Cass. Sez. III n. 33542 del 31 agosto 2012 (Ud 19 giu. 2012)
Pres. Mannino Est. Sarno Ric. Cavalletto
Beni ambientali. Spontanea rimessione in pristino

Ai fini dell’applicazione della causa estintiva del reato di cui all'art. 1 quinquies dell'art. 181 d.lgs. 42\2004 deve osservarsi che tale disposizione, secondo cui «La rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincoli paesaggistici, da parte del trasgressore, prima che venga disposta d'ufficio dall'autorità amministrativa, e comunque prima che intervenga la condanna, estingue il reato di cui al comma 1» è stata introdotta nel Dlgs n. 42/04 unitamente a quella del comma 1 bis dall'art. 1 co. 36 della legge 15 dicembre 2004, n.308 recante la Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione.
E’ del tutto evidente che, ove il legislatore avesse inteso estendere alla previsione del comma 1 bis il trattamento premiate indicato per il comma 1, ne avrebbe fatto espressa menzione.

RITENUTO IN FATTO

1. C.A. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe con la quale la corte di appello di Cagliari ha confermato quella del tribunale della medesima città con cui in data 26.11.2010 era stato condannato, quale direttore responsabile del (OMISSIS) di (OMISSIS), alla pena di giustizia per il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c) e D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 bis, contestato per avere commissionato una tensostruttura quadrata d'acciaio di 1849 mq di superficie, alta mt 14 poggiata su 12 pilastri di calcestruzzo fissati con plinti sotto terra e coperta da teloni in PVC, i cui ambienti interni erano completamente rifiniti e climatizzati, con pavimenti in ceramica ed ingresso con pareti in cartongesso.

2. Dalla motivazione di appello si rileva che l'opera abusiva è stata realizzata a meno di 300 mt dal mare, nella fascia costiera di Villasimius in zona sottoposta a vincolo paesistico con DM 1.9.67 ed ai sensi del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 142, lett. a); che i fatti sono stati accertati in data 17.5.2006; che, in precedenza, con istanza del 28.12.2005 erano state chieste le autorizzazioni per una tensostruttura amovibile in relazione alla quale risultava espresso parere favorevole dalla Commissione Edilizia Comunale in data 22.3.2006; che il successivo 23.5.2006, tenuto conto delle opere effettivamente realizzate, era stata emessa dagli organi competenti ordinanza regionale di ripristino dello stato dei luoghi.

Si rilevava anche che il provvedimento di sequestro disposto all'esito dell'accertamento non era stato eseguito in quanto era già in corso il ripristino dello stato dei luoghi.

Il tribunale prima e la corte di merito, poi, sono pervenute alla declaratoria di responsabilità ritenendo irrilevante l'uso stagionale della tensostruttura ed escludendone la natura precaria con il rilievo che l'opera (adibita ad ospitare 1000 posti a sedere) era destinata ad assolvere esigenze non eccezionali e contingenti e che la struttura stessa era stabilmente assicurata al suolo mediante plinti in calcestruzzo e pavimentata con cemento e piastrelle non destinati alla rimozione a breve nè amovibili tant'è che la demolizione aveva richiesto l'intervento di un escavatore per aggredire le opere in cemento. In relazione al profilo soggettivo dei reati evidenziano i giudici di appello il ricorrente non poteva essere stato indotto in errore dal parere favorevole espresso dalla Commissione Edilizia Comunale in data 22.3.2006, trattandosi di parere tecnico preventivo nell'ambito del procedimento attivato con la richiesta di autorizzazione paesaggistica ed in quanto sottoposto alla duplice condizione dello smontaggio alla fine della stagione estiva e del rilascio del nulla osta dell'Ufficio Regionale Tutela del Paesaggio.

Infine è stato escluso il carattere estintivo del reato ambientale per effetto del ripristino ribadendo le ragioni dell'autonomia della fattispecie introdotta all'art. 181, comma 1 bis, rispetto a quella del comma 1 ed affermando che solo per quest'ultima può operare la causa estintiva indicata.

3. Eccepisce il ricorrente in questa sede:

a) la violazione degli artt. 44 e 3, comma 1, lett. e) e D.P.R. n. 380 del 2001, art. 5, assumendo il carattere di precarietà dell'opera, rapidamente amovibile, e destinata unicamente a consentire lo svolgimento dei congressi previsti per la stagione;

b) l'inosservanza dell'art. 181, comma 1 quinquies ritenendo che la fattispecie dell'art. 181, comma 1 bis rappresentando una circostanza aggravante e non già una figura autonoma di reato, debba essere ricompresa tra quelle per le quali opera la causa estintiva del reato. Per avvalorare la tesi del reato circostanziato, richiama le motivazioni con cui le sezioni unite nella sentenza 26351/2002 hanno escluso l'autonomia della fattispecie dell'art. 640 bis cod. pen. rispetto a quella generale dell'art. 640 cod. pen. e che la causa estintiva del ripristino limitata al comma 1 si debba necessariamente estendere anche al caso in cui sia contestato, come nella specie, il comma 1 bis;

c) inosservanza ed erronea applicazione della legge penale con riferimento all'omessa applicazione dell'esimente dell'errore incolpevole essendo stato il ricorrente indotto in errore dalla circostanza che in data 22 marzo 2006 la commissione edilizia del comune di Villasimius aveva dato parere favorevole all'esecuzione dell'opera a condizione che venisse smontato alla fine della stagione estiva.


CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.

Vengono in questa sede sostanzialmente reiterate le censure sulle quali la corte di merito ha già correttamente ed adeguatamente risposto.

Per quanto concerne in particolare il primo motivo la corte di merito, correttamente ha escluso la rilevanza della stagionalità dell'opera sottolineando invece la permanenza della sua funzione.

Questa Corte ha costantemente puntualizzato, infatti, che non implica precarietà dell'opera e richiede, pertanto, il permesso di costruire, il carattere stagionale di essa, potendo quest'ultima essere destinata a soddisfare bisogni non provvisori attraverso la permanenza nel tempo della sua funzione (ex plurimis Sez. 3, n. 34763 del 21/06/2011 Rv. 251243).

Anche la natura precaria del manufatto appare correttamente esclusa.

Premesso che questa Corte ha costantemente affermato che ai fini del riscontro del connotato della precarietà e della relativa esclusione della modifica dell'assetto del territorio, non sono rilevanti le caratteristiche costruttive, i materiali impiegati e l'agevole rimovibilità, ma le esigenze temporanee alle quali l'opera eventualmente assolva (Sez. 3, n. 22054 del 25/02/2009 Rv. 243710) e che sul punto vi è in sentenza corretta motivazione, deve ritenersi che opportunamente i giudici di merito hanno ritenuto di supportare le convinzioni raggiunte sottolineando la stabilità della struttura logicamente dedotta dalle modalità di ancoraggio al suolo, dalla pavimentazione in piastrelle di ceramica che rivestiva una piattaforma in cemento (di per sè notoriamente inamovibile) e, quindi, destinata a durare nel tempo, oltre che con il rilievo della durata delle esigenze cui era destinata.

Nemmeno è esatto, quindi, come fa il ricorrente, sostenere in questa sede che la sentenza di merito avrebbe insistito su elementi quali la presenza di impianti di condizionamento, di illuminazione o di pavimentazione facilmente amovibili, nè in presenza di adeguata e logica argomentazione può essere sollecitata una diversa valutazione degli elementi di prova essendo in sede di legittimità inibito il giudizio di merito in presenza di adeguta motivazione.

Quanto al secondo motivo è assorbente la considerazione dei giudici di appello secondo cui l'art. 1 quinquies contempla in ogni caso l'estinzione del reato solo in caso di rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincoli paesaggistici da parte del trasgressore, prima che venga disposta d'ufficio dall'autorità amministrativa, e comunque prima che intervenga la condanna; il che nella specie non sarebbe comunque accaduto in quanto la rimessione in pristino è avvenuta a seguito della ordinanza regionale di ripristino dello stato dei luoghi emessa il 23.5.2006, il che non è contestato dal ricorrente.

Per il resto sono da ritenere comunque corrette le motivazioni della corte di appello.

La giurisprudenza della Corte è pacifica, infatti, nel senso che l'articolo 181 comma 1 bis concretizzi un'ipotesi autonoma di reato e non una circostanza di esso, (ex plurimis Sez. 3^, 25/02/2011 n. 7216; Sez. 3, n. 18509 del 23/03/2011 Rv. 250292) e coerentemente si è affermato che Sussiste violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza qualora l'originaria contestazione della contravvenzione paesaggistica, prevista dal D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181, comma 1, (esecuzione, senza autorizzazione, di lavori eseguiti su beni paesaggistici), sia stata mutata nel delitto paesaggistico previsto dal comma 1 bis del citato articolo, che punisce l'esecuzione, senza autorizzazione, di lavori eseguiti su aree o beni dichiarati di notevole interesse pubblico (Sez. 3, n. 18509 del 23/03/2011 Rv. 250292).

In ogni caso la questione non rileva ai fini dell'applicazione della causa estintiva del reato di cui all'art. 1 quinquies.

Quest'ultima disposizione secondo cui "La rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincoli paesaggistici, da parte del trasgressore, prima che venga disposta d'ufficio dall'autorità amministrativa, e comunque prima che intervenga la condanna, estingue il reato di cui al comma 1", è stata introdotta nel D.Lgs. n. 42 del 2004 unitamente a quella del comma 1 bis dalla L. 15 dicembre 2004, n. 308, art. 1, comma 36, recante la Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione.

E' del tutto evidente che ove il legislatore avesse inteso estendere alla previsione del comma 1 bis il trattamento premiale indicato per il comma 1 ne avrebbe fatto espressa menzione.

Nè vale sostenere l'illogicità della soluzione adottata che finirebbe con l'incentivare il ravvedimento operoso solo per le ipotesi meno grave.

Si tratta di una scelta del legislatore e che, come correttamente evidenziato dai giudici di appello, e come più volte sottolineato da questa Corte, riguarda situazioni in realtà non omogenee.

E' da escludere, quindi, come esattamente osservato dai giudici di merito, che il giudice possa in via di principio accedere ad una interpretazione estensiva della norma premiale che ha natura eccezionale essendo riservata al legislatore la discrezionalità in materia di disciplina delle cause estintive del reato.

Ed anche la Corte Costituzionale con l'ordinanza n. 144 de 2007, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 quinquies, richiamando suoi precedenti, ha già escluso la possibilità di una sua pronuncia additiva della condizione di non punibilità a meno che non sussista piena identità di funzione tra le discipline poste a raffronto. Sul terzo motivo la decisione impugnata appare ancora una volta correttamente e logicamente motivata con il rilievo che per la preparazione professionale il ricorrente non poteva non essere a conoscenza della circostanza che il parere tecnico preventivo della commissione comunale rappresenta solo un atto di semplice passaggio del procedimento attivato domanda di autorizzazione paesaggistica e le contestazioni mosse al ragionamento dei giudici di merito finiscono per riguardare ancora una volta il merito della valutazione in questa sede, si ribadisce, insindacabile in presenza di adeguata e corretta motivazione.

A mente dell'art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità consegue l'onere delle spese del procedimento, nonchè del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, fissata in via equitativa, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma di Euro 1.000.
Così deciso in Roma, il 19 giugno 2012.