Il ddl sui delitti ambientali oggi all'esame del parlamento: spunti di riflessione

a cura di Gianfranco AMENDOLA

 

 

Relazione tenuta nel convegno al Senato organizzato da Univerde e dal gruppo misto

I delitti contro l'ambiente: dal 2001 ad oggi

 

Come è noto, attualmente, con una sola eccezione, tutte le sanzioni previste per le violazioni ambientali (D. Lgs 152/06) sono di natura amministrativa o contravvenzionale.

Da quasi 20 anni si parla di introdurre nel nostro codice penale i delitti contro l'ambiente, ma finora tutti i tentativi in questo senso sono falliti.

L’unico risultato ottenuto sino ad oggi in questo settore si è riscontrato con la legge 23 marzo 2001, n. 93 (<<disposizioni in campo ambientale>>), la quale ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico il primo (e, sinora, unico1) delitto contro l’ambiente –l’organizzazione di traffico illecito di rifiuti- collocandolo nel D. Lgs 22/1997, accanto alle contravvenzioni esistenti in materia. Evento certamente rilevante, ma altrettanto certamente minimo rispetto alle aspettative dell’epoca, dato che la previsione di quel delitto faceva parte di un ben più ampio disegno di legge, il quale, dopo due anni di battaglie, innumerevoli riunioni e svariati compromessi tra Ministeri interessati, proponeva di introdurre nel codice penale, dopo il Titolo VI ("delitti contro l'incolumità pubblica"), un nuovo Titolo VI bis, intitolato "delitti contro l'ambiente", formato da 8 articoli (da 452 bis a 452 nonies) con 4 nuove ipotesi di reato: inquinamento ambientale, distruzione del patrimonio naturale, traffico illecito di rifiuti e frode in materia ambientale.

Nello stesso senso si muoveva l'ultimo tentativo governativo di introdurre tali delitti con il d.d.l. (proposto dal Ministro dell’ambiente) recante <<Disposizioni concernenti i delitti contro l’ambiente e delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della relativa disciplina>>, approvato dal Consiglio dei Ministri il 24 aprile 2007.

Esso si proponeva, infatti, di introdurre nel codice penale il Titolo VI-bis, rubricato "Dei delitti contro l'ambiente", con le seguenti ipotesi (inclusa la previsione colposa): inquinamento ambientale; danno ambientale; disastro; alterazione del patrimonio naturale, della flora e della fauna; traffico illecito di rifiuti; traffico di materiale radioattivo o nucleare e l'abbandono di esso; con l’aggiunta di apposita previsione per la commissione di delitti ambientali in forma organizzata, frode in materia ambientale, ed impedimento al controllo. Quadro completato con specifiche circostanze aggravanti, con pene accessorie, nonché con la previsione di un forte sconto di pena in caso di ravvedimento operoso e di una causa di non punibilità qualora l’autore di uno di questi delitti volontariamente rimuova il pericolo ovvero elimini il danno da lui provocati prima che sia esercitata l’azione penale. Infine, si inseriva, fra i delitti contro l’economia pubblica (libro secondo, titolo ottavo, capo primo del codice penale) quello di <<danneggiamento delle risorse economiche ambientali>>, con la previsione della reclusione da uno a quattro anni e la multa da ventimila a cinquantamila euro per chi offende le risorse ambientali in modo tale da pregiudicarne l'utilizzo da parte della collettività, gli enti pubblici o imprese di rilevante interesse.

Fortunatamente, mentre falliva anche questo tentativo, si riscontravano due fatti nuovi a livello comunitario. In primo luogo, la Corte europea, con la sentenza del 23 ottobre 2007, relativa alle sanzioni penali contro l’inquinamento da navi, ribadiva quanto già affermato nel 2005, e cioè che spetta non al Consiglio ma alla Commissione ed al Parlamento europeo, sul fondamento del Trattato, l’obbligo di imporre, con una direttiva, agli Stati membri la protezione dell’ambiente attraverso il diritto penale. Si ribadiva, quindi, che, allorché l'applicazione di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive da parte delle autorità nazionali costituisca una misura indispensabile di lotta contro danni ambientali gravi, il legislatore comunitario può imporre agli Stati membri di introdurre tali sanzioni per garantire la piena efficacia delle norme che esso emana in materia di tutela dell'ambiente.

Legittimando e rilanciando, in tal modo, l’azione della Commissione diretta ad introdurre una apposita direttiva vincolante per gli Stati membri.

Infatti -ed è il secondo fatto nuovo- la Commissione europea aveva presentato, il 9 febbraio 2007, una proposta di direttiva diretta ad assicurare un livello minimo di tutela penale dell’ambiente in tutta l’Unione europea. Essa veniva approvata (direttiva 2008/99CE del 19 novembre 2008 sulla tutela penale dell’ambiente), con obbligo di trasposizione negli ordinamenti giuridici degli Stati membri entro il 26 dicembre 2010, ed ha origine dalla preoccupazione comunitaria per l’aumento dei reati ambientali e per le loro conseguenze, che sempre più frequentemente si estendono al di là delle frontiere degli Stati in cui i reati vengono commessi (“Questi reati rappresentano una minaccia per l’ambiente ed esigono pertanto una risposta adeguata”). Pertanto –sostiene la UE- occorre procedere ad un deciso rafforzamento della tutela ambientale attraverso sanzioni penali “che sono indice di una riprovazione sociale di natura qualitativamente diversa rispetto alle sanzioni amministrative o ai meccanismi risarcitori di diritto civile”. In sostanza occorrono sanzioni “maggiormente dissuasive” per le attività che danneggiano l’ambiente, le quali generalmente provocano o possono provocare, oltre ai danni alla salute, un deterioramento significativo della qualità dell’aria, compresa la stratosfera, del suolo, dell’acqua,della fauna e della flora, compresa la conservazione delle specie. Attività che dovrebbero essere perseguibili penalmente in tutto il territorio della Comunità qualora siano state poste in essere “intenzionalmente o per grave negligenza”.

Ed è appena il caso di specificare che si parla di delitti e non di contravvenzioni. Infatti, occorre tener presente che la UE non distingue, come fa l’Italia, gli illeciti penali in delitti e contravvenzioni ma conosce solo sanzioni amministrative e sanzioni penali, a seconda della gravità dell’illecito. Ma non c’è dubbio che, quando parla di sanzioni penali, la direttiva in esame si riferisce ai casi di maggiore gravità, che, per noi, non possono essere altro che delitti.

Comunque, è la stessa direttiva a specificare nelle premesse che essa lascia impregiudicati gli altri sistemi relativi alla responsabilità per danno ambientale previsti dal diritto comunitario o dal diritto nazionale e che detta soltanto norme minime, per cui “gli Stati membri hanno facoltà di mantenere in vigore o adottare misure più stringenti finalizzate ad un’efficace tutela penale dell’ambiente”.

In estrema sintesi, la direttiva consta di 10 articoli e 2 allegati e prevede 9 fattispecie di illeciti ambientali da punire “con sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive”.

Esse sono (art. 3):

a) lo scarico, l’emissione o l’immissione illeciti di un quantitativo di sostanze o radiazioni ionizzanti nell’aria, nel suolo o nelle acque che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;

b) la raccolta, il trasporto, il recupero o lo smaltimento di rifiuti, comprese la sorveglianza di tali operazioni e il controllo dei siti di smaltimento successivo alla loro chiusura nonché l’attività effettuata in quanto commerciante o intermediario (gestione dei rifiuti), che provochi o possa provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;

c) la spedizione di rifiuti, qualora tale attività rientri nell’ambito dell’articolo 2, paragrafo 335, del regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativo alle spedizioni di rifiuti , e sia effettuata in quantità non trascurabile in un’unica spedizione o in più spedizioni che risultino fra di loro connesse;

d) l’esercizio di un impianto in cui sono svolte attività pericolose o nelle quali siano depositate o utilizzate sostanze o preparazioni pericolose che provochi o possa provocare, all’esterno dell’impianto, il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;

e) la produzione, la lavorazione, il trattamento, l’uso, la conservazione, il deposito, il trasporto, l’importazione, l’esportazione e lo smaltimento di materiali nucleari o di altre sostanze radioattive pericolose che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;

f) l’uccisione, la distruzione, il possesso o il prelievo di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette, salvo i casi in cui l’azione riguardi una quantità trascurabile di tali esemplari e abbia un impatto trascurabile sullo stato di conservazione della specie;

g) il commercio di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette o di parti di esse o di prodotti derivati, salvo i casi in cui l’azione riguardi una quantità trascurabile di tali esemplari e abbia un impatto trascurabile sullo stato di conservazione della specie;

h) qualsiasi azione che provochi il significativo deterioramento di un habitat all’interno di un sito protetto;

i) la produzione, l’importazione, l’esportazione, l’immissione sul mercato o l’uso di sostanze che riducono lo strato di ozono.

C’è ancora da aggiungere che la direttiva impone agli Stati membri di provvedere affinchè siano punibili penalmente il favoreggiamento e l’istigazione a commettere intenzionalmente i delitti sopra elencati, e che molto opportunamente dedica due articoli alla responsabilità ed alle sanzioni per le persone giuridiche, specificando che comunque resta sempre in piedi l’azione penale nei confronti delle persone fisiche che siano autori, incitatori o complici dei reati previsti dalla stessa.

In riferimento a queste fattispecie, l’art. 6 della direttiva richiede altresì che le persone giuridiche possano essere ritenute responsabili se i reati vengono commessi a loro vantaggio e dai loro vertici apicali ovvero dai soggetti sottoposti alla loro autorità, ma in questo caso a causa della carente sorveglianza posta in essere sull’operato dei medesimi. E nell’art. 7 aggiunge che alle stesse persone giuridiche devono essere irrogate, se dichiarate responsabili, sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive.

In sostanza, quindi, la direttiva impone due orientamenti in tema di sanzioni: la introduzione di alcuni delitti, e la responsabilità delle persone giuridiche.

Di fronte al dettato comunitario, il nostro paese era costretto ad intervenire. Ma lo faceva male ed in ritardo rispetto ad entrambi i punti di cui sopra.

Infatti, il D. Lgs 121/2011, emanato sulla base della legge delega n. 96/2010 (c.d. legge comunitaria 2009), entrato in vigore il 16 agosto 2011, invece di introdurre fattispecie di pericolo concreto o di danno rilevante per le matrici ambientali o per la salute e integrità fisica delle persone, come richiesto dall’art. 3 lett. a) della direttiva 2008/99/CE, si limitava ad introdurre due nuove fattispecie penali: uccisione, distruzione, cattura ecc. di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette, art. 727-bis c.p.; e distruzione o deterioramento di habitat, art. 733-bis c.p.

Ovviamente, come contravvenzioni; e con una formulazione tale da creare doppioni e confusione rispetto ai reati di settore già esistenti, quali il delitto di cui all’art. 544 bis c.p. (“Uccisione di animali”), l’art. 30, lett. g) l. 152/19922, l’ art. 734 c.p, l’art. 30 della legge n. 394/1991 (legge quadro sulle aree protette).

Per il resto, nulla è cambiato. Di certo, quindi, con questo D. Lgs. non sono stati introdotti i nuovi delitti voluti dalla direttiva né sono state introdotte sanzioni penali efficaci, adeguate e dissuasive.

Passiamo al secondo orientamento voluto dalla direttiva: adottare “le misure necessarie affinché le persone giuridiche dichiarate responsabili di un reato ai sensi dell’articolo 6 siano passibili di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive”; introdurre, cioè, la responsabilità delle persone giuridiche per taluni reati ambientali commessi a vantaggio o nell’interesse dell’ente.

Ci si riferiva, ovviamente, ai delitti di pericolo concreto e di danno, previsti nella stessa direttiva, e sopra riportati. Ma, il legislatore italiano, non avendo recepito questi delitti,"applicava” la direttiva, estendendo la disciplina per la responsabilità delle persone giuridiche, già prevista per alcuni reati dal D. Lgs. n. 231/2001, a una parte dei reati previsti dal testo unico ambientale, che, però, sono tutta altra cosa e prescindono dai reali danni e pericoli per l’ambiente.

Molto ci sarebbe da dire su questa scelta, peraltro incerta fino all’ultima stesura del D. Lgs 121.

Di certo, grida vendetta la dimenticanza dei reati collegati all’AIA (autorizzazione integrata ambientale), dato che riguarda imprese che sono per definizione assai pericolose per l’ambiente. Così come grida vendetta la dimenticanza relativa ai delitti di danno o di pericolo del codice penale applicabili anche in caso di inquinamenti, quali il disastro ambientale previsto dagli artt. 434 e 449 cod. pen., l’avvelenamento o la corruzione di acque destinate all’alimentazione di cui agli artt. 439, 440 e 452 c.p., il danneggiamento aggravato di cui all’art. 635 cpv., n. 2 c.p. ecc.
Più in generale, appaiono del tutto condivisibili le osservazioni di chi ritiene “incomprensibile la scelta di configurare la responsabilità degli enti solo per lo scarico di acque reflue industriali contenenti sostanze pericolose, escludendo dal catalogo la contravvenzione di cui al primo comma dell’art. 137 dello stesso codice, atteso che lo scarico di sostanze anche non intrinsicamente pericolose ma in quantitativi rilevanti è condotta idonea a determinare un grave danno all’ambiente. Infine contraddittoria risulta la mancata inclusione nel catalogo della contravvenzione di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti di cui al successivo art. 256, comma 2, atteso che tale disposizione espressamente contempla tra gli autori propri del reato addirittura «i rappresentanti di enti».Ed in tal senso non è nemmeno chiaro il criterio seguito nella selezione operata in sede di stesura del testo definitivo della novella, atteso che, ad esempio, è stata mantenuta la responsabilità delle persone giuridiche per violazioni eminentemente formali come quella, ad esempio, dell’ottavo comma dell’art. 260-bis del d. lgs. n. 152/2006 avente ad oggetto le violazioni del sistema di tracciabilità dei rifiuti.”3

Ma, a nostro sommesso avviso, vi è una considerazione generale ben più rilevante che, a questo punto, va messa in evidenza.

L’applicazione di sanzioni alle persone giuridiche non è uno scherzo. Come abbiamo visto nei settori cui già erano applicate (D. Lgs. n. 231/2001), con queste sanzioni un’impresa, specie se di piccole dimensioni (come la stragrande maggioranza delle imprese italiane) può essere messa in ginocchio e fuori mercato in pochi giorni, avendone un danno irreparabile.

Questo ha un senso in caso di vero danno alla salute o all’ambiente, ma diventa molto più discutibile se, come fa il nostro paese, si collegano queste nuove, gravose sanzioni a contravvenzioni che possono essere anche di minima gravità sostanziale o addirittura solo formali.

E allora, se veramente vogliamo avere una normativa ambientale da paese civile europeo, occorre ricominciare da capo: riscrivere l’attuale testo unico ambientale con poche norme chiare e facilmente applicabili. Quanto alle sanzioni, occorre al più presto dare attuazione vera a quanto ci chiede la U.E. introducendo i delitti contro l’ambiente (cui collegare le sanzioni per le persone giuridiche) per condotte che provocano o possono provocare pericoli e danni per la salute ovvero un deterioramento significativo della qualità dell’aria, compresa la stratosfera, del suolo, dell’acqua,della fauna e della flora, compresa la conservazione delle specie; e, contestualmente, riportare gran parte delle attuali contravvenzioni nell’ambito degli illeciti amministrativi.

 

Il ddl oggi in discussione al Senato

 

Nel quadro normativo sopra sommariamente delineato si inserisce oggi il D.D.L. appena licenziato dalla Camera (C. 957 Micillo, C. 342 Realacci, C. 1814 Pellegrino) recante <<Disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente e l'azione di risarcimento del danno ambientale, nonché delega al Governo per il coordinamento delle disposizioni riguardanti gli illeciti in materia ambientale>>.

Seguendo le orme dell'analogo DDL del 2007, esso conferma le contravvenzioni previste dal TUA, che non vengono novellate, ma aggiunge a tutela dell'ambiente nuove fattispecie delittuose, incentrate sul prodursi di un danno all'ambiente, che vengono inserite in un apposito nuovo titolo del codice penale.

In estrema sintesi, il provvedimento all'esame dell'assemblea (testo unificato elaborato dalla Commissione Giustizia):

  • inserisce nel codice penale un nuovo titolo, dedicato ai delitti contro l'ambiente;

  • introduce all'interno di tale titolo i delitti di inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico e abbandono di materiale di alta radioattività, impedimento al controllo;

  • stabilisce che le pene previste possano essere diminuite per coloro che collaborano con le autorità prima della definizione del giudizio (ravvedimento operoso);

  • obbliga il condannato al recupero e - ove possibile - al ripristino dello stato dei luoghi;

  • prevede il raddoppio dei termini di prescrizione del reato per i nuovi delitti, nonchè apposite norme per confisca, pene accessorie ecc.;

  • coordina la disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche in caso di reati ambientali;

  • introduce nel TUA un procedimento per l'estinzione delle contravvenzioni ivi previste, collegato all'adempimento da parte del responsabile della violazione di una serie di prescrizioni nonché al pagamento di una somma di denaro.

Non è questa la sede per analizzare compiutamente questo DDL in itinere, che appare, tra l'altro, molto complesso e, per alcuni versi, abbastanza macchinoso.

Possiamo solo lanciare alcuni spunti di riflessione di tipo generale, riservandoci approfondimenti in un secondo momento.

In primo luogo, ci sembra doveroso affrontare la problematica della rispondenza del nuovo testo alla direttiva europea sopra ricordata sulla tutela penale dell'ambiente. Sotto questo profilo, a prima vista ben pochi appaiono i punti in comune, come risulta evidente dalla lettura dello schema allegato in cui abbiamo richiamato, nella colonna di destra, non solo le norme del DDL in esame ma anche quelle, già introdotte nel nostro ordinamento con riferimento alla direttiva n. 99 del 2008.

 

 

DIRETTIVA 2008/99/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 19 novembre 2008 sulla tutela penale dell’ambiente

Articolo 3

Infrazioni

Ciascuno Stato membro si adopera affinché le seguenti attività,qualora siano illecite e poste in essere intenzionalmente o quanto meno per grave negligenza, costituiscano reati:

 

a) lo scarico, l’emissione o l’immissione illeciti di un quantitativo di sostanze o radiazioni ionizzanti nell’aria, nel suolo o nelle acque che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;

 

h) qualsiasi azione che provochi il significativo deterioramento di un habitat all’interno di un sito protetto;

 

b) la raccolta, il trasporto, il recupero o lo smaltimento di rifiuti, comprese la sorveglianza di tali operazioni e il controllo dei siti di smaltimento successivo alla loro chiusura

nonché l’attività effettuata in quanto commerciante o intermediario

(gestione dei rifiuti), che provochi o possa provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;

 

 

 

 

 

d) l’esercizio di un impianto in cui sono svolte attività pericolose o nelle quali siano depositate o utilizzate sostanze o preparazioni pericolose che provochi o possa provocare, all’esterno

dell’impianto, il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;

 

i) la produzione, l’importazione, l’esportazione, l’immissione sul mercato o l’uso di sostanze che riducono lo strato di ozono.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

e) la produzione, la lavorazione, il trattamento, l’uso, la conservazione,il deposito, il trasporto, l’importazione, l’esportazione e lo smaltimento di materiali nucleari o di altre sostanze

radioattive pericolose che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

c) la spedizione di rifiuti, qualora tale attività rientri nell’ambito dell’articolo 2, paragrafo 335, del regolamento (CE) n.1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del

14 giugno 2006, relativo alle spedizioni di rifiuti e sia effettuata in quantità non trascurabile in un’unica spedizione

o in più spedizioni che risultino fra di loro connesse;

 

 

 

 

 

 

 

f) l’uccisione, la distruzione, il possesso o il prelievo di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette, salvo i

casi in cui l’azione riguardi una quantità trascurabile di tali esemplari e abbia un impatto trascurabile sullo stato di conservazione della specie;

 

g) il commercio di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette o di parti di esse o di prodotti derivati, salvo i casi in cui l’azione riguardi una quantità trascurabile di tali esemplari e abbia un impatto trascurabile sullo stato di conservazione della specie;

 

Articolo 4

Favoreggiamento e istigazione ad un reato

Gli Stati membri provvedono affinché siano punibili penalmente il favoreggiamento e l’istigazione a commettere intenzionalmente

le attività di cui all’articolo 3.

 

 

 

Articolo 5

Sanzioni

Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i reati di cui agli articoli 3 e 4 siano puniti con sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive.

 

 

Articolo 6

Responsabilità delle persone giuridiche

 

1. Gli Stati membri provvedono affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili dei reati di cui agli articoli 3 e 4 quando siano stati commessi a loro vantaggio da qualsiasi soggetto che detenga una posizione preminente in seno alla persona giuridica, individualmente o in quanto parte di un organo della persona giuridica, in virtù:

a) del potere di rappresentanza della persona giuridica;

b) del potere di prendere decisioni per conto della persona giuridica; o

c) del potere di esercitare un controllo in seno alla persona giuridica.

2. Gli Stati membri provvedono altresì affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili quando la carenza di sorveglianza o controllo da parte di un soggetto di cui al paragrafo 1 abbia reso possibile la commissione di un reato di cui agli articoli 3 e 4 a vantaggio della persona giuridica da parte di una persona soggetta alla sua autorità.

3. La responsabilità delle persone giuridiche ai sensi dei paragrafi 1 e 2 non esclude l’azione penale nei confronti delle persone fisiche che siano autori, incitatori o complici dei reati

di cui agli articoli 3 e 4.

 

Articolo 7

Sanzioni per le persone giuridiche

Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le persone giuridiche dichiarate responsabili di un reato ai sensi dell’articolo

6 siano passibili di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive.

D.D.L 2014

Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente

 

 

ART. 1.

1. Dopo il titolo VI del libro secondo

del codice penale è inserito il seguente:

 

« TITOLO VI-bis

DEI DELITTI CONTRO L’AMBIENTE

 

ART. 452-bis. – (Inquinamento ambientale).

– È punito con la reclusione da due a

sei anni e con la multa da euro 10.000 a

euro 100.000 chiunque, in violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative,specificamente poste a tutela

dell’ambiente e la cui inosservanza costituisce

di per sé illecito amministrativo o penale,

cagiona una compromissione o un deterioramento

rilevante:

1) dello stato del suolo, del sottosuolo,

delle acque o dell’aria;

2) dell’ecosistema, della biodiversità,

della flora o della fauna selvatica.

Quando l’inquinamento è prodotto in

un’area naturale protetta o sottoposta a

vincolo paesaggistico, ambientale, storico,

artistico, architettonico o archeologico, ovvero

in danno di specie animali o vegetali

protette, la pena è aumentata.

 

ART. 452-ter. – (Disastro ambientale). –

Chiunque, in violazione di disposizioni

legislative, regolamentari o amministrative,

specificamente poste a tutela dell’ambiente

e la cui inosservanza costituisce di per sé

illecito amministrativo o penale, cagiona un disastro ambientale è punito con la reclusione da

cinque a quindici anni.

Costituisce disastro ambientale l’alterazione

irreversibile dell’equilibrio dell’ecosistema

o l’alterazione la cui eliminazione

risulti particolarmente onerosa e conseguibile

solo con provvedimenti eccezionali,

ovvero l’offesa alla pubblica incolumità in

ragione della rilevanza oggettiva del fatto

per l’estensione della compromissione ovvero

per il numero delle persone offese o

esposte a pericolo.

Quando il disastro è prodotto in

un’area naturale protetta o sottoposta a

vincolo paesaggistico, ambientale, storico,

artistico, architettonico o archeologico, ovvero

in danno di specie animali o vegetali

protette, la pena è aumentata.

 

ART. 452-quater. – (Delitti colposi contro

l’ambiente). – Se taluno dei fatti di cui

agli articoli 452-bis e 452-ter è commesso

per colpa, le pene previste dai medesimi

articoli sono diminuite da un terzo alla

metà.

 

ART. 452-quinquies. – (Traffico e abbandono

di materiale ad alta radioattività).

– Salvo che il fatto costituisca più grave

reato, è punito con la reclusione da due a

sei anni e con la multa da euro 10.000 a

euro 50.000 chiunque, illegittimamente o

comunque in violazione di disposizioni

legislative, regolamentari o amministrative,

cede, acquista, riceve, trasporta, importa,

esporta, procura ad altri, detiene o trasferisce

materiale ad alta radioattività.

Alla stessa pena soggiace il detentore che

abbandona materiale ad alta radioattività

o che se ne disfa illegittimamente.

La pena di cui al primo comma è

aumentata se dal fatto deriva il pericolo di

compromissione o deterioramento:

1) della qualità del suolo, del sottosuolo,

delle acque o dell’aria;

2) dell’ecosistema, della biodiversità,

della flora o della fauna selvatica.

Se dal fatto deriva pericolo per la vita

o per l’incolumità delle persone, la pena è

aumentata fino alla metà.

 

D. LGS 152/06 DOPO D. LGS 205/2010

Articolo 194

(Spedizioni transfrontaliere)

1. Le spedizioni transfrontaliere dei rifiuti sono disciplinate dai regolamenti comunitari che regolano la materia, dagli accordi bilaterali di cui agli articoli 41 e 43 del regolamento (CE) n. 1013/2006 e dal decreto di cui al comma 4.

ARTICOLO 259

TRAFFICO ILLECITO DI RIFIUTI

 

1. Chiunque effettua una spedizione di rifiuti costituente traffico illecito ai sensi dell'articolo 26 del regolamento (CEE) 1° febbraio 1993, n. 259, o effettua una spedizione di rifiuti elencati nell'Allegato II del citato regolamento in violazione dell'articolo 1, comma 3, lettere a), b), c) e d) del regolamento stesso è punito con la pena dell'ammenda da millecinquecentocinquanta euro a ventiseimila euro e con l'arresto fino a due anni. La pena è aumentata in caso di spedizione di rifiuti pericolosi.

2. Alla sentenza di condanna, o a quella emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i reati relativi al traffico illecito di cui al comma 1 o al trasporto illecito di cui agli articoli 256 e 258, comma 4, consegue obbligatoriamente la confisca del mezzo di trasporto.

ART. 1 DECRETO LEGISLATIVO 7 luglio 2011 , n. 121

Attuazione della direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell'ambiente, nonche' .....

 

«Art. 727-bis c.p.

(Uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette)

 

Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, chiunque, fuori dai casi consentiti, uccide, cattura o detiene esemplari appartenenti ad una specie animale selvatica protetta e' punito con l'arresto da uno a sei mesi o con l'ammenda fino a 4. 000 euro, salvo i casi in cui l'azione riguardi una quantita' trascurabile di tali esemplari e

abbia un impatto trascurabile sullo stato di conservazione della specie.

Chiunque, fuori dai casi consentiti, distrugge, preleva o detiene esemplari appartenenti ad una specie vegetale selvatica protetta e' punito con l'ammenda fino a 4. 000 euro, salvo i casi in cui l'azione riguardi una quantita' trascurabile di tali esemplari e abbia un impatto trascurabile sullo stato di conservazione della specie.»;

 

 

ART. 452-sexies. – (Impedimento del

controllo). – Salvo che il fatto costituisca

più grave reato, chiunque, negando l’accesso,

predisponendo ostacoli o mutando

artificiosamente lo stato dei luoghi, impedisce,

intralcia o elude l’attività di vigilanza

e controllo ambientali, ovvero ne

compromette gli esiti, è punito con la

reclusione da sei mesi a tre anni.

 

OMISSIS

 

ART. 452-novies. – (Confisca). –

 

ART. 452-decies. – (Ripristino dello stato

dei luoghi). –

 

OMISSIS

 

 

7. All’articolo 25-undecies del decreto

legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sono

apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le lettere a) e b) sono

sostituite dalle seguenti:

 

OMISSIS (sanzioni persone giuridiche)

 

« 1-bis. Nei casi di condanna per i

delitti indicati al comma 1, lettere a) e b),

del presente articolo, si applicano, oltre

alle sanzioni pecuniarie ivi previste, le

sanzioni interdittive previste dall’articolo

9, per un periodo non superiore a un anno

per il delitto di cui alla citata lettera a).

1-ter. Nei casi di condanna per i delitti

di cui all’articolo 452-quater del codice

penale, le sanzioni pecuniarie e interdittive

previste dal comma 1-bis sono ridotte di

un terzo ».



Come si vede, trattasi di testi molto diversi sia come struttura sia come formulazione, ove alla semplicità del testo comunitario si contrappone la macchinosità del testo italiano.

Sotto questo profilo, si deve notare che se da un lato è vero che il DDL in esame ricalca lo schema dei DDL precedenti -e, in particolare, di quello del 2007- è anche vero che la direttiva comunitaria è del 2008 (anche se nel 2007 era già in gestazione). E, pertanto, a nostro sommesso avviso, sarebbe stato meglio riproporre gli schemi precedenti ma con le opportune modifiche richieste dalla nuova direttiva.

In particolare, appare di tutta evidenza che, mentre la direttiva si incentra senza tanti fronzoli sulla tutela di alcuni beni fondamentali connessi con la salute e l'ambiente, il testo italiano appare molto più complicato e ridondante; con la conseguenza non di semplificare ma di aggravare la comprensione e l'applicazione della norma. Peraltro, sotto questo profilo, discostandosi in peggio anche dal testo del 2007, come risulta dallo schema che segue, ove ho comparato, a prescindere dal numero degli articoli, le norme corrispondenti:

 

TESTO 2007

 

 

 

 

 

 

 

 

 

TITOLO VI-bis

DEI DELITTI CONTRO L'AMBIENTE

 

Art. 452-bis. – (Inquinamento ambientale). – È punito con la reclusione da uno a cinque anni anni e con la multa da euro 5000 a euro 30.000

chiunque con una azione od omissione, anche in violazione di disposizioni normative, illegittimamente immette nell'ambiente sostanze o energie, cagionando o contribuendo a cagionare il pericolo concreto di una compromissione durevole o rilevante:

 

a) delle originarie o preesistenti qualità del suolo, del sottosuolo, delle acque o dell'aria

b) per la flora o per la fauna selvatica

 

Art. 452-ter- (Danno ambientale. Pericolo per la vita o l'incolumità personale)

Nei casi previsti dall'articolo 452-bis, se la compromissione durevole o rilevante si verifica

si applica la pena della reclusione da due a sei anni e della multa da ventimila a sessantamila

euro. La compromissione si considera rilevante quando la sua eliminazione risulta di

particolare complessità sotto il profilo tecnico, ovvero particolarmente onerosa o

conseguibile solo con provvedimenti eccezionali.

Se dalla illegittima immissione deriva il pericolo concreto per la vita o l'incolumità delle

persone, si applica la pena della reclusione da due anni e sei mesi a sette anni.

 

 

 

Art. 452-quater- (Disastro ambientale). – Chiunque, illegittimamente immette nell'ambiente sostanze o energie, cagionando o contribuendo a cagionare un disastro ambientale è punito con la reclusione da tre a dieci anni e con la multa da 30.000 a 250.000 euro

 

 

 

Si ha disastro ambientale quando il fatto, in ragione della rilevanza oggettiva o dell'estensione della compromissione, ovvero del numero delle persone offese o esposte al pericolo, offende la pubblica incolumità.

La stessa pena si applica se il fatto cagiona una alterazione irreversibile dell'equilibrio dell'ecosistema

 

Art. 452-sexies (circostanze aggravanti)

.... la pena è aumentata di un terzo se la compromissione o il pericolo di compromissione dell'ambiente a) ha per oggetto aree naturali protette o beni sottoposti a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico, archeologico, b) deriva dall'immissione di radiazioni ionizzanti

 

Art. 452-duodecies

(delitti colposi contro l'ambiente)

Se taluno dei fatti di cui agli artt...........è commesso per colpa, le pene previste per detti articoli sono diminuite della metà

 

Art. 452 octies -

(Traffico di materiale radioattivo o nucleare. Abbandono)

E' punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da 50.000 a 250.000 euro chiunque illegittimamente cede, acquista, trasferisce, importa o esporta sorgenti radioattive o materiale nucleare.

 

 

 

Alla stessa pena soggiace il detentore che si disfa illegittimamente di una sorgente radioattiva.

 

La pena di cui al primo comma è aumentata di un terzo se dal fatto deriva il pericolo concreto di una compromissione durevole o rilevante:

1) delle originarie o preesistenti qualità del suolo, del sottosuolo, delle acque o dell'aria;

2) per la flora o per la fauna selvatica

 

Se dal fatto deriva il pericolo concreto per la vita o per l'incolumità delle persone, si applica la pena della reclusione da 3 a 10 anni e della multa da 15.000 a 100.000 euro

 

 

Art. 452- undecies– (Impedimento al controllo)

Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, il titolare o il gestore di un impianto che, negando l'accesso, predisponendo ostacoli o immutando artificiosamente lo stato dei luoghi, impedisce o intralcia l'attività di controllo degli insediamenti o di parte di essi ai soggetti legittimati, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni

 

Art. 452-nonies. – (Delitti ambientali in forma organizzata)

Quando l'associazione di cui all'articolo 416 è diretta, anche in via non esclusiva o concorrente, allo scopo di commettere taluno dei reati di cui al presente titolo, le pene previste dall'articolo 416 sono aumentate di un terzo.

 

Quando taluno dei reati previsti dal presente titolo è commesso avvalendosi delle condizioni di cui al comma terzo dell'art. 416 bis ovvero avvalendosi dell'associazione di cui all'art. 416 bis, le pene previste per ciascun reato sono aumentate fino alla metà e l'aumento non può comunque essere inferiore a un terzo.

 

 

 

 

 

Art. 452 quinqiesdeces

(Ravvedimento operoso).

 

– Le pene previste per i delitti di cui al presente titolo, sono diminuite dalla metà a due terzi nei confronti di chi si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi di prova decisivi per la ricostruzione dei fatti fatti, nell'individuazione o nella cattura di uno o più autori di reati, nell'evitare la commissione di ulteriori reati e nel consentire la sottrazione di risorse rilevanti per la commissione di delitti.

 

452-sexiesdecies (Causa di non punibilità)

 

Non è punibile l'autore di taluno dei fatti previsti dai precedenti articoli del presente titolo, che volontariamente rimuova il pericolo ovvero elimini il danno da lui provocati prima che sia esercitata l' azione penale.

 

c) al Titolo VIII, Capi I, del Libro II del codice penale, dopo 1'articolo 498, è inserito il

seguente:

 

«Arti colo 498 -bi s (Danneggiamento delle risorse economiche ambientali)

 

Chiunque offende le risorse ambientali in modo tale da pregiudicarne l'utilizzo da parte della

collettività, gli enti pubblici o imprese di rilevante interesse, e punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da ventimila a cinquantamila euro

 

 

 

 

 

 

Art. 452- terdecies- (Pene accessorie.Confisca)

OMISSIS

 

Art. 452-quaterdecies. – (Bonifica e ripristino dello stato dei luoghi.). – Quando pronuncia sentenza di condanna ovvero di applicazione di ai sensi dall'articolo 444 del codice di procedura penale, il giudice ordina la bonifica, il recupero e, ove tecnicamente possibile, il ripristino dello stato dei luoghi, ponendone l'esecuzione a carico del condannato e dei soggetti di cui all'articolo 197.

 

OMISSIS+ SANZIONI ENTE

D.D.L 2014

 

Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente

 

 

ART. 1.

1. Dopo il titolo VI del libro secondo

del codice penale è inserito il seguente:

 

« TITOLO VI-bis

DEI DELITTI CONTRO L’AMBIENTE

 

ART. 452-bis. – (Inquinamento ambientale).

– È punito con la reclusione da due a

sei anni e con la multa da euro 10.000 a

euro 100.000 chiunque, in violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative,specificamente poste a tutela

dell’ambiente e la cui inosservanza costituisce

di per sé illecito amministrativo o penale,

cagiona una compromissione o un deterioramento rilevante:

 

1) dello stato del suolo, del sottosuolo,

delle acque o dell’aria;

2) dell’ecosistema, della biodiversità,

anche agraria, della flora o della fauna

selvatica.

Quando l’inquinamento è prodotto in

un’area naturale protetta o sottoposta a

vincolo paesaggistico, ambientale, storico,

artistico, architettonico o archeologico, ovvero

in danno di specie animali o vegetali

protette, la pena è aumentata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ART. 452-ter. – (Disastro ambientale). –

Chiunque, in violazione di disposizioni

legislative, regolamentari o amministrative,

specificamente poste a tutela dell’ambiente

e la cui inosservanza costituisce di per sé

illecito amministrativo o penale cagiona un disastro ambientale è punito con la reclusione da cinque a quindici anni.

 

Costituisce disastro ambientale l’alterazione

irreversibile dell’equilibrio dell’ecosistema

o l’alterazione la cui eliminazione

risulti particolarmente onerosa e conseguibile

solo con provvedimenti eccezionali,

ovvero l’offesa alla pubblica incolumità in

ragione della rilevanza oggettiva del fatto

per l’estensione della compromissione ovvero

per il numero delle persone offese o esposte a pericolo.

Quando il disastro è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata.

 

 

 

 

 

 

ART. 452-quater. – (Delitti colposi contro

l’ambiente). – Se taluno dei fatti di cui

agli articoli 452-bis e 452-ter è commesso

per colpa, le pene previste dai medesimi

articoli sono diminuite da un terzo alla

metà.

 

 

ART. 452-quinquies. – (Traffico e abbandono

di materiale ad alta radioattività).

– Salvo che il fatto costituisca più grave

reato, è punito con la reclusione da due a

sei anni e con la multa da euro 10.000 a

euro 50.000 chiunque, illegittimamente o, comunque, in violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, procura ad altri, detiene o trasferisce materiale ad alta radioattività.

Alla stessa pena soggiace il detentore che

abbandona materiale ad alta radioattività

o che se ne disfa illegittimamente.

 

La pena di cui al primo comma è

aumentata se dal fatto deriva il pericolo di

compromissione o deterioramento:

1) della qualità del suolo, del sottosuolo,

delle acque o dell’aria;

2) dell’ecosistema, della biodiversità,

della flora o della fauna selvatica.

Se dal fatto deriva pericolo per la vita

o per l’incolumità delle persone, la pena è

aumentata fino alla metà.

 

 

ART. 452-sexies. – (Impedimento del

controllo). – Salvo che il fatto costituisca

più grave reato, chiunque, negando l’accesso,

predisponendo ostacoli o mutando

artificiosamente lo stato dei luoghi, impedisce,

intralcia o elude l’attività di vigilanza

e controllo ambientali, ovvero ne

compromette gli esiti, è punito con la

reclusione da sei mesi a tre anni.

 

ART. 452-septies. – (Circostanze aggravanti).

 

– Quando l’associazione di cui all’articolo 416 è diretta, in via esclusiva o concorrente, allo scopo di commettere taluno dei delitti previsti dal presente titolo, le pene previste dal medesimo articolo 416 sono aumentate.

Quando l’associazione di cui all’articolo 416-bis è finalizzata a commettere taluno dei delitti previsti dal presente titolo ovvero all’acquisizione della gestione o comunque del controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di

appalti o di servizi pubblici in materia ambientale, le pene previste dal medesimo articolo 416-bis sono aumentate.

Le pene di cui ai commi primo e secondo sono aumentate da un terzo alla metà se dell’associazione fanno parte pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio che esercitano funzioni o svolgono servizi in materia ambientale.

 

 

ART. 452-octies. – (Ravvedimento operoso).

– Le pene previste per i delitti di cui al presente titolo, per il delitto di associazione per delinquere di cui all’articolo 416 aggravato ai sensi dell’articolo 452-septies, nonché per il delitto di cui all’articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile

2006, n. 152, e successive modificazioni, sono diminuite dalla metà a due terzi nei confronti di colui che si adopera per evitare che l’attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori, ovvero aiuta concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella ricostruzione del

fatto, nell’individuazione degli autori o

nella sottrazione di risorse rilevanti per la

commissione dei delitti, ovvero provvede

alla messa in sicurezza, alla bonifica e, ove

possibile, al ripristino dello stato dei luoghi.

Ove il giudice, su richiesta dell’imputato,

disponga la sospensione del procedimento

per un tempo congruo, comunque non superiore

a un anno, a consentire di completare

le attività di cui al primo comma, il

corso della prescrizione è sospeso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ART. 452-novies. – (Confisca). –

OMISSIS

 

ART. 452-decies. – (Ripristino dello stato

dei luoghi). – Quando pronuncia sentenza di condanna ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per taluno dei delitti previsti dal presente titolo, il giudice ordina il recupero e, ove tecnicamente possibile, il ripristino dello stato dei luoghi, ponendone

l’esecuzione a carico del condannato e dei

soggetti di cui all’articolo 197 del presente

codice.

 

OMISSIS + SANZIONI ENTE



 

Tanto per fare un esempio, il testo del 2007 specificava espressamente in cosa consistesse una "compromissione rilevante" per il delitto di inquinamento ambientale; a differenza del testo attuale che, invece, sembra voglia riportare questo concetto nell'ambito del disastro ambientale; creando difficoltà notevoli nella distinzione delle corrispettive ipotesi di reato. Peraltro, proprio a proposito del "disastro ambientale", la formulazione attuale appare molto meno chiara della corrispondente nozione elaborata dalla giurisprudenza a proposito del "disastro innominato" di cui all'art. 434 c.p.4

Ma la maggiore perplessità deriva dalla evidentissima volontà del nuovo testo di collegare i nuovi delitti alle violazioni (amministrative o contravvenzionali) precedenti; anche in tal caso, peggiorando il testo del 2007. Tanto è vero che i delitti di inquinamento ambientale e di disastro ambientale oggi richiedono, come premessa rispetto all'evento, che vi sia una "violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative,specificamente poste a tutela dell’ambiente e la cui inosservanza costituisce di per sé illecito amministrativo o penale".

Come se fosse lecito, altrimenti, provocare enormi danni all'ambiente o un disastro ambientale.

In altri termini, per i delitti ambientali, quello che deve contare è evitare il verificarsi dei gravissimi eventi da essi sanzionati, senza se e senza ma, così come fa la direttiva europea sulla tutela penale dell'ambiente. Sarà il giudice che, caso per caso, come fa sempre, dovrà poi valutare, in sede soprattutto di esame dell'elemento soggettivo, le circostanze del fatto; anche, ovviamente, con riferimento alle altre norme di settore esistenti. Ma fare addirittura dipendere la punibilità di un fatto gravissimo dall'osservanza o meno delle pessime, carenti e, molto spesso, complicate e di difficile comprensione ed attuazione, norme regolamentari ed amministrative oggi esistenti significa veramente subordinare la tutela di beni costituzionalmente garantiti a precetti amministrativi spesso solo formali o a norme tecniche che, spesso, sembrano formulate apposta per essere inapplicabili.

Peraltro, la migliore conferma deriva dall'esame della vicenda di Radio Vaticana, ove, a fronte di prove indiscutibili circa la molestia e la nocività delle immissioni, la difesa si è incentrata sul fatto che la norma contestata (art. 674 c.p.) richiede che l'evento avvenga "nei casi non consentiti dalla legge"; e, per difetto della normativa tecnica e degli organi di controllo, mancava la prova della violazione della legge sull'inquinamento elettromagnetico.

Lo ripetiamo, di queste circostanze il giudice dovrà certamente tener conto ma, come da tempo rilevato dalla migliore dottrina, "la condotta di dolosa messa in pericolo concreto o di danno della risorsa, va sanzionata indipendentemente dal fatto che l'immissione che dette conseguenze ha provocato integri di per se stessa un altro illecito, di qualsiasi natura (penale, amministrativa statale o regionale)"5.

Un ulteriore spunto di riflessione merita la disciplina del "ravvedimento operoso". Se, infatti, appare del tutto condivisibile fare ponti d'oro a chi si ravvede ed aiuta le autorità, è anche vero che non bisogna esagerare, soprattutto in un paese come il nostro, pieno di furbetti e di imbroglioni e carente nei controlli. Già abbiamo nel TUA, a proposito delle bonifiche, un art. 257 il quale, al quarto comma, stabilisce che "l’osservanza dei progetti approvati ai sensi degli articoli 242 e seguenti del presente decreto costituisce condizione di non punibilità per i reati ambientali contemplati da altre leggi per il medesimo evento e per la stessa condotta di inquinamento di cui al comma 1."; sancendo, quindi, che l’inquinatore, se bonifica, non è punibile per aver provocato l’inquinamento e per tutti gli altri reati ambientali connessi con il medesimo evento. Quindi, un evidente condono permanente che elimina alla radice ogni deterrenza della sanzione penale e costituisce oggettivamente un incentivo all’inquinamento6. E, come se non bastasse, molto recentemente il governo, sempre in tema di bonifiche, ha surrettiziamente inserito nel decreto legge "destinazione Italia" (decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145 -convertito con legge 21 febbraio 2014, n. 9) -, non intitolato affatto ai rifiuti nè alle bonifiche nè a norme ambientali- un art. 4 con cui sostituisce integralmente l'art. 252-bis del TUA, prevedendo notevoli sgravi, finanziamenti ed altri benefici per chi attua una bonifica; addirittura, nel testo del decreto legge varato dal governo, anche a favore dei responsabili del disastro ambientale. E c'è voluto l'intervento del Parlamento con la legge di conversione per eliminare questa vergognosa novità.

Un ultimo spunto di riflessione merita la parte, del tutto nuova, riferita alla "disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale".

Essa, in sostanza, si propone di introdurre, per gli illeciti ambientali di tipo contravvenzionale in materia ambientale che non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette, una disciplina analoga a quella esistente nella normativa di prevenzione degli infortuni sul lavoro, ove il contravventore, se adempie alle prescrizioni dell'organo di controllo, può effettuare oblazione presso lo stesso organo ed evitare il giudizio penale.

Trattasi di disciplina già criticata, e giustamente, dalla dottrina7, tenendo soprattutto conto che nel settore infortunistico operano strutture specializzate le quali sono in grado di impartire, caso per caso, prescrizioni e di controllarne l'adempimento. Ma certamente non si tratta di compiti che possono essere affidati, come vuole il DDL, alla "normale" polizia giudiziaria che ha, invece, obblighi e competenze ben diversi da quelli di una "risistemazione ambientale" e che, in tal modo, oltre a dover gestire problematiche tecniche, deve anche " procedere ad estinguere in caserma un reato con il pagamento di una somma in via amministrativa". Con l' ulteriore anomalia che, ai sensi dell'art. 318-quinquies, <<se il pubblico ministero prende notizia di una contravvenzione di propria iniziativa ovvero la riceve da privati o da pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio diversi dall’organo di vigilanza e dalla polizia giudiziaria, ne dà comunicazione all’organo di vigilanza o alla polizia giudiziaria affinché provveda agli adempimenti di cui agli articoli 318-ter e 318- quater>>. Insomma, se "oggi è la PG che dà notizia al PM di un reato, domani sarà il PM a dare notizia alla PG dello stesso reato"8. E, in ogni caso, sussiste sempre l’obbligo di procedere comunque alla iscrizione di queste contravvenzioni nel registro delle Procure, cui dovranno essere comunicate le vicende relative a prescrizioni, adempimenti ed eventuale oblazione (con notevoli possibilità di proroghe). Di modo che non ne risulta alcuna semplificazione.

 

Conclusioni

 

Finora abbiamo, anche se sommariamente, indicato quelli che, a nostro sommesso avviso, sono le principali criticità del nuovo DDL, con l'intento di indurre il legislatore ad intervenire per le opportune correzioni. Soprattutto sfrondando, eliminando e semplificando; con la consapevolezza che, se si introducono delitti ambientali chiari, applicabili e di facile accertamento, è anche possibile (e lo auspichiamo) provvedere ad una massiccia depenalizzazione delle attuali contravvenzioni, affidando interamente la gestione di questi illeciti ad una PA di cui dovrebbero essere potenziati i poteri di intervento e la specializzazione; eliminando, in tal modo, anche tutte le anomalie, sopra evidenziate, relative al procedimento per l'oblazione. Riservando, insomma, ai soli delitti di danno e pericolo concreto per la salute e per l'ambiente l'intervento della magistratura penale, dopo averla opportunamente sgravata delle tante contravvenzioni solo formali oggi esistenti9.

Con l'auspicio che, di pari passo, vengano potenziati gli organi di controllo oggi ai limiti del collasso per mancanza di personale, di mezzi e di professionalità.

Insomma, a nostro avviso, è, comunque, auspicabile che, al più presto, nel settore ambientale, i fatti gravi vengano finalmente sanzionati in modo adeguato, e, quindi, come delitti. Certo, il testo proposto non è il massimo ma è sicuramente migliorabile, se lo si vuole. Anche se, a volte, dopo tanti anni di disillusioni, si insinua la tentazione di far prevalere il pessimismo della ragione sull'ottimismo della volontà.

1 A dire il vero, molto recentemente, con riferimento alla vicenda cd. "terra dei fuochi", il governo ha introdotto anche il delitto di "combustione illecita di rifiuti" (decreto legge n. 136 del 10 dicembre 2013, convertito dalla legge 6 febbraio 2014, n. 6). Preferiamo non parlarne, per carità di patria, trattandosi, con ogni evidenza e come rilevato da tutta la dottrina, di norma superflua, inefficace e puramente demagogica. In proposito, si rinvia al nostro Combustione di rifiuti, in Ambiente e sicurezza sul lavoro 2014, n. 1, pag. 60 e segg.

2 Non a caso, RUGA RIVA, Il decreto legislativo di recepimento delle direttive comunitarie sulla tutela penale dell’ambiente: nuovi reati, nuova responsabilità degli enti da reato ambientale, in www.lexambiente.it., conclude che “Insomma, il nuovo reato, ad una valutazione complessiva, non sembra affatto rafforzare la tutela penale dell’ambiente (animale) richiesta dalla direttiva 2008/99/CE. In sua assenza le varie condotte ivi descritte sarebbero state punite comunque, attraverso fattispecie già vigenti”

3 relazione dell’ufficio Massimario Corte di Cassazione del 3 agosto 2011, cui si rinvia per approfondimenti,

 

4 Cfr., da ultimo, Cass. Pen., sez. 3, 14 luglio 2011, n. 46189, Passariello, secondo cui "requisito del reato di disastro di cui all'art. 434 c.p. è la potenza espansiva del nocumento unitamente all'attitudine ad esporre a pericolo, collettivamente, un numero indeterminato di persone, sicché, ai fini della configurabilità del medesimo, è necessario un evento straordinariamente grave e complesso ma non eccezionalmente immane. E' necessario e sufficiente che il nocumento abbia un carattere di prorompente diffusione che esponga a pericolo, collettivamente, un numero indeterminato di persone che l'eccezionalità della dimensione dell'evento desti un esteso senso di allarme, sicché non è richiesto che il fatto abbia direttamente prodotto collettivamente la morte o lesioni alle persone, potendo pure colpire cose, purché dalla rovina di queste effettivamente insorga un pericolo grave per la salute collettiva; in tal senso si identificano danno ambientale e disastro qualora l'attività di contaminazione di siti destinati ad insediamenti abitativi o agricoli con sostanze pericolose per la salute umana assuma connotazioni di durata, ampiezza e intensità tale da risultare in concreto straordinariamente grave e complessa, mentre non è necessaria la prova di immediati effetti lesivi sull'uomo"

5 VERGINE, Sui nuovi delitti ambientali e sui vecchi problemi delle incriminazioni ambientali, in Ambiente e sviluppo 2007, n. 9, pag. 777

6 Per la problematica relativa alla natura di questa causa di non punibilità e relativi richiami di dottrina e giurisprudenza, cfr. il nostro Abbandono di rifiuti, bonifiche e Cassazione, in Ambiente e sicurezza sul lavoro 2012, n. 10

7 SANTOLOCI, ... Il mondo capovolto: sarà il PM a comunicare i reati agli organi di vigilanza e questi ultimi estingueranno gli illeciti penali...., in www.dirittoambiente, 3 marzo 2014

8 Le citazioni in corsivo sono tratte da SANTOLOCI, op.loc.cit.

9 Ci riferiamo agli illeciti ambientali di tipo contravvenzionale in materia ambientale che non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette, per i quali, invece, il DDL prevede, a cura della p.g., il macchinoso procedimento per oblazione descritto nel testo.