Cass. Sez. III n. 23347 del 15 giugno 2021 (UP 14 mag 2021)
Pres. Petruzzellis Est. Galterio Ric. Conforti
Ecodelitti.Reato di cui all’art.452-quaterdecies c.p. e individuazione dell’ingente quantitativo di rifiuti

Ai fini dell’individuazione dell'ingente quantitativo di rifiuti trattati, la circostanza che si tratti di quantitativo ampiamente ricompreso nei limiti dell’autorizzazione non rileva quando l’autorizzazione è subordinata al rispetto di specifiche condizioni, la mancata realizzazione  delle quali non consente, in difetto di parametri di riferimento, proporzioni di sorta tra i rifiuti astrattamente autorizzati e quelli di fatto gestiti.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 2.10.2020 la Corte di Appello di Salerno ha confermato la condanna alla pena di un anno di reclusione inflitta all’esito del giudizio di primo grado a Roberto Consorti e a Nicola Mennella ritenuti responsabili del reato di cui all’art. 260 d. lgs. 152/2006 per aver in concorso fra loro, il primo quale legale rappresentante ed il secondo quale socio nonché amministratore di fatto della Emmesse Recycle s.r.l., società esercente attività di recupero rifiuti in procedura semplificata autorizzata per la classe di attività 3^ e per la quantità di 33.700 tonnellate annue, gestito illegittimamente ingenti quantitativi di rifiuti speciali misti non differenziati per un volume stimato di circa 5.000 mc. A tale conclusione erano pervenuti entrambi i giudici di merito in forza di quanto riscontrato all’esito del sopralluogo e dei rilievi fotografici eseguiti  in data 14.9.2013  dagli agenti di PG che avevano riscontrato la presenza nell’area della società di un quantitativo di rifiuti speciali misti, per un peso stimato in complessive 1.233 tonnellate, ammassati senza alcuna differenziazione tra loro, in parte all’interno di capannoni, in parte all’esterno a contatto diretto con il terreno, in totale difformità da quanto previsto dall’autorizzazione conseguita, non risultando l’impresa dotata di fabbricato destinato ad uffici, di box da adibire allo stoccaggio delle varie tipologie di rifiuti, di pesa all’ingresso e di macchinari per la loro separazione.
Avverso il suddetto provvedimento entrambi gli imputati, hanno autonomamente proposto ricorso per cassazione, il cui contenuto viene succintamente riprodotto nei limiti di cui all’art. 173 disp.att. cod.proc.pen..
Roberto Consorti ha articolato due motivi.
2.1. Con il primo motivo, pienamente sovrapponibile al primo motivo del Mennella, lamenta, in relazione al vizio di violazione di legge riferito agli artt. 546, 597 e 598 cod. proc. pen., la mancanza di motivazione in ordine all’elemento della ingente quantità dei rifiuti che, configurando elemento costitutivo della fattispecie criminosa contestagli, impone uno specifico apprezzamento che, al di là del dato squisitamente ponderale, involge una valutazione complessiva che tenga conto delle specifiche finalità perseguite dalla norma da individuarsi nella pericolosità per la salute e nella tutela dell’integrità dell’ambiente. Deduce che invece la Corte di Appello abbia circoscritto la propria disamina al solo elemento ponderale, quantunque la contestazione sollevata con i motivi di appello involgesse anche l’insussistenza di pericolosità e fosse stata perciò espressamente sollecitata quella valutazione globale, resa necessaria secondo la corrente elaborazione giurisprudenziale dalla mancata individuazione preventiva da parte del legislatore dell’espressione “ingente quantitativo”, da ancorarsi di volta in volta alla tipologia del rifiuto, alla sua qualità ed alla situazione specifica del caso concreto, tenuto conto che, a prescindere dall’affidabilità del dato numerico calcolato sulla base della pesatura dei produttori conferenti i rifiuti, il peso di 1.123 tonnellate a fronte delle 33.000 concesse alla società Emmesse, non può essere considerato di per sé pericoloso per la salute e l’incolumità pubblica e che in ogni caso agli imputati non viene contestata in alcun modo la presenza di rifiuti pericolosi nell’area oggetto di sequestro.
2.2. Con il secondo motivo contesta, in relazione al vizio di violazione di legge riferito all’art. 452 quaterdecies d. lgs. 152/2006 e al vizio motivazionale, la subordinazione della sospensione condizionale della pena all’eliminazione del danno o del pericolo per l’ambiente, sostenendo che nessun accertamento del danno o del pericolo in concreto fosse stato compiuto da parte dei giudici di merito.
3. Componendosi anche il ricorso di Nicola Mennella di due motivi, con il secondo questi lamenta il travisamento della prova in ordine all’affermazione della sua responsabilità, rivestendo egli la posizione di socio in mancanza di alcun atto processuale dal quale desumere l’esistenza di una delega, peraltro solo di fatto, conferitagli da parte del Consorti per la gestione dei rifiuti, essendo il suo compito limitato al ritiro dei documenti richiesti presso le Pubbliche Amministrazioni. Evidenzia che la circostanza che egli fosse arrivato nel cantiere al momento del sopralluogo prima del Conforti e che avesse materialmente consegnato i F.I.R. alla P.G. non fosse significativa di alcuna attività di gestione, tenuto conto che nessun elemento consentiva di ritenere che i suddetti documenti fossero stati da lui materialmente redatti. Deduce che in ogni caso laddove, come nel caso di specie, il legale rappresentante di una società di capitali esplichi funzioni gestorie essendosi il Conforti occupato dell’iscrizione della società nel registro delle imprese esercenti l’attività di stoccaggio e recupero rifiuti, così come della richiesta di autorizzazione allo scarico di acque meteoriche, non può ascriversi all’amministratore di fatto il compimento di atti per i quali non sussisteva l’obbligo di ingerirsi.
4. Con memoria in replica alle conclusioni del Procuratore Generale, il difensore degli imputati ha insistito per l’accoglimento di ricorsi precisando, quanto al secondo motivo svolto dal Conforti, che la subordinazione della sospensione della pena alla preventiva bonifica del sito era priva di alcuna copertura legislativa in assenza di accertamento della pericolosità dei rifiuti stoccati e che il quinto motivo del ricorso in appello concernente il trattamento sanzionatorio non consente di ritenere nuova la censura articolata con la presente impugnativa

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.Il primo motivo del ricorso del Conforti, comune a quello del Mennella, non può ritenersi meritevole di accoglimento.
La contestazione difensiva si incentra sull’ingente quantitativo, configurante elemento costitutivo del delitto di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, già previsto dall'art. 260 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 ed attualmente disciplinato dall'art. 452-quaterdecies cod. pen., introdotto dall'art. 3 del d.lgs. 1 marzo 2018, n. 21, recante disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva di codice nella materia penale,  lamentandosi che la disamina effettuata dai giudici distrettuali si sia focalizzata sul solo dato ponderale senza estendersi al giudizio complessivo volto ad evidenziare, in conformità alla ratio sottesa al bene giuridico tutelato dalla norma, la pericolosità dei rifiuti per la salute pubblica e l’integrità dell’ambiente, rispetto ai quali l’elemento quantitativo rappresenterebbe solo uno dei parametri di riferimento.
Non ritiene tuttavia questo Collegio che la lettura data dalla difesa corrisponda alla corretta esegesi della norma nello specifico contesto in esame.
E’ ben vero che la nozione di ingente quantitativo non risulta predefinita dal legislatore che ne rimette all’interprete, di volta in volta, la ravvisabilità senza che ciò comporti un problema di indeterminatezza del precetto, come già ritenuto da questa Corte in un risalente arresto che, nell’affermare la manifesta infondatezza della sollevata questione di illegittimità costituzionale, ha evidenziato come l’elasticità della formula legislativa rispondesse all’esigenza di evitare aprioristici irrigidimenti normativi a fronte di un giudizio che deve necessariamente tenere conto di una serie di variabili concrete quali la tipologia del rifiuto, la sua qualità e le situazioni specifiche di riferimento (Sez. 3, Sentenza n. 358 del 20/11/2007 - dep. 08/01/2008, Rv. 238558). La successiva elaborazione giurisprudenziale che ha fatto leva sulle suddette variabili era tuttavia diretta ad enucleare la sussistenza dell’ingente quantitativo in presenza di una pluralità di operazioni che, considerate singolarmente, avrebbero potuto essere definite di modesta entità e che invece andavano riferite al materiale complessivamente gestito dal soggetto incriminato per traffico illecito di rifiuti sottolineando quindi la necessità in tal caso di una valutazione complessiva parametrata agli stessi criteri informatori della norma, evidentemente strumentale al contrasto delle più pericolose attività illecite concernenti i rifiuti. Da qui l’affermazione secondo la quale l'ingente quantitativo non può essere individuato a priori, attraverso riferimenti esclusivi a dati specifici, quali, ad esempio, quello ponderale, dovendosi al contrario basare su un giudizio complessivo che tenga conto delle peculiari finalità perseguite dalla norma, della natura del reato e della pericolosità per la salute e l'ambiente e nell'ambito del quale l'elemento quantitativo rappresenta solo uno dei parametri di riferimento (Sez. 3, n. 47229 del 6/11/2012, non mass.; Sez. 3, n. 46950 del 11/10/2016 - dep. 09/11/2016, Rv. 268667; Sez. 3, n. 39952 del 16/04/2019 - dep. 30/09/2019, Rv. 278531).
Ciò detto, il suddetto principio interpretativo non si attaglia al caso di specie. L’insieme dei rifiuti rinvenuto dalla PG all’interno della sede della Emmesse, all’esito di un unico sopralluogo, era costituito da rifiuti tutti gestiti abusivamente in ragione della stridente difformità dal titolo abilitativo conseguito rispetto al quale nessuna delle opere strutturali previste (costruzione di una palazzina adibita ad uffici, nonchè di box appositamente dedicati allo stoccaggio) era stata mai realizzata, così come nessuna delle modalità per il trattamento dei rifiuti (installazione di macchinari per la differenziazione dei materiali trattati, nonché di una pesa all’ingresso) era stata mai predisposta, versando l’azienda, stante l’accumulo dei rifiuti, variamente ammassati o all’interno dei capannoni preesistenti in modo indifferenziato malgrado la diversa composizione (materiale plastico, pneumatici concimi, residui tessili, cartoni, imballaggi di vetro e  via dicendo) o all’esterno direttamente sul terreno tra essi figurando anche rifiuti di natura pericolosa (materiale parzialmente combusto, parti di manufatto in cemento armato, terre e rocce da scavo), in condizione” di degrado e di abbandono” secondo l’eloquente definizione datene dal perito a seguito dell’apposito accertamento demandatogli.  
La circostanza che si trattasse di quantitativo ampiamente ricompreso nei limiti dell’autorizzazione, conseguita dalla società per 33.700 tonnellate annue, così come eccepito dalla difesa nell’atto di appello che sottolinea come le 1.233 tonnellate rinvenute costituissero appena 1/32esimo  del dato ponderale autorizzato, configura deduzione priva di pregio ove si consideri che l’autorizzazione era subordinata al rispetto delle specifiche condizioni sopra descritte, la mancata realizzazione  delle quali non consente, in difetto di parametri di riferimento,  proporzioni di sorta tra i rifiuti astrattamente autorizzati e quelli di fatto gestiti. Conseguentemente, equivalendo, il titolo abilitativo conseguito nel concreto ad un tamquam non esset, il quantitativo rinvenuto all’interno dell’azienda, la cui illecita gestione non è oggetto di alcuna specifica contestazione svolta con il presente ricorso né sotto il profilo dei requisiti strutturali, di fatto del tutto insussistenti, né sotto il profilo del trattamento dei rifiuti eseguito in totale difformità dalle incombenze normativamente previste, non può che ritenersi ingente, sol che si consideri, alla luce del significato semantico che riveste l’attributo nel linguaggio comune, e dunque della sua pregnanza, che le 1.322 tonnellate rinvenute all’esito del sopralluogo non solo erano comprensive di materiali pericolosi (quali quelli presenti nel mucchio posizionato nell’area esterna al piazzale), ma costituivano i rifiuti trattati nell’arco di neppure sei mesi (da 18 marzo al 6 settembre 2016), dovendo la relativa valutazione rapportarsi all’attività abusiva nel suo complesso. Del resto, la laconicità della motivazione resa dai giudici territoriali al riguardo è ampiamente giustificata dall’eccentricità della deduzione difensiva svolta in appello, incentrata, come sopra evidenziato, sull’esiguità del dato ponderale rinvenuto rispetto a quello autorizzato.
2. Il secondo motivo svolto dal Coforti, relativo alla subordinazione della sospensione condizionale della pena alla bonifica dell’area, non risulta aver costituito oggetto di alcuna doglianza in sede di appello, concentrato in punto di trattamento sanzionatorio al solo diniego delle attenuanti generiche. Risultando la suddetta doglianza essere stata devoluta per la prima volta innanzi a questa Corte, deve conseguentemente ritenersene l’inammissibilità, venendo altrimenti meno, in difetto di preventiva sottoposizione della relativa questione al giudice di merito, la funzione del sindacato di legittimità cui è sotteso il giudizio demandato a questa Corte (Sez.5, n.28514 del 23/04/2013 - dep. 02/07/2014, Grazioli Gauthier, Rv. 255577).
Il ricorso del Conforti deve in conclusione, essere rigettato, seguendo a tale esito l’onere delle spese processuali ex art. 616 cod. proc. pen.
3. Il secondo motivo svolto dal Mennella risulta, invece, fondato.
La circostanza che costui rivestisse pacificamente all’interno della compagine sociale la posizione di socio, a nulla valendo che avesse a suo tempo rilevato le quote dell’ex amministratore posto che la suddetta carica risulta, altrettanto pacificamente, ricoperta all’epoca dei fatti in contestazione dal coimputato, non consente in presenza di un’imprecisata delega, peraltro priva dei requisiti formali previsti ex lege, di desumere la sua ingerenza nei poteri gestori facenti capo al legale rappresentante della società. Che egli si fosse occupato di ritirare materialmente presso l’ufficio provinciale l’autorizzazione rilasciata, su richiesta del Conforti, all’iscrizione della società nel registro istituito per le imprese esercenti l’attività di stoccaggio e recupero dei rifiuti, così come di consegnare i F.I.R. agli agenti di PG intervenuti per porre in essere il sequestro preventivo all’esito del sopralluogo dimostra solo che gli fossero demandate incombenze meramente esecutive rispetto a determinazioni che non risulta fossero state da costui precedentemente assunte: una cosa sono infatti gli esecutivi, nei quali rientrano gli adempimenti materiali conseguenti a specifiche incombenze demandate dall’amministratore, una cosa sono gli atti gestori che postulano, invece, una concreta ingerenza, sia pure soltanto di fatto, nell’amministrazione societaria con funzioni direttive attraverso cui si indirizzino le scelte aziendali vuoi produttive, vuoi amministrative, vuoi contrattuali concernenti la gestione dell’attività di impresa.
L’affermazione di responsabilità del Mennella non risulta ancorata ad alcun atto di gestione concreta, risultando accertato soltanto che questi fosse intervenuto prima dell’amministratore di diritto al momento dell’esecuzione del sequestro presso la sede della società aprendo con le chiavi in suo possesso l’ufficio in cui erano stati archiviati i FIR – documenti che non è dato neppure sapere da chi fossero stati redatti e sottoscritti - che aveva provveduto a consegnare alla PG, e che avesse ritirato specifiche autorizzazioni concernenti adempimenti in capo alla società su delega del Conforti (che conseguentemente sembra essere colui che aveva svolto le relative richieste presso gli uffici competenti), senza che nulla sia stato verificato in ordine al contenuto della menzionata delega, se cioè la stessa si estendesse ad atti ulteriori rispetto a quelli meramente esecutivi posti in essere dall’imputato, né alla sua redazione in forma scritta. E’ chiaro infatti che in presenza di un amministratore di diritto che non sia una mera testa di legno in tanto può ipotizzarsi la concorrente responsabilità di un terzo in quanto questi abbia una specifica delega al compimento di determinate attività di natura gestoria o comunque si dimostri la riconducibilità al medesimo delle determinazioni assunte in ordine alle attività illegittimamente espletate dalla società in nome e per conto della quale questi di fatto opera.
Non evincendosi dalle motivazioni rese nei due precedenti gradi di giudizio  elementi che consentano di ascrivere al prevenuto il reato in contestazione quale corresponsabile della gestione societaria, la sentenza impugnata deve essere sul punto annullata senza rinvio perché l’imputato non ha commesso il fatto.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Mennella Nicola, perché l’imputato non ha commesso il fatto. Rigetta il ricorso proposto da Conforti Roberto che condanna al pagamento delle spese processuali
Così deciso il 14.5.2021