Cons. Stato Sez. VI n. 9414 del 27 dicembre 2010
Elettrosmog. Installazione di impianti e irrilevanza di accordi con privati

La circostanza una società telefonica abbia concluso un accordo con altro soggetto per la localizzazione di un impianto di telefonia in un’area a quest’ultimo appartenente non esclude che il rapporto amministrativo con l’ente comunale, ai fini del rilascio del titolo abilitativo ad installare la stazione radio-base, non rientri nel campo applicativo del Codice delle comunicazioni elettroniche e non debba quindi scontare il procedimento semplificato ivi previsto la formazione del titolo abilitativo. Alla base di qualsiasi istanza di autorizzazione o di denuncia di inizio di attività afferente impianti di telefonia vi è sempre un previo fatto funzionale alla acquisizione della disponibilità dell’area ad opera della società telefonica (ovvero di altra società-veicolo a tanto incaricata) che dovrà eseguire l’intervento. Ma ciò non esclude che la fase successiva deve essere necessariamente quella della formazione del titolo per l’intervento edilizio, che non potrebbe svolgersi, avuto riguardo alla sicura afferenza dell’impianto da realizzare al sistema delle comunicazioni elettroniche, se non appunto sulla scorta delle previsioni normative del d.lgs. 259/03 ( recante il Codice delle comunicazioni

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


N. 09414/2010 REG.SEN.
N. 10026/2005 REG.RIC.


Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


sul ricorso numero di registro generale 10026 del 2005, proposto da:
Comune di Pompei, in persona del sindaco e legale rappresentante pro-tempore,rappresentato e difeso dagli avv. Pietro Morrone, Luciano Noce, con domicilio eletto presso lo studio legale del primo in Roma, piazza Bainsizza, 10;


contro


Tim Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Alfredo Frezza e Mario Sanino, con domicilio eletto presso lo studio legale di quest’ultimo in Roma, viale Parioli, 180; Circumvesuviana S.p.A.;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE VII n. 7357/2005, resa tra le parti, concernente SOSPENSIONE AUTORIZZAZIONI NUOVE ANTENNE E IMPIANTI DI TELEFONIA MOBILE


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 ottobre 2010 il consigliere di Stato Giulio Castriota Scanderbeg e uditi per le parti gli avvocati Frezza e Sanino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO


‘E impugnata la sentenza del Tar per la Campania n. 7357 del 31 maggio 2005, resa in forma semplificata, che ha accolto il ricorso proposto da Tim Italia spa per l’annullamento dell’ordinanza sindacale n. 514 del 29 dicembre 2004 del Comune di Pompei recante la sospensione, con effetto immediato, nell’ambito dell’intero territorio della città di Pompei, della installazione di nuove antenne ed impianti a servizio della telefonia mobile, in attesa della adozione di apposita disciplina regolamentare.

I giudici di primo grado, nell’accogliere le censure della società telefonica, hanno richiamato la costante giurisprudenza in tema di localizzazione di stazioni radio-base per telefonia mobile in forza della quale, in considerazione del carattere strategico per l’interesse pubblico nazionale delle infrastrutture di telefonia mobile, non è consentita l’adozione di provvedimenti interdittivi del tipo di quello gravato, tanto più dopo la formazione del titolo abilitativo tacito per la realizzazione degli impianti, ai sensi dell’art. 87 del d.lgs. 259/03.

Ha impugnato tale decisione il Comune di Pompei deducendo violazione degli artt. 16 e 27 del DPR n. 380/01 in relazione agli artt. 4, 86 e 87 del d.lgs n. 259/03, violazione dell’art. 8, comma 6, della legge n. 36 del 2001 nonché da ultimo carenza di interesse ad agire in capo alla società Tim Italia spa.

Si è costituita quest’ultima società telefonica per resistere al ricorso e per chiederne il rigetto.

All’udienza pubblica del 19 ottobre 2010 il ricorso in appello è stato trattenuto per la decisione.

L’appello non appare suscettibile di favorevole apprezzamento.

In primo grado è stata impugnata la ordinanza sindacale del Comune di Pompei del 29 dicembre 2004 con la quale si è fatto luogo alla sospensione della installazione di tutte le nuove antenne ed impianti ( ivi compreso, quindi, l’impianto della odierna appellata Tim Italia spa) relativi alla telefonia mobile, nelle more dell’approvazione dell’apposito regolamento comunale per la corretta localizzazione degli impianti; inoltre, ha formato oggetto di impugnativa la diffida del Dirigente della polizia municipale di Pompei del 15 febbraio 2005 rivolta sia a Tim Italia spa sia alla società Circumvesuviana spa mirante alla sospensione dei lavori.

Come anticipato, i primi giudici hanno accolto il gravame della società telefonica valorizzando la natura strategica delle opere afferenti gli impianti di telefonia mobile ed il carattere illegittimo della sospensione sine die sostanzialmente disposta dal sindaco a mezzo della avversata ordinanza, con pretesa sterilizzazione della efficacia anche dei titoli già formati ( quale quello di Tim Italia spa, la cui istanza di autorizzazione risale al luglio 2003).

L’appellante Comune di Pompei deduce col primo motivo che il caso per cui è causa non sarebbe assimilabile ad una normale controversia tra un privato ed una pubblica Amministrazione in materia di installazione di impianti radio-base per telefonia mobile, involgendo la stessa esclusivamente l’attuazione di un rapporto obbligatorio tra privati. Infatti, a dire dell’appellante, Tim Italia spa e la società Circumvesuviana spa avrebbero concluso un accordo per la installazione di una stazione radio-base in un’area di proprietà di quest’ultima società, in località Moregine. Di qui la pretesa inapplicabilità del codice delle comunicazioni elettroniche.

Inoltre l’appellante lamenta che non sia stato sufficientemente considerato dai primi giudici che l’attività sindacale oggetto di scrutinio giurisdizionale sarebbe stata posta in essere nell’esercizio di poteri contingibili ed urgenti, al precipuo fine di rendere proficuo ed effettivo il potere regolamentare del Comune di Pompei di far luogo alla corretta localizzazione degli impianti telefonici su tutto il territorio comunale.

Da ultimo l’Ente appellante deduce il difetto di interesse al ricorso di primo grado da parte di Tim Italia spa, sia sotto il profilo che il provvedimento impugnato avrebbe carattere temporaneo, sia sotto il profilo della insussistenza in capo ad essa Tim di un valido titolo abilitativo per la realizzazione dell’intervento programmato.

Osserva il Collegio che nessuna delle censure appare meritevole di accoglimento.

Anzitutto, non merita condivisione il rilievo preliminare secondo cui la fattispecie, risolvendosi in una questione tra privati, esulerebbe dal campo applicativo del Codice delle comunicazioni elettroniche. La circostanza infatti che la società telefonica Tim Italia spa abbia concluso un accordo con la società Circumvesuviana spa per la localizzazione di un impianto di telefonia in un’area a quest’ultima appartenente non esclude che il rapporto amministrativo con l’ente comunale, ai fini del rilascio del titolo abilitativo ad installare la stazione radio-base, non rientri nel campo applicativo del Codice delle comunicazioni elettroniche e non debba quindi scontare il procedimento semplificato ivi previsto la formazione del titolo abilitativo. Alla base di qualsiasi istanza di autorizzazione o di denuncia di inizio di attività afferente impianti di telefonia vi è sempre un previo fatto funzionale alla acquisizione della disponibilità dell’area ad opera della società telefonica ( ovvero di altra società-veicolo a tanto incaricata) che dovrà eseguire l’intervento. Ma ciò non esclude che la fase successiva deve essere necessariamente quella della formazione del titolo per l’intervento edilizio, che non potrebbe svolgersi, avuto riguardo alla sicura afferenza dell’impianto da realizzare al sistema delle comunicazioni elettroniche, se non appunto sulla scorta delle previsioni normative del citato d.lgs. 259/03 ( recante il Codice delle comunicazioni elettroniche).

Venendo al secondo motivo d’appello, il Collegio osserva che è giurisprudenza costante di questo Consiglio, dalla quale non si ravvisano motivi per discostarsi, quella secondo cui il potere regolamentare dei Comuni di fissare, ai sensi dell’art. 8 ultimo comma della legge n. 36 del 2001, criteri localizzativi per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici non si può mai tradurre nel potere di sospendere la formazione dei titoli abilitativi formati o in corso di formazione ai sensi degli artt. 86 e 87 del Codice delle comunicazioni elettroniche. Peraltro è noto che, secondo la ricorrente interpretazione giurisprudenziale (Consiglio Stato , sez. VI, 08 settembre 2009 , n. 5258) la testè citata potestà regolamentare dei Comuni deve tradursi in regole ragionevoli, motivate e certe, poste a presidio di interessi di rilievo pubblico, ma non può tradursi in un generalizzato divieto di installazione in zone urbanistiche identificate. Tale previsione verrebbe infatti a costituire una inammissibile misura di carattere generale, sostanzialmente cautelativa rispetto alle emissioni derivanti dagli impianti di telefonia mobile, in contrasto con l'art. 4 l. n. 36 del 2001, che riserva alla competenza dello Stato la determinazione, con criteri unitari, dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, in base a parametri da applicarsi su tutto il territorio dello Stato.

Nel caso di specie pertanto non risulta legittima la ordinanza sindacale di sospensione dei titoli in formazione o già formato ( quale appunto quello in possesso della ricorrente di primo grado) nelle more della definitiva approvazione del Regolamento comunale sugli impianti di telefonia, neppure ove alla gravata ordinanza dovesse riconnettersi natura di ordinanza contingibile ed urgente. Sarebbe evidente, in tal caso, la esorbitanza della misura sospensiva rispetto allo scopo perseguito, atteso che, richiamata la non inerenza alla sfera comunale di compiti afferenti la tutela della salute, la pendenza dell’iter approvativo del regolamento comunale non potrebbe giustificare la sterilizzazione dei titoli già formati, avuto riguardo alla natura urgente e indifferibile delle opere riguardanti gli impianti di telefonia mobile nonchè alla loro assimilazione ope legis alle opere di urbanizzazione primaria.

Da ultimo, destituito di fondamento è anche il motivo di censura riguardante la pretesa carenza di interesse ad agire in capo a Tim Italia spa. Si è già detto infatti che a ragione la società telefonica ritiene formato il titolo abilitativo per l’esecuzione dell’interevento ai sensi dell’art. 87 del d.lgs. 259/03 e che detta formazione non può ritenersi impedita o sterilizzata per effetto della adozione del provvedimento soprassessorio in primo grado impugnato.

Né può dirsi, come assume l’appellante, che detto titolo amministrativo possa ritenersi inficiato per invalidità derivata rispetto al parere della Soprintendenza di Napoli che, secondo la prospettazione dell’Amministrazione comunale, sarebbe stato adottato sul falso presupposto che l’impianto non si trovi in zona a protezione integrale (con necessità consequenziale di restauro paesistico ambientale); è evidente infatti che fino a quando detto parere non venga impugnato e caducato in sede giurisdizionale, ovvero ritirato in autotutela dalla stessa Amministrazione emanante, lo stesso dispiegherà piena efficacia e non potrà per tal guisa inficiare il titolo abilitativo formatosi in via tacita si sensi del ricordato art. 87 del d.lgs. 259/03.

Né ha pregio il rilievo incentrato sul preteso carattere temporaneo della ordinanza sindacale impugnata in prime cure, attesa la evidente lesività, per le ragioni della ricorrente di primo grado, del provvedimento che sospende la operatività di un titolo, già legittimamente formatosi sulla scorta di una previsione normativa di rango primario ( art. 87 cit.).

In definitiva, l’appello va respinto e va confermata la impugnata sentenza.

Le spese di lite devono essere compensate tra le parti, in considerazione degli interessi reciprocamente fatti valere in giudizio.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 ottobre 2010 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Barbagallo, Presidente
Luciano Barra Caracciolo, Consigliere
Rosanna De Nictolis, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/12/2010