La sanatoria paesaggistica permanente per qualsiasi abuso (analisi degli articoli 146 e 167 del D. Lgs. n° 42/2004 e ss.mm.ii.)

di MASSIMO GRISANTI

E’ proprio vero che fino a quando, nel concreto, non capita il “caso” non è possibile analizzare le norme sotto ogni profilo.

 

Il “caso” è il seguente.

In presenza di un edificio costruito in assenza dell’ordinario, e quindi preventivo, titolo abilitativo edilizio prima dell’imposizione del vincolo paesaggistico (per decreto oppure ex lege, come nel caso delle categorie di beni ex Legge Galasso oggi art. 142 del Codice del Paesaggio) è possibile ottenere il permesso in sanatoria ?

 

A primo acchito viene a tutti rispondere di no, avendo a mente il disposto dell’art. 167 del D. Lgs. n° 42/2004 e ss.mm.ii.

Ma siamo proprio sicuri che sia così ?

 

Andiamo a vedere.

 

Innanzi tutto, l’articolo 146 del Codice dispone che:

L’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio.

Fuori dai casi di cui all’articolo 167, commi 4 e 5, l’autorizzazione non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi.

(…)”.

 

Il primo periodo si presta ad una duplice interpretazione.

 

La prima, che l’autorizzazione paesaggistica venga rapportata agli ordinari, e quindi preventivi, titoli abilitativi edilizi. Invero, non dimentichiamo che il legislatore statale ha specificamente differenziato il “permesso di costruire” e la “denuncia di inizio attività”, quali titoli ordinari di cui, rispettivamente, agli articoli 12 e 22 del D.P.R. n° 380/2001, dal “permesso in sanatoria” di cui all’articolo 36 del suddetto T.U.E. nel quale rientrano, in un unico genus di autorizzazione postuma, gli interventi ordinariamente soggetti tanto a permesso di costruire quanto a denuncia di inizio attività.

Una siffatta lettura del primo periodo, ovverosia che il legislatore si intendeva riferire a interventi di tipo preventivo, è avvalorata dal fatto che il secondo periodo si riferisce specificamente ad ipotesi di interventi a sanatoria.

 

Con la seconda interpretazione, invece, si può sostenere che nella locuzione “altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio” debbano ricomprendersi anche i titoli abilitanti la sanatoria; nel qual caso, il secondo periodo costituisce delimitazione dell’ambito di estensione dell’autorizzazione paesaggistica prive di titolo edilizio ordinario.

 

Personalmente, tenuto conto della valenza costituzionale del paesaggio, ritengo sia da preferire la seconda interpretazione. In ogni caso, nulla cambia ai fini della risoluzione del quesito, ma ho voluto ugualmente evidenziare questa particolarità per far comprendere come il legislatore poteva essere più chiaro.

 

Il problema nasce, tuttavia, nel successivo articolo 167 del Codice, in quanto il comma 4 – disciplinante le species di abusi ammessi ad accertamento di compatibilità paesaggistica – non consente l’accertamento, per gli interventi cosiddetti maggiori ovverosia quelli determinanti creazione di superfici utili o volumi, solamente qualora siano stati realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica.

 

E’ del tutto evidente che l’assenza o la difformità dal titolo presuppongono l’obbligo di dotarsi della autorizzazione paesaggistica nel momento in cui sono stati realizzati.

 

Veniamo al “caso” di specie.

 

Poiché quando l’edificio – urbanisticamente abusivo – è stato realizzato (ad esempio nel 1980, entro la fascia di 150 dal fiume) NON sussisteva l’obbligo di dotarsi di autorizzazione paesaggistica perché la zona non era ancora vincolata, è possibile negare il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica e quindi del permesso in sanatoria ?

 

Se il legislatore non avesse voluto ammettere a sanatoria paesaggistica – in ogni tempo – i c.d. abusi maggiori non avrebbe inserito l’inciso “, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica,”.  Così facendo, infatti, il momento della realizzazione della res urbanisticamente abusiva non avrebbe rilevato ai fini dell’ammissione a sanatoria paesaggistica.

 

Una siffatta lettura della norma porta, peraltro ed al di fuori delle manifeste intenzioni del legislatore, ad ampliare anche l’applicazione della normativa dei condoni edilizi del 1985 e del 1994.

Infatti, per le pratiche ancora da evadere è – ora – possibile il rilascio delle concessioni edilizie a sanatoria, senza che si esprima l’autorità preposta alla tutela del vincolo, anche per gli abusi su aree che al momento della loro realizzazione non erano vincolate.

Buttando così, in un sol colpo, dalla finestra gli approdi giurisprudenziali inerenti la necessità del parere paesaggistico per opere su aree vincolate al momento in cui la pubblica amministrazione è chiamata a determinarsi.

 

Siamo in presenza di una inconsapevole (?) e devastante nuova sanatoria ?