Consiglio di Stato Sez. VI n. 4863 del 30 maggio 2024
Urbanistica.Inefficacia piano particolareggiato

Il piano particolareggiato (a voler ritenere ascrivibile a tale genus anche il Piano di lottizzazione) diventa sì inefficace decorso il termine di dieci anni, ma rimane fermo a tempo indeterminato l'obbligo di osservare nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso (art. 17 l. n. 1150 del 1942). La disposizione esprime il principio secondo cui la maglia pianificatoria delineata dal Piano rimane comunque efficace sino all'adozione di un diverso strumento urbanistico attuativo, quand'anche il piano che la prevede non possa più trovare attuazione per decorso del tempo. In altra prospettiva, la scadenza decennale di un piano riguarda le sole previsioni vincolistiche, ferma restando l'efficacia delle previsioni propriamente pianificatorie

Pubblicato il 30/05/2024

N. 04863/2024REG.PROV.COLL.

N. 07197/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7197 del 2017, proposto da
Jeffrey Duggan e Dorothy Duggan, rappresentati e difesi dagli avvocati Aristide Police, Ugo Franceschetti e Laura Elisa Protti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Aristide Police in Roma, viale Liegi, n. 32;

contro

Comune di Padenghe sul Garda, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Mauro Ballerini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, n. 283/2017.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Padenghe sul Garda;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 maggio 2024 il Cons. Giordano Lamberti e udito per le parti l’avvocato Aristide Police, anche per delega dell’avvocato Ugo Franceschetti;

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 – Gli appellanti sono proprietari di un appartamento presente all’interno del complesso residenziale e turistico denominato “Santa Giulia”, posto nel territorio comunale di Padenghe sul Garda.

Il suddetto complesso è composto da diversi appartamenti terra-tetto, la metà dei quali con destinazione residenziale e l’altra metà turistico-ricettiva.

L’appartamento di proprietà dei ricorrenti ricade nell’area turistico-ricettiva del complesso.

2 - Con comunicazione di avvio del procedimento n. 6022 del 20.11.2014, il Comune di Padenghe sul Garda ha contestato di aver illegittimamente modificato la destinazione d’uso dell’unità abitativa di cui sono proprietari gli appellanti “da turistico alberghiera in residenziale, in violazione della disciplina urbanistica di zona e della convenzione urbanistica che ha regolato l’edificazione del comparto”.

In data 31.3.2015 il Comune ha concluso il procedimento, ritenendo sussistenti i presupposti per la violazione dell’art. 30 DPR 380/2001 e con provvedimento prot. n. 1560/2015 ha ordinato “di non utilizzare le unità immobiliari ad uso residenziale esclusivo, facendo obbligo agli stessi di garantirne l’uso turistico-alberghiero con affidamento a soggetto gestore e pertanto di garantire il rispetto della convenzione urbanistica 25 maggio 1993 e dello strumento regolatore vigente”, avvertendo che “decorsi 90 giorni dalla notifica”, “qualora non maturino le condizioni per la revoca del presente provvedimento, si procederà alla acquisizione al patrimonio disponibile del Comune”.

3 – Gli appellanti hanno impugnato tale provvedimento avanti il Tar per la Lombardia, sezione di Brescia, che con la sentenza indicata in epigrafe ha respinto il ricorso.

4 – Gli originari ricorrenti hanno proposto appello avverso tale pronuncia per i motivi di seguito esaminati.

4.1 – Con il primo motivo gli appellanti censurano la sentenza nella parte in cui ha rigettato il secondo, il terzo, il quarto e il quinto motivo di ricorso.

Per l’appellante, il Tar avrebbe erroneamente negato che la Convenzione del 1993, posta a fondamento del provvedimento impugnato e l’ivi previsto vincolo alberghiero a RTA, siano ad oggi inefficaci e decaduti.

Per gli appellanti il Tar, nel richiamare la disciplina del Piano di Governo del Territorio, oltre a contraddirsi in punto di motivazione, avrebbe integrato la motivazione dell’ordinanza di confisca, la quale si fonderebbe esclusivamente sul contenuto della Convenzione e non sulle norme del PGT.

Gli appellanti sostengono che la Convenzione sarebbe decaduta, in quanto questa prevedeva un termine di validità di 5 anni decorrente dalla stipula dell’atto (cfr. art. 13 Convenzione) avvenuta nel 1993. Tale termine sarebbe spirato nel 25.05.1998. Da tale data sarebbe iniziato a decorrere il termine di 10 anni entro il quale l’Amministrazione avrebbe potuto esigere l’adempimento degli obblighi e delle prescrizioni contenute nella Convenzione. Tale termine sarebbe spirato il 25.05.2008.

Inoltre, la Convenzione del 1993 non potrebbe più ritenersi valida anche perché con essa è stato costituito un vincolo di destinazione turistico-alberghiera ai sensi della L. 217/1983. La richiamata normativa è stata abrogata dalla successiva L. 135/2001 e non potrebbe essere presa a presupposto per procedimenti e atti adottati dopo la sua abrogazione.

Gli appellanti invocano anche l’art. 23 ter del d.P.R. n. 380/2001, introdotto dal d.l. n. 133/2014, in forza del quale nessuna norma urbanistica potrebbe confermare la sub-destinazione a RTA, ma solo una macro destinazione turistico ricettiva.

5 – La censura è infondata.

Nel 1993 veniva definitivamente approvato il piano attuativo relativo al comparto sito in Padenghe sul Garda ed azzonato come D4, meglio individuato come P.L. n. 25, in località Santa Giulia. Nella zona in esame era ammessa, previa approvazione di piano esecutivo, la realizzazione di strutture per complessivi 20.000 mc. a volumetria definita, dei quali il 65% con destinazione alberghiera, il 30% con destinazione residenziale ed il 5% con destinazione commerciale.

In esecuzione dei provvedimenti approvativi del piano attuativo veniva stipulata Convenzione urbanistica 25 maggio 1993 n. 44363 (rep. notaio Palombo) tra il Comune di Padenghe ed i lottizzanti Soc. Andrei Tourist Line Immobili & Turismo s.r.l., Soc. Turistica del Garda s.r.l., Giuseppina Ongaretti e Alessandro Pasini.

L’art. 12/a della convenzione urbanistica contemplava un vincolo di destinazione sugli edifici con destinazione alberghiera ed in particolare statuiva che “i lottizzanti si impegnano a mantenere a destinazione turistico- alberghiera gli immobili edificandi nel comparto ed evidenziati con la simbologia “X” (contornata in rosso) nella planimetria 1-A allegata alla presente convenzione sub “F”, debitamente controfirmata dalle parti” e statuiva altresì che “Una diversa utilizzazione degli immobili citati non può essere realizzata se non nei casi previsti dalla legge e sempre che lo consenta il P.R.G. Ciò in quanto la destinazione alberghiera deve intendersi strettamente correlata a quanto prescrive il Piano Regolatore Generale”.

In esecuzione della Convenzione urbanistica veniva rilasciata concessione edilizia, avente ad oggetto l’edificazione di “albergo residenziale”, e veniva rilasciata la licenza di pubblico esercizio con classificazione “categoria 4 stelle” alla Immobiliare Santa Giulia s.r.l., relativa ad “albergo residenziale di 97 unità abitative”.

Negli anni sono stati perfezionati svariati atti traslativi della proprietà con intestazione a vari soggetti di unità immobiliari all’interno delle strutture, aventi destinazione di residenza turistica alberghiera. Tutti gli atti traslativi hanno sempre contemplato il richiamo alla convenzione urbanistica di cui all’atto 25.05.93 n. 44363 rep. notaio Palombo, rendendo pertanto edotti i singoli acquirenti della esistenza del vincolo di destinazione turistico-alberghiera. Anzi, gli atti traslativi richiamavano il “Regolamento del Villaggio Turistico”, qualificando la struttura come “Albergo residenziale”, con ogni onere connesso alla specifica destinazione della struttura.

I predetti atti traslativi hanno dunque sistematicamente individuato le unità immobiliari oggetto di compravendita quali unità “facenti parte del complesso denominato Villaggio Turistico Albergo Residenziale Santa Giulia”, con contestuale indicazione anche dell’obbligo di rispettare l’annesso Regolamento del Villaggio Turistico Albergo Residenziale Santa Giulia, che ribadiva la natura dell’immobile quale residenza turistico-alberghiera. L’art. 27 del Regolamento precisava che “il condominio S. Giulia nasce come albergo residenziale e come tale è strutturato per la locazione degli appartamenti. I proprietari che volessero utilizzare tale servizio dovranno concordarne di volta in volta il costo con la società di gestione”.

5.1 – Riassumendo, è stato pacificamente dimostrato che: a) l’edificazione del complesso Santa Giulia venne autorizzato nel 1993 solo ed in quanto veniva edificata una struttura destinata come RTA (residenza turistica alberghiera) con un indice edificatorio assai superiore rispetto a quello previsto per l’edificazione ad uso residenziale; b) la convenzione urbanistica del 1993, collegata al piano di lottizzazione, richiamava la disciplina propria delle RTA, imponeva tale destinazione e faceva obbligo ai lottizzanti (e ai loro aventi causa) di destinare le strutture a quello scopo; c) la concessione edilizia rilasciata nel 1994 confermava tale destinazione funzionale; d) tutti gli atti di acquisto (originari o successivi delle unità immobiliari) confermavano la destinazione turistico ricettiva delle unità immobiliari e richiamavano il contenuto della convenzione urbanistica e della concessione edilizia.

Ne deriva che la modifica della destinazione da alberghiera in residenziale deve ritenersi illegittima.

5.2 – Avuto riguardo alle censure svolte dall’appellante va infatti precisato che la destinazione turistica ricettiva è categoria funzionale del tutto diversa ed autonoma rispetto alla destinazione residenziale.

La giurisprudenza ha precisato che “la possibilità di vincolare in tal modo la destinazione d’uso di un immobile emerge anche dall’art 23 ter n. 1-bis del D.P.R. 380/01, che prevede la destinazione la turistico-ricettiva distinguendola da quella residenziale, così disciplinandola quale destinazione urbanistica avente funzionalità differente da quella residenziale” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 3 agosto 2022, n. 6824).

6 – Il giudizio di illeceità della modifica di destinazione d’uso non risulta incrinato dalle doglianze degli appellanti.

In primo luogo, deve precisarsi come sia del tutto inconferente l’argomento facente leva sull’abrogazione della legge n. 217/1983 in tema di vincolo alberghiero, essendo pacifico che la licenza edilizia era stata rilasciata per un determinato uso dell’immobile. Per altro, la destinazione dell’area a tale uso (turistico) risulta conforme agli strumenti urbanistici vigenti. È il loro utilizzo residenziale, piuttosto che turistico, a porsi in contrasto con il titolo autorizzatorio, in forza del quale è stato realizzato l’immobile, nonché con l’attuale disciplina dell’area.

6.1 - Non appare condivisibile neppure il rilievo facente leva sulla supposta scadenza della convenzione di lottizzazione in forza della quale sono stati realizzati gli immobili.

Invero, nel caso in esame, non viene in rilievo alcun obbligo soggetto ad un termine di adempimento, bensì la destinazione impressa all’area, la quale resta attuale e vigente sino alla sua modifica da parte di un nuovo strumento urbanistico che la regoli diversamente.

In giurisprudenza si afferma che “il piano particolareggiato (a voler ritenere ascrivibile a tale genus anche il Piano di lottizzazione) diventa sì inefficace decorso il termine di dieci anni, ma rimane fermo a tempo indeterminato l'obbligo di osservare nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso (art. 17 l. n. 1150 del 1942). La disposizione esprime il principio secondo cui la maglia pianificatoria delineata dal Piano…rimane comunque efficace sino all'adozione di un diverso strumento urbanistico attuativo, quand'anche il piano che la prevede non possa più trovare attuazione per decorso del tempo. In altra prospettiva, la scadenza decennale di un piano riguarda le sole previsioni vincolistiche, ferma restando l'efficacia delle previsioni propriamente pianificatorie” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 22 aprile 2021, n. 3257).

In conformità ai principi innanzi ricordati, nello specifico, la convenzione urbanistica prevedeva che “Una diversa utilizzazione degli immobili citati non può essere realizzata se non nei casi previsti dalla legge e sempre che lo consenta il P.R.G. Ciò in quanto la destinazione alberghiera deve intendersi strettamente correlata a quanto prescrive il Piano Regolatore Generale” (art. 12/a).

6.2 - Alla luce della disamina delle vicende che hanno interessato l’immobile, appare del tutto condivisibile anche la considerazione del Tar per cui la presenza del vincolo di destinazione era conosciuta, o poteva essere conosciuta utilizzando l’ordinaria diligenza, anche dagli aventi causa dei costruttori, che risultano aver sempre rispettato l’obbligo di richiamare gli effetti della convenzione in ogni atto di vendita.

6.3 - Non rileva, poi, che il mutamento della destinazione d’uso sia stato realizzato con o senza l’esecuzione di opere. Sul punto, come più volte statuito in giurisprudenza, va ricordato che “il mutamento della destinazione d'uso tra categorie funzionali ontologicamente diverse, anche senza opere edilizie, ove realizzato senza permesso di costruire, è sanzionabile con la misura ripristinatoria. (Consiglio di Stato sez. VI, 04/03/2021, n. 1857). La circostanza che la modifica non abbia comportato la realizzazione di opere edilizie è dunque irrilevante, in quanto l'art. 23 ter D.P.R. 380/01 definisce come mutamento rilevante della destinazione d'uso ogni forma di utilizzo dell'immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, ancorché non accompagnata dall'esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l'assegnazione dell'immobile o dell'unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale (Consiglio di Stato sez. VI, 04/03/2021, n. 1857). Ai sensi dell'art. 32 del D.P.R. n. 380 del 2001, inoltre, il mutamento di destinazione d'uso tra categorie funzionali ontologicamente diverse, anche senza opere edilizie, costituisce una variazione essenziale rispetto al titolo edilizio” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 luglio 2022, n. 6823).

7 – Con il secondo motivo gli appellanti censurano la pronuncia nel punto in cui ha rigettato il primo motivo di ricorso con cui avevano lamentato la violazione dell’art. 30 del d.P.R. n. 380/2001.

Per gli appellanti la sentenza sarebbe viziata, poiché il Tar non avrebbe preso in considerazione che il provvedimento impugnato è stato notificato solo agli appellanti e non a tutti i condomini del complesso immobiliare. L’art. 30 del d.P.R. n. 380/2001 sanzionerebbe la trasformazione del territorio e non il singolo abuso edilizio, pertanto, la lottizzazione abusiva non potrebbe essere fatta valere solo per alcuni e non per tutti i condomini del complesso edilizio.

I soggetti non sanzionati sarebbero quelli che avrebbero, dopo l’avvio del procedimento, “confermato la volontà di destinare le proprie unità immobiliari a destinazione turistico-alberghiera conferendone la gestione a soggetto qualificato”.

Sul punto, gli appellanti sostengono che se l’Amministrazione comunale ritiene che la legittima destinazione urbanistica del complesso Santa Giulia sia quella di RTA, a gestione unitaria, non apparrebbe legittima la contestazione mossa nei confronti di alcuni soltanto dei proprietari delle unità comprese nel piano la lottizzazione abusiva.

Sotto altro profilo, gli appellanti evidenziano che il Giudice di prime cure non avrebbe tenuto conto della disciplina legislativa (regionale e statale) in punto di variazioni essenziali rilevanti ai fini della lottizzazione abusiva, per cui nel caso di specie il Comune avrebbe dovuto applicare la sanzione pecuniaria.

Per gli appellanti, posto che, nel caso di specie, non sarebbe stata realizzata alcuna opera e l’abuso consisterebbe nel mutamento di destinazione d’uso, la sanzione non poteva consistere nella confisca degli immobili ma, al più, avrebbe dovuto essere irrogata una sanzione di natura pecuniaria.

7.1 - Con il terzo motivo gli appellanti lamentano l’erroneità della pronuncia gravata per omessa pronuncia sul secondo motivo di impugnazione del ricorso di primo grado con cui avevano lamentato la carenza di motivazione del provvedimento impugnato.

Al riguardo, parte appellane deduce che il provvedimento impugnato sarebbe stato genericamente motivato sul solo rilievo che la destinazione del complesso immobiliare Santa Giulia sarebbe stata abusivamente mutata da turistico-alberghiera a residenziale, senza svolgere alcun ulteriore approfondimento istruttorio. Per l’effetto, il Comune avrebbe sanzionato con la confisca anche soggetti che, vista l’impossibilità di utilizzare gli immobili come RTA, li avevano chiusi per anni.

8 – Le censure, che possono essere esaminate congiuntamente, devono trovare accoglimento nei termini di seguito esposti.

L’art. 30 del D.P.R. n. 380/2001 prevede che: “si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio”.

La norma disciplina due diverse ipotesi di lottizzazione abusiva. Ricorre la lottizzazione abusiva cd. “materiale” con la realizzazione di opere che comportano la trasformazione urbanistica ed edilizia dei terreni, sia in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, approvati o adottati, ovvero di quelle stabilite direttamente in leggi statali o regionali, sia in assenza della prescritta autorizzazione. Si ha invece lottizzazione abusiva “formale” o “cartolare” quando, pur non essendo ancora avvenuta una trasformazione lottizzatoria di carattere materiale, se ne sono già realizzati i presupposti con il frazionamento e la vendita - o altri atti equiparati - del terreno in lotti che, per le specifiche caratteristiche, quali la dimensione dei lotti stessi, la natura del terreno, la destinazione urbanistica, l’ubicazione e la previsione di opere urbanistiche, o per altri elementi, evidenzino in modo non equivoco la destinazione ad uso edificatorio.

L’interesse protetto dalla norma è quello di garantire un ordinato sviluppo urbanistico del tessuto urbano, in coerenza con le scelte pianificatorie dell’amministrazione.

Avuto riguardo al caso di specie, si osserva che la giurisprudenza ha ritenuto che configura il reato di lottizzazione abusiva anche la modifica di destinazione d’uso di immobili oggetto di un piano di lottizzazione attraverso il frazionamento di un complesso immobiliare, di modo che le singole unità perdano la originaria destinazione d’uso alberghiera per assumere quella residenziale, atteso che tale modificazione si pone in contrasto con lo strumento urbanistico costituito dal piano di lottizzazione (cfr. Corte Cass. n. 38799 del 16/9/2015).

8.1 - Tenuto conto della specificità del presente giudizio deve anche precisarsi che ciò che qualifica la lottizzazione abusiva è la trasformazione complessiva di un determinato lotto in violazione della destinazione a suo tempo impressa dall’amministrazione; invero, l’art. 30 cit. sanziona la trasformazione globale di un’area e non il singolo intervento edilizio, differenziandosi dagli artt. 31 e ss. che riguardano, invece, l’abuso relativo alla singola opera abusiva; ne deriva che la lottizzazione abusiva dovrebbe ragionevolmente essere contestata a tutti i proprietari dell’area interessata dall’illegittima trasformazione e non solo ad alcuni di essi, proprio perché ciò che viene in rilievo è l’illegittima destinazione impressa all’intera area – o, nel caso di specie, all’intera struttura originariamente destinata ad albergo residenziale - in spregio agli strumenti urbanistici.

Alla luce di tale precisazione emerge una prima criticità del provvedimento impugnato nel momento in cui vi si prospetta, per la medesima struttura di cui si contesta la modifica dell’originaria destinazione d’uso, una violazione diretta solo a taluni proprietari e non ad altri, pur titolari di unità abitative facenti parte dell’originaria struttura turistica.

Al riguardo, non appare convincente il rilievo del Comune volto a differenziare la posizione di coloro che avrebbero “confermato la volontà di destinare le proprie unità immobiliari a destinazione turistico-alberghiera conferendone la gestione a soggetto qualificato”. Invero, tale discrimine, che tra l’altro non oblitera l’originaria violazione posta in essere da coloro che hanno fruito delle unità immobiliare a scopo abitativo in violazione della disciplina dell’area, non appare idoneo a giustificare l’evidenziata anomalia. La contestazione, diretta solo ad alcuni proprietari, si rivela invece contraddittoria, riflettendosi, per l’effetto, sulla tenuta dei presupposti del provvedimento, che avrebbe dovuto interessare - nel momento in cui si accerta la violazione di cui all’art. 30 cit., da ritenersi riferita alla struttura globalmente intesa, e non un singolo abuso relativo a ciascuna unità abitativa - tutti i soggetti proprietari delle unità immobiliari del complesso turistico nelle medesime condizioni degli appellanti.

8.2 - Oltre all’aspetto che precede, anche la considerazione globale dei fatti che caratterizzano la fattispecie in esame e di seguito illustrati portano ad incrinare in modo decisivo la prospettazione comunale facente leva sull’art. 30 cit, ferma l’eventuale integrazione di singole violazioni alla stregua degli art. 31 e ss. del TU Edilizia.

In particolare, deve essere posto in evidenza che la stessa amministrazione negli anni 2000, 2005 e 2010 ha rilasciato ai soggetti gestori dell’albergo licenze alberghiere incompatibili con la gestione unitaria a RTA di tutto il complesso, segnatamente per otto camere doppie, sedici suites e diciotto appartamenti, a fronte di una pretesa destinazione alberghiera che avrebbe dovuto coinvolgere la totalità delle novantasette unità (vedasi al riguardo anche la relazione comunale da ultimo depositata in giudizio, che conferma tale circostanza e dove si dà atto del fatto che le licenze sono state “rimodulate” dalla medesima Amministrazione Comunale, con il rilascio di titoli per 8 camere doppie, 16 suite e 18 appartamenti).

In definitiva, risulta confermato che, da anni, il complesso Santa Giulia non è stato gestito come RTA unitaria.

Non solo, risulta che il Comune di Padenghe ha percepito per anni ICI e IMU sul presupposto della natura di “appartamenti residenziali” delle unità abitative; ha applicato la tassa per lo smaltimento dei rifiuti come “residenze”; ha addirittura concesso la residenza a taluni proprietari negli appartamenti.

Tali circostanze stridono in modo insuperabile con la successiva contestazione per cui l’utilizzo residenziale di talune unità immobiliare – ma, inspiegabilmente, non di tutte, come innanzi già sottolineato – integrerebbe un’ipotesi di lottizzazione abusiva. Non solo, in base alle circostanze innanzi riferite è possibile finanche ipotizzare che il mancato funzionamento della struttura turistica nella sua consistenza originaria sia stato, negli anni, indirettamente incoraggiato dalla stessa amministrazione.

In tale prospettiva deve anche osservarsi che, a monte delle predette circostanze, non appare in sintonia con la destinazione recettiva del complesso, unitariamente considerato, l’avvenuto frazionamento in singole unità intestate a distinti proprietari, anche in tal caso avallato dal Comune, tenuto conto della giurisprudenza per cui “l’unitarietà della struttura e dell’attività gestionale delle residenze turistico-alberghiere appare del tutto incompatibile con qualsiasi ipotesi di frazionamento della proprietà del complesso immobiliare in cui esse operano (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 29 maggio 2008, n. 2584)” (Cons. St. 998 del 7.2.2020).

8.3 - Le circostanze che precedono fanno emergere, sotto i diversi profili innanzi delineati, l’ambiguità dell’atteggiamento comunale in riferimento alla struttura per cui è causa, minando i presupposti della contestazione portata dal provvedimento impugnato.

Come anticipato, questa appare invece contraddittoria e, in ogni caso, sorretta da una motivazione deficitaria, siccome non spiega, in concreto, le ragioni della contestazione mossa ai sensi dell’art. 30 cit., non potendosi a tal fine ritenere sufficiente il mero richiamo a precedenti giurisprudenziali, stanti le peculiarità del caso di specie innanzi evidenziate.

9 – L’accoglimento dell’appello sotto il profilo che precede rende superfluo l’esame delle ulteriori censure dedotte con l’appello.

Per quanto si è sopra rilevato scrutinando il primo motivo, resta non di meno confermato il carattere abusivo, e quindi illecito, delle avvenute modifiche alla destinazione d’uso prevista, da ciò conseguendone la necessità che, all’indomani della presente decisione, il Comune ponga in essere un’attività amministrativa che valga a rimuovere l’illecito ovvero i suoi presupposti, in ogni caso ripristinando la legalità.

Ad una valutazione complessiva della vicenda le spese di lite del doppio grado di giudizio possono essere integralmente compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) accoglie l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado, annullando l’atto impugnato.

Spese di lite compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati:

Hadrian Simonetti, Presidente

Giordano Lamberti, Consigliere, Estensore

Davide Ponte, Consigliere

Lorenzo Cordi', Consigliere

Marco Poppi, Consigliere