Consiglio di Stato Sez. V n. 8718 del 4 novembre 2024
Ambiente in genere.Attività di cava
L'attività estrattiva di cava, pur non essendo assoggettata al previo rilascio del permesso di costruire, coinvolge interessi super individuali e valori costituzionali (ambiente, paesaggio, territorio, salute, iniziativa economica), incidendo sul governo del territorio sia per il suo rilevante impatto ambientale che per le esigenze economiche proprie dell'impresa esercente connesse allo sfruttamento delle sempre più scarse risorse naturali disponibili, con la conseguenza che, al pari dell'attività edilizia, non è mai completamente libera, ma deve inserirsi in un contesto di interventi pianificati. Dalla natura programmatica dell'intervento pubblicistico e dai valori costituzionali in gioco ne discende che in sede di approvazione del piano delle cave, in applicazione della norma sancita dall'art. 3, l. n. 241/1990, le scelte riguardanti le singole aree non abbisognano di una specifica motivazione in considerazione dell'elevato numero di destinatari e dell'interdipendenza reciproca delle varie previsioni, specie se poste a tutela dell'ambiente e del paesaggio. Il piano cave, in quanto atto di pianificazione generale, non necessita di una particolare motivazione, tranne nel caso in cui tale piano si discosti dai pareri obbligatori resi in seno al procedimento, onde evitare possibili arbitri. Quindi l'imposizione di vincoli peculiari, volti a circoscrivere le attività (nella specie estrattive), anche già in atto, che, per la loro oggettiva incidenza negativa sull'ambiente che si è inteso proteggere, trova supporto, a livello costituzionale, tra i principi fondamentali della Carta costituzionale e, in particolare, in quelli desumibili dall'art. 9, comma secondo, sulla tutela del paesaggio e per altro verso, non confligge con quelli - comunque recessivi rispetto al primo - di cui agli artt. 41, 42 e 43 Cost., in quanto i vincoli paesaggistici, per la loro natura conformativa del territorio, ben possono incidere, anche significativamente, su attività produttive anche già ivi esistenti, quali le cave. Quella di cava è, infatti, un'attività di lunga durata, destinata, quindi, a pregiudicare l'ambiente in modo prolungato, progressivo ed espansivo, con la conseguenza che correttamente l'imposizione del vincolo può impedirne la prosecuzione. Non sono configurabili diritti quesiti essendo l'attività di cava, comunque, attività oggetto di autorizzazione da parte della p.a., revocabile, quindi, tutte le volte in cui subentrino elementi impeditivi della stessa, quale certamente è l'inclusione del bacino di cava in un'area protetta a fini di tutela ambientale. Né, trattandosi di atto di carattere generale, le scelte al riguardo operate dall'amministrazione, allorché non ritenga di salvaguardare le attività in corso, necessitano di specifica motivazione
Pubblicato il 04/11/2024
N. 08718/2024REG.PROV.COLL.
N. 07110/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7110 del 2021, proposto da
B&C Granulati Valdera s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Mario Pilade Chiti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via Lorenzo il Magnifico, n. 83;
contro
Comune di Montaione, non costituito in giudizio;
Regione Toscana, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Barbara Mancino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Sergio Fienga in Roma, Piazzale delle Belle Arti, n. 8;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) n. 509/2021;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Toscana;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 aprile 2024 il Cons. Diana Caminiti e preso atto delle richieste di passaggio in decisione degli avvocati Chiti e Mancino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. L’impresa B&C Granulati Valdera s.r.l. (di seguito anche l’impresa o B&C Granulati o la società) ha interposto appello avverso la sentenza del Tar per la Toscana, sez. II, 13 aprile 2021 n. 509 che ha respinto i due ricorsi riuniti proposti dalla società, R.G. n. 76 del 2020 e RG n. 1038 del 2020, avanzato il primo avverso la comunicazione di diniego del Comune di Montaione, di data 15 novembre 2019, prot. n. 10821, della richiesta della società per ulteriore proroga, ai sensi dell’art. 20, comma 4-ter, della l.r. n. 35/2015, dell’autorizzazione estrattiva n. 1 del 27 agosto 2010 e avverso l’ordinanza del Comune di Montaione n. 22 del 22 novembre 2019, avente ad oggetto “Risistemazione ambientale dell’area estrattiva B&C Granulati Valdera s.r.l. ai sensi dell’art. 24, comma 3, legge reg. n. 35/2015”, nonché avverso i relativi atti presupposti fra cui il Piano Regionale Cave (PRC), in parte qua, allo stato solo adottato con delibera del Consiglio Regionale n. 61 del 31 luglio 2019 e le “Osservazioni” presentate dal Comune di Montaione sul Piano Regionale Cave, nonché il secondo avverso la delibera del Consiglio regionale n. 47 del 21.07.2020 della Regione Toscana, di approvazione del Piano ed avverso i relativi allegati, nella parte relativa alla Cava Iano.
2. B&C Granulati era titolare di autorizzazione ad effettuare attività estrattiva di materiale calcareo nel sito di cava ubicato nella località “Iano Piano delle Querci”, detto anche “Cava Iano”, nel territorio del Comune di Montaione.
2.1. L’esercizio della cava è stato autorizzato con atto comunale 27 agosto 2010, n. 1; nella vigente disciplina urbanistica comunale ha assunto destinazione solo temporaneamente estrattiva, mentre la destinazione d’uso definitiva è a zona boscata E2, previa risistemazione ambientale.
2.2. La stessa cava è stata inserita nel Piano Regionale Cave adottato con delibera consiliare 31 luglio 2019, n. 31, con il suo perimetro attuale, tra le “risorse”.
2.3. L’impresa ha presentato proprie osservazioni al Piano, proponendo un ampliamento dell’attuale area a destinazione estrattiva, inserendola non solo fra le risorse ma anche fra i “giacimenti” previsti dal nuovo Piano.
2.3.1. Il Comune ha presentato una propria osservazione, per chiedere il blocco totale delle attività estrattiva nella cava, con la sola eccezione del ripristino ambientale.
2.4. La sopracitata autorizzazione comunale è stata prorogata fino al 27 novembre 2019, con provvedimento 27 novembre 2017, n. 11909 e, con essa, anche l’autorizzazione paesaggistica con provvedimento comunale 23 maggio 2018, n. 2, anch’essa fino al 27 novembre 2019.
2.5. L’impresa, il 5 novembre 2019, ha presentato al Comune richiesta di proroga per tre anni della durata dell’autorizzazione ad effettuare l’attività estrattiva prevista dal Piano Regionale Attività Estrattive e il ripristino dell’area interessata.
2.6. Il Comune, con nota 15 novembre 2019, prot. n. 10821, ha comunicato che non sarebbe stata concessa proroga e che per il ripristino sarebbe stata avviata la procedura prevista dall’art. 24, comma 3, della l.r. Toscana 25 marzo 2015 n. 35, evidenziando di avere presentato osservazioni per il mutamento del Piano.
Ha anche rappresentato che non intendeva consentire un’ulteriore attività estrattiva stante la vocazione turistica del territorio.
2.7. Successivamente lo stesso Comune, con ordinanza 11 dicembre 2019 n. 22, ha imposto all’impresa di eseguire le opere necessarie a soddisfare gli obblighi derivanti dal progetto e dal provvedimento di autorizzazione entro il 31 agosto 2020.
2.8. B&C Granulati impugnava dunque sia la comunicazione di diniego alla proroga che l’ordinanza comunale di ripristino, con ricorso innanzi al Tar per la Toscana, rubricato sub r.g. n. 76/2020, lamentando violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.
2.8.1. Con il medesimo gravame impugnava anche gli atti presupposti e, in particolare, il Piano Regionale Cave adottato e le osservazioni presentate dal Comune di Montaione nel corso del relativo procedimento.
In particolare, con primo motivo, rivolto avverso la comunicazione comunale di diniego alla richiesta di proseguire l’attività estrattiva, lamentava che l’amministrazione comunale avesse dato per scontato che le osservazioni sarebbero state accolte dalla Regione, per cui l’atto impugnato era viziato per incompetenza nonché difetto di motivazione e di istruttoria.
Deduceva poi che le motivazioni addotte a sostegno del diniego sarebbero prive di fondamento poiché gli obiettivi generali degli strumenti urbanistici comunali sarebbero stati già definiti dal Comune per la cava Iano, prevedendo un “ambito temporaneamente destinato ad attività estrattiva” nel vigente Regolamento Urbanistico Comunale dell’anno 2013, aggiornato l’anno 2014. Non esisterebbe contrasto tra l’ulteriore attività estrattiva della cava e le previsioni del Regolamento. Le “caratteristiche del contesto ambientale soggetto a tutela” sarebbero da un lato ampiamente protette dalla qualificazione sopraindicata della cava Iano quale sito estrattivo solo “temporaneo”, e dall’altro incongrue se riferite a qualche forma particolare di tutela. La “spiccata vocazione turistica del territorio circostante” sarebbe poi affermazione generica e indimostrata, mentre la pretesa “esigenza di avviare un percorso progressivo di riduzione dell’attività estrattiva” costituirebbe pretesto per l’immediato blocco dell’attività nella cava in questione.
Con un secondo motivo, rivolto avverso l’ordinanza comunale n. 22/2019, lamentava illegittimità derivata, deducendo inoltre che le opere residue di risistemazione ambientale della cava erano collegate al progetto di escavazione approvato, il quale era stato realizzato solo in parte a causa di ragioni geologiche e di crisi del settore.
Non si sarebbe quindi avverato il presupposto per l’applicazione dell’art. 24, comma 3, l.r. n. 35/2015 perché non esisterebbe un residuo di opere di risistemazione ambientale rispetto al completamento delle coltivazioni di cava previste dal progetto.
Con terzo motivo censurava il Piano Regionale Cave adottato poiché qualificava la cava come risorsa e non giacimento a causa “della presenza di un fattore escludente e di altri fattori condizionanti con livello di criticità”. Tali considerazioni, in tesi della ricorrente, erano frutto di un’istruttoria incompleta e non veritiera.
2.9. Si costituivano in prime cure la Regione Toscana e il Comune di Montaione, chiedendo la reiezione del ricorso.
2.10. Il Piano Regionale Cave veniva in seguito approvato con delibera consiliare regionale 21 luglio 2020, n. 47, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Toscana 19 agosto 2020, n. 34.
Nella pianificazione approvata la cava de qua non veniva inserita tra i giacimenti neanche potenziali, in quanto area prevalentemente o integralmente interessata da fattori ostativi e/o molteplici fattori condizionanti con elevato livello di criticità a carattere escludente, nonché Area nella quale si riscontra carenza/esaurimento del materiale, essendo già stata interessata da attività estrattiva pregressa e da interventi di ripristino e/o processi di rinaturalizzazione e/o recupero.
2.11. Il Piano veniva impugnato da B&C Granulati con ulteriore ricorso, rubricato sub r.g. n. 1038/2020, per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.
2.12. L’impresa, con primo motivo di gravame, lamentava difetto di istruttoria e di motivazione poiché il Piano non avrebbe evidenziato le ragioni per le quali erano state respinte le osservazioni da essa presentate. Il provvedimento inoltre, nel far propria la proposta della Giunta Regionale di reiezione delle stesse, aveva mantenuto per la cava la qualificazione di “risorsa”, anziché come giacimento, presente nel testo precedentemente adottato, senza valutare le circostanze evidenziate nell’osservazione, ciò che paleserebbe l’insufficienza dell’istruttoria e della motivazione della scelta effettuata dalla Regione. Questa avrebbe ignorato che gli sviluppi della coltivazione della cava avevano evidenziato un’ampia zona fortemente tettonizzata e con materiali di estrazione, dando invece per certe l’esistenza di una concessione ventennale di acque termali in favore della società A.P.M. Fin s.r.l. che interesserebbe la cava per quanto riguarda la zona di rispetto e rappresenterebbe un “carattere escludente-E1”.
La concessione però non sarebbe mai stata esercitata con conseguente decadenza della stessa per mancato inizio, nei termini di legge, dello sfruttamento del giacimento di acqua. Inoltre la Regione non aveva considerato che la captazione dell’acqua sarebbe avvenuta a 350 metri di profondità, senza alcuna influenza da parte della cava, né le finalità industriali derivanti dalla necessità di proseguire l’attività di coltivazione di materiali calcarei, posto che la ricorrente utilizzerebbe la cava de qua per approvvigionare il proprio impianto di betonaggio.
2.13. Con secondo motivo la ricorrente ribadiva il vizio di difetto motivazionale con riguardo alla modifica dell’art. 40 della disciplina di Piano, volta a consentire nel periodo transitorio, ovvero fino all’adeguamento degli strumenti urbanistici locali al Piano, il rilascio di nuove autorizzazioni o varianti alle autorizzazioni esistenti nel rispetto della pianificazione urbanistica vigente, che essa aveva richiesto mediante osservazioni. Questa sarebbero state respinte dall’Amministrazione senza adeguata motivazione: l’osservazione secondo gli atti impugnati, sarebbe stata accolta parzialmente ma nella sostanza, lamentava la ricorrente, sarebbe stata respinta, escludendo l’ipotesi in cui l’autorizzazione alla coltivazione era scaduta in prossimità dell’approvazione del Piano regionale cave ed era stata richiesta una proroga.
La ricorrente lamentava inoltre che la Regione aveva respinto un’altra richiesta da essa avanzata in sede di osservazioni, volta a rendere il Piano approvato quale variante al Piano Strutturale e al Piano Operativo, sull’errato presupposto che la modifica non sarebbe pertinente all’art. 40, ma alla l.r. n. 35/2015, quando invece avrebbe dovuto considerare che l’istituto del rinnovo dell’autorizzazione non è contemplato da tale legge al fine di evitare un blocco nel rilascio di nuove autorizzazioni per il tempo necessario a svolgere l’iter amministrativo.
2.14. Si costituiva la Regione Toscana eccependo in limine litis l’inammissibilità del ricorso sotto due distinti profili ed instando nel merito per il suo rigetto.
2.15. Segnatamente secondo la Regione le censure sarebbero inammissibili in quanto attinenti a scelte di merito tecnico discrezionali del pianificatore regionale che non sarebbero né illogiche né irrazionali.
2.16. Inoltre la pretesa della ricorrente con riferimento al Piano regionale sarebbe supportata da un interesse di mero fatto e il ricorso sarebbe inammissibile anche solo sotto quest’ultimo profilo.
2.17. Nel merito replicava che la richiesta oggetto dell’osservazione formulata dalla ricorrente e reiterata con il ricorso non si limitava all’inserimento tra i giacimenti della risorsa n. 090480270580, oggetto della previgente autorizzazione, ma tendeva ad ottenere la previsione, per la prima volta, nel Piano, di un giacimento riferito alla risorsa denominata cava Iano in relazione, peraltro, ad un nuovo perimetro comportante un considerevole ampliamento rispetto a quello oggetto della pregressa autorizzazione.
3. Il Tar per la Toscana ha rigettato entrambi i ricorsi, dopo averli riuniti, assorbendo le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla Regione Toscana nel ricorso proposto avverso il Piano Cave ed esaminando preliminarmente il ricorso proposto avverso la delibera di approvazione del Piano.
3.1. Tale ricorso è stato respinto, avuto riguardo alla discrezionalità caratterizzante le scelte di pianificazione del territorio, sottoposte a sindacato giurisdizionale solo per manifesta irragionevolezza e travisamento dei fatti e alla non necessità di motivazione in ordine al mancato recepimento delle osservazioni presentate dai privati.
3.2. Il giudice di prime cure a tal riguardo ha evidenziato come la scelta della Regione fosse del tutto ragionevole, anche avuto riguardo ad uno solo dei profili ostativi evidenziati, ovvero la presenza nella stessa di un bacino di acque minerali e termali, evidenziando l’irrilevanza del fatto che la concessione per il loro sfruttamento fosse o meno attiva, essendo invece essenziale la presenza stessa in loco delle acque, le quali ultime, e non l’eventuale concessione di prelievo, costituirebbero oggetto di tutela.
3.3. Ha del pari ritenuto privo di fondamento il secondo motivo poiché l’accoglimento solo parziale dell’osservazione presentata dalla ricorrente, tendente a modificare l’art. 40 del Piano, era motivato in relazione alla non pertinenza della richiesta a che l’approvazione del Piano regionale cave costituisca automaticamente variante ai Piani Strutturale e Operativo, dovendo tale effetto conseguire invece da una modifica della l.r. n. 35/2015.
3.4. Ha inoltre rigettato anche il primo ricorso, proposto avverso gli atti comunali e contro il Piano Cave all’epoca soltanto adottato, rinviando quanto a quest’ultimo alle stesse ragioni esposte nella trattazione del ricorso r.g. n. 1038/2020 e conseguentemente ritenendo l’insussistenza dell’interesse a ricorrere con riferimento alle censure contenute nel primo motivo, riferite al diniego di proroga a proseguire l’attività estrattiva.
Ha poi disatteso anche il secondo motivo del ricorso, riferito all’ordinanza di ripristino, poiché l’esecuzione delle opere di risistemazione ambientale delle aree di cava sarebbe sempre obbligatoria, anche in caso di decadenza o sospensione dell’autorizzazione oltre che di sua scadenza.
4. Avverso la sentenza di prime cure la società ha formulato, in due motivi di appello, le seguenti censure:
I. Error in iudicando: Violazione e/o falsa applicazione di legge, art. 94, comma 4, lett. f, d.lgs. n. 152/2006. Violazione e/o falsa applicazione di legge, art. 3 e 6 l. n. 241/1990. Insufficiente e illogica motivazione. Travisamento dei presupposti di fatto e di diritto. (Punti/Capi 3., 3.1, 3.2) (Rif. primo grado R.G. n. 1038/2020).
II. Error in iudicando: Violazione e/o falsa applicazione di legge, artt. 20, comma 4-ter, e 24, comma 3, l. n. 15/2015 (recte: l.r. n. 35/2015) art. 3 e 6 l. n. 241/1990. Insufficiente, illogica e contradittoria motivazione. Travisamento dei presupposti di fatto e di diritto. (Punto/Capo 4, pagina 14) (Rif. primo grado R.G. n. 76/2020).
5. Si è costituita la sola Regione, riproponendo con la memoria di costituzione, le eccezioni di inammissibilità evidenziate in prime cure ed assorbite dal primo giudice, ex art. 101 comma 2 c.p.a., ed instando nel merito per il rigetto dell’appello.
5.1. Il Comune di Montaione per contro non si è costituito.
6. In vista dell’udienza di discussione le parti hanno depositato articolate memorie di discussione e di replica, ex art, 73 comma 1 c.p.a., instando nei rispettivi assunti.
7. La causa è stata trattenuta in decisione all’esito dell’udienza pubblica del 4 aprile 2024.
DIRITTO
8. Viene in decisione l’appello avverso la sentenza del Tar per il Veneto in epigrafe indicata che ha respinto due ricorsi connessi proposti da B&C Granulati Valdera s.r.l., e, più in particolare ha respinto il ricorso avverso la delibera del Consiglio regionale n. 47 del 21.07.2020 della Regione Toscana, avente ad oggetto “Piano regionale cave di cui all'art. 6 della l.r. 35/2015. Approvazione ai sensi dell'articolo 19 della l.r. 65/2014”, ed avverso i relativi allegati, nella parte relativa alla Cava Iano e, avuto riguardo a detto rigetto, in parte ha respinto ed in parte ritenuto non assistito da interesse a ricorrere altro ricorso in precedenza proposto avverso il Piano regionale cave semplicemente adottato, avverso le correlative osservazioni del Comune di Montaione, nonché avverso il provvedimento comunale di reiezione della richiesta di proroga dell’autorizzazione estrattiva ed avverso l’ordinanza comunale di ripristino ambientale.
8.1. Ed invero, come dettagliatamente esposto nella parte in fatto, in data 5.11.2019 la Società B&C Granulati Valdera, odierna appellante, presentava al Comune di Montaione istanza di proroga ex art. 20 comma 4-ter l.r. n. 35/2015 dell’autorizzazione all’attività estrattiva relativa alla cava “Iano-Pian della Querce” con scadenza il 27.11.2019, già prorogata per due anni in data 27.11.201.
8.2. Con provvedimento del 15.11.2019, il Servizio edilizia privata del Comune comunicava il diniego di concessione della proroga dell’autorizzazione estrattiva ritenendo che l’esercizio della cava non fosse coerente né con la pianificazione del territorio né con il nuovo PRC (all’epoca adottato con delibera n. 61/2019); il Comune invitava quindi la Società al ripristino del sito ai sensi dell’art. 24, comma 3, l.r. n. 35/2015.
8.3. Con successiva ordinanza comunale n. 22 del 22.11.2019, veniva quindi intimato alla Società, ai sensi dell’art. 24 l.r. n. 35/2015, “la regolare esecuzione delle opere necessarie a soddisfare gli obblighi derivanti dal progetto e dal provvedimento di autorizzazione, entro il 31/08/2020, termine di validità delle polizze fideiussorie”.
8.4. Seguiva poi l’approvazione del piano ad opera del Consiglio regionale.
8.5. Va al riguardo evidenziato, prima di procedere alla disamina dei motivi di appello e delle eccezioni preliminari di rito avverso il ricorso di prime cure, riproposte con la memoria di costituzione dalle Regione, ex art. 101 comma 2 c.p.a., che sia nel PRC adottato che nel PRC approvato, la risorsa n. 090480270580 - sito di cava ubicato in località “Iano-Pian delle Querci” in Comune di Montaione - oggetto della pregressa autorizzazione estrattiva in favore della società appellante, a seguito di istruttoria, non è stata inserita tra i giacimenti, neanche potenziali, in quanto “Area prevalentemente o integralmente interessata da fattori ostativi e/o molteplici fattori condizionanti con elevato livello di criticità a carattere escludente nonché Area nella quale si riscontra carenza/esaurimento del materiale in quanto già interessata da attività estrattiva pregressa e da interventi di ripristino e/o processi di rinaturalizzazione e/o recupero”.
9. Avverso la sentenza di prime cure la società ha articolato due motivi di appello, il primo rivolto contro i capi della sentenza che avevano respinto il ricorso proposto avverso la delibera regionale di approvazione del PRC, il secondo avverso i precedenti atti comunali, innanzi indicati, nonché avverso il PRC semplicemente adottato ed avverso le osservazioni presentate dal Comune in relazione ad esso.
9.1. Segnatamente con il primo motivo di appello la società appellante critica la statuizione di prime cure nel punto in cui aveva ritenuto che l’inserimento della cava Iano fra le risorse fosse sufficientemente motivato anche in relazione al solo profilo ostativo dell’esistenza di un bacino di acque minerali e termali, laddove la Regione aveva per contro indicato come ragione ostativa l’esistenza di una concessione per il loro sfruttamento, ritenendo peraltro che la circostanza, adotta dalla ricorrente, che la captazione dell’acqua a 350 metri di profondità eviterebbe interferenze con l’attività di cava, sarebbe indimostrata.
9.2. Ripropone poi ulteriori doglianze avverso le ulteriori criticità evidenziate dalla Regione, assorbite dal giudice di prime cure.
9.3. L’appellante con tale motivo critica altresì la decisione del giudice di prime cure di rigetto del secondo motivo di ricorso, relativo alla carenza di motivazione in ordine all’accoglimento parziale da parte della Regione dell’osservazione di modifica dell’art. 40 del PRC proposta dall’appellante; il Tar, in tesi di parte appellante, si era limitato a far propria la tesi della Regione, in modo apodittico, ritenendo che la stessa avesse adeguatamente motivato l’accoglimento parziale dell’osservazione suddetta, senza tuttavia considerare alcuni elementi di rilievo, ovvero che la Regione aveva di fatto introdotto un regime transitorio ristretto, limitato a sole due ipotesi, escludendo ipotesi simili, come quella di specie, in cui l’autorizzazione alla coltivazione era scaduta in prossimità dell’approvazione del PRC ed era stata chiesta una proroga senza esplicitare alcuna ragione in ordine al trattamento discriminatorio posto in essere dalla stessa.
10. Con il secondo motivo per contro critica la sentenza nella parte in cui ha respinto (ma invero anche in parte dichiarato improcedibile), l’impugnativa avverso gli atti comunali di diniego della proroga dell’autorizzazione all’attività estrattiva e di ordine di ripristino, nonché avverso il Piano semplicemente adottato, reiterando le medesime doglianze già articolate in prime cure.
11. La Regione, nel costituirsi ha ritualmente riproposto, ex art. 101 comma 2 c.p.a, le eccezioni preliminari di rito avanzate in prime cure avverso il ricorso, assorbite dal primo giudice.
11.1. Segnatamente con la prima eccezione la Regione assume l’inammissibilità del ricorso di prime cure rivolte avverso il PRC relativamente alla mancata individuazione della risorsa n. 090480270580 come giacimento e/o come giacimento potenziale, sulla base del rilievo che le stesse attengono a scelte di merito tecnico-discrezionali del pianificatore regionale, non illogiche né irrazionali ed anzi frutto di un’approfondita istruttoria (svolta anche tenuto conto degli apporti collaborativi degli interessati per il tramite delle osservazioni), i cui esiti erano stati puntualmente e adeguatamente motivati.
11.2. Con la seconda eccezione la Regione afferma che la pretesa della società con riferimento al PRC integrerebbe gli estremi dell’interesse di mero fatto, non azionabile in via giurisdizionale; ciò in quanto, il PRC adottato con delibera consiliare n. 61/2019 e poi approvato con successiva delibera n. 47/2020, era intervenuto a ripianificare e riprogrammare ex novo, ai sensi della l.r. n. 35/2015 in materia di cave, l’esercizio dell’attività estrattiva con riferimento a tutto il territorio regionale; si tratterebbe evidentemente di un atto di pianificazione generale ancorché settoriale.
Nell’ambito del procedimento per l'approvazione del PRC, l’appellante aveva presentato proprie osservazioni, proponendo un nuovo perimetro ai fini della futura coltivazione; per stessa ammissione dall’impresa il nuovo perimetro proposto si configurerebbe come una prosecuzione verso monte dell’attuale attività, dal momento che i materiali d’interesse sarebbero presenti solo all’interno del nuovo perimetro e non anche in quello dell’attuale autorizzazione.
Con le proprie osservazioni, la Società non si era limitata a chiedere l’inserimento tra i giacimenti della risorsa n. 090480270580, oggetto della previgente autorizzazione in titolarità della B&C, ma aveva proposto una diversa perimetrazione, comportante un consistente ampliamento rispetto all’attuale perimetro e quindi sostanzialmente l’individuazione di una nuova risorsa e di un nuovo giacimento.
La proposta del nuovo perimetro si giustificherebbe - secondo la ricostruzione della stessa appellante– stante l’assenza di materiale idoneo nell’ambito dell’attuale perimetro della risorsa che, ove in ipotesi inserito tal quale tra i giacimenti individuati dal PRC, non consentirebbe comunque la prosecuzione dell’attività estrattiva.
12. Prima di passare al vaglio delle eccezioni preliminari di rito e poi eventualmente ai motivi di appello, appare utile richiamare la giurisprudenza attinente in generale al sindacato delle scelte pianificatorie e nello specifico a quelle relative all’impugnazione dei Piani Cave.
13. Secondo consolidata giurisprudenza:
a) le scelte di pianificazione sono espressione di un'amplissima valutazione discrezionale, insindacabile nel merito (fra le più recenti, cfr. Cons. Stato, sez. II, 18 maggio 2020, n. 3163; sez. II, 4 maggio 2020, n. 2824; sez. II, 9 gennaio 2020, n. 161; sez. II, 6 novembre 2019, n. 7560; sez. IV, 17 ottobre 2019, n. 7051; sez. IV, 29 agosto 2019, n. 5960; sez. II, 7 agosto 2019, n. 5611; sez. IV, 25 giugno 2019, n. 4345; sez. IV, 28 giugno 2018, n. 3986).
b) esse non sono condizionate dalla pregressa indicazione, nel precedente piano regolatore, di destinazioni d'uso edificatorie diverse e più favorevoli, essendo sfornita di tutela la generica aspettativa alla non reformatio in peius o alla reformatio in melius delle destinazioni impresse da un previgente P.R.G. (Cons. Stato, sez. II, 18 maggio 2020, n. 3163; sez. II, 20 gennaio 2020, n. 456; sez. IV, 24 giugno 2019, n. 4297; sez. IV, 26 ottobre 2018, n. 6094; sez. IV, 24 marzo 2017, n. 1326; sez. IV, 11 novembre 2016, n. 4666);
c) non richiedono, inoltre, una motivazione puntuale, che ponga in comparazione gli interessi pubblici perseguiti dall'ente pianificatore con quelli confliggenti dei privati (Cons. Stato, Sez. II, 18 maggio 2020, n. 3163; sez. II, 4 maggio 2020, n. 2824; sez. IV, 3 febbraio 2020, n. 844);
d) sono censurabili oltre che per violazione di legge, solo per illogicità o irragionevolezza ovvero insufficienza della motivazione (Cons. Stato, sez. II, 9 gennaio 2020, n. 161; sez. II, 4 settembre 2019, n. 6086; sez. IV, 19 novembre 2018, n. 6484; sez. IV, 9 maggio 2018 n. 2780; Sez. IV, 18 agosto 2017, n. 4037; Sez. VI, 5 marzo 2013, n. 1323; Sez. IV, 25 novembre 2013, n. 5589; Sez. IV, 16 aprile 2014, n. 1871).
14. Più nello specifico, con riferimento all’attività pianificatoria in materia di cave, va rammentato, come correttamente rilevato dal primo giudice, che secondo la giurisprudenza in sede di approvazione del piano cave la Regione non è tenuta a motivare specificatamente le scelte riguardanti le singole aree.
14.1. L'attività estrattiva di cava, pur non essendo assoggettata al previo rilascio del permesso di costruire, coinvolge interessi super individuali e valori costituzionali (ambiente, paesaggio, territorio, salute, iniziativa economica), incidendo sul governo del territorio sia per il suo rilevante impatto ambientale che per le esigenze economiche proprie dell'impresa esercente connesse allo sfruttamento delle sempre più scarse risorse naturali disponibili, con la conseguenza che, al pari dell'attività edilizia, non è mai completamente libera, ma deve inserirsi in un contesto di interventi pianificati.
14.2. Dalla natura programmatica dell'intervento pubblicistico e dai valori costituzionali in gioco ne discende che in sede di approvazione del piano delle cave, in applicazione della norma sancita dall'art. 3, l. n. 241/1990, le scelte riguardanti le singole aree non abbisognano di una specifica motivazione in considerazione dell'elevato numero di destinatari e dell'interdipendenza reciproca delle varie previsioni, specie se poste a tutela dell'ambiente e del paesaggio (ex multis Cons. Stato sez. V, 13 giugno 2018, n. 3625, in senso analogo Cons. Stato, Sez. V, 10 aprile 2018, n. 2164; Cons. Stato, Sez. V, 23 febbraio 2012, n. 1059; C.g.a.r.s., 28 luglio 2011, n. 513; Cons. Stato, sez. VI, 4 aprile 2011, n. 2083; Sez. VI, 31 gennaio 2011, n. 711; sez. VI, 9 dicembre 2010, n. 8640; sez. VI, 32 dicembre 2008, n. 75 6519; sez. VI, 12 novembre 2003, n. 7261)
14.3. Il piano cave, in quanto atto di pianificazione generale, non necessita di una particolare motivazione, tranne nel caso in cui tale piano si discosti dai pareri obbligatori resi in seno al procedimento, onde evitare possibili arbitri (Cons. Stato, sez. VI, 23 dicembre 2008, n. 6519).
14.4. Quindi l'imposizione di vincoli peculiari, volti a circoscrivere le attività (nella specie estrattive), anche già in atto, che, per la loro oggettiva incidenza negativa sull'ambiente che si è inteso proteggere, trova supporto, a livello costituzionale, tra i principi fondamentali della Carta costituzionale e, in particolare, in quelli desumibili dall'art. 9, comma secondo, sulla tutela del paesaggio e per altro verso, non confligge con quelli - comunque recessivi rispetto al primo - di cui agli artt. 41, 42 e 43 Cost., in quanto i vincoli paesaggistici, per la loro natura conformativa del territorio, ben possono incidere, anche significativamente, su attività produttive anche già ivi esistenti, quali le cave. Quella di cava è, infatti, un'attività di lunga durata, destinata, quindi, a pregiudicare l'ambiente in modo prolungato, progressivo ed espansivo, con la conseguenza che correttamente l'imposizione del vincolo può impedirne la prosecuzione.
14.5. Non sono configurabili diritti quesiti essendo l'attività di cava, comunque, attività oggetto di autorizzazione da parte della p.a., revocabile, quindi, tutte le volte in cui subentrino elementi impeditivi della stessa, quale certamente è l'inclusione del bacino di cava in un'area protetta a fini di tutela ambientale.
Né, trattandosi di atto di carattere generale, le scelte al riguardo operate dall'amministrazione, allorché non ritenga di salvaguardare le attività in corso, necessitano di specifica motivazione (Cons. Stato, sez. VI, 25 agosto 2009, n. 5058).
14.6. Peraltro la Corte costituzionale, con sentenza 23 luglio 2018, n. 176 - nell’esprimersi sulla legittimità costituzionale della legge della regione Campania 13 dicembre 1985, n. 54 (Coltivazione di cave e torbiere), come modificata dalla legge della regione Campania 13 aprile 1995, n. 17 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 13 dicembre 1985, n. 54, concernente la disciplina della coltivazione delle cave e delle torbiere nella Regione Campania), che disciplina la funzione di pianificazione e localizzazione territoriale delle attività estrattive - ha affermato che anche l’attività di sfruttamento delle cave ricade nel campo applicativo della direttiva 2006/123/CE, attuata dal d.lgs. n. 59 del 2010, dal momento che tali fonti hanno ad oggetto «qualunque attività economica, di carattere imprenditoriale o professionale, svolta senza vincolo di subordinazione, diretta allo scambio di beni o alla fornitura di altra prestazione» (art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 59 del 2010). La citata disposizione riguarda in particolare il caso specifico in cui il numero di «autorizzazioni» – come vanno qualificate anche le concessioni, in quanto atti formali che i prestatori devono ottenere dalle autorità competenti per esercitare un’attività (considerando n. 39 e art. 4, n. 6, della direttiva 2006/123/CE) – sia limitato a causa della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili.
In tale contesto peraltro la Corte ha ritenuto che la possibilità di un differimento triennale del termine per il completamento delle attività di recupero ambientale – comprensive se del caso anche della residua coltivazione e commercializzazione dei materiali estratti – non accorderebbe alcun «vantaggio al prestatore uscente», essendo diretto solo a consentire, anche con l’obbligo di impiego a tale fine di eventuali proventi dalla coltivazione, l’ultimazione degli interventi di riqualificazione necessari nell’ipotesi in cui il termine originario (definito al momento del rilascio dell’autorizzazione e dell’aggiudicazione della concessione) non sia stato sufficiente per causa non imputabile agli esercenti.
15. Poste queste necessarie premesse può passarsi al vaglio delle eccezioni preliminari di rito, riproposte ritualmente dalla Regione, ex art. 101 comma 2 c.p.a., avverso il ricorso di prime cure, in quanto assorbite dal primo giudice.
15.1. La prima eccezione di inammissibilità riferita al sindacato debole esercitabile dal giudice amministrativo rispetto alle scelte pianificatorie invero, proprio in quanto comportante comunque un sindacato in realtà attiene al merito, dovendo il giudice accertare che la scelta non sia irragionevole o fondata su un errore di fatto ed in tali termini è stata infatti esattamente intesa dal giudice di prime cure che ha sindacato nel merito il ricorso proposto contro il PRC, respingendolo sulla base del rilievo che fosse sufficiente a giustificare la scelta pianificatoria di non inclusione della Cava Iano fra i giacimenti la sua prossimità con un bacino di acque minerali e termali.
15.2. Fondata è per contro la seconda eccezione basata sul rilievo che la società, auspicando non una proroga per lo sfruttamento del medesimo sito estrattivo già oggetto della precedente concessione, ma relativamente ad una traslazione della medesima concessione, in considerazione dell’assenza di materiale estrattivo nell’area già oggetto di concessione, farebbe valere un interesse di mero fatto, non vantando in relazione al diverso sito, da configurare in tesi quale giacimento, alcun interesse differenziato e qualificato, in grado di contraddistinguere la sua posizione da quella di qualsiasi altro operatore del settore.
Ed invero alla fattispecie de qua non possono applicarsi le conclusioni cui è pervenuta la Corte Costituzionale con l’indicata sentenza 23 luglio 2018, n. 176, in considerazione del rilievo che la proroga verrebbe richiesta non ai fini del prosieguo della coltivazione e del successivo ripristino ambientale del sito già oggetto di concessione e di cui al progetto approvato, ma in riferimento ad altro sito, rispetto al quale la società appellante non potrebbe far valere la sua posizione differenziata e qualificata di gestore uscente, nei termini intesi dalla Corte.
Sicché non vi sarebbero ragioni, ove mai il diverso sito individuato dalla società fosse inserito fra i giacimenti, per sottrarre il medesimo sito al confronto concorrenziale.
Ed invero, come evidenziato dalla Regione, la società con le osservazioni presentate contro il Piano adottato rilevava “per consentire un corretto sviluppo dell’attività estrattiva e mantenere nel tempo il livello occupazionale attuale dell'impresa, come indicato in premessa, si ritiene opportuno ampliare l’attuale area di cava, inserendo come area estrattiva nel P.R.C. la porzione posta a monte dell’attuale perimetro. La scarsità dei materiali adatti alla produzione di granulati per calcestruzzi della cava è peraltro testimoniata anche dalle basse produzioni che in 10 anni ha avuto l’attività estrattiva autorizzata”.
15.3. Anche con il presente gravame è la stessa appellante ad affermare che “la richiesta di inserimento della Cava Iano all’interno del PRC come “giacimento” anziché come “risorsa”, come ha invece ritenuto la Regione, deriva da precise e specifiche condizioni, quali le caratteristiche geologiche dell’area, che superano le motivazioni escludenti rispetto all’esaurimento del materiale addotte dalla Regione, atteso che i materiali d’interesse sono presenti all’interno del nuovo perimetro richiesto con spessori significativi e con idonei requisiti di qualità nella porzione di versante posta a monte dell’attuale limite individuato nel P.R.A.E. e immediatamente limitrofo al limite attualmente concessionato dal Comune di Montaione”.
15.4. L’eccezione formulata dalla Regione coglie dunque nel segno, in quanto la società appellante non auspica al mantenimento della posizione antecedente ma alla concessione di una diversa area peraltro attraverso lo strumento della proroga, che presuppone per contro la coincidenza con la precedente concessione. Ciò senza mancare di rilevare, che, come evidenziato dalla Regione, la richiesta avanzata dalla società appellante in sede di osservazioni al piano, investirebbe un’area mai qualificata quale giacimento ed interessata da molteplici fattori ostativi, inidonei ad essere superati, senza necessità di particolare motivazione, alla luce dell’ampia giurisprudenza innanzi richiamata, dalle osservazioni prodotte dalla parte e dall’invocato sindacato giurisdizionale.
15.4.1. Ed invero la società che, alla luce della giurisprudenza innanzi richiamata, non potrebbe nutrire un’aspettativa all’accoglimento delle sue osservazioni, ove comportanti la conservazione della medesima destinazione prevista dal pregresso piano, vieppiù alcuna aspettativa potrebbe vantare relativamente ad una reformatio in melius, riferita ad una distinta area, mai qualificata quale giacimento e pertanto mai oggetto di concessione, con la conseguente sottrazione delle scelte pianificatorie effettuate dalla Regione, che ha inteso preservare la tutela paesaggistica ed ambientale del territorio de quo, al sindacato invocato da parte appellante.
15.5. Ciò senza tralasciare di considerare che anche l’area pregressa oggetto di sfruttamento interessava un’area boscata, solo temporaneamente destinata a cava in base alla pianificazione comunale e pertanto giammai la parte ne potrebbe addirittura auspicare un ampliamento, in contrasto con le scelte della Regione e del Comune e con lo stesso parere della Soprintendenza, che aveva evidenziato l’interferenza dell’area di risorsa della cava Iano e del suo ampliamento, così come proposto dalla Società, con lo storico Borgo Iano, con la Selva di Camporena e con il Parco geominerario e termale Benestare e, conseguentemente, aveva espresso il proprio negativo orientamento in relazione a detta attività estrattiva.
15.6. Correttamente la Regione ha pertanto, fra gli altri profili ostativi all’inserimento del sito fra i giacimenti, evidenziato che l’area oggetto della precedente concessione alla società era “Area nella quale si riscontra carenza/esaurimento del materiale in quanto già interessata da attività estrattiva pregressa e da interventi di ripristino e/o processi di rinaturalizzazione e/o recupero”, profilo ostativo questo da solo idoneo a sorreggere la motivazione della scelta di non inserire l’area de qua fra i giacimenti, non essendo la Regione in alcun modo tenuta a considerare, in disparte dagli ulteriori profili ostativi da essa rilevati, la richiesta di inserimento tra i giacimenti di un’area anche parzialmente diversa da quella già oggetto di concessione.
16. Alla luce di tali rilievi il ricorso di prime cure contro il Piano Cave (sia adottato che approvato) andava dichiarato inammissibile per difetto di interesse a ricorrere, non potendo la società appellante aspirare ad una proroga su un’area diversa da quella oggetto di concessione e mai inserita fra i giacimenti; da ciò la mancanza di interesse alla pretesa di inserimento di tale diversa area fra i giacimenti.
Tale rilievo investe invero anche la censura formulata avverso l’art. 40 del PRC, essendo la modifica richiesta dalla società e respinta per la parte di interesse dalla Regione, volta ad estendere le ipotesi di proroga nelle more dell’adeguamento degli strumenti urbanistici anche all’ipotesi di richiesta di proroga della concessione scaduta in prossimità dell’approvazione del PRC, proroga cui la ricorrente giammai potrebbe aspirare, per le ragioni illustrate, in quanto riferita ad un diverso sito, peraltro mai inserito tra i giacimenti.
17. Per tali ragioni risulta condivisibile anche la conclusione di sostanziale improcedibilità cui è pervenuto il primo giudice in relazione all’impugnativa del pregresso atto comunale di diniego della proroga, essendo la pretesa della società superata dal successivo Piano adottato, seppure il primo giudice è pervenuto a tale conclusione non sulla base del rilievo dell’inammissibilità del ricorso proposto avverso la delibera di approvazione del Piano, ma in ragione dell’infondatezza di tale ricorso.
17.1. Ed invero il primo giudice, con riferimento alle doglianze articolate avverso il diniego di proroga, ha rilevato, seppure qualificando la doglianza come non meritevole di accoglimento, che “Il Piano approvato contiene infatti un divieto assoluto di svolgere attività estrattiva nella cava di cui si tratta, essendo stata esclusa la sua qualificazione come “giacimento” e, pertanto, l’eventuale annullamento della nota comunale di cui si tratta non sortirebbe alcun effetto utile per la ricorrente”.
18. Per contro, è da respingere il secondo motivo di appello, nella parte riferita all’ordinanza di ripristino ambientale, con cui parte appellante assume, limitandosi a reiterare le censure formulate in prime cure, che non si era avverato il presupposto per l’applicazione dell’art. 24, comma 3, l.r. n. 35/2015, perché non c’era stato un residuo di opere di risistemazione ambientale rispetto al completamento delle coltivazioni di cava previste dal progetto approvato, non essendo stato per contro il progetto mai completato.
Risulta incontestato infatti che la cava sia stata pressoché abbandonata negli ultimi anni, seppure con l’invocazione da parte dell’appellante della crisi del settore (oltre che della scarsità delle risorse); come correttamente evidenziato dal primo giudice con una motivazione non soggetta ad alcuna critica “l’esecuzione delle opere di risistemazione ambientale delle aree di cava, come correttamente pretende la difesa comunale, è sempre obbligatoria, anche in caso di decadenza o sospensione dell’autorizzazione oltre che di sua scadenza, e quindi indipendentemente dal completamento dei lavori previsti dal progetto. Quest’ultima costituisce circostanza meramente fattuale rientrante nella disponibilità del privato, che non può condizionare l’assolvimento ad un onere previsto a scopi di pubblico interesse quale l’esecuzione delle opere di risistemazione ambientale”.
19. In conclusione in parte va respinto l’appello e per altra parte, avuto riguardo all’eccezione preliminare di rito riproposta dalla Regione, i ricorsi di prime cure (contro il Piano adottato ed il Piano approvato) vanno dichiarati inammissibili per difetto di interesse.
20. Le spese di lite seguono la soccombenza nei rapporti tra parte ricorrente e la Regione Toscana.
20.1. Nulla per le spese nei rapporti con il Comune di Montaione in quanto non costituito.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, in parte lo respinge ed in parte dichiara inammissibili i ricorsi riuniti di primo grado, nei sensi di cui in motivazione.
Condanna parte appellante alla refusione delle spese di lite in favore della Regione Toscana, liquidate in complessivi euro 2.000,00 (duemila/00), oltre oneri accessori, se dovuti, come per legge.
Nulla per le spese nei confronti del Comune di Montaione, non costituito.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati:
Rosanna De Nictolis, Presidente
Valerio Perotti, Consigliere
Alberto Urso, Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere
Diana Caminiti, Consigliere, Estensore