Impianti radioelettrici e sanzioni ex art. 44 del DPR 380/2001.

di Fulvio Albanese

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Il concetto di procedimento unico per l’installazione d’impianti radioelettrici, con il conseguente assorbimento della valutazione della compatibilità urbanistico-edilizia di competenza dell’ente locale ex D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, nell’autorizzazione prevista dall’articolo 87 del DLgs. 1° agosto 2003 n. 259 “Codice delle comunicazioni elettroniche”, viene enunciato la prima volta (poi costantemente confermato) con la Sentenza del Consiglio di Stato n. 100 del 21 gennaio 2005:

(…) “l’installazione di torri e tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti e di ripetitori per i servizi di telecomunicazione”, va risolto nel senso che il procedimento autorizzatorio previsto dall’art. 87 del Codice delle comunicazioni elettroniche è da ritenere unico, contenendo ed assorbendo anche la verifica della compatibilità urbanistico edilizia dell’intervento, di cui al Testo Unico dell’edilizia.” (...).

 

Tale interpretazione estensiva dell’articolo 87 del DLgs. 1° agosto 2003 n. 259 elaborata dal Consiglio di Stato è fondamentale per arrivare alla definizione di una importante questione: l’applicabilità delle sanzioni penali ex articolo 44 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 agli impianti radioelettrici installati senza il titolo abilitativo di cui al citato articolo 87, o realizzati in totale difformità.

La Cassazione in passato si era già occupata del problema, e con la sentenza n. 19795 sez. III del 4 marzo 2003 emessa in riferimento alla disciplina dettata dal D.Lgs. 4 settembre 2002, n. 198 si era così espressa:

“Il fatto che per l'installazione di stazioni radio base per reti di comunicazione elettroniche mobili non fosse più necessaria la concessione edilizia determinava anche la conseguenza della impossibilità di configurare comunque il reato di cui alla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 20, lett. b). Secondo questa decisione, quindi, nell'ipotesi in cui non fosse stata rilasciata l'autorizzazione prevista dalla disciplina speciale, "potrebbero, eventualmente, essere ravvisati altri illeciti e di diversa natura, ma non certo" il reato previsto dalla normativa edilizia per la mancanza di concessione edilizia (o di permesso di costruire)”.(...)

 

In questo caso la Cassazione naturalmente ha come norma di riferimento al D.Lgs. 198/2002, il quale conteneva all’articolo 3 comma 1 la clausola di esclusività: Le categorie di infrastrutture di telecomunicazioni, considerate strategiche ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 21 dicembre 2001, n. 443, sono opere di interesse nazionale, realizzabili esclusivamente sulla base delle procedure definite dal presente decreto, anche in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 8, comma 1, lettera c), della legge 22 febbraio 2001, n. 36, e al comma 2 la compatibilità con ogni destinazione urbanistica e la deroga agli strumenti urbanistici e ad ogni altra disposizione di legge o di regolamento, era pertanto logico non raccordare la disciplina del D.Lgs. 198/2002 con la normativa urbanistico-edilizia in vigore.

 

Sappiamo bene che il DLgs. 1° agosto 2003 n. 259 non ripropone queste disposizioni grazie alla sentenza della Corte Costituzionale n. 303 del 2003, dunque la Corte di Cassazione cambia totalmente orientamento e con la sentenza n. 33735 del 16 settembre 2005 sez. III richiamando i principi comunitari di celerità, uniformità e semplificazione delle procedure autorizzative alla base del Codice, di fatto sancisce l’applicabilità delle sanzioni penali ex articolo 44 del Testo Unico dell’Edilizia in mancanza o difformità dell’autorizzazione o della D.I.A prevista dall’articolo 87 del codice delle Comunicazioni, enunciando un altro importantissimo principio: la sanzione penale non dipende dal titolo edilizio, ma dalla consistenza concreta dell’intervento (tale assunto è stato ripreso in seguito dalla Consulta nell’Ordinanza n. 203 del 3 maggio 2006):

(...) “Il procedimento di autorizzazione disciplinato dal D.Lgs. n. 259/2003 risulta finalizzato all'esigenza di semplificazione e concentrazione (assorbimento) dei procedimenti amministrativi, per la salvaguardia della tempestività degli stessi, in attuazione dei principi comunitari imposti dalle direttive 2002/19/CE, 2002/20/CE, 2002/21/CE e 2002/22/CE, recepite e ribadite nell'ordinamento italiano dall'art. 41 della legge 1.10.2002, n. 166, che è la legge delega in base alla quale è stato emanato il D.Lgs. n. 259/2003. (...) Non resta influenzato, in ogni caso, il regime sanzionatorio penale di cui all'art. 44 dd T.U. n. 380/2001 e le infrastrutture di comunicazione elettronica specificate al comma 1 dell'art. 87 del D.Lgs. n. 259/2003 restano sottoposte, pur sempre, alle sanzioni penali specifiche delle opere soggette a permesso di costruire.

Le disposizioni dell'art. 44 del T.U. n. 380/2001 si applicano altresì agli impianti "con potenza in singola antenna uguale od inferiore ai 20 Watt" (di cui al comma 3, ultima parte, del medesimo art. 87) - suscettibili di resone mediante denunzia di inizio attività ai sensi dell'art. 19 della legge n. 241/1990, come successivamente modificato - allorché questi siano eseguiti in assenza o in difformità dalla denunzia medesima. II mutamento della disciplina per l'abilitazione all'intervento edilizio non incide, infatti, sulla disciplina sanzionatoria penale, che non viene correlata alla tipologia del titolo abilitativo, bensì alla consistenza concreta dell'intervento”. (...).

 

La Sentenza della Corte Costituzionale n. 336 del 27 luglio 2005 legittima definitivamente il Codice delle Comunicazioni, ridadendo i concetti, celerità, uniformità e semplificazione delle procedure autorizzative su tutto il territorio nazionale:

(...) Nella relazione illustrativa al Codice, si legge, inoltre, a tal proposito, che «la rete è unica a livello globale» e che la stessa «non ha senso se le singole frazioni non sono connesse tra di loro, quale che ne sia la proprietà e la disponibilità». Ciò comporta che i relativi procedimenti autorizzatori devono essere necessariamente disciplinati con carattere di unitarietà e uniformità per tutto il territorio nazionale, dovendosi evitare ogni frammentazione degli interventi. (...)

La disposizione in esame prevede moduli di definizione del procedimento, informati alle regole della semplificazione amministrativa e della celerità, espressivi in quanto tali di un principio fondamentale di diretta derivazione comunitaria.” (...)

 

Il nuovo indirizzo della Cassazione viene confermato con la sentenza n. 41598 del 18 novembre 2005: “Tale orientamento - fatto proprio dal Consiglio di Stato, Sez. VI, con le recenti decisioni 5 agosto 2005, n. 4159, 11 gennaio 2005, n. 100 e 22 ottobre 2004, n. 6910 (dopo le contrarie decisioni 26 settembre 2003, n. 5502 e 18 maggio 2004, n. 3193) - è stato condiviso da Cass., Sez. III, 16 settembre 2005, n. 33735 e viene ribadito da questo Collegio sulla base delle seguenti considerazioni: Il procedimento di autorizzazione disciplinato dal D.Lgs. n. 259/2003 risulta finalizzato all’esigenza di semplificazione e concentrazione dei procedimenti amministrativi, per la salvaguardia della tempestività degli stessi, in attuazione dei principi comunitari imposti dalle direttive 2002/19/CE, 2002/20/CE, 2002/21/CE e 2002/22/CE, recepite e ribadite nell'ordinamento italiano dall'art. 41 della legge 1 ottobre 2002, n. 166, che è la legge delega in base alla quale è stato emanato il D.Lgs. n. 259/2003. Detto art. 41 richiama espressamente, ove compatibili, anche "i principi della legge 21 dicembre 2001, n. 443", tra i quali è ricompresa la definizione delle procedure da seguire in sostituzione di quelle previste per il rilascio dei provvedimenti concessori o autorizzatori di ogni specie. Tutti i principi anzidetti ed i criteri di delega fissati dalla legge n. 166/2002 (previsione di procedure tempestive per la concessione del diritto di installazione, riduzione dei termini per la conclusione dei relativi procedimenti amministrativi; regolazione uniforme dei medesimi procedimenti) - ribaditi dall'art. 4 del D.Lgs n. 259/2003 - resterebbero vanificati qualora al procedimento di autorizzazione disciplinato dal D.Lgs. n. 259/2003 dovesse aggiungersi quello previsto dal T.U. dell'edilizia, peraltro non coordinato sotto il profilo temporale.

La procedura delineata dall’art. 87 del D.Lgs. n. 259/2003 ben si concilia con la valutazione anche della compatibilità urbanistico-edilizia dell'intervento, in quanto:

- può essere finalizzata ad approfondire tali aspetti la previsione del 5° comma, secondo la quale il responsabile del procedimento può richiedere, per una sola volta, entro 15 giorni dalla ricezione dell'istanza, l'integrazione della documentazione prodotta;

- i commi 6 e 7 prevedono il ricorso ad una "conferenza di servizi che deve essere convocata dal responsabile del procedimento in caso di motivato dissenso espresso da un'Amministrazione interessata e l'approvazione intervenuta all'esito della conferenza, adottata a maggioranza dei presenti, "sostituisce ad ogni effetto gli atti di competenza delle singole Amministrazioni e vale altresì come dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori".

L'individuazione di un'autorizzazione unitaria, rilasciata dal Comune con l'intervento delle Amministrazioni portatrici degli altri interessi pubblici coinvolti, porta razionalmente a ritenere che nel procedimento di autorizzazione debbano confluire tutti i procedimenti, in precedenza autonomi, necessari per la compiuta valutazione degli interessi sottesi all'atto che autorizza già la "installazione", e non la sola attivazione, dell'impianto (una particolare disciplina è comunque prevista nel caso di motivato dissenso espresso da un'Amministrazione preposta alla tutela ambientale, alla tutela della salute o alla tutela del patrimonio storico-artistico).

Le singole valutazioni, che in precedenza erano autonome, non sono eliminate ma unificate sul piano procedimentale e di esse deve essere dato conto in sede di motivazione del provvedimento finale. Le relative previsioni del D.Lgs. n. 259/2003, comunque, sono state ritenute legittime dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 336 del 14-27 luglio 2005 in quanto espressione di un principio fondamentale della legislazione”. (...)

 

Successivamente la Consulta con le Sentenze n. 129 del 23 marzo 2006 e n. 265 del 21 giugno 2006 fa propria la tesi del procedimento unico con l’assorbimento della valutazione della compatibilità urbanistico-edilizia ex D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 nell’articolo 87 del Codice, ed in più evidenzia molto il concetto secondo il quale le regioni e gli enti locali non vengono privati delle loro attribuzioni in materia di governo del territorio ed urbanistica, ma devono comunque esercitarle all’interno del procedimento unico:

(...) “La confluenza in un unico procedimento dell'iter finalizzato all'ottenimento dell'autorizzazione a costruire tali impianti risponde pertanto ai principi generali sopra richiamati perché, come ha osservato il Consiglio di Stato (sezione VI, sentenza n. 4159 del 2005), le «esigenze di tempestività e contenimento dei termini resterebbero vanificate se il nuovo procedimento venisse ad abbinarsi e non a sostituirsi a quello previsto in materia edilizia».

Bisogna aggiungere che l'unificazione dei procedimenti non priva l'ente locale del suo potere di verificare la compatibilità urbanistica dell'impianto per cui si chiede l'autorizzazione. Il citato art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003 prevede infatti che tali installazioni vengano autorizzate dagli enti locali, previo accertamento, da parte dell'organismo competente ad effettuare i controlli, della compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità. Questi ultimi sono specificati dall'art. 3, comma 1, lettera d), numeri 1 e 2, della legge 22 febbraio 2001, n. 36 (Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici). Nella suddetta disposizione sono compresi «i criteri di localizzazione» e «gli standard urbanistici». La tutela del territorio e la programmazione urbanistica sono salvaguardate dalle norme statali in vigore ed affidate proprio agli enti locali competenti, i quali, al pari delle Regioni (sentenza n. 336 del 2005), non vengono perciò spogliati delle loro attribuzioni in materia, ma sono semplicemente tenuti ad esercitarle all'interno dell'unico procedimento previsto dalla normativa nazionale, anziché porre in essere un distinto procedimento”. (...)

 

La Cassazione Penale con la Sentenza n. 9631 del 21 marzo 2006 affronta altri argomenti importanti: la mancanza della clausola di esclusività, e la mancata abrogazione espressa (prevista dall'art. 41, comma 2, lett. d, della L. di delega n. 166 del 2002) di tutte le norme incompatibili con il Codice delle Comunicazioni, e li risolve rafforzando con essi il concetto stesso di assorbimento del titolo edilizio nell’articolo 87. Ne esce in tal modo ulteriormente confermato il principio di applicabilità del regime sanzionatorio dell'art. 44 del D.P.R. 380/2001 agli impianti radioelettrici:

(...) “Rispetto agli indicati argomenti appaiono, quindi, recessivi quelli addotti a sostegno della tesi contraria, fra cui quello diretto a rimarcare la mancata inclusione nel Codice Comunicazione Elettronica di una "clausola di esclusività" e di una espressa previsione di deroga alla disciplina posta dall'art. 10 del previgente Testo Unico dell’Edilizia. D'altra parte, lo stesso TUE, nel fissare l'ambito della propria applicazione, stabilisce che "restano ferme le disposizioni in materia di tutela dei beni culturali e ambientali contenute nel D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, e le altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia" (art. 1, comma 2, TUE).

Di conseguenza, in base a questa disposizione di ordine sistematico, è escluso dalla applicazione del testo unico quanto, pur avendo incidenza in materia edilizia, rimane disciplinato dalle diverse normative speciali di settore, tra le quali rientra certamente la disciplina speciale del settore inerente agli impianti di comunicazione elettronica (fissa e mobile).

Proprio perchè si tratta di deroga e non di abrogazione, è poi irrilevante che l'art. 41, comma 2, lett. d), della L. di delega n. 166 del 2002 imponga formalmente la "abrogazione espressa" di tutte le norme incompatibili. Del resto l'art. 87 del CCE non esclude che gli impianti in esso previsti debbano considerarsi "nuova costruzione", ai sensi dell'art. 3, lett. e.2) ed e.4), del TUE, e pone una deroga esclusivamente procedimentale alle generali previsioni dell'art. 10 del TUE, in quanto non mette in discussione la necessità di una valutazione dell'intervento alla stregua della vigente normativa urbanistico- edilizia e delle prescrizioni degli strumenti di pianificazione”.

L'interpretazione seguita più di recente dalla richiamata decisione della Sez. 3^, 24 marzo 2005, n. 33735, Vodafone Omnitel N.V, invece, il fatto che per le infrastrutture di comunicazione elettronica in questione sia sufficiente l'autorizzazione di cui all'art. 87 del CCE, non incide sul regime sanzionatorio penale di cui all'art. 44 del TUE, di modo che, in mancanza della autorizzazione prevista dalla legge speciale, le dette infrastrutture restano pur sempre sottoposte alle sanzioni penali specifiche delle opere soggette a permesso di costruire.

Questo Collegio condivide questa interpretazione, poichè essa discende logicamente dal presupposto cui dianzi si è giunti, e cioè che la disciplina derogatoria dettata dal CCE non ha fatto venir meno la necessità di un titolo abilitativo ai fini edilizi per le infrastrutture di comunicazione elettroniche in esame, ma ha solo inglobato questo titolo edilizio nella autorizzazione prevista dall'art. 87 del CCE, la quale ha come suo proprio contenuto imprescindibile anche la verifica della compatibilità urbanistico- edilizia dell'intervento.

Poichè, quindi, non vi è stata un'eliminazione della necessità di un titolo abilitativo edilizio, ma soltanto un mutamento della disciplina procedimentale per l'abilitazione all'intervento edilizio, questo mutamento non incide sulla disciplina sanzionatoria penale, che non è correlata alla tipologia del titolo abilitativo, bensì alla consistenza concreta dell'intervento.

Deve quindi concludersi nel senso che qualora le infrastrutture in esame siano realizzate in mancanza della autorizzazione prevista dall'art. 87 del CCE resta configurabile il reato di cui all'art. 44 del TUE. Può per completezza aggiungersi - condividendo anche sul punto le conclusioni della citata sent. sez. 3^, n. 33735/05 - che le disposizioni dell'art. 44 cit. si applicano altresì agli impianti "con potenza in singola antenna uguale od inferiore ai 20 Watt" (di cui all'art. 87 cit., al comma 3, ultima parte,) - suscettibili di realizzazione mediante denunzia di inizio attività ai sensi della L. n. 241/1990, art. 19, come successivamente modificato - allorchè siano eseguiti in assenza o in difformità della denunzia medesima. (...).

 

Il D.Lgs. n. 259/03 prevede all’articolo 214 (Esecuzione di impianti radioelettrici non autorizzati) delle sanzioni amministrative: “Chiunque esegua impianti radioelettrici, per conto di chi non sia munito di autorizzazione quando questa sia richiesta, e' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 240,00 a euro 2.420,00”, è importante allora ricordare la recente sentenza del Tar Lazio, n. 3784 del 5 giugno 2007, che stabilisce la coesistenza delle sanzione amministrative previste dal Codice delle Comunicazioni con le misure repressive del Testo Unico dell’Edilizia:

(...) “Anche se non appare più necessario, pertanto, il rilascio di un titolo abilitativo, formalmente qualificato come permesso di costruire, non cambia la valutazione – nei termini in precedenza ricordati – della consistenza dell’intervento sul piano urbanistico-edilizio, con necessaria coesistenza delle misure repressive, di cui al D.P.R. n. 380/01, con le sanzioni disposte, sotto altro profilo, dal predetto D.Lgs. n. 259/03.  Come sottolineato dalla Suprema Corte nelle pronunce in precedenza citate, infatti, il procedimento autorizzatorio unico di cui sopra non esclude, ma assorbe la valutazione della compatibilità urbanistico-edilizia, di competenza dell’ente locale, con sopravvivenza della fattispecie di “opere eseguite senza permesso di costruire”, sia ai fini dell’applicazione della misura sanzionatoria penale, di cui all’art. 44 del T.U. dell’Edilizia, sia – deve ritenersi – in ordine alle sanzioni amministrative, che gli articoli 31 e seguenti del medesimo T.U. impongono in materia di abusivismo edilizio”. (...).

 

Con la recente sentenza della Corte di Cassazione Penale sez. III n. 12318, del 23 marzo 2007 trova definitiva conferma l'applicabilità, delle sanzioni di cui all'art. 44 del DPR n. 380/2001 agli impianti radioelettrici:

(...) “Ai fini della installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici, l'autorizzazione e la procedura di inizio attività previste dal D.Lgs. 1 agosto 2003 n. 259, codice delle comunicazioni elettroniche, si intendono estese a tutti i profili connessi alla realizzazione ed alla attivazione di tali tipi di impianti, compresi quelli urbanistici ed edilizi, con la conseguente non necessità di un distinto titolo abilitativo a fini edilizi, atteso che il procedimento di autorizzazione disciplinato dal citato decreto è finalizzato all'esigenza di semplificazione e concentrazione dei procedimenti amministrativi" (sez. III, 200533735, Vodafone Omnitel, RV 232183; conf. sez. III, 200541598, P.M. in proc. Martinelli, RV 232354). Pertanto, la realizzazione di un impianto di telefonia mobile in assenza di un titolo abilitativo, ai sensi del D. L.vo n. 259/2003, determina l'applicabilità delle sanzioni di cui all'art. 44 del DPR n. 380/2001, in quanto la concentrazione del procedimento autorizzatorio se pur finalizzata alla esigenza di semplificazione dei procedimenti amministrativi, non determina il venir meno dell'autonomo profilo di illegittimità edilizia del manufatto realizzato in assenza del provvedimento onnicomprensivo previsto dal Codice delle comunicazioni elettroniche (cfr. Cass. sez. III, 2006/9631, Erigili ed altro, RV 233551)”.

 

Possiamo pertanto oggi affermare alla luce della suesposta giurisprudenza che:

 

Le sanzioni di cui all’articolo 44 comma 1 lettera a) del DPR 380/2001 si possono applicare agli impianti radioelettrici installati senza osservare le prescrizioni del regolamento edilizio se contiene specifiche disposizioni per gli stessi, ovvero installati in violazione del regolamento redatto ai sensi dell’art. 8 comma 6 della L. 36/2001.

 

Sui contenuti e sulle modalità di approvazione del regolamento che disciplina l’installazione degli impianti radioelettrici esiste abbondante giurisprudenza, ma vale la pena di ricordare la posizione del Consiglio di Stato ben riassunta nella sentenza n. 3536 del 2007: “È stato infatti più volte ribadito da questa sezione che l’introduzione di misure tipicamente di governo del territorio (distanze, altezze, localizzazioni, ecc….) tramite regolamento edilizio comunale trova giustificazione solo se sia conforme al principio di ragionevolezza e alla natura delle competenze urbanistico-edilizie esercitate, e sia sorretta da una sufficiente motivazione sulla base di risultanze acquisite attraverso un’istruttoria idonea a dimostrare la ragionevolezza della misura e la sua idoneità rispetto al fine perseguito; e ciò vale anche alla luce dell’art. 8, 6° comma L. n. 36/2001 per il quale alle competenze dei Comuni, dirette ad assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti, si aggiunge quella di <> in quanto anche tali misure di minimizzazione (distinte dalla norma anzidetta rispetto a quelle urbanistico-edilizie) non possono in alcun modo prevedere limiti generalizzati di esposizione diversi da quelli previsti dallo Stato, né possono di fatto costituire una deroga generalizzata a tali limiti. (cfr. in tal senso Cons. St. VI, 3 giugno 2002, n. 3095 e 16 novembre 2004, n. 7502).”

Le sanzioni di cui all’articolo 44 comma 1 lettera b) si possono applicare agli impianti radioelettrici installati in totale difformità o senza il titolo previsto dall’articolo 87 (autorizzazione o D.I.A.) del D.Lgs. n. 259/03.

Le sanzioni di cui all’articolo 44 comma 1 lettera c) si possono applicare agli impianti radioelettrici installati in zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in totale difformità o assenza dell’autorizzazione o della D.I.A. previsti dall’articolo 87 del D.Lgs. n. 259/03