Inquinamento idrico: da acque meteoriche di dilavamento, di prima pioggia e reflue urbane di origine meteorica

di Luigi FANIZZI

Le “acque meteoriche di dilavamen­to”, in linea di principio, sono diverse dalle acque reflue ed esenti, da qualsivoglia vincolo o prescrizione. La condizione dirimente, infatti, ai fini della qualificazione normativa, di cui al D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i., risiede nella circostanza che la loro immissione derivi da ciclo produttivo (domestico, industriale ovvero commisto), ascrivibile ad attività umana e non già, incidentalmente, da precipitazione piovosa (Sentenza del Consiglio di Stato, N. 7618/2009). Tuttavia i regolamenti regionali possono, comunque, disciplinare i casi in cui tali acque debbano essere sottoposte a particolari vincoli o prescrizioni, ivi compresa l’eventuale autorizzazione all’immissione.

 

Altresì, per particolari condizioni, nelle quali, in relazione alle attività svolte sulle superfici impermeabili scoperte, vi sia il rischio di dilavamento di sostanze pericolose ovvero ambientalmente pregiudizievoli, l'acqua meteorica, contaminandosi, fini­sce per perdere la sua natura e caratterizzarsi, normalmente, come “acqua di prima pioggia”. In tali casi può essere richiesto, sempre dalla disciplina regionale, che tali immissioni inquinate vengano opportunamente convogliate e trattate in impianti di depurazione appropriati, sottoponendole, cautelativamente, a particolari prescrizioni, ivi compresa l’autorizzazione allo scarico.

 

Fermo, pertanto, quanto definito all’art. 74 ed a quanto stabilito all’art. 113, del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i. le acque meteoriche, secondo la natura delle superfici dilavate e delle attività ivi svolte, si distinguono in:

 

Acque meteoriche di dilavamento: la frazione delle acque di una precipitazione piovosa giornaliera di altezza complessiva maggiore od al più uguale ad 1 millimetro (definizione di giorno piovoso, secondo il Servizio Idrografico Italiano) che, non infiltrata od evaporata, corrivando, dilava le superfici urbane permeabili ed impermeabili quali tetti, strade (pubbliche e private), piazzali di sosta e di movimentazione automezzi, parcheggi e similari, anche di aree industriali, dove non sono svolte attività che possono dar luogo, oggettivamente, al rilascio di sostanze pericolose ovvero ambientalmente pregiudizievoli (rif. art. 3-ter, L. 28 luglio 2004, n. 182), ad esclusione delle aree agricole.

 

Acque di prima pioggia: le prime acque meteoriche di dilavamento, corrispondenti ad un’altezza di precipitazione di 5 mm, uniformemente distribuita sull’intera superficie scoperta impermeabile ove si svolgono attività che possono dar luogo, oggettivamente, al rilascio di sostanze pericolose ovvero ambientalmente pregiudizievoli, opportunamente servita da rete di drenaggio, che si verifica o che si sussegue, a distanza di almeno 48 ore di tempo asciutto, da un analogo evento meteorico (R.R. Puglia 9 dicembre 2013, n. 26).

 

Acque reflue urbane: le acque meteoriche di dilavamento, convogliate in rete fognaria separata e provenienti da agglomerato. Al fine di non arrecare aggravi sensibili, al sistema di trattamento, la prima canalizzazione della rete, adibita al loro esclusivo convogliamento, può essere dotata di dispositivi per la raccolta e la separazione delle acque di prima pioggia (volume inquinato), da convogliare, opportunamente, nella seconda canalizzazione adibita alla raccolta ed al collettamento delle altre acque reflue urbane, di diversa origine (domestica, industriale ovvero commista).

 

Giovinazzo (BA), 23 aprile 2014

 

Bibliografia: www.lexambiente.it in Dottrina - Acque.