Corte di Giustizia CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE ELEANOR SHARPSTON
presentate il 22 dicembre 2008

Definizione di luogo di emissione di organismi geneticamente modificati – Giustificazioni di ordine pubblico per rifiutare la divulgazione di tali informazioni

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 22 dicembre 2008 1(1)

Causa C‑552/07

Commune de Sausheim

contro

Pierre Azelvandre

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Conseil d’État, (Francia)]

«Definizione di luogo di emissione di organismi geneticamente modificati – Giustificazioni di ordine pubblico per rifiutare la divulgazione di tali informazioni»




1. La presente domanda di pronuncia pregiudiziale del Conseil d’État (Consiglio di Stato) francese verte sull’accesso alle informazioni riguardanti le ubicazioni di una serie di sperimentazioni sul terreno di organismi geneticamente modificati (in prosieguo: gli «OGM»), qualora le autorità ritengano che potrebbe esservi un rischio di ordine pubblico se tali informazioni dovessero essere divulgate.

Fatti all’origine della controversia

2. Nel mese di aprile 2004, il sig. Azelvandre chiedeva al sindaco di Sausheim di divulgare l’avviso pubblico, la scheda d’impianto (2) e le lettere prefettizie accompagnatorie inerenti a ciascuna sperimentazione di OGM sul terreno effettuata nel territorio comunale di Sausheim, nonché la scheda informativa riguardante ogni nuova sperimentazione sul terreno di OGM da realizzarsi nel 2004 nel territorio comunale.

3. Il sindaco non rispondeva alla suddetta richiesta e il sig. Azelvandre si rivolgeva, pertanto, alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi, che emetteva parere favorevole alla comunicazione dell’avviso pubblico e della prima pagina della lettera prefettizia accompagnatoria, ma formulava parere sfavorevole alla divulgazione di una copia della scheda d’impianto e della mappa di ubicazione delle sperimentazioni effettuate sul terreno, in quanto tale divulgazione avrebbe arrecato pregiudizio alla riservatezza e alla sicurezza degli operatori agricoli interessati. Infine, la Commissione dichiarava irricevibile la richiesta di comunicazione delle schede informative relative alle emissioni da realizzarsi nel 2004.

4. Il sindaco dava debita comunicazione degli avvisi pubblici riguardanti le cinque sperimentazioni sul terreno già effettuate nel territorio comunale e delle lettere prefettizie accompagnatorie relative a due di esse. Il sig. Azelvandre si rivolgeva quindi al Tribunal administratif (Tribunale amministrativo) di Strasburgo, che annullava la decisione implicita di rifiuto del sindaco di comunicare le lettere prefettizie inerenti alle altre tre sperimentazioni sul terreno e le schede d’impianto (fatta eccezione per le informazioni nominative) riguardanti le cinque sperimentazioni e ingiungeva al sindaco di produrre detti documenti.

5. Il comune impugnava la decisione del Tribunale dinanzi al Conseil d’État, che ha sottoposto alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«1. Se per "luogo in cui verrà effettuata la disseminazione degli organismi geneticamente modificati", che, ai sensi dell’art. 19 della direttiva del Consiglio 23 aprile 1990, 90/220/CEE, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati (3), non può ritenersi riservato, debba intendersi la particella catastale oppure un’area geografica più vasta, corrispondente al comune nel cui territorio avviene la disseminazione o ad una zona ancor più estesa (cantone, dipartimento).

2. Qualora il luogo dovesse intendersi nel senso che designa la particella catastale, se sia possibile opporre alla comunicazione dei riferimenti catastali della località di disseminazione una riserva relativa alla protezione dell’ordine pubblico o di altri segreti tutelati dalla legge, sulla base dell’art. 95 [CE] o della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 28 gennaio 2003, 2003/4/CE, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale (4), o di un principio generale del diritto comunitario».

Osservazioni preliminari

Normativa applicabile

6. Il sig. Azelvandre aveva presentato la propria richiesta nell’aprile 2004. In quel periodo, la direttiva del Consiglio 90/220/CEE (in prosieguo: la «direttiva 90/220») era stata sostituita dalla direttiva 2001/18/CE (in prosieguo: la «direttiva 2001/18») (5) e la direttiva 2003/4/CE (in prosieguo: la «direttiva 2003/4») non aveva ancora sostituito quella che l’aveva preceduta, ossia la direttiva del Consiglio 90/313/CEE (in prosieguo: la «direttiva 90/313»). (6)

7. Pertanto, suggerisco alla Corte di fondare la soluzione delle questioni sottopostele dal Conseil d’État sulla direttiva 2001/18 (7) e sulla direttiva 90/313 (8). Poiché, come apparirà evidente in seguito, non esiste, essenzialmente, alcuna differenza tra le disposizioni rilevanti delle direttive precedenti e quelle delle direttive successive, le opinioni da me espresse in questa sede possono applicarsi, mutatis mutandis, alle direttive 90/220 e 2003/4.

Il tipo di emissione

8. Dal testo dell’ordinanza di rinvio e dal fascicolo della causa nazionale risulta con chiarezza che le emissioni in parola sono costituite da sperimentazioni sul terreno, che ricadono nell’ambito di applicazione della parte B della direttiva 2001/18.

9. Inoltre, il giudice del rinvio ha fornito alla Corte di giustizia i numeri di identificazione relativi a tali sperimentazioni sul terreno e le relazioni su queste ultime (9) dimostrano che le sperimentazioni riguardano il mais, che, secondo quanto precisato all’allegato III, è una «pianta superiore» appartenente al gruppo tassonomico delle spermatofite (specie che producono semi). Le informazioni richieste al notificante nel corso della procedura di autorizzazione sono dunque quelle indicate nell’allegato III B.

Contesto normativo

Disposizioni del Trattato

10. L’art. 95, n. 4, CE dispone quanto segue:

«Allorché, dopo l’adozione da parte del Consiglio (…) di una misura di armonizzazione, uno Stato membro ritenga necessario mantenere disposizioni nazionali giustificate da esigenze importanti di cui all’articolo 30 [CE] (…), esso notifica tali disposizioni alla Commissione precisando i motivi del mantenimento delle stesse».

11. I motivi di giustificazione menzionati nell’art. 30 CE comprendono la pubblica sicurezza, la tutela della salute e della vita delle persone, la preservazione dei vegetali e la tutela della proprietà industriale e commerciale.

Direttiva 2001/18/CE

12. La direttiva 2001/18 disciplina l’emissione di OGM nell’ambiente (10). Essa definisce la procedura cui devono attenersi coloro che intendono effettuare un’emissione deliberata di OGM nell’ambiente.

13. L’art. 1 afferma che la direttiva mira al «ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri e alla tutela della salute umana e dell’ambiente quando (…) si emettono deliberatamente nell’ambiente organismi geneticamente modificati (…)».

14. L’art. 2, n. 3, definisce l’«emissione deliberata» come:

«(…) qualsiasi introduzione intenzionale nell’ambiente di un OGM o una combinazione di OGM per la quale non vengono usate misure specifiche di confinamento, al fine di limitare il contatto con la popolazione e con l’ambiente e per garantire un livello elevato di sicurezza per questi ultimi».

15. Tale descrizione comprende le sperimentazioni di OGM sul terreno.

16. La direttiva 2001/18 consta di quattro parti e di una serie di allegati. La parte A definisce gli obblighi imposti agli Stati membri nel momento in cui autorizzano l’emissione deliberata di OGM nell’ambiente. Le parti B e C contengono disposizioni che precisano le procedure di autorizzazione relative a un’emissione deliberata per fini diversi dall’immissione di OGM in commercio (parte B) e dall’immissione in commercio di OGM come tali o contenuti in prodotti (parte C). La parte D prevede una serie di disposizioni finali che, come quelle contenute nella parte A, sono di applicazione generale. Gli allegati forniscono informazioni più specifiche sugli obblighi imposti dalle parti principali della direttiva.

17. Nella parte A, l’art. 4 stabilisce la procedura di autorizzazione generale che tutti i notificanti sono tenuti a osservare. Più in particolare, esso prevede che:

«1. (…) Gli OGM possono essere deliberatamente emessi o immessi in commercio solo a norma, rispettivamente, della parte B o della parte C.

2. Prima di presentare una notifica ai sensi della parte B o della parte C, i notificanti effettuano una valutazione del rischio ambientale. Le informazioni necessarie all’esecuzione di tale valutazione figurano nell’allegato III.

(…)

4. Gli Stati membri designano la o le autorità competenti responsabili dell’attuazione delle prescrizioni della presente direttiva. L’autorità competente esamina le notifiche di cui alle parti B e C per accertarsi che siano conformi alla presente direttiva e che la valutazione di cui al paragrafo 2 sia corretta.

(…)».

18. La parte B definisce la procedura normale di autorizzazione per i notificanti che intendono effettuare (inter alia) sperimentazioni di OGM sul terreno. La procedura è specificata all’art. 6, le cui disposizioni pertinenti recitano come segue:

«1. Senza pregiudizio dell’articolo 5, chiunque intenda effettuare un’emissione di un OGM o di una combinazione di OGM è tenuto a presentare preventivamente una notifica all’autorità competente dello Stato membro sul cui territorio avverrà l’emissione.

2. La notifica di cui al paragrafo 1 comprende:

(a) un fascicolo tecnico contenente le informazioni di cui all’allegato III necessarie per valutare il rischio ambientale connesso all’emissione deliberata di un OGM o di una combinazione di OGM (…)

(…).

8. Il notificante può procedere all’emissione solamente dopo l’autorizzazione scritta dell’autorità competente e rispettando tutte le condizioni in essa precisate.

(…)».

19. La parte D contiene due disposizioni, l’art. 25 e l’art. 31, n. 3, che impongono alle autorità nazionali obblighi riguardanti le informazioni acquisite durante la procedura di autorizzazione.

20. L’art. 25 riguarda la riservatezza delle informazioni sottoposte alle autorità competenti secondo la procedura di cui alla parte B. Esso dispone quanto segue:

«1. La Commissione e le autorità competenti non comunicano a terzi le informazioni riservate notificate o scambiate in base alla presente direttiva e tutelano la proprietà intellettuale dei dati ricevuti.

2. Il notificante può indicare quali siano le informazioni contenute nella notifica effettuata in base alla presente direttiva la cui divulgazione potrebbe pregiudicare la sua posizione concorrenziale e che quindi dovrebbero essere considerate riservate. In tali casi deve essere fornita una giustificazione verificabile.

3. L’autorità competente decide, previa consultazione del notificante, quali informazioni saranno tenute riservate e ne informa il notificante.

4. In nessun caso sono considerate riservate le seguenti informazioni, se presentate a norma [inter alia, dell’art. 6] (…):

– (…) sito dell’emissione (…)». (11)

21. L’art. 31, n. 3, impone agli Stati membri un obbligo di pubblicità prevedendo quanto segue:

«Senza pregiudizio dell’articolo 2 e del punto A. 7 dell’allegato IV [(12)],

(a) gli Stati membri stabiliscono registri pubblici dove è annotata la localizzazione degli OGM emessi in virtù della parte B della presente direttiva».

22. Per quanto concerne gli allegati della direttiva, il presente rinvio pregiudiziale riguarda solamente l’allegato III, che specifica le informazioni da notificare alle autorità nazionali nel corso della procedura di autorizzazione. Esso consta di due parti: la parte A, che indica le informazioni necessarie qualora la notifica riguardi un OGM diverso da una pianta superiore, e la parte B, che precisa le informazioni richieste per le notifiche riguardanti emissioni di OGM di piante superiori.

23. La sezione E dell’allegato III, parte B, prescrive le informazioni relative al sito di emissione che le autorità nazionali competenti devono richiedere. In particolare, il n. 1 della sezione E precisa che il notificante è tenuto a comunicare «[u]bicazione e dimensioni del sito o dei siti di emissione» (13).

Direttiva 90/313

24. All’epoca in cui si sono svolti i fatti, la direttiva 90/313 disciplinava l’accesso alle informazioni relative all’ambiente in possesso delle autorità pubbliche di uno Stato membro (14).

25. L’art. 1 afferma che lo scopo della direttiva è «garantire la libertà di accesso alle informazioni relative all’ambiente in possesso delle autorità pubbliche e la diffusione delle medesime, nonché di stabilire i termini e le condizioni fondamentali in base ai quali siffatte informazioni debbono essere rese disponibili».

26. L’art. 2, lett. a), definisce l’oggetto della direttiva. Esso stabilisce quanto segue:

«Ai sensi della presente direttiva, si intende per:

(a) “informazioni relative all’ambiente", qualsiasi informazione (…) in merito allo stato delle acque, dell’aria, del suolo, della fauna, della flora, del territorio e degli spazi naturali, nonché alle attività (…) o misure che incidono negativamente o possono incidere negativamente sugli stessi, nonché alle attività o misure destinate a tutelarli, ivi compresi misure amministrative e programmi di gestione dell’ambiente».

27. L’art. 3 della direttiva 90/313 definisce l’ambito in cui gli Stati membri sono tenuti a consentire l’accesso alle informazioni relative all’ambiente. Esso così recita:

«1. Fatte salve le disposizioni del presente articolo, gli Stati membri provvedono a che le autorità pubbliche siano tenute a rendere disponibili le informazioni relative all’ambiente a qualsiasi persona, fisica o giuridica, che ne faccia richiesta, senza che questa debba dimostrare il proprio interesse.

(…)

2. Gli Stati membri possono disporre che una richiesta di informazioni di tal genere sia respinta ove riguardi:

(…)

– la sicurezza pubblica;

(…)

– il materiale che, se divulgato, potrebbe rendere più probabile un danno all’ambiente cui esso si riferisce.

(…)».

Procedimento

28. La commune de Sausheim, i governi francese, greco, olandese e polacco, nonché la Commissione, hanno presentato osservazioni scritte e sono intervenuti all’udienza del 14 ottobre 2008.

Analisi

29. Le questioni pregiudiziali sono intese a ottenere chiarimenti sul modo in cui le direttive che disciplinano l’emissione di OGM nell’ambiente interagiscono con le direttive che prevedono l’accesso alle informazioni relative all’ambiente riguardanti siffatte emissioni.

La prima questione

30. La direttiva 2001/18 non è una direttiva di «accesso alle informazioni». Il suo scopo principale è quello di fornire una disciplina normativa armonizzata nel cui contesto gli Stati membri possano autorizzare emissioni di OGM nell’ambiente. Tale direttiva stabilisce i criteri per la valutazione, caso per caso, dei rischi potenziali che potrebbero derivarne. Le misure previste dalla direttiva mirano a garantire il corretto (ed efficace) sviluppo dei prodotti industriali che utilizzano OGM (15).

31. A tal fine, la direttiva obbliga chiunque intenda effettuare un’emissione a fornire informazioni alle autorità competenti dello Stato membro in cui avrà luogo l’emissione proposta. Lo scopo di tali informazioni è quello di consentire a dette autorità di effettuare un’efficace valutazione del rischio prima di decidere se autorizzare o meno il notificante a porre i propri OGM a contatto con l’ambiente.

32. Una volta che le autorità dispongano delle informazioni necessarie per poter prendere una decisione informata sull’opportunità di autorizzare o meno l’emissione e si siano pronunciate in merito, la direttiva 2001/18 impone loro taluni obblighi secondari che disciplinano gli altri usi cui le informazioni fornite dal notificante dovrebbero servire.

33. Uno di questi obblighi consiste nell’informazione pubblica (16). Tuttavia, l’obbligo di informare il pubblico è accessorio e non sorge in maniera autonoma.

34. Esaminiamo ora in dettaglio la struttura e il contenuto della direttiva.

35. Coloro che intendono emettere OGM nell’ambiente sono tenuti, in forza dell’art. 6, a notificarlo alle autorità nazionali competenti e a presentare un fascicolo di informazioni affinché dette autorità possano prendere una decisione informata sull’opportunità di autorizzare o meno l’emissione.

36. L’art. 6 rinvia all’allegato III, che stabilisce le informazioni che il notificante deve fornire, tra cui quelle sull’ubicazione dell’emissione.

37. Nel caso di specie, ciò che rileva è la formulazione stessa dell’allegato III B (17).

38. Ai sensi della sezione E, n. 1, dell’allegato III B i notificanti devono comunicare alle autorità competenti «ubicazione e dimensioni del sito o dei siti di emissione».

39. Mentre l’allegato III A (che si applica a OGM di piante non superiori) specifica che il notificante è tenuto a comunicare alle autorità competenti «ubicazione geografica e coordinate del sito» ove si intende effettuare l’emissione, l’allegato III B pare fornire una definizione meno specifica.

40. Mi sembra che la spiegazione risieda nella finalità del fascicolo di notifica. Il notificante è tenuto a fornire alle autorità competenti le informazioni a queste ultime necessarie per effettuare una valutazione del rischio ambientale prima di autorizzare l’emissione (18).

41. L’effettivo grado di precisione richiesto dalle suddette autorità varierà da caso a caso (19). In talune circostanze potrà essere possibile effettuare una soddisfacente valutazione del rischio ambientale quando sia stata comunicata l’ubicazione a livello cantonale o comunale, mentre in altri casi potranno essere necessarie le coordinate precise (20).

42. La direttiva contiene disposizioni accessorie riguardanti l’ulteriore uso che si deve fare delle informazioni dopo che alle autorità competenti siano stati forniti i dati necessari per poter eseguire una valutazione del rischio ambientale e autorizzare eventualmente l’emissione (21).

43. L’art. 25 enuncia una serie di motivi che il notificante può invocare per chiedere alle autorità nazionali di astenersi dal divulgare informazioni da lui fornite nel corso della procedura di autorizzazione di cui all’art. 6 e specificata nell’allegato III.

44. L’art. 25, n. 4, stabilisce i limiti di tale diritto alla riservatezza. In particolare, l’art. 25, n. 4, afferma che in nessun caso il «sito dell’emissione» può essere nascosto al pubblico.

45. A mio avviso, il termine «sito dell’emissione», di cui all’art. 25, è un’espressione descrittiva che dev’essere intesa nel senso che si riferisce alle informazioni sul sito richieste, per ogni singolo caso, dalle autorità nazionali ai fini della valutazione del rischio ambientale nel corso della procedura di autorizzazione.

46. Poiché l’art. 25 è di applicazione generale, è dunque logico che al n. 4 del medesimo articolo l’espressione «sito dell’emissione» sia usata per contemplare vuoi le situazioni in cui un’ubicazione meno precisa sia sufficiente a soddisfare i requisiti della valutazione del rischio ambientale, vuoi le situazioni in cui debbano essere fornite l’ubicazione geografica e le coordinate del sito (22).

47. Non posso pertanto accettare che il termine «sito» attribuisca agli Stati membri il potere discrezionale di definire un punto di equilibrio tra sicurezza pubblica e diritto del pubblico di accesso alle informazioni (23).

48. L’art. 25, n. 4, dovrebbe essere inteso nel senso che lo Stato membro è tenuto a divulgare qualsiasi informazione in suo possesso riguardo al sito, in applicazione dell’allegato III. Da un punto di vista più generale, l’obbligo che la direttiva 2001/18 impone alle autorità nazionali competenti consiste nel rendere pubbliche le informazioni che esse hanno ricevuto per effettuare la valutazione del rischio ambientale e concedere l’autorizzazione all’emissione (fatti salvi unicamente i motivi di riservatezza indicati all’art. 25, n. 1).

49. Dall’interpretazione che propongo derivano due conseguenze: in primo luogo, le autorità nazionali non possono essere obbligate a divulgare informazioni di cui non sono in possesso (24) e, in secondo luogo, qualora a dette autorità pervengano informazioni (anche nel corso della procedura di autorizzazione) che non sono necessarie ai fini della valutazione del rischio ambientale, tali informazioni non ricadranno nella sfera di applicazione dell’allegato III e le autorità non saranno pertanto tenute, a norma della direttiva 2001/18, a divulgarle a coloro che potrebbero farne richiesta (25).

50. Non si può attribuire all’art. 25 la funzione di filtro nella divulgazione di informazioni riguardo al sito. Ritengo, piuttosto, che l’art. 25 debba essere interpretato nel senso che il n. 1 impone due obblighi alla Commissione e alle autorità competenti degli Stati membri, ossia l’obbligo di non divulgare a terzi «le informazioni riservate notificate o scambiate in base alla (…) direttiva» e l’obbligo di tutelare i diritti di proprietà intellettuale dei dati ricevuti, e i nn. 2 e 3 definiscono la procedura con cui dev’essere determinato l’oggetto del materiale da proteggere. Ne consegue che le autorità competenti compiono la loro valutazione applicando tale procedura (26), e una valutazione implica l’esercizio di discrezionalità.

51. Per contro, l’art. 25, n. 4 stabilisce ciò che non può essere riservato. Nella fattispecie si esclude una valutazione e l’esercizio di discrezionalità. Alle autorità nazionali non è attribuito il diritto di filtrare le informazioni di cui all’art. 25, n. 4 e di decidere quali parti (per esempio) dei piani di monitoraggio degli OGM e dei piani per gli interventi di emergenza non devono essere divulgate. Viene loro espressamente detto, invece, che «in nessun caso» quelle informazioni devono essere considerate riservate. A mio avviso, laddove le autorità competenti abbiano ricevuto, in base alla procedura di notifica, informazioni finalizzate all’effettuazione della valutazione del rischio ambientale che ricadono in una categoria indicata all’art. 25, n. 4, esse non godono di alcun potere discrezionale riguardo alle modalità di trattamento di tali informazioni, che non possono essere considerate riservate.

52. La lettura dell’art. 31, n. 3, lett. a), conforta ulteriormente la tesi secondo cui, in particolare, il sito di emissione non può in nessun caso essere considerato riservato. Tale disposizione prevede che gli Stati membri «stabilisc[a]no registri pubblici dove è annotata la localizzazione degli OGM emessi in virtù della parte B della presente direttiva» (27). Sarebbe ovviamente impossibile rispettare tale obbligo se le informazioni sul sito di emissione potessero godere della riservatezza prevista dall’art. 25, n. 1.

53. Ne deduco che, in forza delle direttive 90/220 e 2001/18, le autorità competenti degli Stati Membri sono tenute a rendere di dominio pubblico le informazioni relative al sito delle emissioni con la stessa precisione richiesta per effettuare la valutazione del rischio ambientale secondo la procedura di autorizzazione.

La seconda questione

54. Diversamente dalla direttiva 2001/18 (che riguarda principalmente le procedure di autorizzazione all’emissione di OGM in condizioni di sicurezza), la direttiva 90/313, come indica il suo titolo, persegue l’obiettivo specifico di consentire l’accesso del pubblico alle informazioni relative all’ambiente in possesso delle autorità nazionali. La disciplina stabilita dalla direttiva agevola l’accesso alle informazioni pur prevedendo una serie di deroghe che consentono agli Stati membri, in talune circostanze, di rifiutarne la divulgazione.

55. L’obiettivo di queste direttive è consentire l’accesso a informazioni che diversamente non sarebbero divulgate e non fornire un ulteriore fondamento per limitare l’accesso del pubblico a informazioni che altrimenti sarebbero divulgate (28).

56. Uno Stato membro non può invocare le disposizioni di cui alle direttive 90/313 e 2003/4 per rifiutare l’accesso a informazioni che dovrebbero essere di dominio pubblico ai sensi delle direttive 2001/18 e 90/220.

57. Respingo, pertanto, la tesi sostenuta dalla commune de Sausheim e dai governi francese, greco e polacco, secondo cui l’art. 25 della direttiva 2001/18 contemplerebbe determinati motivi per poter impedire la divulgazione (proprietà intellettuale, concorrenza, interessi economici del notificante) mentre l’art. 3 della direttiva 90/313 ne contemplerebbe altri (tra cui la sicurezza pubblica). Questa tesi non rispecchia né la struttura della direttiva 2001/18, né il modo in cui quest’ultima interagisce con le direttive sull’accesso alle informazioni relative all’ambiente (29).

58. La direttiva 90/313 assume rilevanza qualora le autorità di uno Stato membro possiedano più informazioni di quelle che sono tenute a divulgare a norma della direttiva 2001/18 (30). La richiesta di accesso a tali informazioni potrebbe essere effettuata in base alle disposizioni nazionali di attuazione della direttiva 90/313.

59. Tuttavia, uno Stato membro può poi invocare i motivi elencati nell’art. 3, n. 2, della direttiva 90/313 per giustificare il rifiuto di divulgare informazioni sul sito di emissione, a condizione che le altre condizioni poste dal medesimo articolo siano rispettate. Le restrizioni fondate sulla sicurezza pubblica (uno dei motivi indicati nell’art. 3, n. 2) riguarderebbero, a mio avviso, circostanze in cui la divulgazione del sito specifico di emissione condurrebbe alla sua illegittima distruzione.

60. Sono consapevole del fatto che la mia interpretazione, in talune circostanze, non lascerà agli Stati membri interessati altra scelta se non quella di divulgare il sito esatto delle emissioni. In sede di udienza, i governi francese e olandese hanno ricordato alla Corte che una divulgazione precisa del sito potrebbe condurre alla distruzione delle coltivazioni e, qualora tale azione si diffondesse, ciò potrebbe rallentare lo sviluppo degli OGM. I suddetti governi hanno affermato che le eventuali misure punitive adottate dopo l’evento, quali sanzioni penali per la distruzione di coltivazioni, non sarebbero necessariamente efficaci contro gli «eco-attivisti».

61. Qualora sia consentito l’accesso alle informazioni, ciò potrebbe comportare l’accettazione di un rischio reale di minore sicurezza. Qualora l’esperienza induca a ritenere che la situazione esistente è insostenibile, il legislatore comunitario ha e conserva la possibilità di correggere l’equilibrio tra promozione dello sviluppo di coltivazioni di OGM e maggiore accesso del pubblico alle informazioni relative all’ambiente.

62. Per di più, l’art. 95 CE (31) consente a uno Stato membro, che si trovi ad affrontare un problema di ordine pubblico particolarmente grave, di mantenere le misure nazionali che definiscono limiti più severi riguardo all’accesso del pubblico a informazioni specifiche sull’immissione nell’ambiente di OGM. Qualora uno Stato membro esercitasse tale opzione e sistematicamente rendesse noto un sito con minore precisione, qualsiasi informazione più dettagliata in suo possesso ricadrebbe nell’ambito della direttiva 90/313 e detto Stato potrebbe pertanto rifiutarsi di divulgarla in forza dell’eccezione relativa alla sicurezza pubblica prevista in tali direttive.

63. Tuttavia, uno Stato membro che intenda orientare in tal senso le proprie misure nazionali deve rispettare la procedura obbligatoria prevista all’art. 95 CE. Il governo francese non si è avvalso di questa possibilità (32).

64. Infine, non mi è noto alcun principio generale di diritto comunitario che le autorità nazionali competenti potrebbero invocare per giustificare il rifiuto di divulgare le informazioni in questione. Nessun principio di tale natura è stato menzionato, né, tanto meno, è stato invocato nel corso del procedimento da nessuna delle parti che ha presentato osservazioni.

Conclusione

65. Suggerisco pertanto che la Corte risolva le due questioni sottopostele dal Conseil d’État come segue:

«1) Il “sito” in cui verrà effettuata l’emissione di organismi geneticamente modificati che, ai sensi dell’art. 25 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 12 marzo 2001, 2001/18/CE, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio, non può essere considerato riservato, corrisponde all’area indicata nella notifica presentata alle autorità competenti dello Stato membro secondo la procedura stabilita dall’art. 6 di tale direttiva.

2) Gli Stati membri non possono invocare le eccezioni relative alla tutela della sicurezza pubblica, di cui alla direttiva del Consiglio 7 giugno 1990, 90/313/CEE, concernente la libertà di accesso all’informazione in materia di ambiente, per rifiutare la divulgazione di informazioni riguardo al sito la cui divulgazione è obbligatoria in virtù della direttiva 2001/18».

1 – Lingua originale: l’inglese

2 – In francese: «fiche d’implantation».

3 – GU 1990 L 117, pag. 15.

4 – GU 2003 L 41, pag. 26.

5 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 12 marzo 2001, 2001/18/CE sull’emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio (GU 2001 L 106, pag. 1).

6 – Direttiva del Consiglio 7 giugno 1990, 90/313/CEE concernente la libertà di accesso all'informazione in materia di ambiente (GU 1990 L 158 pag. 56).

7 – Invece che sulla direttiva 90/220.

8 – Invece che sulla direttiva 2003/4.

9 – Disponibili su: http://www.ogm.gouv.fr/experimentations/evaluation_scientifique/cgb/avis_rapports/rapport_activite_1998/rapport_activite_1998.pdf.

10 – La direttiva 2001/18 ha abrogato la direttiva del Consiglio 90/220 con decorrenza 17 ottobre 2002.

11 – Questa disposizione corrisponde all’art. 19 della direttiva 90/220, che ha costituito il fondamento della prima questione pregiudiziale sottoposta alla Corte di giustizia dal Conseil d’État. Le pertinenti disposizioni sostanziali di tale articolo non sono state modificate.

12 – Entrambi riguardano le notifiche di cui alla parte C.

13 – Per contro, la sezione III, parte B, n. 1 dell’allegato III A, che stabilisce le informazioni riguardanti l’ubicazione che devono essere comunicate in caso di richiesta per un OGM che non sia una pianta superiore, usa la seguente espressione: «ubicazione geografica e coordinate del sito o dei siti [delle emissioni proposte]», altresì presente nella direttiva 90/220.

14 – Essa è stata sostituita dalla direttiva 2003/4 con decorrenza 14 febbraio 2005.

15 – V. settimo ‘considerando’.

16 – I ‘considerando’ della convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, 2161 UNTS 447, rispecchiano in maniera decisa il principio secondo cui è auspicabile la trasparenza nonostante la maggior parte del pubblico possa non essere composta da specialisti.

17 – V. paragrafi 8 e 9, supra.

18 – V. art. 4, n. 2, direttiva 2001/18.

19 – Dell’approccio caso per caso si ha riscontro nel diciottesimo e diciannovesimo ‘considerando’.

20 – Il Governo olandese osserva a ragione che il grado di precisione con cui si può individuare un’ubicazione non corrisponde necessariamente alla nomenclatura di un terreno. Una «particella» può essere piccola o assai ampia e la nomenclatura sarà diversa nei vari Stati membri. Tali elementi confortano ulteriormente l’opinione secondo cui l’allegato III B dev’essere inteso nel senso che stabilisce il livello di specificità dell’ubicazione in funzione dei dati necessari per la valutazione del rischio ambientale.

21 – Due di tali disposizioni, ossia gli art. 9 e 24, si applicano fatto salvo l'art. 25. Dette disposizioni non rilevano dunque ai fini del presente rinvio.

22 – Le diverse versioni linguistiche della direttiva 2001/18, all’art. 25, n. 4, evidenziano l’uso sistematico di un termine generico. V., ad esempio, le versioni olandese, francese, tedesca, inglese e spagnola, che fanno riferimento al luogo delle emissioni invece di menzionare specificamente il sito o i siti di emissione.

23 – Analogamente respingo la tesi francese secondo cui il semplice fatto che la maggioranza degli Stati membri abbia scelto di divulgare solo l’ubicazione più generale delle emissioni indicherebbe che il legislatore, con l’art. 25, n. 4, intendeva prevedere un potere discrezionale.

24 – Le informazioni di cui devono essere in possesso sono determinate dall’obbligo dello Stato membro di adempiere in modo efficace il proprio dovere di valutazione del rischio.

25 – Tuttavia, esse potrebbero essere tenute a divulgarle in forza della direttiva 90/313; v. infra, paragrafi 58 e segg.

26 – V. la formulazione dell’art. 25, n. 3: «decide (…) quali informazioni saranno tenute riservate».

27 – L’espressione «localizzazione degli OGM emessi» di cui all’art. 31 dovrebbe essere interpretata secondo i principi usati per interpretare l’art. 25, n. 4, ossia nel senso che si riferisce al sito che il notificante è tenuto a divulgare alle autorità nazionali competenti a norma dell’allegato III.

28 – V. i ‘considerando’ primo, secondo e nono della direttiva.

29 – V. anche le mie conclusioni nella causa C‑345/06, Heinrich, attualmente pendente dinanzi alla Corte, paragrafi 55-58, in cui esprimo un’opinione analoga circa il rapporto strutturale tra l’art. 254 CE e il regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 30 maggio 2001, n. 1049, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001 L 145, pag. 43).

30 – Supponiamo, per esempio, che ai fini della valutazione del rischio ambientale non sia necessario conoscere le coordinate geografiche delle sperimentazioni sul terreno prospettate, ma che il notificante abbia comunque comunicato le suddette coordinate in occasione della presentazione della richiesta, in conformità dell’allegato III, parte B.

31 – Base giuridica della direttiva 2001/18. La direttiva 90/220 si fondava sull’art. 100, lett. a) del Trattato CE (versione precedente dell’art. 95 CE).

32 – Sottolineo in proposito che il legislatore francese ha di recente approvato la legge 25 giugno 2008, n. 2008-595 (JORF n. 148 del 26 giugno 2008, pag. 10218), che obbliga le autorità nazionali a divulgare l’ubicazione esatta di emissione di OGM.