Cass. Sez. III n. 20769 del 3 giugno 2010 (Cc 16 mar. 2010)
Pres. Petti Est. Amoresano Ric. Di Serio
Polizia Giudiziaria. Mancata allegazione del verbale di sequestro d'iniziativa della P.G. al decreto del P.M.

È legittimo il decreto del P.M. di convalida del sequestro probatorio motivato mediante rinvio "per relationem" al contenuto del verbale di polizia giudiziaria la cui copia sia stata consegnata all'indagato, non rilevando la mancata allegazione dello stesso alla copia del decreto di convalida notificata all'indagato. (Fattispecie di convalida di sequestro di manufatti abusivi motivata con rinvio ai verbali della P.G. compiutamente descrittivi delle imputazioni, dei fatti, delle condotte penalmente rilevanti e delle concrete finalità probatorie che avevano reso necessario il sequestro).

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. PETTI Ciro - Presidente - del 16/03/2010
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - SENTENZA
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - N. 466
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. MULLIRI Guicla - Consigliere - N. 42849/2009
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) DI SERIO DOMENICO, nato il 7.10.1960;
avverso l'ordinanza del 26.10.2009 del Tribunale di Brindisi;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dr. Silvio Amoresano;
sentite le conclusioni del P.G., Dr. Montagna Alfredo, che ha chiesto l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata;
sentito il difensore, avv. Sanguineti Luigi Maria in sost. avv. Vincenzo Farina, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso. OSSERVA
1) Con ordinanza in data 26.10.2009 il Tribunale di Brindisi rigettava la richiesta di riesame proposta nell'interesse di Di Serio Domenico avverso il decreto di sequestro probatorio emesso in data 16.10.2009 dal Pubblico Ministero presso il Tribunale di Brindisi, con il quale era stato convalidato il sequestro, operato dalla G.d.F., di diversi manufatti realizzati a servizio dello stabilimento balneare Lido Azzurro in località Apani (BR), in una zona di trenta metri dal demanio marittimo e sottoposta a vincolo paesaggistico, in assenza di permesso di costruire e delle prescritte autorizzazioni. Riteneva il Tribunale che le lacune del provvedimento impugnato in ordine alla indicazioni della condotta dei reati contestati potesse essere colmata con rinvio per relationem al verbale di sequestro e, del resto, il ricorrente si era puntualmente difeso in ordine a tutte le contestazioni che gli erano state mosse. Dopo aver richiamato i limiti del riesame in ordine all'accertamento del fumus, assumeva il Tribunale che dagli atti emergesse l'astratta configurabilità dei reati ipotizzati. Quanto all'epoca di realizzazione dei manufatti si rendeva necessario un approfondimento istruttorio incompatibile con la fase cautelare.
2) Ricorre per cassazione Di Serio Domenico, denunciando, con il primo motivo, la nullità della ordinanza impugnata per violazione di legge in relazione agli artt. 253 e 324 c.p.p. e art. 24 Cost.. Il decreto del P.M. non conteneva l'indicazione dei beni sottoposti a sequestro; ne' era possibile il rinvio al verbale di sequestro che si assumeva allegato, ma che pacificamente non era stato notificato in una al decreto medesimo. La motivazione per relationem è consentita purché però sia possibile il controllo dell'iter argomentativo del provvedimento. La mancata allegazione del verbale di sequestro non consentiva in alcun modo tale controllo e determinava in modo insanabile la violazione dei diritti di difesa (non essendosi avuta contezza dei beni sequestrati).
È pacifico, inoltre, che il decreto del P.M. di convalida di un sequestro probatorio debba essere motivato in ordine alle concrete finalità probatorie perseguite ed alla pertinenzialità tra i beni sequestrati e le ipotesi di reato, e che l'eventuale mancanza di motivazione non possa essere sanata dal Tribunale. Non è sufficiente, quindi, la mera indicazione delle norme di legge violate, essendo necessario individuare il rapporto diretto e pertinenziale tra cosa sequestrata e reato ipotizzato. Con il secondo motivo denuncia la violazione di legge in relazione agli artt. 253 e 324 c.p.p. nonché all'art. 24 Cost. per l'asserito obbligo di controllo solo in astratto del fumus del reato. La difesa aveva allegato provvedimenti concessori ed autorizzatori e relazione peritale, il cui contenuto minava la configurabilità del reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c) e art. 1161 c.n.. Il Tribunale ha omesso completamente di esaminare tali allegazioni e prospettazioni difensive, recependo solo le affermazioni della G.d.F., contenute nel verbale di sequestro.
Con il terzo motivo denuncia la mancanza o comunque l'apparenza della motivazione in ordine alla ritenuta astratta configurabilità dei reati.
3) Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
3.1) Il Tribunale, in ordine alla eccepita omessa indicazione del fatto e dei beni sottoposti a sequestro, ha correttamente ritenuto che il provvedimento impugnato fosse motivato per relationem. Il decreto di convalida, infatti, rinviava espressamente al verbale di sequestro eseguito in data 9.9.2009 ore 10,00. Tale verbale, pur se non notificato unitamente al decreto (come assume il ricorrente) era noto al Di Serio, il quale ne aveva ricevuto già copia. Si legge infatti in detto documento che l'area e le opere sequestrate venivano affidate alla giudiziale custodia del Di Serio Domenico, il quale, nel sottoscrivere il verbale, riceveva copia del medesimo. In detto verbale venivano specificamente indicate le imputazioni. Si affermava infatti, che, all'esito di indagini protrattesi per giorni e con molteplici sopralluoghi e dopo accurate verifiche in ordine ai titoli concessori ed autorizzatori, si era accertato che il Di Serio si era reso responsabile della contravvenzione di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44 lett. c) per avere su un'area privata, condotta in locazione, estesa complessivamente mq 1793, realizzato le opere e le innovazioni ivi dettagliatamente elencate (opere tutte caratterizzate dalla stabilità di strutture), e della contravvenzione di cui agli artt. 55 e 1161 c.n., per aver realizzato le opere descritte al capo a) nonché altre elencate nella fascia di rispetto a confine con l'arenile demaniale marittimo senza autorizzazione ed infine del reato di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181.
Si dava quindi atto nel verbale che si procedeva al sequestro di tutta l'area di mq. 1793 e delle opere ivi esistenti, in quanto costituenti corpo di reato e/o cosa pertinente al reato. Il Di Serio, quindi, ricevendo la copia del verbale, era perfettamente a conoscenza delle ipotesi di reato che gli venivano contestate e dei beni che in relazione alle stesse venivano sottoposti a sequestro. Ed aveva, conseguentemente, la possibilità di esercitare i suoi diritti di difesa (diritti, peraltro pienamente esercitati, come ha dato atto il Tribunale).
Ricorrevano quindi tutte le "condizioni" richieste dalla giurisprudenza di questa Corte, ormai consolidata, a partire dalla sentenza a sez. unite n. 17 del 21.6.2000 - Primavera", per ritenere legittima la motivazione per relationem.
Secondo la predetta decisione delle sezioni unite, infatti, la motivazione "per relationem" di un provvedimento giudiziale è da considerare legittima quando: 1) - faccia riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a un legittimo atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all'esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione; 2)- fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e ritenute coerenti con la sua decisione; 3)- l'atto di riferimento, quando non venga allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, sia conosciuto dall'interessato o almeno ostensibile, quanto meno al momento in cui si renda attuale l'esercizio della facoltà di valutazione, di critica ed, eventualmente, di gravame e, conseguentemente, di controllo dell'organo della valutazione o dell'impugnazione.
3.1) Quanto alle esigenze probatorie, le sezioni unite hanno già avuto modo di chiarire che, posto che è estranea al vigente codice di rito la previsione di una figura autonoma del sequestro del corpo di reato come quartum genus rispetto ai sequestri probatorio, preventivo e conservativo -, se il sequestro del corpo di reato è disposto a fini di prova, devono essere comunque esplicitate, così come avviene per le cose pertinenti al reato, le ragioni che giustificano in concreto la necessità della acquisizione interinale del bene per l'accertamento dei fatti inerenti al thema decidendum del processo; dovendosi convenire che l'apprensione del corpo di reato non sia sempre necessaria per l'accertamento dei fatti, perché trovi legittima giustificazione l'esercizio del potere coercitivo anche in sede di controllo da parte del giudice del riesame, tali fini almeno inizialmente, devono in ogni caso sussistere ed essere espilatati nella motivazione del provvedimento con cui il potere si manifesta, ben potendo le esigenze attinenti al thema probandum essere altrimenti soddisfatte senza creare un vincolo superfluo di indisponibilità sul bene. E costituisce prerogativa autonoma dell'accusa enucleare il presupposto essenziale del sequestro a fini di prova, cioè la specifica esigenza probatoria funzionale all'accertamento del fatto reato per cui si procede; e nella inerzia del P.M., il tribunale del riesame non è legittimato a disegnare, di propria iniziativa, il perimetro delle specifiche finalità del sequestro, così integrando il titolo cautelare mediante un'arbitraria opera di supplenza delle scelte discrezionali che, pur doverose da parte dell'organo dell'accusa, siano state da questo radicalmente e illegittimamente pretermesse, (cfr. Cass.sezioni unite n.5876 del 28.1.2004 - P.C.Ferazzi in proc.Bevilacqua). Sicché hanno affermato le sezioni unite che in caso di mancanza radicale della motivazione in ordine alla necessaria sussistenza della concreta finalità probatoria perseguita in funzione dell'accertamento dei fatti, del decreto di sequestro di cose qualificate come corpo di reato, che sebbene non integrato sul punto dal p.m. neppure all'udienza di riesame, sia stato confermato dall'ordinanza emessa all'esito di questa procedura, la Corte di cassazione deve pronunziare sentenza di annullamento senza rinvio di entrambi i provvedimenti (Cass.sez.un.cit.).
E nel decreto di convalida del sequestro il PM., sia pur sinteticamente, motivava in ordine alle concrete esigenze probatorio che rendevano necessaria l'apprensione dei beni, assumendo che occorreva "verificare, attraverso appositi accertamenti tecnici, la natura delle opere realizzate e l'abusività delle stesse...". 3.3) Non c'è dubbio, quanto ai poteri del Tribunale del riesame, che secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr.in particolare sez.unite 29.1.1997, ric. PM. in proc. Bassi), nei procedimenti incidentali aventi ad oggetto il riesame di provvedimenti di sequestro, non è ipotizzabile una "piena cognitio" del Tribunale, al quale è conferita esclusivamente la competenza a conoscere della legittimità dell'esercizio della funzione processuale attribuita alla misura ed a verificare, quindi, la correttezza del perseguimento degli obiettivi endoprocessuali che sono propri della stessa, con l'assenza di ogni potere conoscitivo circa il fondamento dell'accusa, potere questo riservato al giudice del procedimento principale. Tale interpretazione limitativa della cognizione incidentale risponde all'esigenza di far fronte al pericolo di utilizzare surrettiziamente la relativa procedura per un preventivo accertamento sul "meritum causae", così da determinare una non consentita preventiva verifica della fondatezza dell'accusa il cui oggetto finirebbe per compromettere la rigida attribuzione di competenze nell'ambito di un medesimo procedimento.
L'accertamento, quindi, della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati sul piano fattuale, per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono - in una prospettiva di ragionevole probabilità - di sussumere l'ipotesi formulata n quella tipica. Il Tribunale del riesame non deve, pertanto, instaurare un processo nel processo, ma svolgere l'indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull'esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando sotto ogni aspetto l'integralità dei presupposti che legittimano il sequestro (ex multis Cass.pen.sez. 3 n.40189 del 2006- rie. Di Luggo). Il controllo non può, quindi, limitarsi ad una verifica meramente burocratica della riconducibilità in astratto del fatto indicato dall'accusa alla fattispecie criminosa, ma deve essere svolto attraverso la valutazione dell'antigiuridicità penale del fatto come contestato, ma tenendosi conto, nell'accertamento del "fumus commissi delicti", degli elementi dedotti dall'accusa risultanti dagli atti processuali e delle relative contestazioni difensive.
3.3.1) Il Tribunale si è sostanzialmente attenuto a tali principi, avendo, al di là delle premesse, esaminato le deduzioni difensive. Ha evidenziato, infatti, che, allo stato, i reati erano ipotizzabili, tenuto conto che le opere sequestrate, come emergeva anche dai rilievi fotografici, risultavano saldamente ancorate al suolo (copertura del parcheggio, alza barriera meccanica, zona docce). Anche gli altri manufatti sequestrati difettavano di permesso di costruire ovvero di DIA. E, comunque, per tutte le opere mancava l'autorizzazione di cui all'art. 55 c.n.. Ha poi preso in considerazione le deduzioni difensive in relazione all'epoca di realizzazione dei manufatti ed alla conformità delle opere rispetto alle concessioni in sanatoria, assumendo, però, che, per verificare la fondatezza dell'assunto difensivo, si rendevano necessari approfonditi accertamenti istruttori incompatibili con il giudizio cautelare. Del resto il sequestro era stato disposto proprio per procedere a consulenza tecnica. Ed è pacifico che il giudice cautelare non abbia poteri "di istruzione e di valutazione probatoria, che sono incompatibili con la natura cautelare del giudizio, ma tuttavia conserva in pieno il potere di valutare in punto di diritto se sulla base delle prospettazioni hic et inde dedotte ricorra il reato contestato" (cfr. Cass. pen. sez.3 n.33873 del 7.4.2006-Moroni).
E tanto ha fatto il Tribunale.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 16 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2010