Consiglio di Stato sent. 3165 del 6 giugno 2003
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Sui
ricorsi riuniti in appello:
1) n. 6775 del 2002, proposto
dal Comune di Villaga, in persona del Sindaco pro
tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ivone Cacciavillani, Chiara
Cacciavillani e Luigi Manzi, ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via F.
Confalonieri n. 5, presso lo studio dell’avvocato Luigi Manzi,
contro
-
la s.p.a. Cementizillo (appellante incidentale), in persona del legale
rappresentante pro tempore,
rappresentato e difeso dagli avvocati Annamaria Tassetto, Mario Ettore Verino e
Franco Zambelli, ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via Lima n. 15,
presso lo studio dell’avvocato Mario Ettore Verino;
-
il Distretto minerario di Padova ed il Ministero dell’industria, del commercio
e dell’artigianato, in persona del Ministro pro
tempore, rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato,
presso i cui uffici è domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12,
-
la Regione Veneto, in persona del presidente pro
tempore della giunta regionale, rappresentato e difeso dagli avvocati Romano
Morra, Guido Barzazi e Fabio Lorenzoni, ed elettivamente domiciliato in Roma,
alla via del Viminale n. 43, presso lo studio dell’avvocato Fabio Lorenzoni,
e
nei confronti
-
del Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro pro
tempore, rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato,
presso i cui uffici è domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
-
del Ministero del commercio, industria e artigianato, in persona del Ministro pro
tempore, rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato,
presso i cui uffici è domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
-
della Soprintendenza per i beni ambientali e artistici di Verona, in persona del
legale rappresentante pro tempore, non costituitosi in giudizio;
-
dei signori Mario, Elisabetta e Tomaso Piovene Porto Godi, non costituitisi in
giudizio;
per
la parziale riforma
della
sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Sez. II, 19 marzo
2002, n. 1127, per l’accoglimento dei ricorsi di primo grado n. 962 e n. 1992
del 2000 e per il rigetto del ricorso di primo grado n. 3316 del 2000 (indicato
in appello per errore materiale quale n. 3368 del 2000);
2) n. 7349 del 2002, proposto
da Italia Nostra-Onlus, dal WWF Associazione italiana per il World Wide Foud for
Nature-Onlus, dal Circolo Legambiente Volontariato di Vicenza-Onlus, dal
Comitato per la difesa di Villaga-Onlus, dalla Associazione gruppo di azione
locale G.a.l. ‘Area Berica’, in persona dei rispettivi rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Gianluigi Ceruti
e Alessio Petretti, ed elettivamente domiciliati in Roma, alla via degli
Scipioni n. 268/a, presso lo studio dell’avvocato Alessio Petretti,
contro
-
la S.p.A. Cementizillo (appellante incidentale), in persona del legale
rappresentante pro tempore,
rappresentato e difeso dagli avvocati Annamaria Tassetto, Mario Ettore Verino e
Franco Zambelli, ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via Lima n. 15,
presso lo studio dell’avvocato Mario Ettore Verino;
-
il Distretto minerario di Padova ed il Ministero dell’industria, del commercio
e dell’artigianato, in persona del Ministro pro
tempore, rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato,
presso i cui uffici è domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12,
-
la Regione Veneto, in persona del presidente pro
tempore della giunta regionale, rappresentato e difeso dagli avvocati Romano
Morra, Guido Barzazi e Fabio Lorenzoni, ed elettivamente domiciliato in Roma,
alla via del Viminale n. 43, presso lo studio dell’avvocato Fabio Lorenzoni,
e
nei confronti
-
del Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro pro
tempore, e della Soprintendenza per i beni ambientali e artistici di Verona,
in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentati e difesi dalla Avvocatura Generale dello Stato,
presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
-
la Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici di Verona, in persona
del legale rappresentante pro tempore, non costituitosi in giudizio;
-
il Comune di Villaga, in persona del Sindaco pro
tempore, non costituitosi in giudizio;
-
del signor Tomaso Piovene Porto Godi, non
costituitosi in giudizio;
per
la riforma
del
punto 8b la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Sez.
II, 19 marzo 2002, n. 1127, e per la dichiarazione di inammissibilità e per la
reiezione del ricorso di primo grado n. 3316 del 2000;
3) n. 10708 del 2002, proposto
dai signori Mario e Tomaso Piovene Porto Godi, rappresentati e difesi dagli
avvocati Marino Breganze, Gaetano Berto e Guido Romanelli, ed elettivamente
domiciliati in Roma, alla via Pacuvio n. 34, presso lo studio dell’avvocato
Guido Romanelli,
contro
il
Corpo delle miniere, Distretto minerario di Padova, in persona del legale
rappresentante pro tempore, ed il
Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato, in persona del
Ministro pro tempore, rappresentati e
difesi dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono
domiciliati in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12,
e
nei confronti
-
della s.p.a. Cementizillo (appellante incidentale), in persona del legale
rappresentante pro tempore,
rappresentato e difeso dagli avvocati Annamaria Tassetto, Mario Ettore Verino e
Franco Zambelli, ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via Lima n. 15,
presso lo studio dell’avvocato Mario Ettore Verino;
-
del Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro pro
tempore, e della Soprintendenza per i beni ambientali e artistici di Verona,
in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentati e difesi dalla Avvocatura Generale dello Stato,
presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
-
della Regione Veneto, in persona del presidente pro
tempore della giunta regionale, rappresentato e difeso dagli avvocati Romano
Morra, Guido Barzazi e Fabio Lorenzoni, ed elettivamente domiciliato in Roma,
alla via del Viminale n. 43, presso lo studio dell’avvocato Fabio Lorenzoni,
per
la parziale riforma
della
sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Sez. II, 19 marzo
2002, n. 1127, e per l’accoglimento dei ricorsi di primo grado n. 1907 del
1990 e n. 962 del 2000;
Visti
i ricorsi in appello, con i relativi allegati;
Viste
le memorie depositate in data 20 settembre 2002, 17 gennaio 2003 2 21 febbraio
2003 nel giudizio n. 6775 del 2002 dal Comune di Villaga;
Vista
la memoria contenente un appello incidentale nel giudizio n. 6775 del 2002,
depositata in data 3 settembre 2002 dalla s.p.a. Cementizillo, integrata con
memorie depositate in data 24 settembre 2002 e 17 gennaio 2003;
Vista
le memorie depositate nel giudizio n. 6775 del 2002 dalla Regione Veneto;
Vista
la memoria depositata in data 21 febbraio 2003 dagli appellanti nel giudizio n.
7349 del 2002;
Viste
le memorie depositate dalla s.p.a. Cementizillo nel giudizio n. 7349 in data 20
settembre 2002 e 17 gennaio 2003, nonché le relative note di udienza;
Vista
la memoria di costituzione della Regione Veneto nel giudizio n. 7349 del 2002,
depositata in data 17 gennaio 2003;
Viste
le memorie depositate dai signori Piovene Godi nel giudizio n. 10708 del 2002,
depositate in data 20 e 23 gennaio 2003 e in data 27 febbraio 2003;
Viste
le memorie depositate dalla Regione Veneto nel giudizio n. 10708 del 2002, in
data 20 settembre 2002 e 23 gennaio 2003;
Vista
la memoria contenente un appello incidentale nel giudizio n. 10708 del 2002,
depositata in data 13 gennaio 2003 dalla s.p.a. Cementizillo, integrata con una
memoria depositata in data 17 gennaio 2003 e con note di udienza depositate in
data 21 gennaio 2003;
Vista
le nota di costituzione nei giudizi n. 6775 n. 10709 del 2002, depositate dalla
Avvocatura Generale dello Stato in difesa dal Ministero delle attività
produttive e del Ministero per i beni culturali;
Viste
le ordinanze con cui la Sezione ha accolto le domande incidentali di sospensione
dell’esecutività della sentenza impugnata, formulate nei giudizi n. 6775 e n.
10708 del 2002, ed ha respinto la domanda incidentale formulata nel giudizio n.
7349 del 2002;
Visti
gli atti tutti del giudizio;
Data per letta la relazione del Consigliere di Stato Luigi Maruotti
all’udienza del 4 marzo 2003;
Uditi gli avvocati Luigi Manzi e Ivone Caccavillani per il Comune di
Villaga, l’avvocato Alessio Petretti per gli appellanti nel giudizio n. 7349
del 2002, l’avvocato Marino Breganze per i signori Mario e Tomaso Piovene
Porto Godi, l’avvocato dello Stato Fiorilli per il Ministero per i beni e le
attività culturali e per il Ministero delle attività produttive, gli avvocati
Mario Ettore Verino e Franco Zambelli per la s.p.a. Cementizillo e l’avvocato
Fabio Lorenzoni per la Regione Veneto;
Considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
1. Col decreto n. 4 del 9
febbraio 1989, il Distretto Minerario di Padova ha rilasciato alla S.p.A.
Cementizillo una concessione mineraria per la coltivazione di marna da cemento
su un terreno di proprietà dei signori Piovene Porto Godi, sito nel territorio
del Comune di Villaga e sulla collina di Riveselle.
I signori Piovene Porto Godi hanno impugnato la concessione col ricorso
n. 1907 del 1990, proposto al TAR per il Veneto.
2. Il Distretto Minerario,
dopo avere autorizzato in data 6 settembre 1990 la s.p.a. Cementizillo al
deposito di una cauzione, col provvedimento n. 22 del 12 settembre 1990 ha
sospeso l’esecutività della medesima autorizzazione.
Col ricorso n. 2897 del 1990, la s.p.a. Cementizillo ha impugnato
l’atto n. 22 del 12 settembre 1990.
3. Con le delibere n. 897 e
898 dell’8 marzo 1994, la giunta regionale del Veneto ha
annullato un precedente diniego ed ha autorizzato la s.p.a. Cementizillo
a coltivare la miniera, ai fini idrogeologici.
Col ricorso n. 2235 del 1994, il Comune di Villaga ha impugnato tali
provvedimenti, nonché l’autorizzazione n. 4417 del 28 aprile 1994, nel
frattempo rilasciata dal dirigente del Servizio forestale regionale.
4. Col provvedimento n. 1108
del 21 maggio 1999, il Distretto Minerario di Padova ha approvato il nuovo
progetto di coltivazione della miniera e di ricomposizione ambientale del
cantiere.
Tale atto è stato impugnato:
- dal Comune di Villaga, col ricorso n. 962 del 2000, integrato da motivi
aggiunti;
- dai signori Piovene Porto Godi, col ricorso n. 1852 del 2000.
5. Col ricorso n. 1992 del
2000, il Comune di Villaga:
-
ha chiesto che sia accertata l’applicabilità, nell’ambito della collina
Riveselle, delle norme di tutela previste per i Colli Berici previste dal titolo
VII delle n.t.a. del Piano territoriale regionale di coordinamento e, in
subordine, ha chiesto l’annullamento della delibera della giunta regionale 10
marzo 2000, n. 710 (di adozione del Piano d’area dei Monti Berici), nella
parte in cui l’art. 21 delle n.t.a. ha riguardato l’apertura di miniere in
aree di rilevante interesse paesistico e ambientale;
- con successivi motivi aggiunti, ha impugnato la delibera della giunta
regionale n. 1711 del 16 giugno 2000, che ha autorizzato l’apertura e
l’esercizio del cantiere minerario, sotto i profili idrogeologici e
paesaggistici, nonché la riduzione della superficie forestale;
6. In data 30 agosto 2000, il
Ministero per i beni culturali e ambientali ha annullato l’autorizzazione
paesaggistica n. 1711 del 16 giugno 2000, rilasciata dalla Regione Veneto per la
coltivazione della miniera Riveselle.
Il provvedimento statale di annullamento è stato impugnato:
- dalla s.p.a. Cementizillo, col ricorso n. 3316 del 2000;
- dalla Regione Veneto, col ricorso n. 3368 del 2000.
7. Con la sentenza n. 1127 del
2002, il TAR per il Veneto:
- ha riunito gli otto ricorsi sopra indicati;
- ha respinto i ricorsi n. 1907 del 1990, n. 2235 del 1994, n. 962 del
2000, n. 1852 del 2000 e n. 1992 del 2000;
- ha accolto il ricorso n. 2897 del 1990, proposto dalla s.p.a.
Cementizillo, ed ha annullato il provvedimento n. 22 del 12 settembre 1990, con
cui il Distretto Minerario di Padova ha sospeso gli effetti della precedente
autorizzazione rilasciata in data 6 settembre 1990;
- ha accolto il ricorso n. 3316 del 2000, proposto dalla s.p.a.
Cementizillo, ed ha annullato il provvedimento del Ministero per i beni
culturali e ambientali di data 30 agosto 2000;
- ha dichiarato improcedibile il ricorso n. 3368 del 2000.
8. La sentenza del TAR è
stata impugnata:
a) con l’appello n. 6775 del 2000, dal Comune di Villaga,
che ha chiesto l’accoglimento dei ricorsi n. 962 e n. 1992 del 2000 ed il
rigetto del ricorso n. 3368 del 2000;
b) con l’appello n. 7349 del 2002, dalle associazioni indicate in
epigrafe, che hanno chiesto che il ricorso n. 3316 del 2000 sia dichiarato
inammissibile ovvero sia respinto;
c) con l’appello n. 10708 del 2002, dai signori Mario e Tomaso Piovene
Porto Godi, che hanno chiesto l’accoglimento
dei ricorsi n. 1907 del 1990 e n. 962 del 2000.
Nel corso dei giudizi, si sono costituite le parti, con gli scritti
difensivi indicati nell’epigrafe della presente decisione.
La S.p.A. Cementizillo ha depositato altresì atti di appello incidentale
(nei giudizi n. 6775 e n. 10708 del 2002), con cui ha eccepito
l’inammissibilità dei ricorsi formulati in primo grado dalle controparti.
Con
distinte memorie, le parti hanno approfondito tutte le questioni controverse ed
hanno insistito nelle già formulate conclusioni.
La
Sezione ha accolto le domande incidentali di sospensione dell’esecutività
della sentenza impugnata, come formulate dagli appellanti nei giudizi n. 6775 e
n. 10708 del 2002, ed ha respinto la domanda incidentale formulata nel giudizio
n. 7349 del 2002.
9. All’udienza del 4 marzo 2003 le parti hanno illustrato le loro
rispettive posizioni e la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Con la sentenza gravata, il
TAR per il Veneto ha riunito e deciso gli otto ricorsi di primo grado, proposti
avverso i provvedimenti regionali e statali riguardanti un progetto di
coltivazione di marna da cemento da estrarre dalla collina di Riveselle, sita
nel territorio del Comune di Villaga.
Con la sentenza impugnata, il TAR:
- ha accolto i ricorsi n. 2897 del 1990 e n. 3316 del 2000, proposti
dalla s.p.a. Cementizillo (ed ha annullato il provvedimento del Distretto
Minerario di Padova n. 22 del 12 settembre 1990, con cui erano stati sospesi gli
effetti di una precedente autorizzazione rilasciata in data 6 settembre 1990,
nonché il provvedimento con cui il Ministero per i beni culturali e ambientali
in data 30 agosto 2000 aveva annullato l’autorizzazione paesaggistica,
rilasciata dalla Regione in data 16 giugno 2000);
- ha respinto i ricorsi n. 1907 del 1990, n. 2235 del 1994, n. 962 del
2000, n. 1852 del 2000 e n. 1992 del 2000, proposti contro gli atti abilitativi
ottenuti dalla s.p.a. Cementizillo;
- ha dichiarato improcedibile il ricorso n. 3368 del 2000 (proposto
contro il provvedimento ministeriale del 30 agosto 2000, annullato in
accoglimento del ricorso n. 3316 del 2000).
La sentenza del TAR è stata impugnata dal Comune di Villaga, dalle
associazioni indicate in epigrafe e dai proprietari delle aree interessate dal
progetto di coltivazione, con gli appelli n. 6775, n. 7349 e n. 10708 del 2002.
Anche la s.p.a. Cementizillo ha impugnato la sentenza, con atti di
appello incidentale, depositati nei giudizi n. 6775 e n. 10708 del 2002, con cui
ha chiesto che le censure degli appellanti siano dichiarate inammissibili.
2. I tre appelli in esame
vanno riuniti per essere decisi congiuntamente, poiché sono stati proposti
avverso la medesima sentenza.
3. Preliminarmente, ritiene la
Sezione che l’appello n. 7349 del 2002 vada dichiarato inammissibile.
3.1. Con tale gravame, le
associazioni ambientalistiche specificate in epigrafe (di cui alcune “individuate” dal Ministro dell’ambiente, ai sensi dell’art. 13
della legge n. 349 del 1986) hanno impugnato il capo della sentenza con cui il
TAR ha accolto il ricorso n. 3316 del 2000 (proposto dalla s.p.a. Cementizillo
avverso il decreto del Ministero per i beni culturali ed ambientali di data 30
agosto 2000, che ha annullato l’autorizzazione rilasciata dalla Regione Veneto
alla medesima società, con la delibera del 16 giugno 2000, n. 1711).
Esse hanno dedotto che:
- quali associazioni “individuate”
e locali aventi la finalità statutaria di tutelare l’ambiente, sono
“titolari di una situazione giuridicamente rilevante di segno opposto
all’interesse fatto valere con il ricorso originario, che rischia di essere
pregiudicata dalla sentenza di prime cure”;
- in quanto legittimate ad impugnare i provvedimenti che comportino
l’alterazione dell’ambiente, potrebbero impugnare (con un atto qualificabile
come appello od opposizione di terzo) anche la sentenza che annulli un
provvedimento amministrativo che impedisca l’alterazione dell’ambiente
(quale il provvedimento statale di annullamento di una autorizzazione
paesistica).
3.2. Ad avviso della Sezione,
tali osservazioni non sono condivisibili.
L’art.
18, comma 5, della legge 8 luglio 1986, n. 349 (per il quale “le
associazioni individuate in base all’articolo 13 possono
… ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per
l’annullamento di atti illegittimi”), e il corrispondente art. 17, comma
46, della legge 15 maggio 1997, n. 127, evidenziano l’intento del legislatore
per cui ogni modifica di qualsiasi parte del territorio nazionale deve basarsi
su un atto amministrativo legittimo (Ad. Plen.,
14 dicembre 2001, n. 9; Sez. VI, 26 luglio
2001, n. 4123; Sez. V, 1°
dicembre 1999, n. 2030).
Infatti,
poiché l’ordinamento vigente non prevede la figura del pubblico ministero nel
processo amministrativo, alle associazioni ‘individuate’
è stato conferito un rilievo pubblicistico, in quanto esse – unitamente a
quelle legittimate in base ai criteri elaborati dalla giurisprudenza -
concorrono, con i propri ricorsi giurisdizionali, alla concreta affermazione del
principio di legalità.
La
richiamata normativa, pur avendo consentito l’impugnazione degli atti che
incidano sull’ambiente, non ha però attribuito anche la legittimazione ad
impugnare senz’altro le sentenze dei Tribunali amministrativi regionali
pronunciate in materia ambientale: l’associazione ambientalista può impugnare
la sentenza che abbia deciso il suo ricorso ed abbia determinato la sua
soccombenza anche parziale.
Qualora
tale ricorso sia invece mancato, si applicano i consueti principi affermati da
questo Consiglio circa la legittimazione alla impugnazione delle sentenze: oltre
alla parte soccombente, soltanto la parte necessaria pretermessa (anche quale
controinteressato sopravvenuto e beneficiario del provvedimento finale o
consequenziale) può impugnare la sentenza lesiva (con un atto avente natura di
appello, se ancora pende il relativo termine,
o di opposizione di terzo, se è decorso il termine annuale previsto
dall’art. 327 c.p.c.).
E’
invece inammissibile l’appello di chi, non avendo proposto un ricorso di
legittimità pur essendovi legittimato, omissio
medio impugni la sentenza che abbia deciso il ricorso proposto da un
soggetto colegittimato (in tal caso, da un lato rileva l’acquiescenza
all’atto impugnabile e dall’altro non è ravvisabile una soccombenza).
Tale
regola si applica anche quando l’appello sia proposto da chi proponga omissio
medio l’appello, dopo non avere impugnato in primo grado – pur essendovi
legittimato - una concessione edilizia ai sensi dell’art. 10 della legge del 6
agosto 1967, n. 765, ovvero un atto che consente l’alterazione
dell’ambiente.
Pertanto,
così come il vicino che non abbia impugnato la concessione edilizia non può
impugnare la sentenza che abbia respinto il ricorso proposto dall’altro vicino
ricorrente, l’associazione ambientalistica – che non abbia impugnato il
provvedimento che consente l’alterazione dell’ambiente – non può
impugnare la sentenza che abbia respinto il ricorso di chi abbia impugnato il
medesimo provvedimento.
La
medesima regola si applica anche se, come è avvenuto nella specie, in primo
grado sia stato accolto il ricorso del beneficiario della autorizzazione
paesistica avverso il provvedimento statale di annullamento della
autorizzazione: l’associazione ambientalistica – non avendo assunto in primo
grado la qualità di parte formale e sostanziale – non è legittimata ad
impugnare la sentenza (ferma restando l’impugnabilità della stessa
autorizzazione paesistica).
La
divergente disciplina della legittimazione a proporre il ricorso di primo grado
e l’atto di appello neppure si pone in contrasto col principio di
ragionevolezza, poiché:
-
la sussistenza della legittimazione a proporre il ricorso in primo grado della
associazione ambientalistica si fonda sulla esigenza – sopra rilevata - per
cui ogni modifica di qualsiasi parte del territorio nazionale avvenga sulla base
di atti legittimi (avendo il legislatore agevolato – sul piano processuale -
l’annullamento in sede giurisdizionale di quelli illegittimi);
-
la mancata previsione della legittimazione della associazione ad appellare le
sentenze rese dal TAR su ricorsi di altri legittimati evidenzia come il
legislatore ritenga che le regole generali del processo – e le iniziative
processuali delle parti soccombenti – siano sufficienti per la eventuale
definizione del giudizio in grado di appello.
Costituisce
pertanto uno ius singulare, non
suscettibile di applicazione analogica, la disciplina contenuta nell’art.
83/12 del testo unico approvato per i giudizi elettorali col d.P.R. 16 maggio
1960, n. 570, il quale – sulla base del principio della cd. fungibilità
dell’azione elettorale - ha espressamente previsto l’appellabilità delle
sentenze di primo grado da parte di “ogni
altro cittadino elettore o diretto interessato”, anche se non abbia
proposto il ricorso originario (Sez. V, 15 febbraio 1994, n. 92; Sez. V, 21
maggio 1982, n. 416; Sez. V, 9 febbraio 1979, n. 83).
4.
Passando all’esame degli altri due appelli, per ragioni di ordine logico vanno
esaminate con priorità le censure formulate con i connessi secondo e terzo
motivo dell’appello n. 6775 del 2002, con cui il Comune di Villaga:
-
ha riproposto le doglianze contenute nei motivi aggiunti al ricorso di primo
grado n. 1992 del 2000 (proposto avverso la delibera della giunta regionale del
Veneto n. 1711 del 16 giugno 2000, che ha autorizzato la s.p.a. Cementillo ad
aprire il cantiere minerario sotto il profilo “del vincolo idrogeologico,
paesaggistico e della riduzione di superficie forestale”);
-
in particolare, ha dedotto che tale provvedimento è stato rilasciato in
violazione dell’art. 34 delle norme tecniche di attuazione del Piano regionale
territoriale di coordinamento (PRTC, approvato con la delibera del consiglio 28
maggio 1992, n. 382), per il quale - fino alla formale approvazione del Piano
d’area dei Monti Berici – non sono consentiti “scavi,
movimenti di terreno e di mezzi suscettibili di alterare l’ambiente con
esclusione di quelli necessari all’esecuzione di opere pubbliche e di
sistemazione idraulica”;
-
ha criticato la sentenza impugnata, che – nel respingere la corrispondente
censura di primo grado – ha rilevato che il divieto previsto dal medesimo art.
34 non riguarderebbe le miniere e sarebbe oramai privo di effetti dal 10 marzo
2000, data di adozione del Piano d’area.
5.
Ritiene la Sezione che tali censure (da trattare unitariamente per la loro
connessione) siano fondate e vadano accolte.
5.1. L’art. 34 del PRTC (recante “direttive,
prescrizioni e vincoli per aree di tutela paesaggistica di interesse regionale e
competenza provinciale”) ha disposto che:
-
il Piano “individua altresì le aree di
tutela paesaggistica di interesse regionale soggette a competenza provinciale”
(primo comma);
-
“si applicano le norme specifiche di
tutela, descritte al titolo VII” (secondo comma);
-
il Piano “individua dette aree di tutela
paesaggistica di competenza provinciale nella carta di progetto n. 5”
(terzo comma);
-
“la Provincia predispone apposite norme
con il Piano territoriale provinciale o con appositi Piani di settore con
specifica considerazione dei valori paesistico-ambientali” (quinto comma);
- “fino all’adozione delle
norme specifiche di cui al precedente comma 5, è vietata la modificazione
dell’assetto del territorio nonché qualsiasi opera edilizia, con esclusione
degli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento
statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e
l’aspetto esteriore degli edifici” (settimo comma);
- “le norme di tutela si
applicano fino all’approvazione delle norme specifiche di cui al comma 5”
(ottavo comma);
- “per ciascuna delle aree di
tutela paesaggistica, istituita ai sensi del presente articolo, viene redatto un
Piano ambientale, approvato dal consiglio regionale”, che tra l’altro
determina “i vincoli e le limitazioni
che afferiscono alle diverse aree, nonché la regolamentazione delle attività
consentite” ed è costituito da “norme
di attuazione contenenti la specificazione dei vincoli e delle limitazioni,
nonché la regolamentazione delle attività consentite e l’utilizzazione
sociale dei beni ambientali” (decimo comma);
- tra le aree di tutela paesaggistica, per il settore collinare è
individuata quella dei Colli Berici (al cui interno è posta la collina
Riveselle, presa in considerazione nei provvedimenti tutti impugnati in primo
grado).
5.2. Da tali disposizioni,
emerge che l’art. 34 del PRTC ha inteso salvaguardare le “aree di tutela paesaggistica” con una pluralità di previsioni,
alcune disposte – in via transitoria - dallo stesso PRTC (e specificamente
riportate nel Titolo VII, sulle “norme
specifiche di tutela”) ed altre rimesse a successive ed eventualmente più
dettagliate determinazioni.
L’ottavo comma – nel riferirsi alla “approvazione
delle specifiche di cui al comma 5”- ha stabilito il periodo temporale di
applicazione delle norme specifiche di tutela previste nel titolo VII (previste
dello stesso PRTC per le “aree di tutela
paesaggistica” indicate nell’ultima parte dello stesso art. 34 e nel cui
novero rientrano i Colli Berici).
Ciò emerge dalla lettura congiunta dell’ottavo e del secondo comma
dell’art. 34, poiché l’ottavo comma - che nella sua seconda parte si è
riferito alla approvazione delle norme specifiche di cui al quinto comma -
nella prima parte ha disposto che fino a tale approvazione si applicano
le norme di tutela di cui al secondo comma, specificamente previste dal PTCR e
“descritte al titolo VII”.
La
ratio di tale disposizione è quella
di consentire che - senza soluzione di continuità e con l’approvazione del
Piano territoriale provinciale o del Piano di settore – siano introdotte
regole specifiche, sostitutive di quelle previste nello stesso titolo VII dalla
Regione, necessariamente in termini più generali e in via transitoria.
Il
settimo comma ha invece preso in specifica considerazione l’“adozione” di un Piano territoriale provinciale o Piano di settore:
a fini di salvaguardia, sino a tale formale adozione, esso ha sancito la regola
generale del divieto di modificazione dell’assetto del territorio (per
consentire che le scelte e le determinazioni del Piano d’area – in ogni fase
- siano utilmente effettuate, quando ancora i luoghi non abbiano subito
materiali modifiche), consentendo però la conservazione e la valorizzazione
delle opere già assentite ed esistenti (e cioè gli interventi di manutenzione
ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo,
purché non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici).
Tali
due commi hanno dunque un ben distinto ambito di applicazione, perché
l’ottavo (col suo richiamo al secondo comma) ha rimarcato l’applicabilità
delle norme regionali di tutela (indicate nel titolo VII) fino a quando non
siano approvate le norme più specifiche di tutela, tra l’altro per i Colli
Berici, mentre il settimo, con riferimento alla fase precedente alla relativa
adozione, ha consentito gli interventi edilizi, nei limiti sopra evidenziati.
Ciò
comporta che:
-
contrariamente a quanto hanno dedotto la s.p.a. Cementizillo e la Regione
Veneto, sino alla approvazione del Piano territoriale provinciale o del Piano di
settore, per i Colli Berici si applicano integralmente le disposizioni previste
nel titolo VII del PTRC e, in particolare, i vari punti indicati al paragrafo
38.
-
a seguito della mera adozione del Piano d’area (assimilato al Piano di
settore), disposta con la delibera n. 710 del 10 marzo 2000, per i Colli Berici
non sono venute meno le norme specifiche di tutela contenute nel medesimo titolo
VII (sicché all’art. 21 delle norme tecniche di attuazione del Piano d’area
può essere attribuito rilievo solo a seguito della formale approvazione –
anche per tal parte - del medesimo Piano d’Area).
5.3. Vanno ora presi in esame gli specifici punti del paragrafo 38, di
cui il Comune di Villaga ha dedotto la violazione.
Tra
questi, rilevano nel presente giudizio il punto 4, che ha vietato “scavi, movimenti di terreno e di mezzi, suscettibili di alterare
l’ambiente con esclusione di quelli necessari all’esecuzione di opere
pubbliche e di sistemazione idraulica”, e il punto 5, che ha vietato “l’apertura
di nuove cave e la riapertura di quelle abbandonate o dismesse”.
Ritiene
al riguardo la Sezione che – in attesa della formale approvazione delle
specifiche previsioni del Piano di settore o d’area - il paragrafo 38, salvi
gli interventi espressamente da esso consentiti, ha espressamente vietato (senza
alcuna eccezione e senza alcun rilievo degli ambiti delle competenze dello
Stato, della Regione o di altre autorità) ogni modifica dello stato dei luoghi,
tale da compromettere l’effettiva e piena applicazione delle ulteriori
prescrizioni da approvare.
Il
punto 4 ha vietato ogni nuovo scavo o movimento di terreno, mentre il successivo
punto 5 – con una norma derogatoria non suscettibile di applicazione analogica
- ha consentito la sola prosecuzione delle cave ancora in esercizio.
In
coerenza con il comma 10 dell’art. 34, per il quale il Piano di settore (o
d’area) deve specificamente indicare quali siano le “attività
consentite” sulle “aree di tutela
paesaggistica”, per i Colli Berici il paragrafo 38 ha dunque sancito
rigorose e provvisorie norme di tutela, fondate sull’esigenza di salvaguardare
l’integrità delle medesime aree, in attuazione del principio per cui il Piano
territoriale paesistico deve considerare il territorio nella sua globalità e
con riferimento a tutto ciò che possa incidere sull’ambiente.
5.4. Risultano pertanto fondate le
censure formulate dal Comune di Villaga con i motivi aggiunti al ricorso di
primo grado n. 1992 del 2000.
Infatti,
a seguito della adozione in data 10 marzo 2000 del Piano d’area dei Colli
Berici, con la delibera n. 1711 del 16 giugno 2000 la giunta regionale
(nell’autorizzare la s.p.a. Cementillo ad aprire il cantiere minerario sotto
il profilo “del vincolo idrogeologico, paesaggistico e della riduzione di
superficie forestale”) ha erroneamente ritenuto applicabile l’art. 21 del
Piano d’area adottato, di per sé invece irrilevante sotto il profilo della
determinazione delle attività consentite.
Esso
– quale previsione in itinere - sarebbe divenuto applicabile solo a seguito
della approvazione del Piano d’area: nel
frattempo, sono rimaste ferme le norme di tutela previste nel paragrafo 38 del
PRTC, con i relativi divieti.
Va
pertanto annullata l’autorizzazione rilasciata dalla Regione in data 16 giugno
2000, con assorbimento delle ulteriori censure formulate col ricorso di primo
grado n. 1992 del 2000.
6. L’annullamento in questa sede della medesima autorizzazione
regionale comporta l’irrilevanza delle vicende riguardanti il provvedimento
del Ministero per i beni e le attività culturali, che in data 30 agosto 2000 ha
annullato la medesima autorizzazione ai sensi dell’art. 151 del testo unico 29
ottobre 1999, n. 490 (per eccesso di potere e per violazione dell’art. 34 del
PTCR): l’annullamento in sede giurisdizionale della autorizzazione paesistica
regionale rende improcedibili le impugnazioni proposte avverso l’atto dello
Stato che ne abbia ravvisato illegittimità in sede amministrativa.
Vanno
pertanto dichiarati improcedibili, per carenza di interesse:
-
il quarto motivo del medesimo appello n. 6775 del 2002 del Comune di Villaga
(con cui è stata impugnata la sentenza del TAR, per la parte in cui ha
annullato il provvedimento ministeriale del 30 agosto 2000);
-
il ricorso di primo grado n. 3316 del 2000 proposto dalla s.p.a. Cementizillo ed
accolto dal TAR, proposto avverso lo stesso provvedimento (ed erroneamente
indicato quale n. 3368 del 2000 a p. 20 dell’appello n. 6775 del 2002 e a p.
7, rigo 13, della sentenza impugnata), nonché i suoi appelli incidentali, per
la parte in cui hanno riproposto le censure assorbite in primo grado.
Resta
invece ferma la dichiarazione di improcedibilità dell’altro ricorso (n. 3368
del 2000 della Regione Veneto) proposto avverso lo stesso provvedimento statale,
sicché non rilevano le deduzioni con cui è stata eccepita la sua
inammissibilità.
7. Va a questo punto esaminato il primo motivo dell’appello n. 6775
del 2002, con cui il Comune di Villaga ha riproposto le censure già formulate
col ricorso n. 962 del 2000, proposto contro il provvedimento n. 1108 del 21
maggio 1999, con cui il Distretto minerario di Padova ha approvato il progetto
di coltivazione mineraria e ricomposizione ambientale del cantiere minerario,
presentato dalla s.p.a. Cementizillo.
Il
Comune ha dedotto che l’Amministrazione si è limitata a statuire, con un
timbro, il “visto per approvazione”, in assenza di una specifica istruttoria
e in assenza di una specifica motivazione (anche in relazione alla idoneità
delle misure preventive e di emergenza e alla sussistenza dei presupposti per
l’approvazione del progetto, prescritti dagli articoli 41 e seguenti del
d.P.R. n. 128 del 1959).
Tali
censure vanno esaminate congiuntamente al secondo motivo dell’appello n. 10708
del 2000, proposto dai proprietari delle aree sulle quali è stata prevista la
coltivazione della marna da cemento.
Essi
– con argomentazioni sostanzialmente coincidenti con quelle dedotte dal Comune
e riproduttive del loro ricorso di primo grado n. 1852 del 2000 (indicato così
a p. 7 del gravame e per errore col n. 962 del 2000 alla successiva p. 13) -
hanno lamentato che il provvedimento (determinato a p. 8 con l’indicazione
delle date del 6 luglio 1999 e del 10 aprile 2000), pur avendo approvato un
progetto diverso da quello originario, non contiene una specifica motivazione in
ordine agli interessi in conflitto e non è stato preceduto dal procedimento
disciplinato dagli articoli 10 e seguenti del d.P.R. 18 aprile 1994, n. 382.
8. Ritiene la Sezione che tali censure siano ammissibili e vadano
accolte, perché fondate.
8.1. Va respinta l’eccezione di tardività dell’appello n. 10708 del 2000, come formulata dalla s.p.a. Cementizillo nei suoi scritti difensivi, fondata s