Consiglio di Stato Sez. VI n. 9865 del 17 novembre 2023
Urbanistica.Realizzazione veranda su balcone di appartamento
Le verande realizzate sulla balconata di un appartamento, determinando una variazione planivolumetrica ed architettonica dell'immobile, sono senza dubbio soggette al preventivo rilascio di permesso di costruire, in quanto integrano un nuovo locale autonomamente utilizzabile, il quale viene ad aggregarsi ad un preesistente organismo edilizio, per ciò solo trasformandolo in termini di sagoma, volume e superficie
Pubblicato il 17/11/2023
N. 09865/2023REG.PROV.COLL.
N. 02378/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2378 del 2020, proposto da
Laura Criscuolo, rappresentata e difesa dall'avvocato Andrea Di Lieto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Conca dei Marini, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania - Sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda) n. 1577/2019, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 novembre 2023 il Cons. Giovanni Pascuzzi. Nessuno è comparso per la parte appellante;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso del 2008 la signora Laura Criscuolo ha chiesto al Tar per la Campania l’annullamento:
- dell'ordinanza n. 15/08 del 25 luglio 2008 del Responsabile dell'Ufficio Tecnico del Comune di Conca dei Marini, con la quale si ingiungeva la demolizione di opere edili;
- di tutti gli atti, anche di estremo ignoto, presupposti, connessi e consequenziali, ivi compreso della relazione di sopralluogo.
2. In punto di fatto la ricorrente esponeva:
- di essere proprietaria di un'unità immobiliare su più livelli sita in Conca dei Marini, alla via Roma, n. 24;
- di aver eseguito, sul terrazzo di copertura, lavori di manutenzione sulla base della D.I.A. del 18 giugno 2002, lavori ultimati e collaudati nell'aprile del 2004;
- di aver sostituito in assenza di D.I.A. il pergolato esistente nella zona centrale del terrazzo con una struttura, di dimensioni minori del preesistente pergolato, costituita da tettoia inclinata poggiante sul fronte su pilastrini in ferro rivestiti in legno e nella zona retrostante su un muro in elevazione;
- che a tale tettoia sui lati liberi sono stati apposti degli infissi scorrevoli che hanno interessato una superficie di circa 50 mq;
- di aver, poi, ha sostituito la tettoia esistente nella zona sud ovest del terrazzo con altra delle medesime dimensioni e tipologia, tettoia anche alla quale sono stati apposti degli infissi scorrevoli per una superficie di 8,50 mq.
2.1 Con l'ordinanza n. 15/08 del 25.07.2008 il Responsabile dell'Ufficio Tecnico del Comune di Conca dei Marini contestava alla ricorrente l'esecuzione delle seguenti opere:
«realizzazione di due volumi costituiti da struttura portante verticale in legno e da struttura orizzontale in profilati scatolari di ferro, chiusi perimetralmente dal muro di contenimento al lato monte e sui lati rimanenti da infissi scorrevoli in alluminio anodizzato tipo legno, con vetri camera; la copertura inoltre è realizzata da pannellature in legno nella parte intradossata e da materiale impermeabile per la parte a vista costituendo un pacchetto isolante dello spessore di circa cm. 10. Le due verande hanno le seguenti dimensioni:
1) veranda a – superficie 10,87 x 4,36 = MQ 130,32, volumetria MQ 130,32 x 2,75 = MC 358,38;
2) veranda b - superficie 3.70 x 2,30 = MQ 8,51 volumetria MQ 8,51 x 2,75 = MC 18,63».
3. A sostegno dell’impugnativa avverso la citata ordinanza venivano formulati i seguenti motivi di ricorso:
I. Violazione dell'art. 7 della l. 241/90.
II. Violazione dell'art. 31, 2° comma, del d.p.r. 6.6.2001 n. 380. Incompetenza.
III. Violazione degli artt. 3, 10, 22, 31, 33, 36 e 37 del d.p.r. 380/01. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, carenza istruttoria, erroneità dei presupposti e di motivazione.
IV. Violazione degli artt. 3, 22, 27, 31, 36 e 37 del d.p.r. 380/01. Eccesso di potere per carenza istruttoria, difetto di motivazione e di presupposti.
3.1 In estrema sintesi si lamentava: l’omessa comunicazione ex art. 7 della l. n. 241/1990; l’incompetenza dell’organo emanante provvedimento (non dirigente né dipendente del Comune di Conca dei Marini); l’inapplicabilità della sanzione demolitoria, trattandosi di lavori di manutenzione straordinaria di preesistenti tettoie-pergolati; la sanabilità degli abusi contestati.
4. Con sentenza n. 1577 del 2019 il Tar per la Campania - Sezione di Salerno ha rigettato il ricorso.
4.1 Il primo giudice ha ritenuto che:
- l’emanazione dell’ordinanza di demolizione non richiedeva apporti partecipativi;
- il ricorrente non aveva dimostrato l’estraneità del soggetto che ha emanato l’atto all’apparato organizzativo comunale né aveva provato la sussistenza in tale apparato della qualifica dirigenziale;
- i manufatti contestati avevano caratteristica di opere non precarie e come tali richiedevano il previo rilascio del permesso di costruire perché in grado di arrecare un impatto significativo sul preesistente assetto del territorio;
- le opere erano sanzionabili in via esclusivamente demolitoria e non anche a norma dell'art. 37 del d.p.r. n. 380/2001, riferibile alla sola ipotesi di interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla S.C.I.A.;
- le opere, ricadendo in area paesaggisticamente vincolata, richiedevano il previo rilascio del titolo abilitativo all’uopo necessario, in mancanza del quale erano, comunque, pure sanzionabili in via demolitoria, ai sensi degli artt. 27, comma 2, del d.p.r. n. 380/2001 e 167, comma 1, del d.lgs. n. 42/2004, a prescindere dalla relativa qualificazione edilizia;
- l’ingiunta misura repressivo-ripristinatoria non necessitava di valutazione in ordine alla conformità o meno delle opere abusive agli strumenti urbanistici, posto che, una volta accertata l'esecuzione di interventi privi di permesso di costruire, e in mancanza di preesistente domanda di sanatoria da parte del soggetto interessato, ne doveva essere disposta la rimozione indipendentemente dalla verifica della loro eventuale conformità agli strumenti urbanistici e della loro ipotetica sanabilità: infatti, l'abusività di un'opera edilizia costituisce, già, di per sé, presupposto per l'applicazione della prescritta sanzione demolitoria.
5 Avverso la sentenza n. 1577 del 2019 del Tar per la Campania - Sezione di Salerno ha proposto appello la signora Criscuolo per i motivi che saranno più avanti analizzati.
6. All’udienza del 7 novembre 2023 l’appello è stato trattenuto per la decisione.
DIRITTO
1. Il primo motivo di appello è rubricato: Vizio in iudicando. Motivazione erronea e carenza istruttoria. Violazione degli artt. 3, 10, 22, 31, 33, 36 e 37 del d.p.r. 380/01. Violazione dell’art. 7 della l. 241/90, come succ. mod. ed int.. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, carenza istruttoria, erroneità dei presupposti e di motivazione.
L’appellante sostiene che:
- il primo giudice non ha tenuto in alcun conto quanto rappresentato, e documentato, dalla signora Laura Criscuolo circa il contrasto dimensionale tra ciò che ha realizzato e ciò che è stato contestato nell’ordinanza di demolizione n. 15 del 25 luglio 2008;
- come rappresentato in particolare con il III motivo del ricorso di primo grado, l’ordinanza di demolizione impugnata si fonda sull’asserita realizzazione di due verande al posto delle preesistenti due tettoie; la veranda indicata sub a, poi, con eccesso di potere per carenza istruttoria e travisamento dei fatti, si assume che sarebbe pari a complessivi “mq 130,32” (in luogo dei 49 realizzati) e a “mc 358,38” (in luogo dei circa 150 realizzati), dati, quelli riportati nell’ordinanza, difformi dalla realtà, com’è dimostrato anche dal semplice calcolo matematico della superficie ivi indicata per l’altezza;
- l’appellante ha eseguito solo lavori di manutenzione straordinaria sostituendo le due tettoie-pergolati preesistenti con due di materiale diverso;
- tali manufatti sono stati definiti “verande” sol perché le tettoie sono state contornate da infissi scorrevoli di chiusura, infissi, peraltro, solo temporanei, da smontare nel periodo estivo e da rimontare in quello invernale;
- le conclusioni raggiunte dal primo giudice non sono corrette perché non siamo in presenza di strutture create totalmente ex novo;
- l’intervento realizzato era sanzionabile solo in via pecuniaria essendo l’esecuzione senza la previa D.I.A. dell’intervento manutentivo effettivamente realizzato;
- l’appellante ha eseguito solo lavori di manutenzione straordinaria sostituendo le due tettoie-pergolati preesistenti con due di materiale diverso;
- tali manufatti – come già detto - sono stati definiti “verande” sol perché le tettoie sono state contornate da infissi scorrevoli di chiusura, infissi, peraltro, solo temporanei, da smontare nel periodo estivo e da rimontare in quello invernale;
- non vi è pertanto né un aumento di volumetria, né un aumento di superficie, né una modifica stabile della sagoma sicché, per un verso, per la loro realizzazione non era richiesto il rilascio del permesso di costruire, per l’altro le dette “verande” ben possono conseguire la sanatoria, ai sensi dell’art. 37 del d.p.r. 380/01 e dell’art. 167 del d.lgs. 42/2004, istanze ritualmente presentate dall’appellante e depositate nel giudizio di primo grado;
- è errato anche quanto sostenuto dal primo giudice con riferimento al I motivo del ricorso di primo grado, col quale si è contestata l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento, in violazione dell’art. 7 della l. 241/90;
- l’indicata natura delle opere eseguite dimostra l’illegittimità della mancata comunicazione dell’avvio del procedimento in quanto se essa fosse stata effettuata l’appellante avrebbe rappresentato le ragioni per le quali non avrebbe dovuto essere emanata l’ordinanza di demolizione, ragioni innanzi indicate.
1.1 Il secondo motivo di appello è rubricato: Vizio in iudicando. Motivazione erronea. Violazione degli artt. 3, 22, 27, 31, 36 e 37 del d.p.r. 380/01. Eccesso di potere per carenza istruttoria, difetto di motivazione e di presupposti.
L’appellante sostiene che:
- come rappresentato con il IV motivo del ricorso di 1° grado, prima di ingiungersi la demolizione degli interventi de quibus, avrebbe dovuto essere accertata la possibilità di assentire in sanatoria quanto si assume realizzato in assenza di titolo abilitativo;
- tali accertamenti sono illegittimamente mancati nel caso di specie, accertamenti che, se eseguiti, avrebbero evitato l’assunzione del provvedimento impugnato, come rappresentato innanzi, sub I, attesa la natura e le caratteristiche dei manufatti illegittimamente sanzionati con l’ingiunzione di demolizione.
2. I motivi di appello, che possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.
Come ricordato in narrativa, le opere di cui si discute sono così descritte nel provvedimento impugnato: «realizzazione di due volumi costituiti da struttura portante verticale in legno e da struttura orizzontale in profilati scatolari di ferro, chiusi perimetralmente dal muro di contenimento al lato monte e sui lati rimanenti da infissi scorrevoli in alluminio anodizzato tipo legno, con vetri camera; la copertura inoltre è realizzata da pannellature in legno nella parte intradossata e da materiale impermeabile per la parte a vista costituendo un pacchetto isolante dello spessore di circa cm 10 … le due verande hanno le seguenti dimensioni : veranda a: superficie m 10,87 x m 4,36 = mq 130,32; volumetria mq 130,32 x m 2,75 = mc 358,38; veranda b: superficie m 3,70 x m 2,30 = mq 8,51; volumetria mq 8,51 x m 2,75 = mc 18,63».
A differenza di quanto sostenuto da parte appellante, le opere così descritte non possono essere qualificate come interventi di manutenzione straordinaria in quanto non è stata dimostrata la loro preesistenza né l’esistenza di un valido titolo edilizio riferibile alle opere nella consistenza originaria, vale a dire prima dell’intervento di manutenzione.
D’altro lato, per stessa ammissione dell’appellante, le opere sarebbero state realizzate in sostituzione di “due tettoie-pergolati preesistenti”. La realizzazione di una veranda con le caratteristiche sopra descritte in luogo di un pergolato (a prescindere dagli errori di calcolo segnalati da parte appellante) non è qualificabile come intervento di manutenzione straordinaria ma come nuova costruzione, avendo comportato la realizzazione di nuovi volumi, peraltro in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico (zona classificata 3 – Tutela degli insediamenti antichi sparsi o per nuclei dal PUT dell’Area Sorrentino-Amalfitana: sul punto, peraltro, l’appellante non propone alcuna censura avverso la statuizione in tale senso formulata dal primo giudice).
La giurisprudenza di questo Consiglio ha chiarito che «Le verande realizzate sulla balconata di un appartamento, determinando una variazione planivolumetrica ed architettonica dell'immobile, sono senza dubbio soggette al preventivo rilascio di permesso di costruire, in quanto integrano un nuovo locale autonomamente utilizzabile, il quale viene ad aggregarsi ad un preesistente organismo edilizio, per ciò solo trasformandolo in termini di sagoma, volume e superficie» (Cons. Stato, sez. VI, 26/09/2022, n.8238).
Sono altresì infondate le censure con le quali parte appellante sostiene la natura precaria dei manufatti in questione.
In base all'articolo 3, comma 1, lettera e. 5) del d.p.r. n. 380 del 2001, è qualificabile come nuova costruzione «l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee (...)». Il successivo articolo 6, comma 1, lettera e-bis) include invece nell'attività edilizia libera «le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze, contingenti e temporanee, purché destinate ad essere immediatamente rimosse al cessare della temporanea necessità e, comunque, entro un termine non superiore a centottanta giorni».
Da tali previsioni la giurisprudenza ha desunto la nozione di opera precaria, non soggetta a titolo abilitativo.
In particolare, si è affermato che «In ordine ai requisiti che deve avere un'opera edilizia per essere considerata precaria, possono essere ipotizzati in astratto due criteri discretivi: 1) criterio strutturale, in virtù del quale è precario ciò che non è stabilmente infisso al suolo; 2) il criterio funzionale, in virtù del quale è precario ciò che è destinato a soddisfare un'esigenza temporanea. La giurisprudenza è concorde nel senso che per individuare la natura precaria di un'opera si debba seguire non il criterio strutturale, ma il criterio funzionale, per cui un'opera può anche non essere stabilmente infissa al suolo, ma se essa presenta la caratteristica di essere realizzata per soddisfare esigenze non temporanee, non può beneficiare del regime delle opere precarie» (così Cons. Stato, Sez. V, 27 marzo 2013, n. 1776). È pertanto necessario un titolo edilizio - secondo la sentenza ora richiamata - per la realizzazione di «(...) tutti quei manufatti che, anche se non necessariamente infissi nel suolo e pur semplicemente aderenti a questo, alterino lo stato dei luoghi in modo stabile, non irrilevante e non meramente occasionale, (...) ove comportino l'esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato». Da ciò la conclusione che la natura precaria di un manufatto, non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all'opera dal costruttore, ma deve ricollegarsi all'intrinseca destinazione materiale di essa a un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, non essendo sufficiente che si tratti eventualmente di un manufatto smontabile e/o non infisso al suolo.
Nello stesso senso, è stato chiarito che «La precarietà dell'opera, che esonera dall'obbligo del possesso del permesso di costruire, ai sensi dell'art. 3, comma 1, lettera e. 5, d.p.r. n. 380 del 2001, postula infatti un uso specifico e temporalmente delimitato del bene e non ammette che lo stesso possa essere finalizzato al soddisfacimento di esigenze (non eccezionali e contingenti, ma) permanenti nel tempo. Non possono, infatti, essere considerati manufatti destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee quelli destinati a un'utilizzazione perdurante nel tempo, di talché l'alterazione del territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante» (vedi: Cons. Stato, sez. VII, 12/12/2022, n. 10847).
Le opere sanzionate con il provvedimento impugnato non rientrano pertanto nella nozione di opera precaria elaborata dalla giurisprudenza, non essendo tali dal punto di vista strutturale né essendo dirette a soddisfare esigenze temporanee.
Sono altresì infondate le censure volte a denunciare l’assenza della comunicazione di avvio del procedimento in quanto l’ordinanza di demolizione costituisce espressione di un potere vincolato e doveroso in presenza dei requisiti richiesti dalla legge, rispetto al quale non è richiesto alcun apporto partecipativo del privato (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 11/05/2022, n.3707 «L'attività di repressione degli abusi edilizi, mediante l'ordinanza di demolizione, avendo natura vincolata, non necessita della previa comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti interessati, ai sensi dell'art. 7 l. n. 241/1990, considerando che la partecipazione del privato al procedimento comunque non potrebbe determinare alcun esito diverso»; Cons. Stato, sez. II, 01/09/2021, n.6181: «Al sussistere di opere abusive la pubblica amministrazione ha il dovere di adottare l'ordine di demolizione; per questo motivo, avendo tale provvedimento natura vincolata, non è neanche necessario che venga preceduto da comunicazione di avvio del procedimento»).
In ogni caso, trattandosi di procedimento vincolato, troverebbe applicazione l’art 21-octies, co. 2, l. 241/90, posto che il provvedimento non avrebbe potuto avere un contenuto diverso da quello in concreto adottato.
Infine, sono prive di pregio le censure con le quali si deduce l’illegittimità dell’ordine di demolizione alla luce della conformità urbanistica delle opere. La realizzazione delle opere edilizie descritte nell’ordine di demolizione in assenza del prescritto titolo edilizio, infatti, costituisce elemento sufficiente a giustificare l’adozione del provvedimento impugnato; tale circostanza impone al Comune di ordinare il ripristino dello stato dei luoghi a prescindere dall’eventuale compatibilità delle opere gli con strumenti urbanistici.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Sezione, infatti, la conformità urbanistica delle opere deve essere oggetto di valutazione da parte dell’Amministrazione comunale solo nell’ipotesi in cui il privato abbia presentato un’istanza di accertamento di conformità (ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 20/07/2021, n. 5457: «In presenza di abusi edilizi, la vigente normativa urbanistica non pone alcun obbligo in capo all'autorità comunale, prima di emanare l'ordinanza di demolizione, di verificarne la sanabilità ai sensi dell'art. 36, d.p.r. n. 380 del 2001 e tanto si evince chiaramente dagli artt. 27 e 31, del medesimo d.p.r. n. 380 cit., che obbligano il responsabile del competente ufficio comunale a reprimere l'abuso, senza alcuna valutazione di sanabilità, nonché dallo stesso art. 36 che rimette all'esclusiva iniziativa della parte interessata l'attivazione del procedimento di accertamento di conformità urbanistica ivi disciplinato»).
Nel caso di specie, parte appellante ha presentato (3 novembre 2008) un’istanza di accertamento di compatibilità paesaggistica (ai sensi dell’art. 167, commi 4 e 5 del d. lgs. 42/04) e conseguente titolo edilizio per la sanatoria (ai sensi degli artt. 36-37 del d.p.r. 380/01) solo successivamente alla emanazione dell’ordinanza di demolizione (25 luglio 2008).
Per un verso la circostanza conferma che al momento dell’emanazione del provvedimento impugnato non esisteva nessun obbligo per l’Amministrazione di verificare la sanabilità delle opere. Per altro verso un’istanza successiva di accertamento di compatibilità paesaggistica e conseguente titolo edilizio per la sanatoria non può inficiare la legittimità di un’ordinanza di demolizione emanata in precedenza mentre per incidens va notato che la autorizzazione paesaggistica postuma è ammissibile solo in assenza di nuovi volumi, caso che non ricorre nella specie.
3. Per i motivi sopra esposti l’appello deve essere respinto.
Nulla sulle spese a causa della mancata costituzione della parte appellata.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Nulla spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2023 con l'intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro, Presidente
Oreste Mario Caputo, Consigliere
Stefano Toschei, Consigliere
Roberto Caponigro, Consigliere
Giovanni Pascuzzi, Consigliere, Estensore