IL SUPERAMENTO DEI VALORI LIMITE PER GLI SCARICHI DI ACQUE REFLUE INDUSTRIALI E’ SEMPRE SANZIONATO PENALMENTE
• a cura di Bernardino Albertazzi- Giurista Ambientale Responsabile Area Legale Osservatorio Bonifiche Università Bocconi Milano
Nella recente Sentenza n. 1518 del 12/6/2008 la
Corte di Cassazione ha nuovamente preso posizione su una rilevante questione interpretativa, cioè l’applicabilità o meno della sanzione penale agli scarichi di acque reflue industriali[1] che superano i valori limiti fissati nella Tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella Tabella 4 dell\'Allegato 5 (ora del Dlgs 152/2006, allora dell’omologo Dlgs 152/99), affermando l’applicabilità della sanzione penale a tale fattispecie.
Sentenza
Corte di Cassazione n. 1518 del 12/6/2008
Nella Sentenza n. 1518 del 12/6/2008 la
Corte di Cassazione ha affermato, ricostruendo la successione delle normative di merito che hanno disciplinato negli ultimi anni la materia sopra descritta, che:
L’art. 59, comma 5, del Dlgs 152/99 puniva con l\'arresto fino a due anni e l\'ammenda di lire cinque milioni a lire cinquanta milioni “Chiunque nell\'effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, ovvero da una immissione occasionale, supera i valori fissati nella Tabella 3 dell\'Allegato 5 in relazione alle sostanze indicate nella Tabella 5 ovvero i limiti più restrittivi fissati dalle Regioni dalle province autonome.
In seguito però l’art. 23, comma 1, lett.a) del Dlgs 258/2000 ha significativamente modificato la disposizione, punendo con la stessa pena:
“Chiunque nell\'effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali,  supera i valori limiti fissati nella Tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella Tabella 4 dell\'Allegato 5 ovvero i limiti più restrittivi fissati dalle Regioni o dalle Province Autonome o dall\'Autorità competente a norma degli articoli 33, comma l, in relazione alle sostanze indicate nella Tabella 5 dell\'Allegato 5”.
La innovazione normativa è stata confermata dal recente Testo Unico sull’Ambiente, approvato con il Dlgs 152/2006, il cui art. 137, comma 5, con formulazione ancora più chiara, punisce con l\'arresto fino a due anni e con l\'ammenda da tremila a trentamila Euro “Chiunque, nell\'effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell\'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure superi i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall\'Autorità competente a norma dell\'articolo 107, comma 1, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell\'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto”.
Con tale sentenza la Suprema Corte ha nuovamente preso posizione su una rilevante questione interpretativa, cioè l’applicabilità o meno della sanzione penale agli scarichi di acque reflue industriali che superano i valori limiti fissati nella Tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella Tabella 4 dell\'Allegato 5 (ora del Dlgs 152/2006, allora dell’omologo Dlgs 152/99) come aveva fatto a partire dalla Sentenza 29 ottobre 2003, n. 1758, nella quale si era espressa negli stessi termini.
La Sentenza
Corte di Cassazione 29 ottobre 2003, n. 1758
Nella cit. sentenza la Corte aveva affermato:
“In tema di tutela delle acque dall\'inquinamento, il nuovo testo dell’art. 59, comma 5, introdotto dal D. Lgs. n. 258/2000 (v. art. 23, comma 1, lett. c), individua due tipi di soggetti di riferimetno:
- quelli che nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superano i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella Tabella 4 dell’allegato 5;
- quelli che nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superano i valori dei limiti più restrittivi fissati dalle Regioni o dalle province autonome o dall’autorità competente a norma degli articoli 33, comma 1, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’Allegato 5.
Diversamente dalla iniziale versione contenuta nel D. Lgs. 152/99 originario, la sanzione penale è stabilita indifferentemente per il superamento di tutti i limiti previsti dalla tabella 3 e dalla Tabella 4 del D. lgs. 152/99. La sanzione penale rimane, invece, vincolata alle sostanze previste dalla tabella 5 solo nel in cui il superamento riguardi i limiti più restrittivi fissati dalle Regioni.”
La sentenza sopra massimata aveva offerto una nuova e assai rigida interpretazione dell’art.59, comma quinto, del Dlgs 152 del 1999 così come modificato e riformulato ad opera del dlgs n.258 del 18 agosto 2000[2].
Tale comma disponeva nel 2000, analogamente al testo  oggi vigente dell’ art. 137, comma 5, del Dlgs 152/2006 :
"Chiunque, nell\'effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, supera i valori limiti fissati nella Tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella Tabella 4 dell\'Allegato 5 ovvero i limiti più restrittivi fissati dalle Regioni o dalle Province Autonome o dall\'Autorità competente a norma degli articoli 33, comma l, in relazione alle sostanze indicate nella Tabella 5 dell\'Allegato 5, è punito con l\'arresto fino a due anni e l\'ammenda di lire cinque milioni a lire cinquanta milioni. Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella Tabella 3A dell\'Allegato 5 si applica l\'arresto da sei mesi a tre anni e l\'ammenda da lire dieci milioni a lire duecento milioni.
Mentre nella sua versione precedente (abrogata) disponeva:
“Chiunque nell\'effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, ovvero da una immissione occasionale, supera i valori fissati nella Tabella 3 dell\'Allegato 5 in relazione alle sostanze indicate nella Tabella 5 ovvero i limiti più restrittivi fissati dalle Regioni dalle province autonome, è punito con l\'arresto fino a due anni e con l\'ammenda di lire cinque milioni a lire cinquanta milioni. Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze nella contenute Tabella 3A dell\'Allegato 5, si applica l\'arresto da sei mesi a tre anni e l\'ammenda da lire dieci milioni di lire a lire duecento milioni".
Dopo le modifiche introdotte dal Dlgs 258 del 2000, a parte alcune correzioni (l’eliminazione dei riferimenti alla immissione occasionale) ed integrazioni testuali evidenti (come il riferimento esplicito agli scarichi sul suolo), la dottrina non aveva messo in luce differenze significative tra il nuovo ed il testo previgente del quinto comma dell’art. 59[3] e lo aveva interpretato nel modo seguente:
“..è punito con la pena congiunta dell’arresto fino a due anni e dell’ammenda da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni, chiunque, nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali supera:
1) i valori limite fissati nella tabella 3 (“Valori limiti di emissione in acque superficiali e in rete fognaria”) dell’allegato 5 (“Limiti di emissione degli scarichi idrici”) in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5;
2) i valori limite fissati nella tabella 4 dell’allegato 5 (“Limiti di emissione per le acque reflue urbane e industriali che recapitano sul suolo”) in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5;
3) i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o delle province autonome, in relazione alle medesime sostanze o dall’autorità competente a norma dell’art. 33, comma 1, in relazione alle sostanze indicate nella tabella5 dell’allegato 5.
Chiunque supera anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3A dell’allegato 5 (“Limiti di emissione per unità di prodotto riferiti a specifici cicli produttivi”) è punito con la pena congiunta dell’arresto da sei mesi a tre anni e con l’ammenda da lire dieci milioni a lire
duecento milioni.”[4]
Dunque nell’interpretazione più diffusa l’irrogazione della sanzione penale era necessariamente ancorata alla presenza negli scarichi industriali delle sostanze indicate nella tabella 5[5].
La disposizione in oggetto veniva inoltre valutata come eccezione alla regola generale prevista dal Dlgs 152 del 1999 (che si ricavava dall’interpretazione sistematica di tutto l’apparato sanzionatorio) in base alla quale alla inosservanza dei valori limiti di emissione degli scarichi si applicano sanzioni amministrative.
Non si può non rilevare che il Dlgs 258 del 2000 rispetto al Dlgs 152/99 costituisce una tappa di un processo di “ripenalizzazione” di alcune fattispecie, già depenalizzate nel passaggio dalla “Merli” al decreto 152.[6]
La Corte di Cassazione giunge, a partire dal 2003, a conclusioni diverse mediante un’attenta esegesi del nuovo testo dell’art. 59 comma 5 del Dlgs 152/99.
Valuta infatti la Corte che “Il nuovo testo individua due tipi di soggetti di riferimento:
- quelli che nell\'effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superano i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella Tabella 4 dell\'Allegato 5;
- quelli che nell\'effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superano i valori dei limiti più restrittivi fissati dalle Regioni o dalle province autonome o dall\'autorità competente a norma degli articoli 33, comma 1, in relazione alle e sostanze indicate nella tabella 5 dell\'Allegato 5.”.
Da ciò deduce la Corte che “Diversamente dalla iniziale versione contenuta nel Dlgs 152/99 originario, la sanzione penale è stabilita indifferentemente per il superamento di tutti i limiti previsti dalla tabella 3 e dalla Tabella 4 del Dlgs 152/99”.
La sanzione penale rimane invece vincolata alle sostanze previste dalla tabella 5 solo nel caso in cui il superamento riguardi i limiti più restrittivi fissati dalle Regioni.”
Le motivazioni attraverso cui la suprema Corte giunge a tali conclusioni sono di vario ordine. La prima di carattere squisitamente testuale, con cui viene messo in luce che nell’ “attuale formulazione la frase "in relazione alle sostanze indicate nella Tabella 5 dell\'Allegato 5" è collocata non più prima, ma dopo il richiamo del ruolo regionale, con specifico riferimento all\'ipotesi di limiti più restrittivi fissati dalle Regioni.”
La ratio di tale diversa collocazione viene rintracciata nella volontà del legislatore di sanzionare penalmente la violazione dei limiti più restrittivi posti in essere dalle regioni, poichè nell’ambito del dlgs 152 del 1999, prima della riforma operata dal dlgs 258, la violazione dei limiti regionali "diversi" da quelli statuali era sanzionata soltanto in via amministrativa (articolo 54, 1° comma), mentre l\'ipotesi di limiti più restrittivi aveva bisogno di una specifica menzione per l\'introduzione di una sanzione penale (spettando allo Stato stabilire le ipotesi di reato).
L’altra motivazione di carattere testuale e puramente semantico addotta dalla Corte consiste nell’attribuire, nell’ambito dell’art.59, comma quinto, all’utilizzo della congiunzione "ovvero" non un valore correttivo (per precisare o integrare un concetto precedentemente espresso) ma disgiuntivo (nel senso della introduzione di una autonoma figura di reato).
Molto interessante è anche il ragionamento svolto dalla Corte sulle motivazioni che hanno indotto il legislatore ad inserire nella norma il riferimento alla Tabella 4 che si riferisce agli scarichi sul suolo.
Secondo la CorteLa disciplina di tali scarichi è caratterizzata da un divieto generale, penalmente sanzionato (articolo 59, comma 8), che concettualmente prescinde dalla natura pericolosa o meno delle sostanze scaricate. La nuova Tabella 4, contenente un numero di sostanze superiori alle 18 di cui alla Tabella 5, deve essere subito osservata sino alla emanazione di nuove norme regionali compatibili. Poiché tali norme nuove regionali non possono contenere valori "meno restrittivi", ma solo eventualmente valori "più restrittivi" (vedi artt. 28 e 29) con riferimento alle sostanze pericolose della Tabella 5 e poiché le deroghe hanno natura "eccezionale", ha senso l\'applicazione dell\'intera Tabella 4 nella materia con le sanzioni penali previste dall\'articolo 59, 5° comma: la previsione di norme regionali per alcune sostanze pericolose, non esclude il carattere di immediata operatività della sanzione penale per scarichi nel suolo e sottosuolo ritenuti in assoluto pericolosi e perciò vietati. La Tabella 4 non è dunque collegata necessariamente al ruolo regionale, ma ha una sua autonomia e ciò per le tutte le sostanze in essa indicate (comprese quelle diverse dall\'elenco della Tabella 5).”
Nel suo ragionamento la Corte, oltre alla su esposta motivazione testuale, offre anche una motivazione di carattere “ logico e funzionale” allo spostamento (tra il vecchio e il nuovo testo del comma quinto) della frase "in relazione alle sostanze indicate nella Tabella 5 dell\'Allegato 5" con riferimento al solo ruolo (aggiuntivo e non sostitutivo) delle Regioni, senza alcuna interferenza con le autonome sanzioni penali per il superamento dei valori posti dallo Stato nelle Tabelle 3 e 4. Dunque quando tale superamento avviene si applica la sanzione penale, abbia provveduto o meno la Regione a fissare limiti più restrittivi per alcune sostanze e con pena aggravata per le sostanze contenute nella Tabella 3A (che comprende un numero di sostanze e processi pericolosi ben maggiori della Tabella 5).
La Corte fornisce poiulteriori elementi, che confortano l\'interpretazione sopra indicata.
Si afferma che “Se la sanzione penale fosse limitata alle sole poche sostanze pericolose di cui alla Tabella 5 (e non lo è perché come si è visto sono menzionate anche le Tabelle 4 e 3A") non avrebbe alcun senso giuridico il comma 2 dell\'articolo 59[7], che vieta l\'aumento dell\'inquinamento rispetto alla situazione preesistente(cosiddetto Stand Still di cui alla Direttiva Comunitaria sulle acque 2000/60 Ce del 23 ottobre 2000)con una sanzione penale distinta da quella del comma 3[8], stesso articolo, relativo all\'aumento dell\'inquinamento da sostanze pericolose indicate nella Tabella 5: il legislatore punisce sempre l\'aumento dell\'inquinamento con sanzione penale anche quando non sono in discussione le sostanze pericolose di cui alla Tabella 5. Per le sostanze pericolose, come disciplinate dal nuovo testo dell\'articolo 34, è previsto un regime amministrativo e penale differenziato più grave, nel senso della loro individuazione (Tabelle 3/A e 5 dell\'Allegato 5), della previsione di valori limiti anche più restrittivi, della sanzione penale anche per la violazione delle prescrizioni dell\'autorizzazioni (articolo 59, 4° comma), di un particolare rigore nel controllo, nel luogo e modo delle misurazioni, prelievi, del divieto assoluto di diluizione, ecc., ) sicché la distinzione del regime sanzionatorio penale relativo al periodo transitorio trova conferma anche nel sistema a regime. Il regime più severo per le sostanze pericolose non esclude di per sé la sanzione penale per il superamento delle altre.”
La Suprema Corte ritiene che tale interpretazione si inquadri nella finalità della nuova legge 258/2000, che ha inasprito le sanzioni penali, in linea con il recepimento delle Direttive comunitarie… (elenco al quale va aggiunto la Direttiva Quadro sulle acque 60/2000/Ce del 23 ottobre 2000, che nell\'articolo 23 esige "sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive" nel settore).

Nelle finalità (articolo l punto c) la legge prevede il rispetto dei valori limiti agli scarichi fissati dallo Stato, nonché la definizione di valori limite in relazione agli obiettivi di qualità dei corpi recettori, introducendo un criterio di intervento parallelo dello Stato e delle Regioni, ma solo in senso più restrittivo e con possibilità di poteri sostitutivi (articolo 3, punto 4). La filosofia ispiratrice (realizzazione di obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione e perfino tutela quantitativa della risorsa) ha avuto conseguenze sul regime sanzionatorio. Il testo della normativa ex Dlgs 258/2000 esclude che la sanzione penale sia applicabile solo per le sostanze pericolose della Tabella 5 dell\'Allegato 5. Poiché questi principi corrispondono ad un filone giurisprudenziale significativo anche se controverso, che aveva escluso la depenalizzazione immediata almeno nel periodo transitorio di anni tre, ora ulteriormente prorogato con legge 200/2003”.
L’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione con la Sentenza 29 ottobre 2003, n. 1758 era stato poi confermato dalle successive sentenze (sempre della Terza Sezione Penale) n.14801 del 20/2/2004, e n.19254 del 13/4/2005, divenendo dunque l’orientamento di gran lunga maggioritario.
La Sentenza n. 25752 del 9/6/2004
Nel vigore del Dlgs 152/99, come riformato dal Dlgs 258/2000, in senso contrario alla richiamata giurisprudenza, e cioè per l’inapplicabilità della sanzione penale agli scarichi di acque reflue industriali che superano i valori limiti fissati nella Tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella Tabella 4 dell\'Allegato 5 (ora del Dlgs 152/2006, allora dell’omologo Dlgs 152/99) si era espressa soltanto la Sentenza n. 25752 del 9/6/2004, la quale aveva affermato che:
“Affinché si possa ritenere configurabile il reato di cui all’articolo 59, V co., D. Lgs. 152/1999, occorre che nello scarico di acque reflue industriali ricorrano simultaneamente due condizioni: il superamento dei valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella Tabella 4 dell’Allegato 5, e la presenza di sostanze indicate nella Tabella 5 dell’Allegato 5 (ovvero che siano superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella Tabella 3A dell’Allegato 5). (SM). Qualora invece il superamento dei valori limite riguardi sostanze diverse da quelle indicate nella suddetta tabella 5 dell\'allegato 5, esso costituisce soltanto violazione amministrativa sanzionata ai sensi dell\'art. 54 del d. lgs. 11 maggio 1999, n. 152”.
Tale sentenza aveva peraltro trascurato di prendere in esame il cambiamento della norma samzionatoria di cui all’articolo 59, comma5, intervenuto a seguito dell’entrata in vigore del Dlgs n.258/2000.
Essa, pur affermando “secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, l\'art.59, comma 5, del d. lgs. n.152 del 1999, come integrato dal d. lgs. n.258 del 2000, sanziona penalmente il superamento dei valori limite indicati dalla tabella 3 dell\'Allegato 5, ma solo «in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5», ovvero - più gravemente - il superamento dei valori limite stabiliti dalla tabella 3 A del predetto Allegato. Qualora invece il superamento dei valori limite riguardi sostanze diverse da quelle indicate nella suddetta tabella 5 dell\'allegato 5, esso costituisce soltanto violazione amministrativa sanzionata ai sensi dell\'art. 54 del d. lgs. 11 maggio 1999, n. 152”, non dà conto in alcun modo dell’esistenza di un nuovo dato testuale introdotto dal Dlgs 258/2000 che, in ipotesi, la Corte avrebbe potuto valutare come irrilevante ai fini dell’interpretazione dell\'art.59, comma 5, del d. lgs. n.152 del 1999.
Conclusioni
Si deve dunque affermare, in conclusione, che la Corte di Cassazione, con la propria Sentenza n. 1518 del 12/6/2008, ha ribadito il proprio orientamento, affermato  a partire dallaSentenza 29 ottobre 2003, n. 1758, che era stato poi confermato dalle successive sentenze (sempre della Terza Sezione Penale) n.14801 del 20/2/2004, e n.19254 del 13/4/2005, ed era quindi divenuto maggioritario.
La conferma del proprio orientamento maggioritario precedente era assolutamente prevedibile e scontata, soprattutto in seguito all’entrata in vigore del Dlgs 152 del 2006 e s.m. che, nel proprio art. art. 137, comma 5, con chiarissima formulazione, priva di ambiguità di qualsiasi genere,  punisce con l\'arresto fino a due anni e con l\'ammenda da tremila a trentamila Euro “Chiunque, nell\'effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell\'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure superi i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall\'Autorità competente a norma dell\'articolo 107, comma 1, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell\'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto”.
Non si può dubitare che, nel testo oggi vigente, il riferimento alle sostanze indicate nella tabella 5 dell\'Allegato 5 alla parte terza del  decreto, quale condizione per l’applicazione della sanzione penale a chi, nell\'effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite, è relativo esclusivamente ai limiti più restrittivi fissati: a) dalle regioni o dalle province autonome o b) dall\'Autorità competente a norma dell\'articolo 107, comma 1[9].


[1] Su cui vedi B. Albertazzi “Guida commentata alla normativa ambientale”, Cap.III, ed.E.P.C. libri, pp.848,ottobre 2008
[2] Per approfondimenti mi permetto di rinviare a B.Albertazzi, F.Trezzini “Gestione e tutela delle acque dall’inquinamento”, ed.CEL Bergamo, 2003.
[3] In tal senso si veda G.Amendola “Novità, correzioni, integrazioni al nuovo testo sulla tutela delle acque”, in Amb.eSic.sul lavoro, EPC,n.11/2000.
[4] Vedi nota 1.
[5] Arsenico,Cadmio,Cromo Totale, Cromo Esavalente,Mercurio,Nichel,Piombo,Rame,Selenio,Zinco,Fenoli,Oli minerali non persistenti e idrocarburi di origine petrolifera non persistenti,Solventi organici aromatici,Solventi organici azotati,Composti organici alogenati, (compresi i pesticidi clorurati),Pesticidi fosforati,Composti organici dello stagno, Sostanze di cui, secondo le indicazioni dell’IARC, è provato il potere cancerogeno.
[6] In tal senso osserva P.Giampietro in “ La 152 non decollera\' con la sola miscela sanzionatoria”, Ambiente, Ipsoa, n.12/2000,che: “ ....è sotto gli occhi di tutti che la nota più acuta del concertato intervento "correttivo"(sul dlgs 152, n.d.s.) riguarda proprio lo strumento di difesa sanzionatoria dei precetti - vecchi e nuovi - piuttosto che l\'impianto generale dei principi-guida del precedente decreto, l\'assetto istituzionale e organizzativo, quello procedimentale (sostanzialmente rimasti invariati)......l\'apparato sanzionatorio si è arricchito di nuove fattispecie, amministrative e penali, si è rafforzato in termini di entità delle sanzioni, è divenuto più pervasivo e a senso unico (verso la criminalizzazione piuttosto che la depenalizzazione: tramite nuove fattispecie penali o ri-penalizzando ciò che era stato de-criminalizzato), secondo un pendolarismo nelle scelte di politica legislativa, davvero ballerino e assai poco conforme ai principi adottati dal legislatore della delega...”.In senso conforme vedi anche F.giampietro “ La riforma della riforma: il d.lgs. n. 258/2000 a tutela delle acque dall\'inquinamento ”, in Ambiente, Ipsoa, n.11/2000, secondo il quale “Le modifiche elencate ... inducono a ritenere che l\'ultimo legislatore (dell\'estate 2000) si sta orientando verso la ripenalizzazione di fattispecie che riteneva dover depenalizzare (16 mesi prima) e, comunque, verso la "copertura penalistica" di interi settori normativi specifici, salve le sanzioni amministrative regionali.”.
[7] 2. Alla stessa pena stabilita al comma 1, soggiace chi – effettuando al momento di entrata in vigore della presente decreto scarichi di acque reflue industriali autorizzati in base alla normativa previgente –non ottempera alle disposizioni di cui all’art. 62, comma 12.
[8] 3. Quando le condotte descritte ai commi 1 e 2 riguardano gli scarichi di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3A dell’allegato 5, la pena è dell’arresto da tre mesi a tre anni.
[9] Che detta: “Ferma restando l\'inderogabilità dei valori-limite di emissione di cui alla tabella 3/A dell\'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto e, limitatamente ai parametri di cui alla nota 2 della Tabella 5 del medesimo Allegato 5, alla Tabella 3, gli scarichi di acque reflue industriali che recapitano in reti fognarie sono sottoposti alle norme tecniche, alle prescrizioni regolamentari e ai valori-limite adottati dall\'Autorità d\'ambito competente in base alle caratteristiche dell\'impianto, e in modo che sia assicurata la tutela del corpo idrico ricettore nonché il rispetto della disciplina degli scarichi di acque reflue urbane definita ai sensi dell\'articolo 101, commi 1 e 2.”