Brevi novità ambientali (Decreto Sviluppo, ma non solo).
di Alberto PIEROBON
(pubblicato in Gazzetta enti locali on line 31 ottobre 2011).
Analizzando quanto è, sin qui, conoscibile del testo del (sempre imminente, ma pur sempre… in cantiere1) cosiddetto “decreto Sviluppo” - nell’ulteriore complicazione della presentazione di numerose proposte parlamentari tra le più varie - ivi si rinvengono moltissime novità rilevanti per gli enti locali, e, segnatamente, per quanto riguarda la materia ambientale. Diamo qui sommaria rassegna delle più rilevanti.
Anzitutto, le semplificazioni di taluni adempimenti:
I rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (meglio conosciuto con l’acronimo RAEE) attualmente obbligatoriamente trasportati nei centri di raccolta, con cadenza mensile e, comunque, allorquando il quantitativo raggruppato raggiunga complessivamente i 3500 Kg. Per l'art. 55 del decreto Sviluppo, il predetto limite non riguarderà il raggruppamento complessivo, ma sarà riferito alla singola tipologia di RAEE (per cui si amplierà la temporalità dell’incombente, rendendolo meno intenso e al contempo si flessibilizza l’organizzazione spazio-tempo dei produttori e dei gestori);
I rifiuti infettivi: vengono semplificate le procedure di trasporto dei rifiuti a rischio infettivo, in modo tale da consentire anche ai piccoli produttori2, di direttamente effettuare (nell’ambito dei 30 chilogrammi giorno) il trasporto di questi rifiuti sino all'impianto finale appositamente autorizzato, rimanendo fermi gli incombenti amministrativi per il trasporto;
Albo gestori ambientali: viene prevista l'esenzione dalla prestazione delle garanzie finanziarie per i produttori iniziali di rifiuti non pericolosi, che trasportano in conto proprio. Questi soggetti potranno venire iscritti, al competente Albo regionale dei gestori ambientali, con una semplice comunicazione. L’esenzione si estende anche ai produttori iniziali di rifiuti pericolosi, entro i 150 kilogrammi/litri al giorno, semprecchè l’attività di trasporto costituisca parte integrante ed accessoria dell'organizzazione aziendale (in proposito, si veda l’ art. 53 del decreto Sviluppo);
una nuova autorizzazione unica per le piccole imprese da introdursi con un apposito D.P.C.M., autorizzazione che sarà sostitutiva di tutte le comunicazioni, notificazioni e autorizzazioni in campo ambientale;
per le bonifiche potranno venire adottati dei “progetti stralcio”. Una grande novità consiste nella previsione di facoltizzare il riutilizzo di suoli non contaminati o per i quali sia stato approvato il progetto di bonifica nelle aree destinate alla realizzazione di infrastrutture strategiche per il territorio o di nuovi investimenti nel settore della produzione di energia da fonti rinnovabili, etc.3;
le terre e rocce da scavo prodotte nell'ambito delle opere pubbliche (anche derivanti da gallerie) che possono essere utilizzate - ancorchè contaminate o mischiate durante il ciclo produttivo da materiali, sostanze o residui di varia natura - a certe condizioni (che riguardano anche le tecniche e i materiali utilizzati nell’attività di produzione dei sottoprodotti, etc. senza alcuna trasformazione diversa dalla pratica industriale4) considerandole dei sottoprodotti (ex art.184-bis del Codice Ambientale: non quindi dei rifiuti) da riutilizzarsi nell’ambito dei progetti approvati dalle competenti autorità urbanistiche e ambientali (e nel rispetto delle caratteristiche ambientali del sito di destinazione, con riferimento alle concentrazioni di Tab. 1, All. 5, parte IV, del Codice, fatta salva la possibilità in caso di fenomeni naturali che determinino superamenti delle stesse, di adottare i valori di fondo come concentrazioni soglia di contaminazione), con ciò comportando minori costi la realizzazione degli interventi pubblici di trattasi (si veda l’art. 25 del decreto Sviluppo);
le potature e gli sfalci derivante dalla manutenzione del verde pubblico e privato, dal materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso, possono essere utilizzati in agricoltura e selvicoltura (dai soggetti di cui all’ art. 2083 C.C.) nel luogo di produzione, mediante processi o metodi non creanti danno all’ambiente. Con il che indirettamente si considerano non rientranti nella disciplina dei rifiuti;
Il rimaneggiamento della parte sui servizi pubblici locali e del “Codice degli appalti” (D. Lgs. 12 aprile 2006, n.163) incide anche su aspetti ambientali (per esempio, tra altri, citasi, sulla procedura VIA: art.3, comma 2; art.4, comma 4;art.10) e su altri aspetti che meritano un approfondimento a sé stante.
Circa le novità (non in questo decreto “sviluppo” come neppure in altre disposizioni “positive”) del SISTRI5 siamo al solito “teatrino”: pare che moltissime associazioni si sottraggano di aderire ai tests di sperimentazione del sistema, presentando allo …”incasso” le promesse ministeriali che riguardavano, sostanzialmente, l’introduzioni di molte semplificazioni6. Sembra altresì che, ormai, al SISTRI non ci creda più nessuno, salvo il Ministro e qualche parlamentare.
In particolare, condividiamo l’opinione di chi difende la idea dello strumento della tracciabilità, però (e qui siamo ancora in “pochi”, nonostante le “conversioni” dovute alla diffusione delle vicende giudizirie..) previa rifondazione del Sistri, soprattutto nella sua parte ideativa-progettuale7.
Peraltro, le problematiche tecniche, comunque, allo stato sembrano confermare che il SISTRI non è ancora in grado di partire come servizio per l’intera platea assoggettata dalla normativa.
Inoltre, da un lato il gestore (affidatario del “servizio-prodotto”) deve adempiere ad un contratto anzitempo stipulato per vedersi riconosciuto il compenso pattuito, per cui fintantoché non vi saranno “conversioni” progettuali, il medesimo gestore è impegnato semplicemente ad adempiere a quanto previsto contrattualmente.
D’altro canto, il “regolatore”, considerando che ha…. gli occhi di tutti puntati contro, ivi compreso quelli della magistratura (in proposito si rinvia alle registrazioni pubbliche della Commissione bicamerale d’inchiesta rifiuti, sempre accessibili in radio radicale) fintantoché non giunga una “blindatura” di forma non procede discrezionalmente.
Morale: le semplificazioni tanto attese del Sistri sono… in “magazzino” e gli ulteriori adeguamenti da introdursi al software rimangono solo quelli previsti per legge.
Insomma c’è una sorta di “cortocircuito” per cui il gestore rispetta il contratto senza porsi problemi per le semplificazioni, mentre il regolatore aspetta un intervento per facta principis onde procedere nell’iniziativa Sistri senza censure, o peggio.
Nel frattempo, nella zona “grigia” (e qui emerge la governance) del software (manuali, guide, sistema operativo,etc.) l’interoperabilità è sostanzialmente ferma a causa dei continui cambiamenti dei metodi con necessità, per le softwarehouses, di riprendere in mano (continuamente) le procedure software.
Il clima “fuori” da queste “stanze” è comunque “pesante”: per dirla come va detta, gli operatori non ne possono più!
Coloro che, in varie sedi, avevano proposto modifiche tecnico-procedurali si stanno ponendo la domanda del perché questo SISTRI non possa essere rimaneggiato e andare avanti, così quasi facendo sorgere il sospetto che, per vari motivi, non si voglia avviare il Sistri.
Infine, sono state avviate da Confartigianato, CNA; Casartigiani e Confesercenti le azioni legali per recuperare i contributi versati (circa 70 milioni di euro nel complesso)8, sarà da capire se trattasi di un intervento mediatico, oppure di un pungolo per incassare le modifiche, semplificazioni, esoneri,etc., più volte richiesti (ed in parte ottenuti) dal mondo delle associazioni di categoria al Ministero.
Una grande novità, a nostro parere, è costituita dalla disciplina riguardante la filiera dei rifiuti da imballaggi.
L’art.50 del decreto Sviluppo è significativamente titolato <Misure in favore della concorrenza nella gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio e per mantenere un elevato livello di tutela dell’ambiente e dei consumatori>.
Il comma 1 esordisce dando per presupposto che si siano creati <nuovi mercati> nel recupero/riciclaggio di questi rifiuti, cosicchè richiamandosi, da un lato all’elevato tutela dell’ambiente e, dall’altro, alla garanzia che i servizi siano prestati al miglior prezzo possibile (condizione meglio da comprendersi in questo problematico contesto), introduce modifiche all’art.221 <Obblighi dei produttori e degli utilizzatori> del Codice Ambientale. Anche qui, ci limitiamo a brevi cenni, considerando che ogni singola parola andrebbe setacciata e poi analizzata al microscopio - per sé stessa - cosiccome nella collocazione del contesto d’uso che sembra indirizzare il legislatore (probabilmente in seguito a forti pressioni categoriali e/o produttive).
La possibilità, per i produttori, di organizzare autonome gestioni per siffatti rifiuti viene qui dettagliata, però funzionalizzandola alla sola tipologia dell’imballaggio di produzione. Cioè i produttori di imballaggi non possono, con la scusa di provvedere autonomamente, svolgere anche la medesima attività per tipologie diverse di rifiuti di imballaggi, e, quindi non possono svolgere attività di intermediazione e/o di commercio per altre tipologie di rifiuti di imballaggio (che nel mercato sono “appetiti”) diverse da quelle immesse dai medesimi soggetti, nel mercato…...insomma, auspicabilmente, si cerca di potenziare il flusso da produzione rifiuto di imballaggio a produzione di imballaggio, evitando le porosità del commercio, a tacer d’altro.
La modifica del comma 5, ove l’Osservatorio valuta i progetti dei consorzi volontari, non più <sulla base> dei necessari elementi di valutazione forniti dal CONAI, bensì semplicemente <acquisiti>,sembra: da un lato imprimere maggiore efficienza alla valutazione (il che è confermato dalla integrazione di ulteriori periodi alla medesima disposizione e dal loro contenuto), togliendo equivoci o dubbi circa la discrezionalità che l’Osservatorio potrà utilizzare per manifestarsi circa il riconoscimento di ulteriori soggetti (fuori del sistema CONAI), per cui la procedura dovrebbe essere più spedita e meno soggetta ad impugnazioni od ostacoli (anche da parte di CONAI).
La espunzione dell’indicazione nominativa degli utilizzatori <fino al consumo> (comma 8) sembra agevolare l’obbligo, nelle iniziative di cui trattasi, della indicazione degli stessi, senza quindi affaticarsi in “mediazioni” e cordate varie per adempiere all’obbligo come vigente.
Anche le modifiche del comma 9, seguono questa “pista”, togliendo per i produttori l’obbligo di partecipare ad uno dei consorzi ex art.223 assieme agli utilizzatori (stop!).
La modifica della corresponsione del CAC ai Consorzi obbligatori, ora richiesta anche in via retroattiva, viene mitigata con il criterio che stabilisce questo riconoscimento <in proporzione alla quota percentuale di imballaggi non recuperati o avviati a riciclo>, quindi non con un criterio tabellare o esulante dalla effettività delle attività di recupero/riciclo eventualmente avvenute dai soggetti interessati, ripristinando (a noi sembra) una coerente concettualistica in tema di servizio e della natura del provento de quo.
La modifica delle sanzioni previste dall’art.261 (ove si abroga il primo comma) merita un apposito approfondimento, col quale poi tornare a leggere il suo riflesso nella parte gestionale.Ci riserviamo di intervenire prossimamente sul punto.
Con l’abrogazione del comma 5 dell’art.265 <disposizioni transitorie> si prescinde (togliendosi di impaccio, ovvero recidendo lacci e lacciuoli vari) dall’intervento ministeriale, per disciplinare modalità, presupposti ed effetti economici ove i soggetti aderenti ai consorzi pongano in essere o aderiscano a nuovi consorzi o alle forme alternative. Anche questo è un bel tema che occorre un approfondimento meno giuridico e più di sostanza (di interessi economici sottesi e di tecniche contrattuali e imprenditoriali di dissimulazione entro quella galassia dei servizi che fanno sempre più acqua).
1 Il presente intervento è stato scritto avendo davanti il testo del provvedimento del 18- 24 ottobre 2011.
2 si ricorda, sintomaticamente, la famosa questione delle lamette monouso delle estetiste-barbieri considerate dal Ministero “grazie” ad un quesito anzitempo inoltrato da una associazione, quale rifiuto sanitario “infettivo”.
3 Art. 118 – Riutilizzo per usi produttivi di aree in corso di bonifica. Nell’ambito delle procedure di bonifica di cui all’art. 252 del D.Lgs. n. 152 del 2006, previa apposita istanza del soggetto interessato, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, all’esito della Conferenza di servizi, può autorizzare, in presenza di suoli non contaminati o di cui sia stato approvato il progetto di bonifica, il riutilizzo delle aree destinate alla realizzazione di Infrastrutture strategiche per il territorio o a nuovi investimenti nel settore della produzione di energia da fonti rinnovabili anche in pendenza dell’approvazione del progetto di bonifica della falda, purché le opere e gli impianti connessi a tali iniziative non interferiscano con la falda medesima o non comportino impedimento od ostacolo ai successivi interventi di bonifica della stessa. Ai fini del riutilizzo delle aree anzidette, in sede di Conferenza di servizi possono essere stabilite apposite prescrizioni Idonee anche a tutelare la salute dei lavoratori e delle altre persone coinvolte.
4 Interessante che qui si definisca la pratica industriale come anche la <selezione granulometrica, riduzione volumetrica, stabilizzazione a calce o a cemento, essiccamento, biodegradazione naturale degli additivi condizionanti>.
5 Sul SISTRI si permette rinviare agli articoli sin qui apparsi in questa Rubrica, citasi, tra altri, i seguenti: Ancora sul Sistri: dualità, l'apparente potenza del produttore, disposizioni rilevanti, il sistema informatico e le sanzioni (4 parti: dal 30 maggio al 20 giugno 2011); Il Sistri come patrimonio statale? (9 maggio 2011); La testunificazione del Sistri con decreto Mattm : solo un “raggruppamento” di definizioni? (2 maggio 2011); Il Mud come megafono della tracciabilità Sistri? (7 marzo 2011); Ultime novità (e ombre) sul Sistri (4 parti: dal 30 agosto al 13 settembre 2010); Sistri (Sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti): una prima ricostruzione (4 parti: dal 15 febbraio al 29 marzo 2010); I servizi pubblici e il SISTRI dopo la manovra di metà agosto: prime impressioni ( 6 parti: dal agosto in poi). Ulteriori approfondimenti e analisi del SISTRI sono rinvenibili negli articoli pubblicati (in due parti: luglio e agosto-settembre 2011) nella rivista Diritto e Giurisprudenza Agraria, Alimentare e dell’Ambiente, Roma; in Azienditalia, Milano; e nella rivista “L’Ufficio Tecnico”, Rimini, n.7/8, 2011 col titolo <La gestione dei rifiuti nel sistri e nel codice: occorrono risonanze, più che concordanze>.
6 Ricordiamo che l’ultima novellazione al SISTRI (decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito con la Legge 14 settembre 2011, n. 148 recante “Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo”) prevede semplificazioni da introdursi con un decreto del MATTM, di concerto con il Ministro per la semplificazione normativa, sentite le categorie interessate, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, individuando specifiche tipologie di rifiuti, alle quali, in considerazione della quantità e dell'assenza di specifiche caratteristiche di criticità ambientale, sono applicate, ai fini del SISTRI procedure, appunto, semplificate.
7 In particolare sia consentito rinviare agli scritti < Il SISTRI come governance dei rifiuti? Ortopedie, dermatologie,chirurgie, immunologie> apparsi, in due parti, in Diritto e giurisprudenza agraria, alimentare e dell’ambiente, Roma, 2011, nn. 6 e 7/8.
8 Ne dà notizia l’articolo del Sole 24 Ore del 28 ottobre 2011, titolato <Al via le cause per ottenere i contributi versati sul Sistri>.