TAR Puglia (BA) Sez.II n. 914 del 16 giugno 2023
Ambiente in genere.Domanda di rinnovo AIA

In materia di AIA la norma stabilisce che, se la domanda di rinnovo non viene presentata nel termine di validità dell’autorizzazione, l’autorizzazione s’intende scaduta e di fatto lo è ma non per questo cessa di avere efficacia; questo si comprende dal seguito del testo normativo. L’unica conseguenza è in effetti l’irrogazione della sanzione pecuniaria, con l’obbligo per il privato sanzionato di presentare la domanda nei successivi 90 giorni dalla sanzione. In caso di persistente inerzia, e solo previa diffida, l’autorizzazione viene sospesa.


Pubblicato il 16/06/2023

N. 00914/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01378/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1378 del 2022, proposto da -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante p. t., rappresentata e difesa dagli avvocati Giacomo Valla e Roberta Valla, con studio in Bari, via Quintino Sella n. 36, e con domicilio digitale p.e.c., come da Registri di Giustizia;

contro

Città metropolitana di Bari, in persona del legale rappresentante p. t., rappresentata e difesa dagli avvocati Rosa Dipierro e Monica Impedovo, elettivamente domiciliata in Bari, Lungomare Nazario Sauro n. 29,

nei confronti

A.R.P.A. Puglia, in persona del legale rappresentante p. t., non costituita in giudizio;
Regione Puglia, in persona del Presidente p. t., non costituita in giudizio;

per l'annullamento

previa concessione di misure cautelari anche monocratiche

dei seguenti atti: 1) la determinazione dirigenziale della Città Metropolitana di Bari, Servizio Tutela e Valorizzazione dell’Ambiente, Impianti Termici, Promozione e Coordinamento dello Sviluppo Economico, prot. n. 88187 del 21.11.2022, di diffida alla società ricorrente dalla prosecuzione dell’attività di impresa; 2) ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale, compresa la nota prot. 85485 del 14.11.2022 di diffida alla ricorrente di esibire, entro cinque giorni, eventuali richieste di riesame con valenza di rinnovo dell’A.I.A.;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Citta' Metropolitana di Bari;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 13 giugno 2023, il dott. Orazio Ciliberti e uditi l'avv. Giacomo Valla, per la ricorrente e l'avv. Monica Impedovo, per la Città metropolitana;

Ritenuto e considerato, in fatto e diritto, quanto segue.


FATTO e DIRITTO

I - La -OMISSIS-, esercitando in Corato attività di produzione industriale di ceramiche, in quanto titolare di A.I.A. (ottenuta con determina dirigenziale Regione Puglia - Servizio Rischio Industriale, n. 6 del 1.2.2012), in vista di una parziale modifica del ciclo produttivo, chiedeva alla Città metropolitana, in data 20 aprile 2021, una modifica non sostanziale dell’A.I.A. medesima.

L'istanza era riscontrata dal competente Settore della Città metropolitana, in data 30 maggio 2021, con nota prot. n. 40307. In tale comunicazione, l'Amministrazione comunicava che “la documentazione tecnica è stata trasmessa per le valutazioni istruttorie ai Comitati tecnici dell'Ente per la prescritta verifica di sostanzialità. Si invita inoltre la società proponente a regolarizzare l'istanza presentata con attestazione del versamento dei prescritti oneri istruttori”.

La ricorrente versava le somme richieste, invitando l’Ente, con nota del 10 maggio 2021, a completare l’istruttoria, in quanto l’intervento era finanziato a scadenza, nell’ambito del P.O. FESR 2014-2020 “Aiuti ai programmi integrati promossi da piccole imprese”.

In data 14 giugno 2021, la ricorrente chiedeva alla Regione, su invito dell’Amministrazione metropolitana, la verifica di assoggettabilità a VIA dell’intervento. Il relativo procedimento si concludeva con una determinazione del 3 febbraio 2022 di esclusione da procedura di VIA.

Con la nota prot. 85485 del 14 novembre 2022, la Città metropolitana diffidava la ricorrente a esibire, entro cinque giorni, eventuali richieste di riesame con valenza di rinnovo dell’A.I.A., sul presupposto della scadenza dell’efficacia decennale dell’autorizzazione, nella specie rilasciata in data 1° febbraio 2012. Con determinazione prot. n. 88187 del 21.11.2022, stante il mancato rinnovo dell’A.I.A., la Città metropolitana diffidava la società ricorrente a non proseguire l’attività di impresa, a norma dell’art. 29-decies, comma 9 b), D.Lgs. n. 152/2006.

La ricorrente chiedeva la revoca del provvedimento di sospensione dell’attività, contestandone la legittimità (con le note del 16 e del 22 novembre 2022) ed insisteva per la proroga dell’autorizzazione di cui era titolare (con nota del 24 novembre 2022), comunicando di aver già chiesto, in ogni caso, il rinnovo dell’A.I.A. scaduta.

Stante il silenzio della P.A., la ricorrente insorge, con il ricorso notificato e depositato il 6 dicembre 2022, per impugnare gli atti in epigrafe indicati.

Deduce i seguenti motivi di diritto: 1) violazione e falsa applicazione dell’art. 29-nonies D.Lgs. 3.4.2006 n. 152; eccesso di potere (sviamento, difetto dei presupposti e ingiustizia manifesta); 2) violazione e falsa applicazione dell’art. 29-decies D.Lgs. 3.4.2006 n. 152; eccesso di potere (sviamento, difetto di motivazione, erroneità e difetto dei presupposti, ingiustizia manifesta); 3) eccesso di potere (sviamento, ingiustizia manifesta); violazione dei principi generali del diritto; 4) eccesso di potere (omessa considerazione dei presupposti, omessa istruttoria, sviamento, ingiustizia manifesta).

Si costituisce la Città metropolitana per resistere nel giudizio. Eccepisce l’inammissibilità del gravame, per mancata impugnazione della verifica ispettiva ARPA del 19.10.2022 e del rapporto ARPA del 26.10.2022, nonché la natura vincolata dell’impugnata diffida rispetto agli esiti delle ispezioni ARPA.

Con successive memorie, le parti costituite ribadiscono e precisano le rispettive deduzioni e conclusioni.

Questo T.a.r. concede misura cautelare monocratica, con decreto n. 558/22 del 7 dicembre 2022.

In sede collegiale, questa Sezione, con ordinanza n. 11 del 13.1.2023, accoglie la domanda cautelare proposta dalla -OMISSIS-, considerato sussistente il fumus, in quanto “da un lato, il divieto di prosecuzione dell’attività si fonda sull’omessa tempestiva richiesta di riesame dell’A.I.A. e non sull’accertamento del superamento dei limiti di tollerabilità delle emissioni inquinanti; dall’altro, è in corso d’istruttoria sia il procedimento di riesame dell’A.I.A. sia il procedimento di richiesta di modifica dell’A.I.A”. In relazione al periculum, l’ordinanza cautelare citata rimarca che “l’interesse dell’impresa a non interrompere l’attività vada necessariamente contemperato con l’esigenza di salvaguardare la tutela della salute e dell’ambiente”.

Nondimeno questo T.a.r., nella citata ordinanza n. 11/2023, dispone che “la presente misura cautelare perderà efficacia laddove il procedimento di riesame non si concluda entro il 28 febbraio 2023, considerato che era già in corso d’istruttoria la richiesta di modifica dell’A.I.A. per ampliamento del ciclo produttivo presentata dalla ricorrente in data 20 aprile 2021”.

La ricorrente tempestivamente adempie al proprio onere, presentando la documentazione richiesta dall’Amministrazione, la quale, benché diffidata (con nota della ricorrente del 16.01.2023), non conclude ancora il procedimento.

Con decreto presidenziale n. 84 del 4.3.2023, viene nuovamente concessa, su istanza della ricorrente datata 2 marzo 2023, una misura cautelare monocratica, “Ritenuto che il superamento della data del 28 febbraio 2023 per la conclusione del procedimento non è imputabile alla ricorrente; la ricorrente aveva chiesto all’Autorità competente la modifica (non sostanziale) dell’AIA per un ampliamento del ciclo produttivo; la richiesta risale al 20 aprile 2021 ed è ancora in istruttoria; ciò non lascia ragionevolmente confidare nella sollecita definizione del procedimento autorizzatorio; per tal motivo, la ricorrente ha fatto ulteriore ricorso alla tutela giurisdizionale d’urgenza… il superamento della data del 28 febbraio 2023 espone la società ricorrente al rischio concreto di interrompere l’attività; lo spegnimento degli impianti potrebbe comportare un pregiudizio alla funzionalità degli stessi; in ogni caso, le operazioni di spegnimento non potrebbero che essere graduali, a meno di non danneggiare le componenti del forno di cottura; la sospensione dell’attività di impresa determinerebbe, inoltre, l’impossibilità di far fronte alle obbligazioni di pagamento nei confronti dei fornitori, con rischi per la stessa sopravvivenza dell’impresa e dei posti di lavoro; in ogni caso, nel caso di specie, l’Amministrazione non ha mai ha contestato alla ricorrente il mancato rispetto dei parametri di legge, né l’insussistenza delle condizioni obiettive per ottenere il rinnovo dell’AIA; Ritenuto, pertanto, che ricorrano le condizioni di urgenza per inibire nuovamente, con misura cautelare monocratica, l’ordine di cessazione dell’attività di impresa, che ha ripreso efficacia dopo lo scorso 28.02.2023, dovendosi ritenere che l’istanza qui depositata dalla ricorrente in data 2 marzo 2023 implicitamente chieda anche una modifica della misura cautelare collegiale, ai sensi dell’art. 58, comma 1, c.p.a. e che, in ogni caso, la conferma della misura cautelare non pregiudichi l’interesse pubblico”.

Tale misura cautelare è confermata da questo T.a.r. in sede collegiale, con l’ordinanza n. 119 dell’8 aprile 2023.

Con successive memorie, le parti ribadiscono e precisano le rispettive deduzioni e conclusioni.

All’udienza pubblica del 13 giugno 2023, la causa è introitata per la decisione.

II – Il ricorso è ammissibile e fondato.

III - La società ricorrente ritiene che la domanda di modifica non sostanziale dell’A.I.A. possa tener luogo (come anche la domanda di modifica sostanziale) della richiesta di rinnovo dell’A.I.A.; tale prospettazione non è inattendibile, poiché l’Amministrazione, provvedendo ad autorizzare la modifica non sostanziale (o sostanziale), di fatto confermerebbe l’A.I.A. originale. In tale ottica, non è indifferente il rilievo che sulla domanda del 20 aprile 2021 l’Amministrazione, nel novembre 2022, non aveva ancora provveduto, in tal modo facendo decorrere essa stessa il termine decennale di validità dell’autorizzazione originaria.

Ma, anche a voler prescindere da tale assunto, i motivi del gravame sono attendibili.

IV – Ad ogni buon conto, il provvedimento impugnato si basa esclusivamente sull’avvenuta scadenza del termine decennale dell’A.I.A.; null’altro è contestato alla ricorrente.

L’Amministrazione resistente, nelle sue difese, tenta di provocare una decisione che affronti questioni ancora all’esame, il che è inammissibile per la norma processuale, posta a presidio del principio di separazione dei poteri; per altro verso, la difesa dell’Amministrazione intende integrare il provvedimento impugnato con motivazione postuma, vietata dai principi generali del diritto. La motivazione del provvedimento amministrativo costituisce l'essenza e il contenuto insostituibile della decisione amministrativa, anche in ipotesi di attività vincolata e non può essere emendata né integrata, quasi fosse una formula vuota, da una successiva motivazione postuma, prospettata ad hoc dall'Amministrazione resistente nel corso del giudizio (in termini, Cons. St., Sez. VI, 28/06/2021 n. 4887). Su fattispecie analoga, il Consiglio di Stato, Sez. V, 20/03/2023 n. 2790 precisa che “neppure si può tenere conto delle considerazioni espresse dall'Autorità sulla gravità della condotta posta in essere dall'operatore economico, atteso che si consentirebbe, nel corso del giudizio, una inammissibile integrazione postuma della motivazione dell'atto impugnato”.

Ne consegue che delle argomentazioni della difesa della Città metropolitana, non attinenti all’oggetto del giudizio, non può tenersi conto.

V - L’Amministrazione eccepisce l’inammissibilità del ricorso per omessa impugnativa del verbale ispettivo dell’ARPA prot. n. 71567 del 19.10.2022.

Sennonché, tale verbale ispettivo è privo di natura ed efficacia provvedimentale; la nota dell’ARPA che lo richiama, indirizzata alla Città metropolitana, si limita a chiedere all’Ente, quale autorità competente, “di fornire le proprie valutazioni in merito alla validità del provvedimento autorizzativo che, allo stato, sembrerebbe scaduto e potrebbe aver comportato l'esercizio dell'attività in assenza di autorizzazione di cui al comma uno dell'articolo 29 quattordieces del D. Lgs. 152/2006”.

Il parere dell’ARPA a tenore del quale, allo stato degli atti, “non si possa escludere a priori l’assenza di impatti ambientali connessi all’aumento delle portate associate ai diversi punti di emissione”, non dà affatto contezza di un impatto ambientale negativo dell’insediamento produttivo della ricorrente.

Gli atti istruttori che - a dire dell’Amministrazione - la ricorrente avrebbe omesso di impugnare, sono tutti privi di autonomia funzionale e sforniti di capacità lesiva. Ne consegue che la mancata impugnazione di quegli atti non è causa di inammissibilità del gravame.

VI - Nel merito, deve rilevarsi che l’art. 29-octies D.Lgs. n. 152/2006, rubricato “Rinnovo e riesame”, al comma 5 prevede, tra l’altro che: “Nei casi di cui al comma 3, lettera b) [cioè, quando sono trascorsi 10 anni dal rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale o dall'ultimo riesame effettuato sull'intera installazione], la domanda di riesame è comunque presentata entro il termine ivi indicato. Nel caso di inosservanza del predetto termine l'autorizzazione si intende scaduta. La mancata presentazione nei tempi indicati di tale documentazione, completa dell'attestazione del pagamento della tariffa, comporta la sanzione amministrativa da 10.000 euro a 60.000 euro, con l'obbligo di provvedere entro i successivi 90 giorni. Al permanere dell'inadempimento la validità dell'autorizzazione, previa diffida, è sospesa. In occasione del riesame l'autorità competente utilizza anche tutte le informazioni provenienti dai controlli o dalle ispezioni”.

La norma stabilisce, pertanto che, se la domanda di rinnovo non viene presentata nel termine di validità dell’autorizzazione, l’autorizzazione s’intende scaduta e di fatto lo è ma non per questo cessa di avere efficacia; questo si comprende dal seguito del testo normativo. L’unica conseguenza è in effetti l’irrogazione della sanzione pecuniaria, con l’obbligo per il privato sanzionato di presentare la domanda nei successivi 90 giorni dalla sanzione.

In caso di persistente inerzia, e solo previa diffida, l’autorizzazione viene sospesa.

Nel caso di specie, la sanzione pecuniaria risulta irrogata, la domanda di rinnovo è stata presentata nei successivi 90 giorni e il relativo procedimento è in corso.

Il successivo comma 11 dell’art. 29-octies D.Lgs. n. 152/2006 prevede che: “Fino alla pronuncia dell'autorità competente in merito al riesame, il gestore continua l'attività sulla base dell'autorizzazione in suo possesso”.

È, dunque, errato ritenere che la ricorrente stia operando senza autorizzazione.

In realtà, il provvedimento impugnato, ove inteso come atto diretto a inibire la prosecuzione dell’attività, nelle more della definizione del procedimento di rinnovo dell’A.I.A. (anziché come mera diffida a presentare la domanda, ex art. 29-octies, pena la successiva sospensione dell’autorizzazione), è da ritenersi illegittimo. L’impugnata determinazione dirigenziale richiama e applica illegittimamente l’art. 29-decies, comma 9 lett. d), diffidando alla prosecuzione dell’attività “stante l’assenza del provvedimento di autorizzazione”.

Non sussistono, invero, i presupposti per applicare quella norma, perché la ricorrente ha 90 giorni per presentare la domanda di rinnovo e la sospensione dell’autorizzazione si può adottare solo previa diffida.

Diversamente interpretando, si arriverebbe all’irrazionale conclusione che, ove si manifestino situazioni che costituiscano un pericolo immediato per la salute umana o per l'ambiente o nel caso in cui le violazioni siano, comunque, reiterate più di due volte in un anno, sarebbe applicabile unicamente la sospensione dell'attività per un tempo determinato (lett. b), mentre, nel caso di scadenza dell’autorizzazione e a prescindere da qualsiasi pericolo, si applicherebbe – come asserisce l’Amministrazione - la “chiusura dell’installazione”.

La chiusura dell’impianto, nella fattispecie, non andava applicata, in quanto la domanda di rinnovo è stata presentata dalla ricorrente entro il termine dei 90 giorni dalla contestazione, come previsto dall’art. 29-octies.

VII - L’art. 29-nonies, peraltro, obbliga a graduare la misura, secondo gli ordinari criteri della proporzionalità dell’azione amministrativa, secondo la gravità delle infrazioni.

La valutazione della gravità dell’infrazione in sostanza deve essere oggetto di valutazione per ciascuno dei casi contemplati dalle lettere di cui all’art. 29-decies, inclusa la lett. d).

Certo, alla stregua di ragioni di comune buon senso, l’infrazione contestata alla ricorrente (omessa presentazione di un’apposita istanza di rinnovo dell’A.I.A. entro il termine decennale di scadenza) non può considerarsi grave, ove si consideri che la titolare dell’autorizzazione aveva, comunque, chiesto la modifica dell’autorizzazione stessa (e la pratica è tuttora in istruttoria).

L’Autorità procedente ha omesso qualsivoglia valutazione in tal senso.

VIII - In ogni caso, la misura della “chiusura della installazione” avrebbe dovuto essere preceduta dalla diffida. Dispone la norma in esame che l’Amministrazione procede alla diffida e contestuale sospensione dell'attività per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni che costituiscano un pericolo immediato per la salute umana o per l'ambiente.

Nella specie, non risultano sussistenti né sono dedotte dall’Amministrazione “situazioni che costituiscano un pericolo immediato per la salute umana o per l'ambiente”.

La lett. a) del citato art. 29-nonies, peraltro, costituisce ulteriore conferma di quanto già prescritto dal precedente comma 5 dell’art. 29-octies, laddove prevede che l’Amministrazione proceda innanzitutto “alla diffida, assegnando un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze”.

IX - La determinazione impugnata è illegittima per i vizi dedotti con il ricorso, vale a dire la violazione della norma che prevede l’astratto potere, il difetto di motivazione e l’erroneità dei presupposti.

Il ricorso va dunque accolto, ma le spese del giudizio possono essere compensate, stanti la particolarità e la novità delle questioni esaminate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Compensa tra le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Bari, nella camera di consiglio del giorno 13 giugno 2023, con l'intervento dei magistrati:

Orazio Ciliberti, Presidente, Estensore

Alfredo Giuseppe Allegretta, Consigliere

Lorenzo Ieva, Primo Referendario