Consiglio di Stato Sez. IV sent. 2883 del 10 maggio 2004
Oggetto: delibere del Comune di Milano di approvazione del progetto definitivo e di quello esecutivo aventi ad oggetto la realizzazione di una strada di collegamento tra Viale Fermi e Via Imperatore, giudicate illegittime, e, quindi, annullate, in quanto non precedute dalla valutazione di impatto ambientale, ritenuta necessaria.
R E P
U B
B L I
C A
I T A
L I
A N A
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha
pronunciato la seguente
D
E C I S I O N E
sul
ricorso in appello iscritto al NRG 11679 dell’anno 2003 proposto da:
COMUNE DI MILANO rappresentato
e difeso da: Avv. MARIA RITA SURANO Avv.
RAFFAELE IZZO con
domicilio eletto in Roma VIA CICERONE 28 presso
RAFFAELE IZZO contro MIOZZI
PATRIZIA rappresentata
e difesa da: Avv. ARTURO MARZANO Avv.
FELICE C. BESOSTRI con
domicilio eletto in Roma VIA SABOTINO,45 presso
ARTURO MARZANO STENDARDI
ESTERINA rappresentata
e difesa da: Avv. ARTURO MARZANO Avv.
FELICE C. BESOSTRI con
domicilio eletto in Roma VIA SABOTINO,45 presso
ARTURO MARZANO WILLE
ANNE MARIE rappresentata
e difesa da: Avv. ARTURO MARZANO Avv.
FELICE C. BESOSTRI con
domicilio eletto in Roma VIA SABOTINO,45 presso
ARTURO MARZANO MUSUMARRA
ANTONINO rappresentato
e difeso da: Avv. ARTURO MARZANO Avv.
FELICE C. BESOSTRI con
domicilio eletto in Roma VIA SABOTINO,45 presso
ARTURO MARZANO WISER
FLAVIO non
costituitosi; DAMIANI
MARIA LUISA rappresentata
e difesa da: Avv. ARTURO MARZANO Avv.
FELICE C. BESOSTRI con
domicilio eletto in Roma VIA SABOTINO,45 presso
ARTURO MARZANO VELLA
ALBERTO rappresentato
e difeso da: Avv. ARTURO MARZANO Avv.
FELICE C. BESOSTRI con
domicilio eletto in Roma VIA SABOTINO,45 presso
ARTURO MARZANO BESOSTRI
FELICE C. rappresentato
e difeso da: Avv. ARTURO MARZANO con
domicilio eletto in Roma VIA SABOTINO,45 presso
ARTURO MARZANO e
nei confronti di REGIONE
LOMBARDIA non
costituitosi; A.E.M.
SPA non
costituitosi; AZIENDA
OSPEDALIERA “OSPEDALE
NIGUARDA CA' GRANDA” non
costituitosi; |
per
l’annullamento
della
sentenza del TAR LOMBARDIA - MILANO:Sezione II 4513/2003,
e
sul ricorso in appello iscritto al NRG 12125 dell’anno 2003 proposto da:
AEM
SPA
rappresentato e difeso da: Avv. FRANCO GIUSEPPE FERRARI Avv.
LUIGI MANZI con
domicilio eletto in Roma VIA F. CONFALONIERI, 5 presso
LUIGI MANZI contro REGIONE
LOMBARDIA non
costituitosi; COMUNE
DI MILANO non
costituitosi; AZ.
OSPED. OSPEDALE NIGUARDA CA' GRANDA non
costituitosi; MIOZZI
PATRIZIA
rappresentata e difesa da: Avv. ARTURO MARZANO Avv.
FELICE C. BESOSTRI con
domicilio eletto in Roma VIA SABOTINO,45 presso
ARTURO MARZANO STENDARDI
ESTERINA non
costituitosi; WISER
FLAVIO non
costituitosi; MUSUMARRA
ANTONINO non
costituitosi; WILLE
ANNE MARIE non
costituitosi; DAMIANI
MARIA LUISA
rappresentata e difesa da: Avv. ARTURO MARZANO Avv.
FELICE C. BESOSTRI con
domicilio eletto in Roma VIA SABOTINO,45 presso
ARTURO MARZANO VELLA
ALBERTO
rappresentato e difeso da: Avv. ARTURO MARZANO Avv.
FELICE C. BESOSTRI con
domicilio eletto in Roma VIA SABOTINO,45 presso
ARTURO MARZANO BESOSTRI
FELICE C. rappresentato
e difeso da: Avv. ARTURO MARZANO con
domicilio eletto in Roma VIA SABOTINO,45 presso
ARTURO MARZANO |
per
l’annullamento
della
sentenza del TAR LOMBARDIA - MILANO:Sezione
II 4513/2003,
Relatore
alla pubblica udienza del 6 aprile 2004 il consigliere Carlo Deodato;
Uditi
gli avvocati Maria Rita Surano, Luigi Manzi, Ferrari Franco Giuseppe e Felice C.
Besostri;
Visto
il dispositivo di sentenza 252/04;
Ritenuto
in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con
la sentenza appellata venivano accolti due ricorsi (riuniti) proposti da diversi
cittadini, residenti nelle vicinanze del luogo di realizzazione dell’opera,
contro le delibere del Comune di Milano di approvazione del progetto definitivo
e di quello esecutivo aventi ad oggetto la realizzazione di una strada di
collegamento tra Viale Fermi e Via Imperatore, giudicate illegittime, e, quindi,
annullate, in quanto non precedute dalla valutazione di impatto ambientale,
ritenuta necessaria.
Avverso
tale decisione proponevano rituale appello, con due distinti ricorsi, il Comune
di Milano e l’AEM S.p.A. (quest’ultima quale società incaricata di
realizzare l’impianto di illuminazione della strada), riproponendo le
eccezioni pregiudiziali di inammissibilità del ricorso in primo grado, già
disattese dal T.A.R., contestando nel merito la correttezza del giudizio di
illegittimità delle delibere di approvazione dei progetti dell’opera in
questione e concludendo per l’annullamento della sentenza impugnata.
Si
costituivano i Sigg.ri Patrizia Miozzi, Maria Luisa Damiani, Alberto Vella,
Felice C. Besostri (in entrambi i ricorsi), Esterina Stendardi, Annemarie Wille
e Antonino Musumarra (nel solo ricorso n.11679/03), contestando la fondatezza
delle censure dedotte a sostegno degli appelli e domandandone la reiezione.
Non
si costituivano, invece, in entrambi i ricorsi, le altre parti appellate.
Alla
pubblica udienza del 6 aprile 2004 il ricorso veniva trattenuto in decisione.
DIRITTO
1.-
L’identità della sentenza impugnata con i due appelli indicati in epigrafe
impone la riunione e la trattazione congiunta dei relativi ricorsi.
2.-
Come già rilevato in fatto, il Tribunale Milanese, giudicando ritualmente
introdotti i ricorsi proposti dai cittadini residenti nella zona interessata
dalla realizzazione dell’infrastruttura contestata, ha ritenuto le delibere
impugnate viziate dall’omessa acquisizione della valutazione di impatto
ambientale.
Tale
conclusione è stata raggiunta dai primi giudici in esito ad una complessa ed
articolata analisi della ratio della
direttiva CEE n.85/337 del 27 giugno 1995, alla conseguente disapplicazione del
d.P.R. 12 aprile 1996, o, comunque, ad una sua interpretazione conforme al
citato atto comunitario, ed all’apprezzamento delle caratteristiche oggettive
della strada che imponevano, secondo le argomentazioni svolte nella decisione
gravata, la verifica delle implicazioni ambientali della realizzazione
dell’opera, con le modalità prescritte dalla direttiva (giudicata
direttamente applicabile nell’ordinamento interno).
2.1-
Gli appellanti ripropongono, in via pregiudiziale, le eccezioni di
inammissibilità del ricorso in primo grado, già disattese dal T.A.R.,
criticano, nel merito, la correttezza del convincimento, assunto a fondamento
della decisione gravata, della necessità dell’acquisizione della v.i.a. per
l’approvazione dei progetti dell’opera in contestazione ed invocano, quindi,
l’annullamento della decisione appellata e la conseguente reiezione dei
ricorsi di primo grado (o la declaratoria della loro ammissibilità).
2.2-
Gli appellati (originari ricorrenti) contestano la fondatezza delle eccezioni
pregiudiziali, difendono, nel merito, la correttezza del giudizio di
illegittimità reso in primo grado, ribadiscono la necessità della soggezione
del progetto alla procedura di v.i.a. e concludono per la reiezione degli
appelli.
2.3-
Si premette che la sostanziale identità delle questioni di diritto introdotte
con i relativi ricorsi (nonostante le trascurabili differenze registrabili tra
le relative prospettazioni difensive) ne consente una disamina congiunta.
3.-
Ordine logico impone il preliminare esame delle eccezioni di rito riproposte
dagli appellanti.
Si
rileva, al riguardo, che l’infondatezza nel merito dei ricorsi di primo grado,
per come appresso argomentata, esime il Collegio dalla verifica della loro
rituale introduzione e che, comunque, la natura della posizione soggettiva
azionata: interesse all’osservanza delle regole procedimentali prescritte a
tutela dell’ambiente e la documentata vicinitas
della situazione abitativa dei ricorrenti alla zona interessata dall’opera
impediscono di qualificare la situazione degli istanti come interesse diffuso,
imponendone, di contro, la classificazione come qualificato e differenziato, e
ne legittimano senz’altro la tutela giurisdizionale per mezzo
dell’impugnazione delle delibere approvative dei progetti di un’opera
asseritamente pregiudizievole per le condizioni ambientali di vita degli
interessati.
4.-
Nel merito le parti controvertono in ordine alla necessità del rispetto della
procedura di v.i.a. per l’approvazione del progetto in contestazione e, in
particolare, in ordine all’ascrivibilità della strada in questione al novero
delle opere pubbliche che esigono l’osservanza di quell’adempimento
procedimentale.
5.-
La soluzione delle questioni controverse postula una preliminare ricognizione
della normativa di riferimento, onde ricavarne i parametri di giudizio della
legalità dell’approvazione del progetto contestato.
5.1-
La direttiva comunitaria n.85/337, come modificata dalla direttiva 97/11/CE,
disciplina, all’art.4, l’istituto della valutazione di impatto ambientale,
distinguendo i progetti, elencati nell’allegato I, che vi devono essere
sottoposti da quelli, elencati nell’allegato II, per i quali viene demandata
agli Stati membri la determinazione dei criteri e dei presupposti che rendono
obbligatorio il rispetto della relativa procedura.
La
direttiva si compone, dunque, di due tipi di prescrizioni: una, immediatamente
precettiva e vincolante, che impone l’acquisizione della v.i.a. per i progetti
indicati nel I allegato, senza che al legislatore nazionale residui alcun
margine di apprezzamento in ordine ai presupposti costituivi del relativo
obbligo; l’altra, contenuta nel comma 2 dell’art.4, che si limita a
riservare alla valutazione discrezionale degli Stati membri la determinazione
delle caratteristiche delle opere elencate nell’allegato II che impongono la
soggezione dei relativi progetti alla procedura di v.i.a..
Dall’esame
dei predetti allegati si ricava che le opere viarie diverse dalle autostrade
risultano classificate tra quelle per le quali compete al legislatore nazionale
la regolamentazione dei presupposti della v.i.a. e che, quindi, per l’opera in
questione non risulta configurabile un’efficacia diretta ed immediata della
direttiva.
5.2-
Il legislatore italiano ha provveduto a dare attuazione alla citata direttiva,
individuando, all’art.1 del d.P.R. 12 aprile 1996 (emanato in esecuzione
dell’art. 40, comma 1, della legge 22 febbraio 1994, n.146), le strade di
scorrimento in aree urbane a quattro o più corsie con lunghezza superiore a
1.500 metri (o a 750 se ricadenti in aree naturali protette) tra le opere i cui
progetti devono essere sottoposti alla procedura di v.i.a..
Come
si vede, l’atto normativo interno di recepimento non risulta direttamente
confliggente con la direttiva, rivelandosi, anzi, del tutto coerente con la
previsione comunitaria che riserva agli Stati membri la determinazione dei
presupposti della procedura di v.i.a. per le tipologie di opere alle quali va
ascritte quella in contestazione.
5.3-
Ne consegue che il giudizio sull’obbligatorietà della v.i.a. va formulato in
applicazione del citato regime giuridico nazionale dell’istituto e non anche
in attuazione della direttiva comunitaria.
L’applicazione
diretta delle direttive comunitarie negli ordinamenti degli Stati membri
postula, infatti, che sia inutilmente scaduto il termine per il loro recepimento
e che l’atto europeo contenga prescrizioni dettagliate e, come tali,
applicabili senza bisogno di ulteriore intermediazione normativa (cfr. ex
multis Corte di Giustizia, 4 marzo 1999, causa C-423/97) ovvero che una
disposizione nazionale (successiva) risulti contrastante con i principi
enunciati nella direttiva (anteriore) e che la prima vada, quindi, disapplicata
al fine di assicurare l’attuazione della seconda, in ragione della preminenza
del diritto comunitario nell’ipotesi di conflitto con atti nazionali difformi
(Corte Cost, 8 giugno 1984, n.170).
Nella
fattispecie in esame risultano inconfigurabili entrambe tali situazioni: la
direttiva è stata recepita e risulta, in ogni caso, priva, nella parte
considerata, di prescrizioni precise ed incondizionate; l’atto nazionale
attuativo si rivela carente di profili di contrasto con i principi nella stessa
contenuti (anche tenuto conto dell’ampia discrezionalità riservata ai
legislatori nazionali nell’individuazione dei progetti soggetti alla procedura
di v.i.a.).
6.-
Esclusa, quindi, la diretta applicabilità della direttiva 85/337, l’unico
paradigma normativo di valutazione della legittimità dell’attività
amministrativa contestata resta il d.P.R. 12 aprile 1996.
6.1-
Il presente giudizio si risolve, di conseguenza, nella verifica dell’ascrivibilità
dell’opera in questione tra quelle che, secondo la normativa di riferimento,
esigono l’acquisizione della v.i.a. e, pertanto, nella sua classificabilità
come strada di scorrimento.
6.2-
La catalogazione dell’opera risulta complicata dalle circostanze che il Comune
di Milano l’ha formalmente qualificata come “strada interquartiere”, che
tale tipologia di strada non è, tuttavia, contemplata nella classificazione
contenuta nell’art.2 d.lgs. 30 aprile 1992, n.285 (codice della strada) e che
risulta, invece, prevista nella direttiva del Ministro dei Lavori Pubblici (oggi
delle Infrastrutture e dei Trasporti) del 12 aprile 1995, avente ad oggetto le
istruzioni per la redazione, adozione ed attuazione dei piani urbani del
traffico.
6.3-
Si tratta, quindi, di ricostruire la natura dei rapporti tra i suddetti atti,
normativi ed amministrativi, e di assegnare a ciascuno la corrispondente valenza
sostanziale, con l’avvertenza che la classificazione risultante da tale opera
ermeneutica non può essere disattesa dal giudice amministrativo sulla base di
apprezzamenti sostanzialistici (non praticabili, a fronte di catalogazioni
costitutive formali) e di valutazioni tecniche (riservate, in quanto tali,
all’amministrazione titolare della relativa competenza).
6.4-
Nell’ambito di tale indagine riveste carattere logicamente antecedente la
questione, per molti aspetti decisiva, dell’ammissibilità nel nostro
ordinamento delle strade interquartiere e del valore della corrispondente
classificazione comunale.
Deve,
al riguardo, osservarsi che la catalogazione delle strade contenute nel d.lgs.
n. 285/92 non può reputarsi tassativa, in difetto di qualsivoglia elemento
positivo che ne indichi il carattere esaustivo, e che risulta, quindi, legittima
la previsione di ulteriori tipologie di strade, purchè contenuta in atti aventi
natura normativa.
Orbene,
l’art.36 del d.lgs. n.285/92, che prescrive, per alcuni Comuni, l’obbligo di
adozione del piano urbano del traffico, sancisce espressamente al comma 6, quale
relativa regola di azione, il rispetto delle direttive emanate dal Ministero dei
Lavori pubblici - così contestualmente investito della potestà di disciplinare
la redazione dei piani di traffico veicolare.
Il
Ministero ha esercitato tale potere con l’emanazione della direttiva del 12
aprile 1995 che, nelle premesse, chiarisce che le relative istruzioni sono
indirizzate ai Comuni e che le stesse, per la fase di redazione del PUT,
“hanno valenza di prescrizioni”.
A
tale atto ministeriale, ancorchè denominato direttiva e privo dei caratteri
formali del regolamento, va, tuttavia, riconosciuta valenza normativa, in quanto
contenente una disciplina generale ed astratta dell’esercizio della competenza
dei Comuni nella redazione del PUT, dotato di portata innovativa
dell’ordinamento giuridico nonché emanato nell’esercizio di un potere
attribuito da una norma di rango primario (idonea, in quanto tale, ad assegnare
al Ministero la relativa potestà regolamentare, anche se priva di tale
qualificazione formale).
La
direttiva, di contro, risulta, per le medesime ragioni, priva di natura
meramente amministrativa, in quanto finalizzata a regolamentare in via generale
l’esercizio di funzioni amministrative e sprovvista dei caratteri particolari
e tipicamente provvedimentali che caratterizzano indefettibilmente queste
ultime.
Così
riconosciuto il carattere normativo della citata direttiva ministeriale, si deve
rilevare che la stessa contempla espressamente, al punto 1.2 dell’allegato, le
strade interquartiere, definendole come vie intermedie tra quelle di scorrimento
e quelle di quartiere, fra quelle che i Comuni di più vaste dimensioni hanno la
facoltà di prevedere nel PUT.
6.5-
La riscontrata valenza normativa della direttiva ministeriale implica due
corollari: le strade interquartiere sono contemplate nel nostro ordinamento come
tipologia autonoma e distinta da quelle di scorrimento; i Comuni hanno il potere
di prevedere quel tipo di strade nel regolamento viario e nel conseguente PUT
(anche tenuto conto che la direttiva non risulta impugnata dagli originari
ricorrenti).
Ne
consegue, innanzitutto, che la classificazione della strada in questione come
interquartiere nel PUT di Milano si rivela coerente con la normativa primaria di
riferimento e con le pertinenti competenze pianificatorie del Comune.
Non
solo, ma a tale catalogazione va riconosciuta valenza costituita del regime
giuridico della strada, nel senso che il codice della strada e la relativa
direttiva ministeriale si limitano a prevedere, in astratto, le caratteristiche
strutturali e funzionali delle strade, mentre la classificazione in concreto
dell’opera viaria risulta riservata dalla normativa primaria (e, segnatamente,
dagli artt.13 e 36 d.lgs. n.285/92) all’iniziativa provvedimentale dell’ente
proprietario.
Ciò
non significa che quest’ultimo possa catalogare l’opera arbitrariamente ed
in attuazione di parametri difformi da quelli stabiliti dalla normativa
primaria, ma che la classificazione comunale può essere disattesa, o, meglio,
annullata, solo in esito ad un giudizio di legittimità governato dalle regole
che presidiano la valutazione giurisdizionale degli atti amministrativi e non
anche sulla base di un apprezzamento sostanzialistico che prescinda del tutto
dalla considerazione della sua valenza provvedimentale e dall’analisi dei
relativi margini di discrezionalità riservati all’ente proprietario
(come ha erroneamente fatto il T.A.R.).
6.6-
Occorre, in proposito, avvertire che i margini del sindacato di legittimità
della controversa classificazione risultano piuttosto ristretti, sia in quanto
la disciplina normativa di riferimento si rivela priva di parametri di
riferimento precisi ed univoci: il decreto del Ministero delle Infrastrutture e
dei Trasporti in data 5 novembre 2001, recante norme funzionali e geometriche
per la costruzione delle strade, riporta una serie di caratteristiche
costitutive prive della necessaria puntualità (diversi elementi strutturali
vengono indicati con riferimento alle dimensioni minime e massime e risultano,
in parte, coincidenti tra le strade urbane di quartiere e quelle di scorrimento)
e le definizioni contenute nel codice della strada risultano carenti ed
incomplete, in quanto riferite solo ad alcuni aspetti delle strade, sia in
quanto l’individuazione degli ulteriori caratteri costituivi delle strade
risulta rimessa alla potestà regolamentare dei Comuni, che la esercitano
proprio con il regolamento viario e con il conseguente piano urbano del
traffico.
6.7-
Sulla base di tali premesse, si rileva che, anche prescindendo dalla controversa
questione della rituale impugnazione della delibera approvativa del PUT (che si
rivela, a ben vedere, irricevibile per tardività), non consta che il Comune di
Milano abbia scorrettamente esercitato la sua potestà valutativa
tecnico-discrezionale (chè di questo si tratta, quando si verte sulla
legittimità della catalogazione di una strada) e risulta, anzi, che la
contestata classificazione è stata deliberata in coerenza con le prescrizioni
contenute nella direttiva ministeriale del 12 aprile 1995 e nel decreto
ministeriale in data 5 novembre 2001, nei limiti in cui risultano utilizzabili
nel presente giudizio, e con il presupposto regolamento viario.
A
ben vedere, infatti, la strada in questione, per come progettata, risulta priva
di banchine pavimentate (previste dall’art.2 d.lgs. n.285/1992 come uno dei
caratteri essenziali delle strade di scorrimento), presenta un limite massimo di
velocità di 50 km/h (evidentemente significativo della sua destinazione a
flussi di traffico veicolare più contenuti di quelli propri delle strade di
scorrimento, anche tenuto conto che il PUT di Milano contempla, per queste
ultime, un limite massimo di 70 km/h) e risulta vietata agli automezzi superiori
a 35 q. (con ulteriore riscontro della sua finalizzazione ad una viabilità
locale, diversa da quella tipica delle arterie di scorrimento).
6.8-
Tenuto, pertanto, conto che gli altri elementi strutturali non risultano
decisivi della natura della strada (rivelandosi, per lo più, coincidenti o
sovrapponibili, secondo la stessa normativa regolamentare di riferimento) e che
la valutazione concludente di quest’ultima compete all’attività
pianificatoria e classificatoria del Comune, connotata, come già rilevato, da
un ampio spazio di discrezionalità tecnica, deve concludersi per la correttezza
della catalogazione dell’opera viaria in questione come “strada
interquartiere” e, quindi, per la sua estraneità al novero delle
infrastrutture i cui progetti devono essere preceduti dalla valutazione di
impatto ambientale.
Con
ulteriore argomentazione, riconosciuta fondata dal T.A.R., gli originari
ricorrenti hanno denunciato l’illegittimità delle delibere impugnate anche in
quanto riferite ad un’opera inserita nel più ampio progetto di realizzazione
di una strada lunga 11 km (denominata “strada interquartiere nord”) e, come
tale, sicuramente soggetta alla procedura di v.i.a. (in quanto compresa tra
quelle elencate nell’allegato I della citata direttiva comunitaria).
Gli
appellanti criticano la correttezza della valutazione compiuta dai primi giudici
in merito all’effettiva lunghezza della strada, sostenendo la mancanza di
qualsiasi provvedimento comunale che autorizzi la conclusione che l’opera in
questione costituisce un limitato segmento di un’unitaria arteria di
collegamento lunga oltre 10 km e già progettata dal Comune.
7.1-
L’assunto è fondato.
7.2-
Gli elementi allegati dagli originari ricorrenti a dimostrazione della
programmazione della “strada interquartiere nord”, del suo carattere
unitario e dell’intento elusivo sotteso alla sua realizzazione frazionata si
rivelano, infatti, del tutto insufficienti ed inidonei a documentare, con il
dovuto rigore, che la strada in contestazione si inserisce nel progetto di una
via di collegamento delle dimensioni riferite.
7.3-
La mera ideazione di quella strada nelle linee guida di un piano di
riqualificazione urbana elaborato da un professionista privato all’uopo
incaricato, l’approvazione del progetto di un ulteriore tratto della presunta
arteria di collegamento e la sua previsione nel piano territoriale di
coordinamento provinciale non valgono, in particolare, ad attestare l’avvenuta
deliberazione da parte del Comune della realizzazione di quell’opera, che,
sola, potrebbe consentire l’accertamento del carattere unitario dell’opera
e, quindi, della soggezione del relativo progetto alla procedura di v.i.a..
7.4-
Anche sotto tale profilo, quindi, va esclusa la necessità della valutazione
delle implicazioni ambientali dell’opera in questione e, di conseguenza, della
sussistenza della violazione riscontrata in prima istanza.
8.-
Alle considerazioni che precedono conseguono, in definitiva, l’accoglimento
degli appelli e, in riforma della decisione appellata, la reiezione dei ricorsi
di primo grado.
9.-
La complessità delle questioni controverse giustifica la compensazione tra
tutte le parti delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Riunisce
i ricorsi indicati in epigrafe, li accoglie e, in riforma della decisione
appellata, respinge il ricorso di primo grado; dichiara compensate le spese di
entrambi i gradi di giudizio.
Così
deciso in Roma, nella camera di consiglio del 6 aprile 2004
, dal Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale – Sezione Quarta - con la partecipazione dei signori:
PAOLO SALVATORE
- Presidente
ANTONINO
ANASTASI
- Consigliere
VITO
POLI
- Consigliere
ANNA
LEONI
- Consigliere