Cass. Sez. III n. 26522 del 2 luglio 2008 (Ud 20 mag 2008)
Pres. Onorato Est. Sarno Ric. Zanchini ed altri
Rifiuti. Fluff

In tema di smaltimento di “fluff” in discarica

Con la sentenza in epigrafe il tribunale di Roma assolveva Zanchini Massimo, Bemardini Giancarlo, Fiori Valerio, Pallotti Gianfranco dai reati loro rispettivamente ascritti perché il fatto non costituisce reato.
Gli imputati risultano essere stati chiamati a rispondere dei seguenti reati:
- Zanchini Massimo del reato di cui agli artt. 81 cod. pen., 52 co. 3 D.Lgs. 22/97 in relazione all’art. 483 cod. pen. per avere emesso su incarico della società ECOFER certificati di analisi contenenti false indicazioni sulle caratteristiche del fluff che, in quanto contenenti elevate quantità di olii minerali con PCB non erano smaltibili in discariche di prima categoria - in data 8 gennaio 2001 e 19 marzo 2001;
- Bernardini Giancarlo del reato di cui agli artt. 81 cod. pen., 52 co. 3 D.Lgs. 22/97 in relazione all’art. 483 cod. pen. per avere omesso su incarico della società SECOR srl incaricata dalla società Giovi, gestore della discarica di Malagrotta, di verificare le prescrizioni regionali, certificati di analisi contenenti false indicazioni sulle caratteristiche del fluff che, in quanto contenenti elevate quantità di olii minerali con PCB non erano smaltibili in discariche di prima categoria - in data 24 febbraio; 20 marzo; 3 ottobre ; 19 dicembre 2000;
- Fiori Valerio:
del reato di cui agli artt. 81 cod. pen., 52 co. 1 lett. d) D.Lgs. 22/97 in relazione all’art. 483 cod. pen. per avere, quale rappresentante legale della ECOFER srl effettuato tramite la società GALERIA trasporti a r.l. di fluff con formulari che li qualificavano falsamente come non pericolosi;
del reato di cui agli artt. 81 cod. pen., 51 co. 1 lett. d) DLgs 22/97 per avere effettuato lo smaltimento dei rifiuti pericolosi sopraindicati nella discarica di Malagrotta autorizzata esclusivamente allo smaltimento di rifiuti urbani ed assimilabili agli urbani - accertato nel febbraio 2001;
- Pallotti Gianfranco del reato di cui agli artt. 81 cod. pen., 51 co. 1 lett. d) D.Lgs. 22/97 per avere nella qualità di direttore tecnico dell’ARPA Lazio, consentito lo smaltimento dei rifiuti pericolosi sopraindicati nella di scarica di Malagrotta autorizzata esclusivamente allo smaltimento di rifiuti urbani ed assimilabili agli urbani - dal settembre al novembre 2001.
La decisione del tribunale, fondata sulla mancanza di prova dell’elemento psicologico dei reati, si basava sulla incertezza del quadro normativo di riferimento; sulle scarse conoscenze sul fluff all’epoca dei fatti; sulla presenza di ordinanze regionali che non esplicitavano l’obbligo di verificare il contenuto di PCB, né fissavano limiti al riguardo; sulla mancanza di attendibilità del metodo di campionatura e dei dati acquisiti, sulla mancanza di una valutazione sull’effetto inquinante della discarica per effetto del conferimento del fluff, con particolare riferimento alle conseguenze per la falda idrica sottostante.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il procuratore della Repubblica del tribunale di Roma eccependo l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche delle quali si deve tenere conto nell’applicazione della legge penale.
Afferma il procuratore ricorrente che lo stesso giudice ha ammesso in sentenza che è fisiologica la presenza di PCB nel fluff ed esclude che una discarica autorizzata per rifiuti urbani ed assimilati, quale la discarica di Malagrotta - classificata di prima categoria ai sensi della delibera interministeriale del 27 luglio 1984 - possa ricevere rifiuti contenenti anche PCB senza preventiva bonifica.
Da qui anche la falsità delle certificazioni attestanti l’assimilazione del fluff al rifiuti urbani rilasciate senza alcuna indagine sulla composizione e sulla presenza di PCB nel fluff ritenuto ammissibile dal direttore dell’ARPA del Lazio per lo smaltimento a Malagrotta addirittura in percentuale di 25 mg/Kg.
Né ad avviso del ricorrente può essere condiviso l’assunto della sentenza secondo cui la scarsa chiarezza del quadro normativo consentiva erronee interpretazioni in buona fede, essendo tutti gli imputati esperti nel settore.
Bernardini Giancarlo e Fiori Valerio hanno separatamente fatto pervenire memoria con la quale si contestano specificamente i passaggi del ricorso affermando in particolare che il CER, nell’assegnazione dei codici, distingue il fluff in base alla presenza o meno di sostanze pericolose, che, pertanto, il fluff non può essere considerato sempre come rifiuto pericoloso; che, qualora non pericoloso è senz’altro assimilabile ai rifiuti solidi urbani e smaltibile come tale in discariche di prima categoria; che le delibere autorizzatorie adottate dalla Regione Lazio si limitavano a richiedere la ricorrenza del solo requisito merceologico indicato alla lettera A della delibera interministeriale 27 luglio 1984; che nelle certificazioni il dottor Bemardini, tecnico privato, si era limitato a tale aspetto non essendogli stata richiesta alcuna indagine sulla composizione chimica del rifiuto e che, per quanto concerne il Fiori, lo stesso non poteva in alcun modo essere considerato responsabile in quanto non era né un tecnico né un giurista e, per contro, il quadro normativo di riferimento appariva effettivamente confuso.

Motivi della decisione
Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
Va anzitutto premesso che i reati alla data odierna non sono prescritti trattandosi di delitti atteso che l’art. 52 co. 3 D.L.vo 22/97 - ora art. 258 co. 4 D.L.vo 152/06 - espressamente richiama per la pena l’art. 483 cod. pen..
Va altresì premesso che, trattandosi nella specie di ricorso per saltum, l’unico vizio deducibile con il ricorso è quello di violazione di legge.
Quest’ultima viene sostanzialmente eccepita dal procuratore della Repubblica ricorrente sotto un duplice profilo:
Per un verso si ritiene errata la conclusione cui perviene il tribunale affermando la smaltibilità del fluff contenente PCB in discariche di prima categoria - come quella di Malagrotta - e per altro verso si ritiene errata l’affermazione secondo cui il quadro normativo “confuso” avrebbe potuto indurre in errore in buona fede gli operatori ancorché “addetti ai lavori ai massimi livelli”.
Ciò posto va immediatamente rilevato che la formula assolutoria utilizzata dal tribunale postula, in realtà, unicamente l’assenza dell’elemento soggettivo.
E’ su questo aspetto che occorre dunque verificare la sussistenza della dedotta violazione di legge.
Orbene, avuto riguardo al quadro normativo all’epoca vigente, si deve escludere anzitutto l’esistenza di profili di incertezza interpretativa.
Esaminando infatti la delibera interministeriale 27 luglio 1984 che pacificamente doveva trovare applicazione all’epoca dei fatti contestati, sembra al Collegio da escludere qualsiasi possibilità di equivoco sulla circostanza che il fluff, qualora contaminato da PCB, non poteva essere ammesso in una discarica di prima categoria se preventivamente non sottoposto ad adeguati trattamenti di bonifica.
Non lascia dubbi in proposito il dettato della delibera in questione che alla lettera e) del punto 1.1.1 recita:
c) Nel caso in cui i rifiuti speciali sopraindicati siano stati contaminati da sostanze o preparati classificati pericolosi ai sensi della normativa vigente in materia di etichettatura (legge 29 maggio 1974, n. 256, decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1981, n. 927, e successive modifiche ed integrazioni) o da policlorodibenzodiossine e/o policlorodibenzofurani, non possono essere ammessi in discariche di cui al punto 4.2.2. se preventivamente non sottoposti ad adeguati trattamenti di bonifica.
Peraltro, in proposito il tribunale omette di considerare che, all’epoca dei fatti, anche in ambito comunitario erano già state adottate specifiche iniziative sul piano normativo direttamente connesse alla consapevolezza della pericolosità che poteva rappresentare per l’ambiente lo smaltimento dei veicoli in demolizione ove non adeguatamente trattati.
Ed invero, la direttiva 2000/53 CE, specificamente riservata alla rottamazione dei veicoli fuori uso, imponeva che lo smaltimento di tali rifiuti dovesse avvenire senza pericoli per l’ambiente e che le operazioni di trattamento dovessero essere realizzate procedendo alla preventiva separazione dei materiali ed i componenti pericolosi.
A completamento di quanto detto occorre, infine, ricordare che, come più volte affermato da questa Corte, l’inevitabilità dell’errore su cui si fonda, secondo la sentenza 24 marzo 1988 n. 364 della Corte costituzionale, il rilievo dell’ignoranza scusabile della legge penale (art. 5 c.p.) - è configurabile solo in presenza di un’oggettiva e insuperabile oscurità della norma o del complesso di norme da cui deriva il precetto penalmente sanzionato.
Né può essere invocata l’ignoranza della legge penale ex art 5 cod. pen. - alla luce dell’orientamento della giurisprudenza costituzionale - da parte di chi, professionalmente inserito in un campo di attività collegato alla materia disciplinata dalla legge integratrice del precetto penale, non si uniformi alle regole di settore, per lui facilmente conoscibili a ragione dell’attività professionale svolta. (Sez. 3, n. 22813 del 15 aprile 2004 Rv. 229228).
La sentenza del tribunale di Roma va dunque annullata con rinvio e gli atti devono essere trasmessi alla corte d’appello di Roma trattandosi di sentenza appellabile.