TAR Lazio (RM), Sez. I-Ter, n. 6997, del 15 luglio 2013
Ambiente in genere.Modifiche progettuali sostanziali e rinnovazione VIA

Con specifico riferimento alle “modifiche sostanziali” cui è riconnesso l’obbligo di rinnovazione della VIA, la giurisprudenza ha da tempo chiarito che deve trattarsi di modifiche che comportano la realizzazione di un’opera radicalmente diversa da quella già esaminata, che comporti il peggioramento dell’impatto dell’opera sull’ ambiente, in caso contrario, pur in presenza di modifiche ai progetti, non sussiste l’obbligo della rinnovazione della VIA. Le modifiche progettuali sono infatti un’evenienza assai frequente, e spesso sono determinate non soltanto dall’evoluzione tecnologica, che consente di ottenere migliori risultati utilizzando tecnologie diverse da quelle indicate al momento della valutazione del progetto preliminare, ma anche dall’attuazione di precisi obblighi imposti delle Amministrazioni a tutela dell’ambiente. Pertanto, la diversa distribuzione degli elementi costitutivi dell’impianto derivante dalle modifiche progettuali non può costituire automaticamente una “modifica sostanziale” che comporta la rinnovazione del procedimento di VIA se le modifiche non comportano ulteriori problematiche ambientali. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 06997/2013 REG.PROV.COLL.

N. 04772/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4772 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Comune di Aprilia, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Naccarato, con domicilio eletto presso Giuseppe Naccarato in Roma, via Tagliamento, 76 Sc. 7, Int. 8;

contro

Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero dello Sviluppo Economico, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
Regione Lazio, rappresentato e difeso per legge dall'Avv. Elisa Caprio, domiciliata in Roma, via Marcantonio Colonna, 27; 
Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Società Sorgenia Power Spa, rappresentata e difesa dagli avv. Pier Giuseppe Torrani, Angelo Clarizia, Marta Spaini, Mariapaola Locco, con domicilio eletto presso Studio Legale Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, 2;

per l'annullamento, quanto al ricorso principale:

- della nota del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - Direzione Generale per la valutazione ambientale del 22.12.2011, prot. 32027, pervenuta al Comune in data 29.12.2011, con cui è stata ritenuta non necessaria l'attivazione di un ulteriore procedimento VIA relativamente alle modifiche progettuali eseguite da SORGENIA POWER sull'impianto di produzione di energia elettrica sito in Aprilia;

- del parere n.796 espresso dalla Commissione tecnica per la verifica dell'impatto ambientale VIA VAS in data 18.11.2011;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente;

per l’annullamento, quanto ai motivi aggiunti:

- della determinazione n. A04815 del 23/5/12, ricevuta il 5/6/12, della Regione Lazio, Dipartimento Istituzionale per il Territorio, di accertamento di conformità paesaggistica dell’impianto industriale di SORGENIA POWER S.p.A;

- del parere favorevole del 24 aprile 2012, prot. n. 11738 della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per il Comune di Roma;

- del parere favorevole del 16/3/12 prot. n. 7903 della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Roma, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo;

- nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, ivi compreso, ove occorra ed in parte qua, del protocollo di intesa del 18/12/07 tra il Ministero BB.CC. e la Regione Lazio (art. 3 c. 4) e la circolare della Regione Lazio prot. n. 1485/P dell’8/3/1993 (“Criteri per il computo dei volumi in applicazione della L. 17/8/1942 n. 1150”), non conosciuta;

- nonché per la condanna delle Amministrazioni intimate, per quanto di competenza, a reprimere gli abusi derivanti dalla violazione delle norme paesaggistiche e dalla difformità dell’intervento dalla VIA, AIA e autorizzazione unica rilasciati;

- nonché per la condanna al risarcimento dei danni diretti e indiretti.



Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e di Regione Lazio e di Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali e di Ministero dello Sviluppo Economico e di Soc Sorgenia Power Spa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 aprile 2013 il dott. Stefania Santoleri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Con decreto del Ministero dello Sviluppo Economico n. 55/01/2006, con decreto di compatibilità ambientale del 22/1/04 e con A.I.A. del 16/5/06, è stata autorizzata, ai sensi del D.L. 7/2/02 n. 7, convertito in L. 9/4/02 n. 55, la realizzazione di una centrale termoelettrica nel territorio del Comune di Aprilia.

Il Comune ha rilevato una variazione progettuale consistente nell’ampliamento dei manufatti sull’area di sedime e nell’avanzamento dell’impianto di circa 60 metri verso la S.R. Nettunense, con interessamento di una zona destinata a barriera per l’eliminazione dell’impatto visivo, e sottoposta a vincolo paesaggistico a seguito del P.T.P.R. approvato dalla Regione Lazio nel 2007.

Ha quindi rappresentato detti rilievi alle autorità competenti oltre che alla Soc. Sorgenia Power S.p.A. Quest’ultima ha comunicato al Comune che le modifiche erano giustificate dall’ottimizzazione tecnica del progetto e che erano state sottoposte al vaglio della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale (CTVIA) in data 13 maggio 2011.

L’Amministrazione, con il provvedimento impugnato, ha rilevato di essersi già espressa con nota del 31 maggio 2011, sulla base del parere della Commissione VIA n. 710 del 13/5/11; inoltre ha rappresentato che la Commissione VIA, nuovamente interpellata, ha affermato che non vi sarebbero stati elementi nuovi tali da farle modificare il parere già reso; gli adeguamenti progettuali non si configurerebbero come modifiche sostanziali, e per quanto concerne le problematiche in tema di AIA, sarebbero state affrontare dalla competente Commissione AIA in corso di rinnovo.

Il Comune di Aprilia ha impugnato detto provvedimento – e quelli del procedimento indicati in epigrafe – deducendo i seguenti motivi di impugnazione:

___1. Violazione e falsa applicazione di legge (art. 26 c. 3 e ss. e art. 29 nonies del D.Lgs. 152/06; D.Lgs. 42/04 e L.R. 24/98) – Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti, contraddittorietà e illogicità manifesta.

Secondo il Comune ricorrente le variazioni apportate al progetto sarebbero sostanziali, quantomeno sotto il profilo ambientale e paesaggistico, ed avrebbero quindi richiesto un’approfondita valutazione preliminare sia ai fini della VIA che dell’AIA; inoltre sarebbe stato necessario il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.

L’AIA si riferiva ad una centrale della potenza di 750 Mwe, mentre dal parere espresso dal MTTM si evincerebbe che la potenza sarebbe pari a 800 Mwe, con un incremento della potenza installata di 50 Mwe: si tratterebbe, dunque, di una variazione sostanziale dell’impianto.

___2. Violazione dell’autorizzazione n. 55/01/2006. Eccesso di potere per contraddittorietà. Violazione e falsa applicazione di legge. Incompetenza.

Le variazioni progettuali apportate contrasterebbero con le prescrizioni imposte dalla Regione Lazio e recepite nell’autorizzazione unica, e dunque costituirebbero una modifica apportata all’autorizzazione unica ed una violazione dell’AIA.

___3. Violazione e falsa applicazione di legge (art. 21, 22, 23 L.R. n. 24/98). Violazione del P.T.P.R. adottato dalla Regione Lazio con atti n. 556 del 25/7/07 e n. 1025 del 21/12/07. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti.

Le modifiche avrebbero dovuto essere autorizzate tenuto conto dei vincoli esistenti sull’area.

Con atto di opposizione ex art. 10 del D.P.R. 1199/71, notificato al Comune di Aprilia il 5/6/12, la società Sorgenia Power S.p.a. ha chiesto la trasposizione del ricorso in sede giurisdizionale.

Il Comune di Aprilia si è costituito in giudizio insistendo per l’accoglimento del ricorso.

La società Sorgenia Power S.p.a si è costituita in giudizio ed ha eccepito, preliminarmente, l’inammissibilità del ricorso per mancata impugnazione del primo parere reso dalla Commissione VIA, atteso che quello impugnato (n. 796 del 18 novembre 2011) sarebbe meramente confermativo di quello n. 710 del 13 maggio 2011; ha poi rilevato l’inammissibilità del ricorso per tardività del ricorso straordinario e per la sua presentazione senza la prova dell’eseguita notificazione nei confronti di almeno un controinteressato.

Nel merito ha replicato ai motivi di impugnazione, ed ha chiesto il suo rigetto per infondatezza.

Si è costituito anche il Ministero intimato che – dopo aver controdedotto sulle censure proposte – ha chiesto la reiezione del ricorso.

Con i motivi aggiunti ritualmente notificati, il Comune ha impugnato la determinazione della Regione Lazio – Dipartimento Istituzionale per il Territorio – n. A04815 del 23 maggio 2012 di accertamento di conformità paesaggistica dell’impianto industriale in questione, oltre che tutti gli atti del procedimento indicati in epigrafe, deducendo i seguenti ulteriori motivi di impugnazione:

__1. Violazione e falsa applicazione di legge (art. 7 della L. 241/90) – Violazione del principio di informazione e consultazione pubblica. Violazione del principio di leale collaborazione.

Lamenta il Comune la mancata partecipazione al procedimento diretto al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.

__2. Violazione e falsa applicazione di legge (D.Lgs. 42/04). Difetto di istruttoria e di motivazione. Travisamento dei fatti. Sviamento.

Sostiene il Comune ricorrente che in caso di interventi realizzati in assenza di autorizzazione paesaggistica, o in difformità da essa, dovrebbe sempre disporsi la riduzione in pristino, salvi i casi di regolarizzazione postuma.

Nel caso di specie, l’autorizzazione paesaggistica postuma non avrebbe potuto essere rilasciata non rientrando la fattispecie in alcuno dei casi di cui all’art. 167 del D.Lgs. 42/04.

L’intervento, infatti, non potrebbe configurarsi come volume tecnico, costituendo un ampliamento considerevole.

___3. Violazione e falsa applicazione di legge (D.Lgs. 152/06; Dir. 85/337/CE). Eccesso di potere per contraddittorietà intrinseca ed estrinseca. Violazione dell’autorizzazione unica, della VIA e dell’AIA. Sviamento di potere. Incompetenza.

La modifica avrebbe reso impossibile la schermatura dell’impianto, che invece era stata posta come condizione nelle autorizzazioni.

Inoltre, l’autorizzazione paesaggistica avrebbe dovuto essere rilasciata all’interno del procedimento di VIA.

___4. In subordine, contrasto tra l’art. 167 c. 4 e 5 del D.Lgs. 42/04 con la direttiva 85/337/CEE.

In via subordinata ha chiesto il ricorrente di disapplicare la norma nazionale per contrasto con la direttiva comunitaria, ovvero rimettere la questione pregiudiziale al giudice comunitario.

__5. Violazione e falsa applicazione di legge (D.Lgs. 42/04). Difetto di istruttoria.

Deduce la ricorrente che il progetto di sanatoria trasmesso dalla Regione Lazio al Comune sarebbe privo della sottoscrizione del committente e del tecnico.

___6. Eccesso di potere per difetto di motivazione, contraddittorietà e illogicità manifesta. Travisamento dei fatti.

Il provvedimento sarebbe stato rilasciato frettolosamente e recherebbe irregolarità nell’indicazione delle Soprintendenze interessate.

Infine, il Comune formula la domanda di condanna alla riduzione in pristino, ai sensi dell’art. 167 c. 1 del D.Lgs. 42/04, la domanda di accertamento della natura abusiva delle opere sotto il profilo ambientale e urbanistico-edilizio e la condanna delle Amministrazione intimate ad esercitare i poteri di controllo e vigilanza in materia ambientale (art. 29 e ss. del D.Lgs. 152/06), ed infine la domanda di condanna al risarcimento del danno da mancato esercizio dell’attività amministrativa obbligatoria ai sensi dell’art. 31 c.p.a., in relazione alla permanenza nel territorio di un’opera contrastante con il vincolo paesaggistico e con il titolo autorizzatorio.

La Regione Lazio si è costituita in giudizio ed ha chiesto il rigetto dell’impugnazione.

In prossimità dell’udienza di discussione le parti hanno depositato memorie nelle quali hanno ribadito le loro tesi difensive.

All’udienza pubblica dell’11 aprile 2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Ritiene il Collegio di poter prescindere dall’esaminare le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dalla difesa della controinteressata in considerazione dell’infondatezza del ricorso.

Prima di passare ad esaminare le censure proposte, è opportuno richiamare il costante orientamento della giurisprudenza in tema di valutazione di impatto ambientale.

Secondo l’orientamento costante, le valutazioni di compatibilità ambientale costituiscono espressione paradigmatica della discrezionalità tecnica della pubblica amministrazione non suscettibile di sindacato in sede di legittimità in assenza di incongruenze istruttorie e motivazionali (cfr. ex multis, Consiglio Stato, sez. VI, 19 febbraio 2008, n. 561; T.A.R. Cagliari Sardegna sez. I, 10 aprile 2013 n. 291).

Nel rendere il giudizio di valutazione di impatto ambientale e nell'effettuare la verifica preliminare, l'Amministrazione, infatti, esercita un'amplissima discrezionalità tecnica, censurabile solo in presenza di macroscopici vizi logici o di travisamento dei presupposti. In ogni caso, la valutazione ambientale non costituisce un mero giudizio tecnico, suscettibile in quanto tale di verificazione sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa, sul piano dell'apprezzamento degli interessi pubblici in rilievo e della loro ponderazione rispetto all'interesse all'esecuzione dell'opera; apprezzamento che è sindacabile dal giudice amministrativo soltanto in ipotesi di manifesta illogicità o travisamento dei fatti, nel caso in cui l'istruttoria sia mancata, o sia stata svolta in modo inadeguato, e sia perciò evidente lo sconfinamento del potere discrezionale riconosciuto all' Amministrazione (cfr..T.A.R. Bari Puglia sez. I 10 luglio 2012 n. 1395; T.A.R. Trieste Friuli Venezia Giulia sez. I 15 dicembre 2011 n. 560).

Con specifico riferimento alle “modifiche sostanziali” cui è riconnesso l’obbligo di rinnovazione della VIA, la giurisprudenza ha da tempo chiarito che deve trattarsi di modifiche che comportano la realizzazione di un’opera radicalmente diversa da quella già esaminata, che comporti il peggioramento dell’impatto dell’opera sull’ ambiente (cfr. T.A.R. Lazio Sez. I Ter 21/9/11 n. 7496; Cons. Stato n.1142 del 2010; n.1414 del 2008; n. 370 del 2007; n.2694 del 2006; T.A.R. Campania Sez. Salerno n. 12/07; 2233/06), in caso contrario, pur in presenza di modifiche ai progetti, non sussiste l’obbligo della rinnovazione della VIA; le modifiche progettuali sono infatti un’evenienza assai frequente, e spesso sono determinate non soltanto dall’evoluzione tecnologica – che consente di ottenere migliori risultati utilizzando tecnologie diverse da quelle indicate al momento della valutazione del progetto preliminare – ma anche dall’attuazione di precisi obblighi imposti delle Amministrazioni a tutela dell’ambiente.

Pertanto, la diversa distribuzione degli elementi costitutivi dell’impianto derivante dalle modifiche progettuali non può costituire automaticamente una “modifica sostanziale” che comporta la rinnovazione del procedimento di VIA se le modifiche non comportano ulteriori problematiche ambientali (cfr. Cons. Stato Sez. VI 12/5/06 n. 2694)

Nel caso di specie, le “ottimizzazioni progettuali” sono state sottoposte a verifica da parte della Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale ed è stato chiesto espressamente alla Commissione di verificare “la loro coerenza con i presupposti di cui al parere di compatibilità ambientale n. 563 del 9 ottobre 2003, nonché con le prescrizioni impartire con il conseguente decreto di compatibilità ambientale del 22 gennaio 2004”.

La Commissione Tecnica, con il parere 710 del 13/5/11, ha ritenuto giustificate le modifiche progettuali rilevando che “comportano un miglioramento delle prestazioni ambientali dell’impianto nelle componenti idrico, aria e rumore rispetto a quanto valutato nel parere della Commissione VIA n. 563 del 9 ottobre 2003 a fronte di una personalizzazione del layout di centrale senza tuttavia variarne sostanzialmente lo schema e di un modesto aumento della superficie totale occupata”.

Nel caso di specie, poi, come correttamente ricordato dalla difesa delle resistenti, la variazione del layout della centrale è stata dettata dalla necessità di ottemperare a precise prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzativi al fine di migliorare l’impatto ambientale dell’impianto (in particolare la prescrizione della Regione Lazio diretta ad ottenere la riduzione dei consumi idrici ed il recupero ed il riutilizzo completo di tutte le acque meteoriche e di processo).

Nel successivo parere del 18 novembre 2011, confermativo di quello n. 710 del 13 maggio 2011, la CTVIA ha rilevato che le variazioni del layout (ed in particolare l’incremento degli spazi occupati da impianti e manufatti e lo spostamento di circa 60 metri del fabbricato “condensatori aria verso la Via Nettunense”), rientrano nel perimetro dell’aria della centrale ed in un contesto antropizzato; ha così ritenuto non significative le modificazioni sul paesaggio e dunque compatibili con i presupposti del parere di compatibilità ambientale n. 563 del 22/1/03, tenuto conto che si inseriscono in un quadro di ottimizzazioni migliorative in termine di prestazioni ambientali complessive.

La valutazione resa dalla Commissione Tecnica è soggetta al solo sindacato estrinseco da parte del giudice amministrativo, perché - come già rilevato - la valutazione di impatto ambientale non costituisce un mero giudizio tecnico, suscettibile in quanto tale di verificazione sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa, sul piano dell'apprezzamento degli interessi pubblici in rilievo e della loro ponderazione rispetto all'interesse all'esecuzione dell'opera; apprezzamento che è sindacabile dal g.a. soltanto in ipotesi di manifesta illogicità o travisamento dei fatti, nel caso in cui l'istruttoria sia mancata o sia stata svolta in modo inadeguato, e sia perciò evidente lo sconfinamento del potere discrezionale riconosciuto all'Amministrazione (T.A.R. Puglia n. 1395/12 citata).

Ritiene il Collegio che la valutazione resa sia immune da vizi, in quanto il parere è stato reso dopo un’approfondita istruttoria, è adeguatamente motivato e non presenta palesi illogicità né appare affetto da travisamento dei fatti.

Infine, la dedotta variazione della potenza della centrale - passata da 750 MWe ad 800 MWe – non risulta provata, atteso che il riferimento alla potenza di 800 MWe si desume dalla sola copertina del parere, mentre nel testo e nelle conclusioni si fa sempre riferimento alla potenza di 750 MWe: ne consegue che appare condivisibile la tesi delle resistenti secondo cui si tratta di un mero errore materiale, tenuto anche conto che l’Amministrazione ricorrente non ha fornito elementi di prova a contrario.

Ne consegue l’infondatezza del primo motivo di impugnazione non potendo configurarsi le modifiche apportate al progetto come “sostanziali” ai sensi dell’art. 5 c. 1 lett. l e l-bis del D.Lgs. 152/06, e tali da necessitare la ripetizione della VIA.

Altrettanto infondata è la seconda censura, atteso che la centrale è stata autorizzata antecedentemente all’entrata in vigore del D.Lgs. 152/06 e dunque le due procedure di VIA e di AIA sono separate, il che implica che le questioni relative all’AIA non sono di competenza della Commissione VIA e che pertanto la CTVIA non può esprimere pareri sulle prescrizioni contenute del decreto AIA.

Correttamente quindi il Ministero ha rilevato che le problematiche afferenti l’AIA sarebbero state valutate in sede di rinnovo dell’autorizzazione.

Con il terzo motivo lamenta il Comune ricorrente la mancata acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica.

La censura è inammissibile atteso che detta autorizzazione è stata in seguito rilasciata ed è stata gravata con i motivi aggiunti.

Infatti, con determinazione n. A04815 del 23 maggio 2012 la Regione Lazio ha rilasciato alla società contro interessata l’accertamento di compatibilità paesaggistica ai sensi dell’art. 167 del D.Lgs. 42/04 relativamente alle opere di modifica dell’impianto originariamente autorizzato con autorizzazione unica ai sensi della L. n. 55 del 9/4/02, riguardante l’impianto di condensazione ad aria che ricade parzialmente in zona sottoposta a tutela dal D.Lgs. 42/04 (art. 142, c. 1, lett. m).

Avverso detto provvedimento il Comune ricorrente ha dedotto in estrema sintesi:

__1. la violazione delle norme sulla partecipazione al procedimento;

__2. la violazione dell’art. 167 del D.Lgs. 42/04 e conseguente impossibilità del rilascio dell’autorizzazione postuma non configurandosi le opere realizzate come “volumi tecnici”;

__3. l’impossibilità di rispettare le prescrizioni disposte dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la Regione Lazio in merito alle schermature mediante alberature per minimizzare l’impatto visivo dell’opera lungo gli assi viari, e l’impossibilità del rilascio dell’autorizzazione paesaggistica al di fuori del procedimento di VIA;

__4. il contrasto dell’art. 167 del D.Lgs. 42/04 rispetto alla normativa comunitaria;

__5. l’irregolarità della documentazione allegata alla domanda difettando della sottoscrizione del proponente e del tecnico abilitato;

__6. l’estrema velocità del procedimento e la frettolosità dell’istruttoria con erronea indicazione delle Soprintendenze consultate.

Le censure sono destituite di fondamento.

Ritiene il Collegio di dover esaminare prima le censure rubricate con i nn. 1, 3, 4, 5 e 6, ed infine quella relativa alla violazione dell’art. 167 del D.Lgs. 42/04, che riguarda l’assoggettabilità dell’intervento in questione ad accertamento di conformità paesaggistica.

E’ destituito di fondamento il primo motivo aggiunto, in quanto il procedimento di accertamento di conformità paesaggistica è disciplinato dall’art. 167 del D.Lgs. 42/04 che non contempla alcun obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento, meno che mai a soggetti terzi come il Comune.

Il protocollo di intesa tra il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la Regione Lazio prevede all’art. 4 c. 2, l’avviso di inizio del procedimento diretto al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica al solo soggetto interessato e cioè al richiedente il rilascio dell’autorizzazione.

Peraltro, il Comune non ha fornito alcun elemento di prova dal quale desumere che la sua partecipazione avrebbe potuto comportare il sovvertimento dell’esito del procedimento, tanto più che gli elementi conoscitivi che avrebbe potuto introdurre in sede procedimentale erano già conosciuti sia dalla Soprintendenza che dalla Regione.

Altrettanto infondato è il terzo motivo di ricorso, in quanto la modificazione del progetto non è tale da comportare l’impossibilità di disporre le schermature mediante alberature, che riguardano l’intero intervento e non soltanto la parte relativa all’impianto di condensazione (come dimostrato dalla difesa della contro interessata), senza considerare che l’autorizzazione paesaggistica è stata rilasciata dalle stesse Amministrazioni che avevano imposto la prescrizione (Ministero per i Beni e le Attività Culturali e Regione Lazio).

Peraltro, come ha correttamente rilevato la difesa della contro interessata l’intervento è stato realizzato in zona D connotata da altri imponenti impianti industriali limitrofi che incidono significativamente sulla qualità visiva.

Infine la tesi del Comune secondo cui l’accertamento di compatibilità paesaggistica ex art. 167 del D.Lgs. 42/04 non avrebbe potuto svolgersi al di fuori del procedimento di VIA non ha alcun fondamento normativo e si appalesa del tutto irragionevole.

L’acquisizione della valutazione del profilo paesaggistico in seno alla VIA costituisce una semplificazione procedimentale al fine di accelerare la conclusione del procedimento, e dunque riguarda i soli casi in cui la valutazione di impatto ambientale sia in corso: ne consegue che - in mancanza di una specifica disposizione normativa che lo contempli – non può riguardare i casi in cui il procedimento VIA si sia concluso costituendo, altrimenti, un aggravamento procedimentale contrastante con i principi di celerità ai quali risulta informata la materia.

Anche la previsione contenuta nel P.T.P.R. riguarda i soli casi di autorizzazione paesaggistica preventiva e non anche l’accertamento di compatibilità paesaggistica di cui all’art. 167 del D.Lgs. 42/04 che concerne l’intervento già realizzato.

Il quarto motivo deve ritenersi inammissibile per genericità non potendo comprendersi in cosa consista il contrasto con la normativa comunitaria.

Il quinto motivo è basato su un falso presupposto, in quanto la documentazione prodotta dalla controinteressata alla Regione risulta regolarmente sottoscritta (doc. n. 27 fascicolo documenti della controinteressata).

Anche il sesto motivo è destituito di fondamento in quanto la Regione ha prodotto in giudizio la “Richiesta di deroga all’ordine cronologico” motivata con riferimento alla natura di opera di pubblica utilità della centrale termoelettrica in questione, e la propria determinazione n. 9350/11 che ha previsto questo tipo di deroga al comune criterio cronologico: ciò è sufficiente a confutare la tesi del Comune; inoltre non risulta provato che la disamina dell’istanza in un termine più lungo avrebbe comportato un esito diverso del procedimento.

Quanto all’erronea indicazione della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per il Comune di Roma contenuta nelle premesse dell’atto, si tratta evidentemente di un mero errore materiale del tutto irrilevante ai fini della legittimità del provvedimento.

Resta da esaminare la questione relativa alla sottoponibilità dell’intervento in questione ad accertamento di compatibilità paesaggistica ex art. 167 c. 4 lett. a) e 5 del D.Lgs. 42/04.

Dispone la suddetta disposizione che: “L'autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei seguenti casi:

per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati (…).

Secondo il Comune ricorrente il provvedimento impugnato con i motivi aggiunti sarebbe illegittimo perché la normativa paesaggistica non consentirebbe la sanatoria di alcun volume, neanche tecnico; l’intervento in questione, poi, non rientrerebbe nel novero dei cosiddetti “volumi tecnici” che varrebbe per le sole opere di edilizia ordinaria; inoltre nel caso di specie non sarebbe rispettato il rapporto di proporzionalità con l’opera principale trattandosi di un ampliamento di mq. 6750, con fronte di 90 ml sulla strada ed una profondità di 75 ml e pari al 30% rispetto a quello autorizzato in origine.

La tesi del ricorrente non può essere condivisa.

Correttamente la difesa della controinteressata ha richiamato l’orientamento della giurisprudenza, pienamente condiviso dal Collegio, secondo cui è possibile l’accertamento di compatibilità paesaggistica ex art. 167 lett. a) nel caso di volumi tecnici (cfr. T.A.R. Campania Sez. VII Napoli 10/5/12 n. 2173; 1/9/11 n. 4260; 3/11/09 n. 6827 citate dalla controinteressata, ma anche T.A.R. Emilia Romagna Sez. I Parma 15/9/2010 n. 435; T.A.R. Lombardia Sez. IV Milano 5/3/09 n. 1762), oltre che la circolare n. 33/2009 del Ministero per i Beni e le Attività Culturali che afferma i medesimi principi.

Secondo la giurisprudenza, infatti, i volumi tecnici, proprio in ragione dei caratteri che li contraddistinguono, sono inidonei ad introdurre un impatto sul territorio eccedente la costruzione principale e, come tali, sono ininfluenti ai fini del calcolo degli indici di edificabilità. Ne consegue che, la stessa ratio che in materia urbanistica induce ad escludere i volumi tecnici del calcolo della volumetria edificabile è utilizzabile anche in materia paesistica per escludere tali volumi dal divieto di rilasciare l'autorizzazione paesistica in sanatoria.

È ben vero che anche un volume tecnico può incidere in modo pregiudizievole sul paesaggio, e che la normativa paesaggistica ha una sua autonomia rispetto a quella edilizia ed urbanistica, nondimeno il rischio di lesione per il bene paesaggistico non sussiste, in quanto la sottoponibilità dell’intervento al parere della Soprintendenza non comporta automaticamente il giudizio di compatibilità che viene rilasciato solo quando l’incidenza dell’intervento sul paesaggio non è tale da compromettere il bene protetto.

Inoltre, come ritenuto dalla giurisprudenza prima citata “l'interpretazione teleologica induce inevitabilmente a ritenere che, nonostante l'utilizzo della particella disgiuntiva "o" nella frase "che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi", il duplice riferimento alle nuove superfici utili e ai nuovi volumi costituisca un'endiadi, ossia una modalità di esprimere un concetto unitario con due termini coordinati. In altri termini, la necessità di interpretare le eccezioni al divieto di rilasciare l'autorizzazione paesistica in sanatoria (previste dall'articolo 167, comma 4, del decreto legislativo n. 42/2004) in coerenza con la ratio dell'introduzione di tale divieto induce il Collegio a ritenere che esulino dalla eccezione prevista dall'articolo 167, comma 4, lettera a), gli interventi che abbiano contestualmente determinato la realizzazione di nuove superfici utili e di nuovi volumi e che, di converso, siano suscettibili di accertamento della compatibilità paesistica anche i soppalchi, i volumi interrati ed i volumi tecnici" (Tar Campania, Napoli, VII, 1748/2009).

Ne consegue che nessun contrasto è rinvenibile tra il Protocollo di Intesa stipulato tra il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la Regione Lazio del 18/12/07 e la normativa, correttamente interpretata dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali con la propria circolare n. 33/09, con conseguente infondatezza della tesi del ricorrente diretta a sostenere l’illegittimità dello stesso Protocollo di Intesa nella parte in cui dispone l’ammissione al procedimento ex art. 167 del D.Lgs. 42/04 dei cosiddetti volumi tecnici.

Resta da esaminare se l’intervento in questione possa qualificarsi come “volume tecnico”.

Secondo una consolidata giurisprudenza (ex multis T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, 13 maggio 2008, n. 4258; T.A.R. Lombardia Milano, Sez. II, 25 marzo 2008, n. 582), per l'identificazione della nozione di volume tecnico rilevano tre parametri: il primo, positivo e di tipo funzionale, costituito dall'esistenza di un rapporto di strumentalità necessaria tra il manufatto e l'utilizzo della costruzione a cui accede; il secondo ed il terzo, negativi, ricollegati da un lato all'impossibilità di soluzioni progettuali diverse, nel senso che tali costruzioni non devono poter essere ubicate all'interno della parte abitativa, e dall'altro, ad un rapporto di necessaria proporzionalità fra tali volumi e le esigenze effettivamente presenti. Pertanto rientrano in tale nozione solo le opere edilizie completamente prive di una propria autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinate a contenere impianti serventi di una costruzione principale, per esigenze tecnico-funzionali della costruzione stessa.

Nel caso di specie è incontroverso il rapporto di strumentalità necessaria tra la centrale termoelettrica a ciclo combinato e il condensatore e l’impossibilità di collocarlo all’interno dell’edificio della centrale: il Comune, infatti, per sostenere la propria tesi deduce che difetterebbe il requisito della proporzionalità.

Ritiene il Collegio che la tesi del Comune non possa essere accolta.

Innanzitutto la giurisprudenza ha già ammesso la qualificabilità del condensatore come volume tecnico (cfr. Cons. Stato Sez. VI 23/12/05 n. 7387), in ogni caso il concetto di proporzionalità deve essere correlato alle finalità svolte dall’impianto rispetto al complesso industriale, e nel caso di specie si tratta del sistema di raffreddamento della centrale, deputato alla condensazione del vapore esausto in uscita dalla turbina a vapore che è sicuramente strumentale al funzionamento della centrale.

Inoltre, neppure difetta la proporzionalità con riferimento alle dimensioni del condensatore, tenuto conto che l’intero complesso industriale raggiunge un’estensione di oltre 63.000 mq., e comunque non si tratta della realizzazione ex novo di un nuovo impianto ma soltanto del suo spostamento, essendo già previsto nel progetto preliminare, con conseguente inesattezza dei dati numerici riportati dal Comune.

Infine, per quanto riguarda propriamente il contenuto del provvedimento impugnato, è sufficiente rilevare che il giudizio di compatibilità paesaggistica è sindacabile in sede di legittimità per i soli vizi di illogicità ed irrazionalità delle determinazioni, difetto di motivazione, errore di fatto (Cons. Stato sez. VI 7 ottobre 2008 n. 4823; T.A.R. Brescia Lombardia, sez. I 13 marzo 2012 n. 405).

Nel caso di specie il provvedimento della Regione è adeguatamente motivato e non presenta evidenti vizi di illogicità, né appare affetto da errori di fatto, o da difetto di istruttoria, essendo stato rilasciato sulla base del parere favorevole vincolante della Soprintendenza deputata alla cura del vincolo.

I motivi aggiunti devono essere pertanto respinti.

L’infondatezza del ricorso e dei motivi aggiunti comporta il rigetto delle ulteriori di domande condanna, ivi compresa quella relativa al risarcimento del danno.

In conclusione, per i suesposti motivi, il ricorso deve essere respinto perché infondato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

lo respinge.

Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali sostenute dalla controinteressata che liquida in complessivi € 3.000,00 (tremila/00) oltre accessori di legge. Compensa le spese con riferimento alle Amministrazioni Statali resistenti e alla Regione Lazio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:

Linda Sandulli, Presidente

Stefania Santoleri, Consigliere, Estensore

Rita Tricarico, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 15/07/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)