Tribunale di Cosenza sent. 233 del 2 maggio 2006
Est. Pappalardo Imp. TROPEA
il permesso di costruire in sanatoria non spiega efficacia estintiva dei
reati se illegittimo, poichè
privo del nulla osta paesaggistico. Viene in rilievo il potere di
disapplicazione del Giudice ordinario, di cui alla Legge abolitrice del
contenzioso amministrativo.
CONCLUSIONI DELLE PARTI
Ø Pubblico Ministero: non doversi procedere ai sensi dell’art. 129 c.p.p. per intervenuta concessione in sanatoria.
Ø
DifeSA: si associa alla
richiesta del PM e chiede il dissequestro dell’immobile.
FATTO E DIRITTO
Il 27.4.2005 TROPEA Rita era tratta a giudizio dal G.I.P. di Cosenza, in seguito ad opposizione a decreto penale di condanna, per rispondere dei reati indicati in epigrafe.
Questo, in sintesi, lo svolgimento del processo:
·
21.6.05: mero rinvio.
·
22.9.05: rilevata l’omessa notifica del decreto di citazione
dell’imputata. Notificato il decreto in udienza all’imputata (che
sottoscrive il verbale per ricevuta copia).
·
1.12.05: mero rinvio per assenza testi. Prodotti dalla difesa documenti
relativi al permesso in sanatoria.
·
19.1.06: aperto il dibattimento, ammesse le prove. Sentito PICARIELLO
Remigio. Revocato il teste residuo, MARASCO Pasquale. Ordinanza ex art. 507
c.p.p., con la quale si fa richiesta all’U.T.C. di Spezzano Piccolo della
motivazione della mancata acquisizione del parere dell’Autorità preposta al
vincolo paesaggistico nel procedimento di sanatoria.
·
16.3.06: dopo essersi dato atto della ricezione della nota del Comune di
Spezzano Piccolo, mero rinvio per assenza del Giudice titolare.
· 2.5.06: discussione (v. verbale).
Osserva il Giudice che le risultanze processuali depongono per una ricostruzione dei fatti univoca e del tutto tranquillante.
Dall’esame del teste, PICARIELLO Remigio, suffragato dal verbale di sequestro in atti, si ricava che il 28.6.04 personale del Corpo forestale dello Stato[1] accertava la realizzazione di una costruzione abusiva, insistente nel Comune di Spezzano Piccolo, in località Neto Ferraro. La costruzione consisteva di due baracche, in legno e lamiera, di modeste dimensioni, e la stessa non era assentita da alcun permesso di costruire. In aggiunta, sulla località insisteva un vincolo paesaggistico ambientale, poiché trattavasi di zona montana (altitudine superiore a 1.200 metri).
Il verbale di sequestro, che derivava dall’accertamento, era sottoscritto dall’imputata. La stessa non ha mai negato la proprietà delle baracche, ma si è difesa producendo un permesso di costruire in sanatoria promanante dal Comune di Spezzano Piccolo[2].
Tuttavia, tale permesso difetta del nulla osta dell’Autorità preposta al vincolo paesaggistico – ambientale[3]. Per questo motivo, il Giudice chiedeva chiarimenti al Comune, il quale rispondeva che la zona sulla quale era stata realizzata la baracca era, secondo il piano regolatore, denominata “BA” di completamento e, pertanto, non soggetta al vincolo paesaggistico ambientale. Il Piano Regolatore, inoltre, era stato emanato prima della legge istitutiva del vincolo[4], ed il Comune, in casi analoghi, aveva adottato sempre tale “modus operandi”.
Ora, la nota dell’U.T.C. di Spezzano è assolutamente laconica, tanto è vero che si conclude con un richiamo alla prassi[5], che pacificamente non è una fonte del diritto e che non consente di legittimare un provvedimento viziato, solo perché conforme ad altri, analoghi atti emanati in precedenza.
Va detto che il Comune, sulla base di una dichiarazione pro – veritate dell’imputata, ha datato la realizzazione dell’opera abusiva ad un periodo precedente al 1967, quando non esisteva il vincolo paesaggistico ambientale. Tuttavia, per ottenere il rilascio della concessione in sanatoria, occorre che l’opera sia conforme sia all’epoca di realizzazione (vera o presunta) sia all’epoca della concessione, agli strumenti urbanistici[6]. Se si può accettare, non potendosi dimostrare il contrario, che all’epoca della realizzazione delle baracche non vi fosse il vincolo paesaggistico, tale vincolo vi era sicuramente nel 2004, data del rilascio della concessione in sanatoria. Lo ha detto chiaramente il teste[7], e se ne trova conferma dalla lettura della legislazione in materia. Da ultimo, all’epoca della decisione[8] vigeva l’art. 142, comma 1, lett. d) del D.lgs. n. 42 del 2004[9].
Il Comune doveva, quindi, nel dicembre 2004, quale Autorità preposta, valutare, ai fini del rilascio della concessione in sanatoria, la conformità dell’opera con il vincolo paesaggistico, vincolo preposto a salvaguardia di aree nelle quali le costruzioni devono potersi armonizzare con le bellezze naturali[10].
In difetto del nulla osta paesaggistico, la concessione in sanatoria è inefficace[11] e non può spiegare alcun effetto estintivo dei reati contestati[12]. Tali principi rimangono fermi anche a seguito dell’entrata in vigore del D.P.R. n. 380/01[13], che ha riprodotto, negli artt. 36 e 45 le vecchie disposizioni della legge n. 47 del 1985, cui fanno riferimento le massime riportate in nota.
L’imputata va dichiarata colpevole dei reati ascrittigli.
Va riconosciuta la continuazione tra gli stessi, per l’evidente unitarietà del disegno criminoso (rappresentato dall’erezione di opere in violazione della normativa in materia, per la soddisfazione di proprie esigenze personali).
Sulla base dei criteri legali di dosimetria della pena (art. 133 c.p.) e, in particolare, di quello concernente la modesta estensione delle opere (e, quindi del danno arrecato all’ambiente), stimasi congrua la pena di mesi uno giorni dieci di arresto ed euro 6.000,00 di ammenda, così determinata:
Ø pena base, per il reato di cui al capo b) (ritenuto più grave in concreto), un mese di arresto ed € 5.000,00 di ammenda;
Ø aumentata, per la continuazione con il reato di cui al capo a), a mesi uno giorni dieci di arresto ed euro 6.000,00 di ammenda.
L’incensuratezza dell’imputata induce a formulare un giudizio prognostico positivo, sì da renderla meritevole della sospensione condizionale della pena, subordinandola alla demolizione, entro tre mesi, dell’opera abusiva[14], che rappresenta, finchè non venga eliminata, un’offesa permanente ai beni interessi protetti dalle norme incriminatrici (corretto ed armonioso sviluppo del territorio, tutela del paesaggio).
La condanna comporta l’assoggettamento alle spese processuali, giusto il disposto dell’art. 535 c.p.p..
Seguono di diritto le previsioni di cui all’art. 181 del D.lgs. n. 42/04 (ordine di rimessione inpristino, anche se sostanzialmente analogo all’ordine di demolizione, e trasmissione di copia della sentenza agli enti pubblici territoriali).
Va disposto il dissequestro dell’opera, onde consentirne all’imputata la demolizione (o, in difetto, alla pubblica Autorità).
Si fissano trenta giorni per il deposito della sentenza.
P.Q.M.
letti
gli artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara TROPEA Rita colpevole dei reati ascrittigli
e, ritenuta la continuazione tra gli stessi, la condanna alla pena di mesi uno
giorni dieci di arresto ed euro 6.000,00 di ammenda, oltre al pagamento delle
spese processuali.
Letti
gli artt. 163 e 165 c.p., ordina la sospensione condizionale della pena,
subordinandola alla demolizione, entro tre mesi, dell’opera abusiva.
Letto
l’art. 31 D.P.R. n. 380/2001, ordina la demolizione dell’opera abusiva, se
non altrimenti eseguita.
Letto
l’art. 181 D. lgs. n. 42/2004, ordina la rimessione in pristino dello stato
dei luoghi a spese del condannato.
Ordina
che copia della sentenza sia trasmessa alla Regione Calabria ed al Comune di
Spezzano Piccolo (Cs).
Letto
l’art. 262 c.p.p., ordina il dissequestro e la restituzione dell’opera
all’imputata.
Giorni
trenta per i motivi.
Cosenza, 2 maggio 2006 |
Il Giudice |
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dott. Carlo Pappalardo |
[6]
“In materia edilizia, ai fini del rilascio della concessione in
sanatoria di cui all’art. 13 della legge 28.2.1985 n. 47, è richiesto che
l’opera eseguita originariamente in assenza di concessione o
autorizzazione presenti la cosiddetta
[7] “è sottoposta al vincolo paesaggistico, perché è superiore ai 1.200 metri” (pag. 4 del verbale di trascrizione intergale del 19.1.06).
[9] secondo il quale: “Fino all’approvazione del piano paesaggistico ai sensi dell’art. 156, sono comunque sottoposti alle disposizioni di questo Titolo per il loro interesse paesaggistico: …d) le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole”.
[10] incidenter tantum, e senza volersi sostituire alla Pubblica Amministrazione, le baracche, in legno e lamiera, così come sono state realizzate (v. rilievi fotografici), mal si conciliano con l’amenità del paesaggio circostante.
[11] “L’autorizzazione dell’autorità preposta alla tutela del vincolo, paesistico, di cui agli artt. 7 della legge 29.6.1939 n. 1497 ed 1 della legge 8.8.1985 n. 431, si configura quale condizione di efficacia della concessione edilizia. In mancanza di siffatta autorizzazione la concessione edilizia rilasciata ai sensi dell’art. 13 della legge 28.2.1985 n. 47, proprio perché inefficace, non produce gli effetti estintivi del reato regolati dal successivo art. 22” (Cass., sez. III, sent. n. 11301 del 22.9.98).
[12] “Nell’ipotesi di concessione edilizia in sanatoria il giudice penale deve accertare la conformità dell’atto alle norme in materia di controllo dell’attività urbanistico – edilizia, anche in ossequio alla previsione di cui all’art. 13 della legge n. 47 del 1985, per il quale la concessione in sanatoria estingue i reati urbanistici solo se le opere risultano conformi agli strumenti urbanistici; ne consegue che il giudice, esercitando il doveroso sindacato di legittimità del fatto estintivo o incidente sulla fattispecie tipica penale, può disapplicare la concessione illegittima ex art. 5 della legge 20.3.1865 n. 2248, all. E (n.d.r., cd. legge abolitrice del contenzioso amministrativo)” (Cass., sez. III, sent. n. 19236 del 15.2.05).
[14] Sull’ammissibilità della sospensione condizionale della pena, subordinata alla demolizione del manufatto abusivo, si sono pronunciate anche le Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza n. 714 del 3 febbraio 1997.