significativo documento sulle logiche dell’operare pure messi in luce dai consulenti del PM è costituito dal verbale della riunione del 14.6.2005, alla quale parteciparono l’assessore all’ambiente della Regione XXX, XXX’ come Presidente del suddetto organismo regionale, XXX come dirigente del servizio 3 del Dipartimento ambiente dell’Assessorato ed una pluralità di rappresentanti dell’ARPA , di vari altri enti del Comprensorio tra cui sindaci e consulenti. La riunione era stata convocata per esporre le linee guida per la formazione del piano di risanamento ambientale e rilancio del Comprensorio del Mela. Alcuni dei partecipanti formularono l’urgenza di provvedere a dismettere gli impianti industriali a causa dei gravissimi livelli di inquinamento anche del suolo e del mare, oltre che dell’aria, e della perdita di valore turistico della zona. Si evince dal verbale che la riunione si risolse nell’esposizione dei contenuti che avrebbero potuto avere delle linee guida ancora da venire, e nelle lagnanze del direttore dell’ARPA Marino, relative alle comunicazioni dei dati dei rilevamenti, che affermava mai richiesti dagli uffici dell’assessorato ed essere in possesso dell’ARPA stessa ed utili per procedere ai piani.

Tornando ai dirigenti del servizio 3 dell’ARTA, nel periodo in questione, si ripete, furono XXX dal 31.12.2001 all’8.1.2007, data della sua destituzione, e Salvatore XXX dalla rimozione di XXX fino ad oltre il 16.6.2009 (data del suo ultimo interrogatorio, quando ancora rivestiva tale funzione).

Quanto a XXX deve precisarsi che sebbene lo stesso abbia fornito estese e reiterate motivazioni a giustificazione sull’inconsistente operato dell’ufficio da lui diretto dal 2001 al 2007, la sue condotte apparirebbero perlomeno suscettibili di un ulteriore approfondimento d’indagine . L’avvenuto decorso della prescrizione dei reati nei suoi confronti tuttavia impedisce ogni altra attività. Se è assodato il difficile contesto da lui descritto, come d’altra parte dagli altri indagati che hanno scelto di rendere dichiarazioni, le giustificazioni addotte in ordine al mancato compimento dei compiti che era obbligo del suo ufficio portare a termine appaiono a tratti poco chiari, soprattutto con rifermento alla lunga durata del suo incarico. Ad esempio non è chiara la necessità, in quel contesto, degli incarichi dati ad alcune Università siciliane per studi preliminari pure sulle modalità dei rilevamenti (e di cui pure alla riunione per le linnee guida del comprensorio del Mela ). E poco rilevante, alla luce del quadro di inadempienze complessive, appare il dato, rimarcato tra le sue accuse, che l’ARPA non gli trasmetteva i rilevanti, laddove egli stessi dichiara di esserseli poi procurato senza necessità dell’ARPA.

Sulla ragioni della inconsistenza delle motivazioni addotte da XXX a sua difesa e sull’ evidenza della incongruità del suo operato, anche a proposito del piano di coordinamento di cui al Decreto del 9 agosto 2007, e dai suoi contenuti dilatori e dalla assenza di una successiva azione, si rimanda a quanto già in dettaglio osservato.

 

Tirando le somme dunque innanzitutto relativamente alle condotte dei dirigenti del servizio 3 e i direttori generali del relativo Dipartimento dell’Assessorato all’ambiente della Regione siciliana, e nei limiti della funzione della presente ordinanza, deve concludersi che gli obblighi di azione istituzionalmente gravanti, sugli uni e su gli altri, e le specifiche omissioni e negligenze delle condotte di ciascuno, così come emerse, determinanti delle omissioni degli atti di tipo tecnico attribuibili ai loro uffici (causa del mancato risanamento dell’aria nelle zone inquinate e delle sanzioni europee), li rendono penalmente responsabili ai sensi del comma uno dell’art. 328 c.p. (più avanti si esamineranno le caratteristiche della fattispecie e l’inquadramento in essa delle condotte degli indagati).

Ed invero sebbene detti dirigenti non fossero autori degli atti deliberativi esterni dell’Assessore o del Presidente della giunta della Regione, con cui sarebbero stati adottati i piani, il compimento dei loro atti costituiva un anello essenziale ed anzi la conditio sine qua non per i Decreto deliberativi in questione. E va puntualizzato che mentre i dirigenti del Servzio 3 sono individuabili come responsabili delle omissioni di cui si discute in quanto tecnici investiti di quei particolari adempimenti e procedure di legge (che avrebbero portato alle deliberazioni dei piani e alla adozione delle azioni concrete), i DIRETTORI generali del Dipartimento sono responsabili in quanto garanti dell’efficienza del Settore, con poteri di controllo e ampi poteri ed obblighi di fermo intervento, ove necessario a fronte di gravi emergenze e di disfunzioni dei servizi, come era nel caso in esame.

Anche tra i direttori generali, chi ha voluto rilasciare dichiarazioni e sottoporsi ad interrogatorio, pur dichiarando di avere avuto piena coscienza di tale situazione di non rispetto degli obblighi di legge e dei rischi conseguenti, a giustificazione della violazione in cui incorsero ripetutamente (e dei rischi per la salute della popolazione, tra l’altro ripetutamente comunicati nell’ambito dalle varie procedure d’infrazione), ha addotto a propria discolpa le responsabilità di altri o le difficoltà dovute al disordine del sistema. Dirigenti generali del Dipartimento regionale territorio e ambiente nel corso delle vicende degli inadempimenti che ci occupano furono XXX dal 12.10.2006 e fin al 25.2.2009, e prima XXX, fino al 20.6.2005 e XXX, dal 21.6.2005 al 2006. Rispetto a questi due ultimi pertanto i reati risultano prescritti. Deve darsi pure atto della morte di XXX, avvenuta nelle more del procedimento, di cui ha avvisato il suo difensore in udienza.

Le dichiarazioni rese da XXX, osserva ancora il giudice, appaiono alquanto labili e generiche e di sostanziale ammissione della assoluta inazione del suo dipartimento durante il suo incarico su tutte la diverse situazioni di inadempimento degli obblighi afferenti alle azioni sull’aria. Dalle espressioni di XXX traspare un atteggiamento di scarsa valutazione degli inadempimenti cui avrebbe dovuto far fronte, con gli ampi strumenti

offertigli dai suoi potere e dalla disponibilità di mezzi, che la stessa indagine rivela avere avuto a disposizione. Lo stesso ha per di più esternato la sua idea della estraneità degli Assessori alle problematiche concrete del Dipartimento all’ambiente che egli presiedeva, rivelando al riguardo che –osserva ora il giudice- non sentì mai la necessità di coinvolgere assessori e presidenti della regione, nonostante la gravità della situazione di arretratezza sui modi e sui tempi , anche al cospetto dell’Europa, in cui versavano gli uffici di cui era responsabile (e dei rischi crescenti per la salute della popolazione).

Tra l’altro XXX ha dichiarato che effettivamente durante il suo mandato non era stata data alcuna attuazione al d.lg 351\1999 se non in maniera limitata , con l’approvazione della valutazione preliminare della qualità dell’aria con atto del 19.12.2005 c.d. zonizzazione, e che le uniche iniziative erano partite dal suo dipartimento, dal dottor XXX, capo del servizio 3 da gennaio 2007, autore del famoso piano di coordinamento, confluito nel decreto dell’assessore Interlandi del 9 agosto 2007. Ha riferito inoltre che trattandosi di atti di programmazione i decreti, in base alla Bassanini, dovevano essere firmati dall’ASSESSORE, anche se erano curati e predisposti in tutto e per tutto dal suo dipartimento, ribadendo che non vi erano interventi di alcun tipo da parte dell’assessore né dei Presidenti della Regione (con cui non parlò mai dei piani), e che un interessamento dell’assessore vi sarebbero stato solo se sollecitato da lui, in quanto capo dipartimento. XXX ancora ha dichiarato che ai rilevamenti provvedeva l’ARPA, e che la redazione dei piani avrebbe richiesto notevole impegno e coinvolto varie professionalità, ma non investimenti di rilevo da parte del Dipartimento. XXX a conclusione del sue interrogatorio del 23 luglio 2009 ha notato che non gli sembrava proprio corretto dire che non si era fatto nulla, perché -ha precisato- “già a gennaio del 2007 abbiamo iniziato a lavorare proprio per la predisposizione del piano stesso (9 agosto 2007; ndg), che è costato moltissimo lavoro per tutti i miei collaboratori”.

Non possono non associarsi a queste espressioni, nota il giudice, l’immagine del numero di dipendenti assegnati al Dipartimento e delle operazioni a vuoto compiute ed alle somme non spese e perdute (cnfr. verbali delle dichiarazioni di XXX del 29 gennaio e del 23 luglio 2009).

Ma non meno rilevanti di quelle dei dirigenti appaiono le responsabilità omissive degli ex assessori XXX e XXX (l’uno assessore dall’aprile del 2003 al 31agosto 2004 e l’altro dal 14 agosto 2010), dal momento che quelle ataviche stasi e le inefficienze di quei servizi del loro assessorato erano tutte ben esperimentate e che essi non ebbero cura di occuparsene adottando i rimedi, che erano in loro potere per rendere realmente il sistema più efficiente, a cominciare dalle linee per la selezione dei collaboratori.

Per quanta riguarda l’ex assessore XXX, che ricoprì quell’incarico dal 16 luglio al 29 dicembre del 2010, l’esiguità del tempo a sua disposizione impedisce effettivamente di ravvisare in capo a lui profili di responsabilità omissive.

XXX nel rendere dichiarazioni al PM si è soffermato sui suoi sforzi per reperire i fondi per provvedere alle centraline di rilevamento che non ebbe il tempo di assegnare in appalto, e sulla circostanza della modifica della normativa sulla redazione dei piani in questione e sul poco tempo avuto a disposizione. Ma l’analisi degli atti indica una direzione delle sue azioni non dissimile da quelle di chi lo precedette nell’intero arco di tempo che ebbe a disposizione (cnfr. anche le dichiarazioni di XXX sui Presidenti della Regione Cuffaro e Lombardo e sugli assessori all’Ambiente, secondo cui non erano affatto partecipi sulle questioni dell’inquinamento e della inadempienze di quegli uffici).

XXX nel suo interrogatori del 28.2.202, ha iniziato invocando la separazione operata dalla legge del 2000 tra poteri di indirizzo e programmazione attribuiti agli Assessori dai poteri “veri e propri dell'amministrazione”, spiegando che l'Assessorato aveva due direzioni, urbanistica e ambiente e gli uffici speciali per la qualità dell'aria e il rischio dal punto di vista ambientale di Siracusa e di Gela (e che che poi fu istituito quello di Milazzo), ai cui direttori l’Assessore consegnava all’inizio del suo mandato un volume a per la realizzazione di questi programmi e dei piani, e che li si concludeva la sua azione, non potendo fare altro l’Assessore stesso da quel momento che sollecitare l'azione amministrativa attraverso il direttore, “che non solo ha il potere di firma ma che anche ha il potere di chiamare i responsabili di servizio e quindi da li iniziare tutta quella procedura che è necessaria per la realizzazione di un piano del genere”..Si riporta di seguito qualche altro breve stralcio di detto interrogatorio emblematico della sostanziale accettazione anche da parte di XXX di un sistema condiviso di inerzia congiunta di assessori, direttori e dirigenti di servizi speciali :

“Quando si parla di attività di programmazione e di linee di indirizzo, significa anche che un piano del genere ha un costo, è giusto, anche per l'amministrazione regionale. Quindi chiaro è che ... poi l'amministrazione deve trovare le risorse, si può avvalere dell'ARPA, si può avvalere di tante realtà che gli consentono anche di potere portare avanti tutto ciò”. “però dico esiste anche una norma che mette fuori chiaramente in un percorso di avvicinamento a un piano cosi importante, chiaramente mette fuori poi le varie responsabilità. Io ritengo, lo dico, l'ho detto, appunto bisogna tener conto di questo, un Assessore non si può sostituire, anzi sarebbe cosa gravissima sostituirsi all'amministrazione, perché se no là si entrerebbe in un campo di diverso tipo. P-M" ... però c'è anche diciamo un intervento politico che dice sì, vai a spendere quello che ci vuole per realizzare .,,

XXX: Certo. --- che non è che stiamo parlando ... stiamo parlando di cose che hanno .. P*M.: E lei in particolare ... scusi, nel suo periodo diciamo come ha

detto lei... 2003-2004 ..XXXX: Sì. PM con chi in concreto di soggetti aveva rapporti...XXX: dottore XXX e dottore XXX.

P-M.: Che erano i rispettivi capi. XXX: Infatti io in premessa l'ho detto, ho detto c'è un atto di programmazione ... chiaramente che poi bisogna mettere accanto all'atto di programmazione tutti quegli atti necessari per fare svolgere il compito ai tecnici, è chiaro. Ma nel mio periodo nessuno mai ha chiesto nulla, anzi ero io che li inseguivo. Tra l'altro ...….XXX: Ritengo che sia stato un poco ... come dire ... di inerzia nel volere portare avanti alcune cose. Noi il piano regionale di smaltimento rifiuti l'abbiamo fatto, per esempio ... però dico ...fu approvato dalla Commissione Europea ... dico poi magari era sbagliato, però dico nella prima fase si fecero determinate cose ... non lo so, si vede che non c'era .,.

P.M.: Non c'era cosa la volontà? XXX: La volontà...P.M.: La volontà tecnica o la volontà politica? Perché questo è ..XXX: Io ritengo ... io ritengo che non ... devo dire con molta franchezza che non ci sia stata una spinta forte da parte d ell'amministrazione. Chiaro è che a questo accoppiamo anche le responsabilità della politica, è inutile nasconderlo ,.. no? ... forse ci ... tra tante ... tra miliardi di cose che ... e di competenze che un Assessorato di quel tipo ha, è chiaro che può sfuggire anche una cosa così importante, dico sfuggire tra virgolette, quindi c'è una corresponsabilità sicuramente, questo con molta sincerità, P.M.: A lei... dopo di lei si sono succeduti...XXX: Un poco di Assessori.P.M.: Un bello poco di assessori, XXX: CASCIO.…………..P.M….Mi pare che si è dimesso. Quindi e che lei sappia, per quanto è a sua conoscenza, se può essere a sua conoscenza, alcuni di questi Assessori hanno svolto questa stessa attività, diciamo, di ...chiamiamola sollecitazione .,, impulso?

XXX: Non lo so. P-M.: Non ce n'è mai stato modo di parlare, lei è stato mai stato contattato da un precedente Assessore o in forza di queste

competenze anche che aveva, che giustamente lei ha descritto di

XXX: No. No, no. Nessuno mai mi ha cercato. P.M.: Non è stato mai cercato da nessuno. A questo punto ... XXX: Tra l'altro io tecnico ... l'unico tecnico nella Giunta di politici si può immaginare ...



Deve aggiungersi da parte del giudice che la non cura o tantomeno l’ignoranza di un assessore regionale, o la mancanza in lui di strumenti per districarsi nelle materie di sua competenza, non potrebbe mai a fronte di gravi omissioni di atti dovuti, soprattutto se per ragioni di igiene e salute pubblica, costituire una scriminante , ma al contrario un elemento di maggiore intensità del dolo. Colui che accetti di rivestire un ruolo di indirizzo in situazioni che richiedono l’assunzione di decisioni fondamentali su servizi decisivi per la vivibilità e la salute pubblica (come appunto un assessore all’ambiente della Regione siciliana -in una situazioni di disordine amministrativo e con un territorio da governare denso di problemi ambientali, di salute e sicurezza diffusi), ove non dovesse averne le capacità necessarie sarebbe comunque ben avvertito dei rischi delle sue omissioni o azioni inesperte e prive di orientamento. Ne più e ne meno come per chi, senza averne gli strumenti (e senza che ci sia necessità proprio di lui), voglia avventurarsi alla guida di una missione delicata e pericolosa che coinvolga le sorti di una popolazione, sapendo di non sapere vigilare e intervenire sull’operato dei suoi collaboratori e accettando l’eventualità dei danni di altrettante proporzioni che possono derivarne (cnfr. la giurisprudenza, citata anche più avanti, sulla responsabilità di chi esercita le sue funzioni delegandole ad altri e sul dolo generico della fattispecie dell’art. 328 c.p.c.1).

Alla luce di quanto fin qui osservato,

sul punto delle responsabilità dei singoli indagati, può ripetersi intanto senza mezzi termini che gli uffici della Regione siciliana obbligati dalla legge di tutti gli specifici atti a tutela della salute pubblica contro l’inquinamento atmosferico, di cui si è detto, siano tra i diretti principali responsabili della “scadente” qualità dell’aria in molte zone dell’isola (Assessori regionali al Territorio e Ambiente, Direttori generali del Dipartimento Territorio e Ambiente e Responsabili del Servizio 3 “Tutela dall’Inquinamento Atmosferico” del medesimo dipartimento della Regione siciliana), o più precisamente -come fotografato dagli esperti consulenti tecnici del PM- dei livelli “crescenti” di inquinamento oltre i limiti consentiti dalla legge, che da anni non smettono di registrarsi nell’isola (cnfr. le parti relative delle efficaci analisi dei CTU, nel rispondere a tutti i precisi e adeguati quesiti del PM, cnfr. anche le conclusioni della cit. relazione)..

Non vi è un atto del fascicolo delle indagini che già da solo non riveli spaccati del coacervo di persistenti inazioni e deformità, omissioni di specifichi obblighi o di azioni grossolanamente inadeguate, che sono consumati nei predetti uffici della Regione Siciliana, in uno scenario di sovrapposizioni di contenziosi col Ministero all’Ambiente e di procedure d’infrazione, che da anni continuano a fioccare dalla Commissione europea (come messo in evidenza dalla sentenza del 19.12.12 della Comunità europea; cnfr. al riguardo pure le dichiarazioni di XXXX, XXX, XXX, e XXX) e nonostante i connessi allarmi sanitari degli agglomerati urbani tra l’altro di Palermo, Catania e Messina e dei poli industriali nelle zone di Gela, Augusta e Milazzo (cnfr. le dettagliate analisi ed anche gli atti dei dirigenti del settore 3 su tali specifiche aree della mappatura del territorio della Sicilia).

E’ stato evidenziato che la presente indagine ha anche il merito di avere messo di fronte ad una ampissima documentazione che consente di sostenere che a base delle condotte degli indagati –con l’eccezione suddetta di XXX, che non ebbe tempi tecnici per operare- vi fosse una volontà di non azione o una negligenza, che si faceva schermo della cortina intricata e caotica del contesto, a detta di ciascuno provocato da colpe di altri o da inviluppi senza responsabili e senza vie d’uscita, dove le responsabilità individuali possono sempre apparire sfumate e inafferrabili.

In verità i fatti rivelati dall’indagine rappresentano lo scarso interesse e volontà di risolvere veramente i problemi di inefficienza esistenti in quei settori, dimostrati dai Presidenti della Regione, dagli assessori e dagli stessi dirigenti, susseguitisi alla guida dell’ARTA, ognuno dei quali a fronte della gravità della situazione avrebbe dovuto usare massimo impegno e fermezza.

I criteri usati dagli assessori per la scelta dei dirigenti generali designati, a giudicare dai fatti non sembra avessero privilegiato le capacità e l’efficienza. L’analisi degli atti e delle reciproche accuse degli indagati, rivelano condotte che comunque non contribuivano alla fuoriuscita dagli inviluppi che essi stessi additano. Non azioni dirette a venir fuori da quell’indebito sfaldamento di competenze sull’adozione dei piani, ad esempio, determinata delegando altri enti, rilevato con chiarezza assoluta anche nelle conclusioni della relazione dei CTU . E risultano al contrario una serie di atti di nessuna utilità e dall’effetto dilatorio rispetto ai problemi urgenti che si ponevano. L’indagine mostra che i suddetti dirigenti e assessori, pur avendo a disposizione margini di azione e lauti fondi a disposizione o da ottenere con gli adempimenti comunitari (di cui alcuni di essi hanno pure riferito), non hanno compiuto nei tempi utili alcuna di quelle azioni delle quali la legge non solo imponeva l’obbligo ma, come si è rilevato, dettava anche dettagliatamente le modalità operative agevolandone l’esecuzione (sono interessanti al riguardo pure le annotazioni e l’indice della relazione del dottor Ivo Allegrini consulente del PM.).

Con atteggiamento ben differente da quello dimostrato dagli assessori e responsabili degli uffici della Regione siciliana, qui indagati, la Commissione europea preposta alla vigilanze delle norme del trattato e delle direttive da parte degli stati membri, non ha mai invece mancato di pretendere il rispetto e di considerare non plausibili le motivazioni addotte con riferimento, per quanto qui interessa, alla Sicilia, in considerazione dell’allarme per la salute umana che i livelli di taluni inquinanti da troppi anni presenti nell’aria di alcune zone ed agglomerati dell’isola continua a suscitare (la citata sentenza della Corte europea del 19 dicembre 2012 ha appunto giudicato ingiustificata la mancata adozione da parte della Regione siciliana dei piani dell’aria per le suddette zone inquinate 8, 9, 10, 11 e 12 -Catania, Palermo, Agrigento, Siracusa e Messina).

La materia degli obblighi di controllo e di azione al fine di ridurre e mantenere nei limiti di legge le sostanze inquinanti è come si è visto complessa, ma l’indagine mostra con assoluta chiarezza che i responsabili degli uffici competenti della Regione siciliana ne hanno sempre avuto assoluta contezza e dominio, così hanno sempre avuto consapevolezza dei loro correlativi obblighi. Ciò è reso particolarmente evidente dalle numerose note ufficiali in atti, di cui alcuni degli stessi indagati furono autori, in costanza dei loro rispettivi incarichi ( si è detto della ricca produzione di XXX e di XXX, in cui enunciano punto per tutto tutti gli obblighi e le scadenze delle diverse leggi che i loro uffici avrebbero dovuto rispettare, e anche le note relative all’annosa vicenda della mancato adozione dei piani che dovevano conseguire ai rilevamenti dei superamenti per Palermo e Catania e poi ai superamenti nelle altre zone pure viste, e la vicenda del “piano di coordinamento” deliberato con decreto assessoriale del 9 agosto 2007, a ridosso dell’ultimo termine dato dalla Commissione europea per l’adozione dei piani della direttiva comunitaria (cnfr. anche la nota di XXX del 17.3.2008 -alla fine-, del 15.9.2008, del 5.8.2009 -con memoria per il PM allegata).

In sintesi dunque le argomentazioni addotte dai suddetti indagati a giustificazione del loro carente operato non appaiono allo stato poter costituisce una giustificazione delle omissioni rilevate, così come ritenuto nella puntualissima analisi della Corte europea nella sentenza del 19.12.12, che ha stigmatizzato i comportamenti dilatori della Regione siciliana, ritenendo generiche e poco convincenti le giustificazioni addotte dallo stato italiano.

Rispetto proprio ad alcune delle vaghe motivazioni addotte da taluni degli indagati, come nel caso di XXX o XXX e XXX, sulla complessità dell’impegno che la predisposizione dei piani dell’aria richiedeva e sulle difficoltà di comunicazione tra “settori”, sembrano calzare le osservazioni logicamente rigorose, con cui la citata sentenza del 19.12.12 la Corte europea (nel respingere le giustificazione dello stato italiano sulla mancato rispetto delle direttive sul PM 10, secondo cui la pretesa di adeguamento alla normativa europea avrebbe comportato per i cittadini italiani violazioni delle libertà costituzionali di movimento e sacrifici economici impossibili) ne ha stigmatizzato la pretestuosità e l’inconsistenza, rilevando in particolare che se esistono cause di forza maggiore si devono affrontare entro termini sufficienti e che comunque la forza maggiore nel caso dell’Italia non era ravviabile poiché le prospettazione addotte a sostegno erano troppo generiche e poco convincenti (vedi motivazioni della sentenza e in particolare paragrafi "64 e 65 “In ogni caso,  uno Stato membro che si trovi a dover far fronte a difficoltà momentaneamente insormontabili che gli impediscono di conformarsi agli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione può appellarsi a una situazione di fORZa mAggiore solo per il periodo necessario a porre rimedio a tali difficoltà (v., in tal senso, sentenza del 13 dicembre 2001, Commissione/Francia, C‑1/00, Racc. pag. I‑9989, punto 131). "65Invece, nel caso di specie, gli argomenti addotti dalla Repubblica italiana sono troppo generici e imprecisi per poter configurare un caso di forza maggiore che giustifichi il mancato rispetto dei valori limite applicabili alle concentrazioni di PM10 nelle 55 zone e agglomerati italiani considerati dalla Commissione").

Rifiuto di atti d’ufficio, art. 328 comma primo c.p..

Le omissioni responsabili specificamente attribuibili a ciascuno dei suddetti indagati, nei contesti pure messi in luce della vicenda esaminata, consentono(con l’unica eccezione del’ex assessore XXX per il troppo breve periodo del suo mandato), di ravvisarvi gli estremi della fattispecie del rifiuto di atti d’ufficio, così come disciplinata al comma primo dell’art. 328 c.p., avendo costoro in qualità di pubblici ufficiali –preposti, in breve, a specifici adempimenti di cui all’esaminata disciplina sull’inquinamento dell’aria a tutela della salute pubblica, omesso di compiere atti del loro ufficio, cui erano oltretutto obbligati a provvedere con urgenza anche a causa dei ripetuti sforamenti dei limiti consentiti dalle normative.

In primo luogo, se la disciplina primaria e secondaria sulla qualità dell’aria e i correlativi specifici obblighi di intervento, previsti fin nei dettagli per le amministrazione designate (leggi quadro e decreti attuativi; predisposizione di reti di monitoraggio e di azioni programmatiche e concrete di intervento per la riqualificazione dell’aria), hanno come finalità espressamente dichiarata fin nei loro titoli, la tutela della salute umana, non v’e’ dubbio che le omissioni degli interventi dettati da tale disciplina, in presenza di determinate condizioni da essa pure descritte (situazioni presupposte dunque ex lege come di allarme per la salute pubblica es. sforamenti dei limiti minimi e massimi consentiti), ove ingiustificate, configurano in capo ai pubblici ufficiali responsabili gli estremi del reato di rifiuto di atti d’ufficio, ai sensi dell’art. 328 c.p..

Il primo comma dell’art. 328 c.p. descrive infatti, come anche da giurisprudenza pacifica, un reato di pericolo e non di danno : dal punto di vista oggettivo la condotta incriminata si realizza in presenza della situazione di rischio per la salute pubblica, che impone l’intervento, e dell’omissione della condotta che sarebbe stata funzionale all’eliminazione o alla riduzione di tale rischio.

In sostanza per ritenere la sussistenza dell’elemento oggettivo del reato non sarà necessaria la prova di un nesso causale tra l’omissione e un danno effettivo, ma la violazione di un obbligo d’azione da parte del pubblico ufficiale competente, in presenza di una situazione che reclamava un suo intervento perché rischiosa per la salute pubblica.

La fattispecie è del rifiuto è configurabile non necessariamente in presenza di una richiesta in ottemperata di taluno, ma tutte le volte che sussista una urgenza sostanziale dell’atto, resa evidente da fatti oggettivi posti all’attenzione dell’agente obbligato ad intervenire, di modo che l’inerzia assuma le fattezze del rifiuto (Cass. 11.5. 98 Buzzanca ced 210497, ove si parla di emergenza di natura oggettiva, ed anche Cass. 8.3.2005).

 

Anche la dottrina in materia di ambiente ritiene penalmente rilevante l’omissione della p.a. in materia di superamento dei limiti precisi dalla legge in tema di inquinamento atmosferico. Allo stesso modo la Cassazione che ha ritenuto che “ l’omesso intervento dell’assessore in materia di acque dovuto alla disattivazione del depuratore comunale integra il reato di omissione di atti d’ufficio visto il potere dovere di sorveglianza e la sua inosservanza (CASS. 23.1.88 Egidi, ced 177461; Cass. 2.10.85 Puccini, Cass. 15.3.94 Belloni ced 196813).

 

Vuole osservarsi che il caso di specie rende palese che in materia di OBBLIGHI amministrativi afferenti alla qualità dell’aria la minuziosa formulazione e la “tipizzazione” da parte del legislatore degli obblighi specifici -di cui presuppone la necessità per la tutela della salute pubblica (che vanno dagli obblighi di monitoraggio degli inquinanti, conformemente alle modalità e criteri ammessi, agli obblighi di zonizzazione e pianificazione degli interventi a quelli di adozione ed attuazione di misure concrete di intervento sulle fonti inquinanti)- comporta l’immediata individuazione delle condotte omissive dei soggetti investiti, almeno dal punto di visto oggettivo.

Nella fattispecie sono state rilevate superamenti sistematici e a volte anche gravissimi dei limiti della omissione e specifiche trasgressioni e sistematiche anche di altri aspetti della normativa europea e nazionale sulla qualità dell’aria, da parte di Assessori (che avevano il dovere di rendersi competenti ed avvertiti delle problematiche esistenti e di avvalersi di dirigenti adeguatamente selezionati secondo criteri congrui, e di vigilare sul metodo e sui risultati del loro operato ed eventualmente di agire per trovare le soluzioni più adeguate) di dirigenti di dipartimento (che avevano l’obbligo di razionalizzare le modalità dell’operare dei settori affidati ai loro poteri con azioni congrue) e di dirigenti dei servizi dedicati (che avevano il dovere di studiare e mettere a punto e proporre i migliori sistemi per il raggiungimento degli obiettivi di legge e per la tutela della salute della popolazione dalle aree interessate all’inquinamento, e di porre in essere tutte le procedure per superare gli inghippi e risolvere i problemi presenti di mal funzionamento dei settori, anche attraverso conferenze di servizio anche con altri settori ed enti, con finalità risolutive e deliberative).

Al riguardo va ancora rilevato che la fattispecie di cui all’art. 328 comma primo c.p. richiede per giurisprudenza e dottrina incontrastate un dolo generico, vale a dire la consapevolezza della presenza della situazione di fatto che imponeva un intervento e la libera scelta di non intervenire adeguatamente, nella consapevolezza di contravvenire ad un obbligo giuridico di intervento, dettato a tutela della salute pubblica dell’ordine pubblico o di ragioni di giustizia, senza che rilevi la volontà del soggetto che era tenuto a provvedere diretta a ottenere il risultato dannoso dell’omissione.

Sulla ratio legis è stato evidenziato che con la riforma del ‘90 dell’art. 328 c.p. il legislatore limitando la rilevanza penale solo ad alcune aree dell’azione amministrativa ha mostrato di porre in primo piano la salvaguardia di interessi generali di intangibile importanza piuttosto che l’interesse l’aspetto formale della fedeltà ai suoi compiti del pubblico funzionario. La specifica funzione di tutela dell’art. 328 va dunque ricostruita alla luce delle specifiche esigenze di tutele collettive che reclamano l’intervento indefettibile del pubblico funzionario in settori in cui alla p.a. è affidato il controllo delle fonti di pericolo che possono incombere su preminenti interessi collettivi. Beni rispetto ai quali il p.u. assume una posizione di garanzia, in forza dei suoi poteri di intervento e della posizione di fatto, assunta in forza di questi, di soggetto in grado di porre in essere azioni concrete, anche autoritative, valide a fronteggiare date situazioni di rischio per beni della vita di primaria importanza.

 

La dottrina specialistica tradizionalmente rileva che le norme che riguarda i limiti dell’inquinamento dell’aria e le regole del suo governo sono “norme che interessano lo studio del diritto penale, rappresentando la fonte di obblighi a carico della pubblica amministrazione in funzione di garantire le migliori condizioni per la prevenzione della salute umana , il disprezzo delle quali potrebbe essere evidentemente rilevante come rifiuto di atti di ufficio ai sensi del comma I dell’art. 328 c.p.”.

Sugli stessi principi espressi da sempre dalla giurisprudenza di legittimità, appare emblematica e perfettamente pertinente al caso di specie la sentenza della Cassazione del 12.2.2009 Sez. VI n. 12147, che, proprio in tema di inquinamento ambientale, ravvisa nelle omissioni del sindaco, a fronte di situazioni potenzialmente pregiudizievoli, il reato di cui all’art. 328 c.p., definendo la fattispecie come reato di mero pericolo : “integra il reato di rifiuto di atti d'ufficio ai sensi del comma primo dell’art. 328 c.p., la condotta del sindaco di un comune il quale - a fronte di una situazione potenzialmente pregiudizievole per l'igiene e la salute pubblica a causa dell'assenza dei requisiti previsti per la potabilità dell'acqua erogata per il consumo -direttiva CEE 98/83 sulla qualità delle acque destinate al consumo umano- ometta di adottare i provvedimenti idonei ad eliminare il rischio dei superamenti dei parametri stabiliti dalla legislazione speciale in materia.. Il reato di cui all'art. 328 c.p., comma 1 è un reato di pericolo, che si perfeziona ogni qual volta venga denegato un atto non ritardabile, incidente su beni di valore primario tutelati dall'ordinamento, indipendentemente dal nocumento che in concreto possa derivarne -Cass. Sez. 6, 19-9-2008 n. 38386 ;Cass. Sez. VI, 4.7.2006 n. 34066-. La mancanza di una concreta pericolosità delle acque, risultante dall'accertamento ex post compiuto dal perito, non vale di per sè ad elidere la potenziale pericolosità delle stesse acque, rivelata dai risultati delle analisi all'epoca compiute, e il conseguente dovere, per le autorità preposte per legge alla tutela della salute pubblica, di intervenire senza ritardo e in modo adeguato onde rimuovere le cause dell'inquinamento” (v. inoltre Cass. VI 13519 del 29/01/2009 Rv. 243684 “Il delitto di omissione di atti d'ufficio è un reato di pericolo la cui previsione sanziona il rifiuto non già di un atto urgente, bensì di un atto dovuto che deve essere compiuto senza ritardo, ossia con tempestività, in modo da conseguire gli effetti che gli sono propri in relazione al bene oggetto di tutela -in fattispecie relativa alla mancata adozione di un'ordinanza sindacale di sgombero di una palazzina priva del certificato di abitabilità e con gravi carenze igienico-sanitarie dovute alla mancata autorizzazione del sistema di smaltimento dei reflui; Sez. 3, E’ interessante anche per le analogie che il caso che esamina può avere con le condotte omissive di una p.a. deputata agli interventi sull’inquinamento la Sentenza Cass. VI n. 422 del 03/12/1999 : “in materia di tutela dall' inquinamento la delega di funzioni, per potere agire quale scriminante della responsabilità penale, deve essere accompagnata dalle seguenti condizioni: a) la natura formale ed espressa, ovvero una delega scritta; b) la natura non occasionale, ma strutturale, nel senso della conformità alle norme statuarie previa adozione secondo le procedure e da parte degli organi competenti; c)la specificità, nel senso di un puntuale contenuto; d) la pubblicità; e)l'effettivo trasferimento di poteri decisionali in capo al delegato, con la attribuzione di una completa autonomia di gestione e con piena e completa disponibilità economica; f) le dimensioni dell'impresa, tali da giustificare la necessità di decentrare compiti e responsabilità; g) la capacità ed idoneità tecnica del soggetto delegato; h) l'insussistenza di una richiesta di intervento da parte del delegato; i) la mancata conoscenza della negligenza o sopravvenuta inidoneità del delegato; l) che l' inquinamento non derivi da cause strutturali dovute ad omissioni di scelte generali; m) la natura eccezionale della delega e la necessità di una prova rigorosa della osservanza di tutte le condizioni di legge-

E ancora CASS. III 17.1.2012, Miotti “Nei reati di pericolo l'offesa al bene giuridico protetto consiste in un nocumento potenziale dello stesso, che viene soltanto minacciato, e - come evidenziato da autorevole dottrina - può parlarsi di "pericolo" quando, secondo un giudizio ex ante e secondo la migliore scienza ed esperienza, appare probabile che dalla condotta consegua l'evento lesivo. In conformità alla funzione preventiva dei reati di pericolo, è pertanto essenziale che la valutazione debba essere retrocessa al momento della condotta -giudizio prognostico ex ante-).

Art. 328 c.p. in materia di inquinamento dell’aria

Nota il giudice che in materia di aria, proprio la non materiale percettibilità visiva dei rapporti tra il superamento di certi limiti dello smog e gli effetti sulla salute uniti ad una limitata informazione porta con sé una diffusa scarsa percezione sociale della gravità di tale fenomeno e la possibilità di ingenerare confusione, comode manipolazioni ed equivoci, che possono portare a negare la stessa esistenza degli obblighi giuridici di agire, dettati dalla disciplina del settore, e le omissioni, sia pure a volte evidenti, della pubbliche amministrazioni competenti (cnfr. ad es. i brevi cenni fatti all’inizio sulle schematizzazioni degli specialistiche circa le modalità di incidenza delle diverse sostanze inquinanti dell’aria sulla salute dell’uomo).

Ed invero in un contesto di informazione approssimativa e di disattenzione per le questioni ambientali, fin tanto che essi restano non immediatamente visibili, la comprensione dei nessi tra inquinamento e pericoli per la salute rimane appannaggio di una cerchia di specialisti medici, epidemiologi, biologi e chimici e operatori del diritto più accorti, nonostante dagli anni trenta rigorosi studi di settore rilevino le evidenze di dette relazioni e continuino incessantemente con l’avanzare delle tecnologie a riceverne conferme (vedi studio citato EPIAIR e dichiarazioni del OMS negli atti del fascicolo del Pubblico Ministero).

E già stato sottolineato che è proprio questa caratteristica di invisibilità degli effetti deleteri dei contaminanti dell’aria sulla salute della popolazione, e la tendenza a eludere i problemi del fenomeno, la ragione per cui il legislatore pone al centro degli obblighi delle p.a. designate gli obblighi di informazione al pubblico delle rilevazioni e degli sformanti delle sostanze rispetto ai limiti consentiti.

Art. 328 c.p. e discrezionalità amministrativa

La natura discrezionale di un atto amministrativo non è di per se di ostacolo al suo sindacato da parte di un giudice ordinario, anche penale, soprattutto quanto la discrezionalità riguardi solo il contenuto e non l'an dell'azione , quando cioè l'adozione di un atto discrezionale sia obbligatoria, come è evidentemente nei casi in cui l'urgente necessità di intervento con atti di autorità riguardi la salute. Un giudice in sostanza non potrà mai sottrarsi all'esercizio di un controllo (oltre che sulla conformità dell'atto alla legge) afferente ai profili visibili di logica intrinseca ed estrinseca dell'atto, ai fini ad esempio di valutarne la strumentalizzazione distorta (l'eccesso di potere che potrebbe addirittura travalicare nella assenza dello stesso). Va sempre in breve esercitato da parte del giudice investito di una vicenda, che passi attraverso provvedimenti amministrativi discrezionali, un controllo, che può definirsi di legalità dell'atto discrezionale, condotto in modo da non invadere alcun ambito del potere amministrativo e che farà salvo il principio della suddivisione dei poteri. Detto controllo, si ripete, deve cioè limitarsi ad una valutazione della logicità e congruenza intrinseca ed estrinseca dell'atto, in base a quelle regole imprescindibili di generale ragionevolezza e logicità, che devono sorreggere qualsiasi atto delle autorità (tanto che la stessa Corte costituzionale adotta nel sindacato sulla legge il “principio costituzionale di ragionevolezza”). Nell'ambito di detto tipo di valutazione potranno ravvisarsi indici di vizi ed incongruenze logiche ad esempio nella contraddittorietà intrinseca di parti della motivazione dell'atto amministrativo, nella palese incongruenza tra diverse misure disposte con lo stesso atto, nella assoluta inefficacia tecnica della misura adottata con l'atto rispetto al problema, nella irragionevolezza della scelta rispetto a parametri tecnici comprovati all'entità della situazione di fatto da risolvere, nel palese ed immotivato scostamento da regole tecniche rivelatesi valide già adottate dallo stesso ufficio, nella contraddittorietà tra le motivazioni di atti consecutivi e connessi in parti essenziali, e così via).

Correttamente questo genere di sindacato del giudice penale sugli atti discrezionali dell'amministrazione viene condotta preliminarmente e senza la pretesa di soprapporre una sua soluzione di merito (tra le tante possibili) su quelle che competono esclusivamente all'amministrazione. Un sindacato in tal modo limitato eviterà una sostituzione del giudice alla amministrazione nell'esercizio dei suoi poteri e l'invasione della sua sfera di potere.

Una diversa interpretazione della norma in commento, meno attenta alla sua ratio ed ai pregnanti valori costituzionale che intende tutelare, in situazioni di grave negligenza di un potere amministrativo, camuffata sotto la forma di un atto amministrativo, ma pur inesistente nei contenuti e negli effetti, lascerebbe sprovvisti di ogni presidio penalistico settori di rilevanza costituzionale primaria come quello delle normative che riguardano la salute pubblica.

CONCLUSIONI

In ultima analisi l’archiviazione va disposta in ordine al capo B, relativo alla contravvenzione ex art. 674 c.p., per tutti gli indagati, essendo trascorso il termine di prescrizione. Per le ragioni diverse già per ciascuno approfondite, l’archiviazione va poi disposta nei confronti di XXX, XXX, XXX, XXX e XXX.

Invece, per i motivi diffusamente messi in luce la richiesta va rigettata in ordine al capo A nei confronti di XXX, XXX e XXX e va pertanto ordinato al PM di formulare l’imputazione nei confronti dei predetti relativamente al reato di cui all’art. 328 comma primo c.p., così come già rubricato (ma si intende con i necessari adattamenti) nei confronti degli altri originari coindagati (a giudizio, ex presidenti della Regione ed assessori, Cuffaro, Lombardo, Interlandi ed altri).

Tali responsabilità sono ravvisabili in altri termini non per il solo fatto che costoro -assessori e direttori generali del dipartimento Ambiente e dirigenti preposti al Servizio 3 tutela dall’inquinamento dello stesso Dipartimento, che si sono susseguiti nel tempo- rivestissero le funzioni che li obbligavano alla vigilanza, alla predisposizione e all’attuazione dei provvedimenti e delle azioni preliminari fissate dalla legge, ma per non avere agito o per avere posto in essere azioni del tutto incongrue, inadeguate ed elusive degli obblighi diretti alla predisposizione delle misure e dei rilevamenti necessari alle comunicazioni (anche al Ministero, oltre che al pubblico) e alle azioni concrete per garantire la qualità dell’aria, secondo i parametri di legge. E soprattutto per non avere posto in essere azioni realmente dirette a sbloccare gli inviluppi di competenze e di inconcludenza da essi stessi additata e a volte provocati o deliberatamente mantenuti (da alcuni di essi evidenziati anche in note inviate durante i loro mandati). Le analisi e le valutazioni tecniche dei consulenti del PM, altamente documentate, scevre si ripete da ogni pregiudizio ideologico e al contrario molto concrete, mettono a nudo le strette correlazioni che esistono tra i livelli dell’inquinamento atmosferico delle suddette aree del territorio siciliano e le inefficienze e le omissioni specifiche dei responsabili della amministrazione regionale, detentori dei poteri amministrativi di intervento in materia e di una serie di strumenti atti ad ottenere il risultati elle deliberazioni richieste dalla legge.

Con altrettanta concretezza le medesime omissioni degli obblighi delle direttive europee gravanti sulla Regione siciliana sono rilevate nella decisione del 1 febbraio 2010 della Commissione europea (allegata alla relazione Sanna, Stoli, Felici), che rappresenta punto per punto i mancati interventi rispetto alle zone inquinate della Sicilia e la genericità e scarsa congruenza delle giustificazioni addotte negli atti relativi.

Materia di detti poteri è infatti il governo delle fonti di emissione inquinanti, attraverso misure che vanno prese con provvedimenti espressione di potestà amministrative esercitate nel rispetto della legge e del fine di salvaguardia della salute pubblica, atti che come tali quindi incidono unilateralmente nella sfera dei destinatari. In termini di fatto si è visto che i piani e le attuazioni omesse riguardano le misure da attuare a salvaguardia delle popolazioni delle aree metropolitane inquinate e dei poli industriali più inquinati dell’isola.

L’istruttiva decisione della Commissione europea del 1 febbraio 2010, esamina il caso Sicilia, riportando e commentando i dati forniti dalla Regione Sicilia, è citata al paragrafo n. 26 della sentenza menzionata della Corte di Giustizia europea del 19.12.12, che ha condannato l’Italia per la violazione delle normative sul PM 10 in ordine allo zolfo e altre sostanze. Ma le relazioni dei consulenti non sono gli unici atti che documentano le suddette omissioni , poiché non vi è un solo atto dell’indagine che non rappresenti con estrema chiarezza le sistematiche violazione degli obblighi d’azione a tutela della qualità dell’aria da parte dei responsabili degli uffici della Regione Siciliana -come di altre amministrazioni locali- investiti di volta in volta della loro applicazione. Gli stessi atti mostrano anche l’assenza, al di la degli annunci e della predisposizione di tavoli tecnici (che si concludevano senza deliberazioni che attuassero realmente gli obblighi imposti dalla legge) di un progetto presso gli uffici dell’ARTA per il recupero del rispetto di tali normative e della tutela della salute pubblica.

Appare pertinente a questo riguardo rilevare che infatti dopo tale condanna del 2012 (che ha confermato il mancato rispetto nel 2006 e nel 2007 dei limiti di PM10 in 55 zone), la Commissione Europea ha respinto la richiesta italiana che chiedeva di avere ulteriore tempo per intervenire in alcune aree inquinate, tra cui la Sicilia. La nuova procedura di infrazione risulta aperta nel luglio 2014 sempre per il superamento dei limiti delle polveri sottili in 19 "zone e agglomerati" di dieci Regioni, tra cui la SICILIA (Veneto, Lombardia, Toscana, Marche, Lazio, Puglia, Sicilia, Molise, Campania e Umbria; dopo la messa in mora a cui le autorità italiane dovevano rispondere, fornendo chiarimenti entro fine ottobre 2014. Se la risposta non dovesse essere ritenuta soddisfacente, la Commissione europea potrà passare alla seconda fase della procedura attraverso un parere motivato in cui inviterà l'Italia a mettersi in regola al più presto con le norme sulla qualità dell'aria l'esame dei valori di polveri sottili ha mostrato che in 13 di queste 55 aeree i valori massimi sono stati continuamente superati anche nel periodo 2008-2012. Per questo motivo la Commissione europea ha deciso di avviare tale nuova procedura d'infrazione).

Con riferimento alla Sicilia, tra le vicende già rilevate

(e altre documentate in atti) costituiscono fulgidi esempi della non casualità di tale sistema di omissioni la stessa non predisposizione e attuazione dei piani dell’aria, che ha contribuito ad inceppare per lunghi anni il corso delle citate procedure d’infrazione -una conclusasi con la citata sentenza di condanna dell’Italia del 19.12.12-, che si va ad incrociare con il peculiare caso del piano c.d. “di coordinamento” deliberato con decreto assessoriale del 9 agosto del 2007 (stilato in tutta fretta per evitare la procedura d’infrazione, ma rivelatosi nient’affatto conforme alla legge e di nessuna validità e palesemente elusivo dei tempi e delle azioni dovute e privo delle indicazioni, che sia pure successivamente avrebbero potuto contribuire a varare i piani voluti dalla legge), e la vicenda della dismissione di centraline di rilevamento dello smog in alcune città, tra cui Palermo –città tra le più inquinate pur in assenza di poli industriali- affidate prima dall’ARPA passate poi all’AMIA, travolte dal noto dissesto della ex municipalizzata (come dichiarato agli investigatori dall’ing. Capilli dell’ARPA; la dismissione delle centraline a giudizio dei CTU ha comportato un “rischio ambientale incontrollato” ; v. primo parte delle conclusioni della relazione dei CTU e le chiare dichiarazioni dell’ing. Capilli dell’ARPA rese il 18 novembre 2010 ai carabinieri del NOE, allegate alla CTU e di cui pure al primo capitolo della sessa relazione dei dottori Sanna, Stoli e Felici).

PQM

Visto l’art. 409 c.p.p.;

Ordina l’archiviazione in ordine al capo B (art. 674 c.p.) per tutti gli indagati, essendosi prescritto il reato. Ordina altresì l’archiviazione nei confronti di XXX, XXX, XXX, XXX e XXX, per le distinte ragioni –prescrizione e altre- di cui in motivazione, anche relativamente al capo A art. 328 c.p.).

Rigetta la richiesta di archiviazione, disponendo che nel termine di dieci giorni il PM formuli l’imputazione nei confronti di XXX, XXX e XXX, relativamente al reato di cui all’art. 328 comma primo c.p., così come già formulata nei confronti degli altri originari coindagati (ex presidenti della Regione e assessori all’ambiente) nel medesimo procedimento, con i necessari adattamenti cui provvederà il pubblico ministero.

Si notifichi anche alle parti offese già identificate nella Regione siciliana, Ministero

dell’ambiente, WWF Italia, Legambiente sede di Palermo.

Palermo 12 novembre 2014 Il Giudice

dott.ssa Marina Petruzzella

 

 

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