Consiglio di Stato Sez. VI n. 7543 del 30 agosto 2022
Urbanistica.Condono edilizio e dichiarazioni mendaci

In materia di condono edilizio, la formazione del silenzio assenso per decorso del termine di ventiquattro mesi, postula che l'istanza sia assistita da tutti i presupposti di accoglibilità, non determinandosi ope legis la regolarizzazione dell'abuso (in applicazione dell'istituto del silenzio assenso) ogni qualvolta manchino i presupposti di fatto e di diritto previsti dalla norma quando la documentazione allegata all'istanza non risulti completa ovvero quando la domanda si presenti dolosamente infedele


Pubblicato il 30/08/2022

N. 07543/2022REG.PROV.COLL.

N. 10634/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10634 del 2015 proposto dalla signora Virginia Giura, rappresentata e difesa dall’avvocato Giovanni Martino, domiciliata presso l’indirizzo PEC come da Registri di giustizia;

contro

il Comune di Torino, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Elisabetta Boursier e Massimo Colarizi, domiciliato presso l’indirizzo PEC come da Registri di giustizia ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo dei suindicati difensori in Roma, viale Bruno Buozzi, n. 87;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, Sez. II, 12 giugno 2015 n. 976, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Torino e l’appello incidentale da esso spiegato nonché i documenti prodotti;

Esaminate le ulteriori memorie, anche di replica, con documenti depositati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza del 14 aprile 2022 il Cons. Stefano Toschei e uditi, per le parti, gli avvocati Giovanni Martino ed Elisabetta Carletti, quest’ultima in sostituzione dell’avvocato Massimo Colarizi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. – Con ricorso in appello n. R.g. 10634/2015 la signora Virginia Giura ha chiesto a questo Consiglio la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, Sez. II, 12 giugno 2015 n. 976, con la quale sono stati definiti, in seguito alla loro riunione, due distinti ricorsi (nn. R.g. 372 e 373/2009) proposti dalla predetta nei confronti dei seguenti atti e/o provvedimenti: 1) (ricorso n. R.g. 372/2009) il provvedimento del dirigente della Divisione urbanistica ed edilizia privata, Dirigenza di coordinamento edilizia privata, progetto finalizzato condono edilizio del Comune di Torino, 21 gennaio 2009, con il quale è stata respinta “l'istanza volta ad ottenere permesso edilizio in sanatoria relativo alla realizzazione di nuova unità immobiliare residenziale (piano primo)”; 2) (ricorso n. R.g. 373/2009) il provvedimento del dirigente della Divisione urbanistica ed edilizia privata, Dirigenza di coordinamento edilizia privata, progetto finalizzato condono edilizio del Comune di Torino, 9 ottobre 2008, con il quale è stata respinta “l'istanza volta ad ottenere permesso edilizio in sanatoria relativo alla realizzazione di nuova unità immobiliare residenziale (piano terreno)”. Il TAR per il Piemonte ha respinto, con la sentenza qui oggetto di appello principale e di appello incidentale, i due ricorsi riuniti.

2. – La vicenda che fa da sfondo al presente contenzioso in grado di appello può essere sinteticamente ricostruita sulla scorta dei documenti e degli atti prodotti dalle parti controvertenti nei due gradi di giudizio nonché di quanto sintetizzato nella parte in fatto della sentenza qui oggetto di appello, come segue:

- la ricorrente signora Virginia Giura è proprietaria di un terreno (sito nel Comune di Torino) sul quale ha realizzato abusivamente un fabbricato di civile abitazione a due piani fuori terra, un fabbricato per uso ricovero automezzi, tre serre con montanti in metallo e copertura in policarbonato e telo plastico, tre tettoie parzialmente aperte in legno nonché un basso fabbricato chiuso in legno;

- dell’esistenza di tali manufatti abusivi erano resi edotti i competenti uffici del Comune di Torino grazie ad un esposto anonimo al quale erano seguite apposite verifiche da parte dei medesimi uffici che dimostravano la realizzazione, in assenza di titolo edilizio nonché della necessaria autorizzazione paesaggistica, di interventi edilizi su immobile soggetto a vincolo ai sensi del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42;

- la signor Giura, quindi, con riferimento al fabbricato di civile abitazione, presentava due istanze di condono edilizio ai sensi dell’art. 32 d.l. 30 settembre 2003, n. 269, come convertito dalla l. 24 novembre 2003, n. 326 (recante: “Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici”): una per sanare il piano terreno (n. prot. 2004-11-18698) e l’altra per sanare il piano primo (n. prot. 2004-11-18703);

- successivamente, in data 31 gennaio 2005, la signora Giura presentava alla Regione Piemonte, Settore gestione beni ambientali, istanza di accertamento di compatibilità paesaggistica relativa all'intervento de quo, ai sensi dell’art. 1, commi 37, 38 e 39, l. 15 dicembre 2004, n. 308;

- entrambe le istanze venivano respinte dagli uffici comunali, sul presupposto che gli abusi commessi in zona vincolata classificabili secondo l’allegato 1 al d.l. 269/2003 in tipologia 1, 2 e 3 non possono essere sanati, sicché, dovendosi qualificare gli abusi in questione come riconducibili nella “tipologia 1” e realizzati in zona vincolata, le richieste di sanatoria dovevano essere denegate;

- la signora Giura proponeva, quindi, ricorso dinanzi al TAR per il Piemonte contestando la legittimità dei due provvedimenti di diniego per il tramite di due distinti ricorsi giurisdizionali. In particolare l’allora ricorrente in primo grado sosteneva la fondatezza dei gravami proposti atteso che: a) nella specie, rispetto alle istanze avanzate, si era formato il silenzio assenso per essere il diniego stato comunicato ben oltre il termine di 24 mesi indicato all’art. 35, comma 18, l. 28 febbraio 1985, n. 47, tenuto anche conto del fatto che la Regione Piemonte, previo conforme parere della competente Soprintendenza, aveva espresso – ai sensi della l. 308/2004 - parere favorevole al mantenimento del fabbricato abusivo con determina dirigenziale n. 77 del 29 luglio 2005, mentre i dinieghi comunali impugnati erano stati comunicati alla interessata (indipendentemente dalla data di loro adozione) solo il 20 febbraio 2009; b) erano poi rilevabili, con riferimento ad entrambi i provvedimenti di diniego, i vizi di eccesso di potere e di violazione dell’art. 32 d.l. 269/2003, che in realtà non precluderebbe a priori la sanabilità degli abusi di tipologia 1, 2 e 3 ancorché commessi in zona vincolata; c) si contestava poi il vizio di eccesso di potere per carenza di motivazione in relazione all’interesse pubblico, per omessa comparazione tra l’interesse pubblico e privato nonché il difetto di istruttoria; d) veniva infine sollevata, in via subordinata, questione di legittimità costituzionale dell’art. 32, comma 27, lett. d), d.l. 269/2003, convertito dalla l. 326/2003, nella parte in cui non prevede che l’immobile che abbia ottenuto il “condono ambientale” ex l. 308/2004 possa ottenere anche il “condono edilizio” ex l. 326/2003.

3. – Come si è sopra anticipato il TAR per il Piemonte, riuniti i due ricorsi, li ha respinti con la sentenza n. 976/2015.

Propone quindi appello la signora Virginia Giura ritenendo errata la decisione assunta dal giudice di prime cure in quanto:

a) va in primo luogo ribadito come, nel caso in esame, sussistano tutti i presupposti di fatto e di diritto per l’applicazione dell’art. 32, comma 37, l. 326/2003 nella parte in cui prevede la formazione del silenzio-assenso, con effetti equivalenti alla sanatoria, nel caso in cui siano trascorsi 24 mesi dalla data di emanazione del parere favorevole da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo. Conseguentemente si presenta “Del tutto illogico ed ingiustificato (…) il ragionamento del Giudice di prime cure che pretenderebbe di fare decorrere i 24 mesi dal momento in cui la ricorrente "gliene ha rimesso copia" al Comune in data 4.9.2007 con le osservazioni al preavviso di diniego. (…) Ne consegue che dal momento in cui è intervenuto il parere positivo dell'autorità preposta alla tutela del vincolo in data 29.7.2005 al momento in cui è intervenuto il diniego di condono in data 20.2.2009 sono trascorsi oltre 36 mesi e pertanto il silenzio assenso si era largamente formato” (così, testualmente, alle pagg. 4 e 5 dell’atto di appello);

b) il giudice di primo grado non ha poi tenuto conto della caratterizzazione urbanistico-edilizia dell’area che ospita l’immobile. Essa infatti è qualificata come zona del territorio comunale soggetta a vincolo di inedificabilità relativa (“Zona a verde privato con preesistenze edilizie (parte collinare): la destinazione d' uso delle zone a verde privato è residenziale”), ove tra l’altro è ammesso “l’ampliamento dei fabbricati esistenti in misura non superiore a mq 150, oltre le quantità consentite dall’indice fondiario, mediante l’utilizzo delle capacità edificatorie derivanti dalle aree a verde privato non edificate dei fondi contigui”. La circostanza che l’immobile sia stato qualificato come riconducibile alla tipologia 1 non impediva il rilascio della sanatoria, in quanto la corretta lettura dell’art. 32, comma 26, l. 326/2003 conduce a ritenere suscettibili di sanatoria le tipologie da 1 a 3 sull'intero territorio nazionale, ad eccezione solo di quelle insistenti su monumenti nazionali e beni culturali di particolare rilevanza, nonché quelle da 4 a 6 realizzate su immobili sottoposti a vincolo di inedificabilità relativa riservando alle Regioni la scelta se sottoporre a sanatoria le tipologie minori sulle aree non soggette ai vincoli di cui all’art. 32 l. 47/1985. Ad avviso dell’appellante, dunque, in una prospettiva interpretativa fatta propria anche dalla Corte costituzionale (che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell'art. 32, comma 26, l. 326/2003, nella parte in cui non prevede che la legge regionale possa determinare la possibilità, le condizioni e le modalità per 1'ammissibilità a sanatoria di tutte le tipologie di abuso edilizio di cui all'allegato 1), la sanatoria delle opere abusive realizzate su immobili soggetti a vincoli di inedificabilità relativa (come è nel caso in esame) è subordinata al parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo, in applicazione dell’art. 32 l. 47/1985, per come richiamato dall’art. 32, comma 25, l. 326/2003, sicché anche le opere abusive di tipologia 1 sono suscettibili di sanatoria se realizzate su immobili vincolati, purché abbiano ottenuto il parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo;

c) frutto di una errata valutazione delle censure dedotte in primo grado è poi l’affermazione del TAR nella parte in cui, del tutto illogicamente, dopo avere rilevato l’infondatezza degli argomenti indicati dal Comune di Torino negli atti impugnati, ha poi immotivatamente concluso nel senso che comunque le istanze di condono avrebbero comunque dovuto essere respinte, sicché un eventuale annullamento degli atti impugnati non farebbe conseguire alla ricorrente alcun effetto utile;

d) da ultimo, viene ribadita la questione di costituzionalità già sollevata in primo grado e sulla quale nessuna posizione è stata assunta dal giudice di prime cure.

4. – Si è costituito nel presente giudizio di appello il Comune di Torino che ha contestato analiticamente la fondatezza dei motivi di gravame dedotti dalla appellante e ha confermato la legittimità della procedura svolta e dei provvedimenti di diniego di sanatoria impugnati in primo grado. Nello stesso tempo il Comune di Torino ha anche proposto appello incidentale nei confronti della sentenza di primo grado nella parte in cui il TAR, pur disattendendo i motivi di ricorso dedotti dalla signora Giura, ha ritenuto di fare proprie considerazioni diverse da quelle individuate nei provvedimenti di diniego assunti dal Comune di Torino, dimostrando di disattenderle, pur non determinando ciò l’annullamento degli atti di diniego impugnati, attesa la insanabilità giuridica degli abusi edilizi che ne sono oggetto.

5. – Nel corso del processo entrambe le parti ribadivano le opposte posizioni con memorie conclusive e di replica, confermando le conclusioni rassegnate nei precedenti atti processuali.

6. – L’appello principale proposto, ad avviso del Collegio, è infondato per le ragioni qui di seguito descritte, sebbene non possono condividersi integralmente le considerazioni utilizzate ed espresse dal giudice di primo grado al fine di respingere il ricorso in quella sede proposto dalla odierna appellante, dovendosi preferire l’impostazione giuridica della vicenda proposta dal comune appellato e intendendo il Collegio confermare l’orientamento interpretativo delle norme qui rilevanti espresso costantemente dalla Sezione (cfr., tra le ultime, Cons. Stato, Sez. VI, 7 febbraio 2022 n. 824), attribuendovi continuità.

7. – Con il primo motivo di appello la signora Virginia Giura ribadisce quanto già sostenuto in primo grado in ordine alla formazione del silenzio-assenso sulle domande di sanatoria proposte.

In disparte da quanto è stato osservato dal giudice di primo grado, va tenuto conto che, dalla documentazione versata in atti, emerge che, con riferimento agli abusi edilizi realizzati:

- in data 9 dicembre 2004 la signora Giura presentava due domande di condono edilizio e in data 31 gennaio 2005 chiedeva alla Regione Piemonte il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica;

- con determinazione n. 77 del 29 luglio 2005 veniva espresso parere favorevole dall’autorità regionale preposta alla tutela del vincolo;

- il pagamento dell'ultima rata degli oneri di condono è avvenuta in data 30 settembre 2005;

- il Comune di Torino ha adottato (in data 23 luglio 2007) e comunicato (in data 27 agosto 2007), ai sensi dell'art. 10-bis l. 7 agosto 1990, n. 241, i motivi ostativi all'accoglimento delle istanze di condono presentate dalla odierna appellante.

Ne deriva che l’avere conosciuto (la odierna appellante) i provvedimenti di diniego conclusivi dei relativi procedimenti solo nel febbraio 2009 non costituisce presupposto per la formazione del silenzio assenso sulle richieste di sanatoria, in quanto la (complessa e articolata) fase di presentazione delle due domande di condono può definirsi realizzata solo in occasione del pagamento dell’ultima rata degli oneri di condono. Deriva da ciò che l’adozione del preavviso di diniego (istituto, all’epoca, idoneo a interrompere i termini procedimentali e non, meramente, a sospenderli) da parte del Comune di Torino, in epoca antecedente rispetto allo spirare del termine di 24 mesi dal completamento della fase di presentazione della domanda di condono, ha giuridicamente impedito la formazione del silenzio assenso sulle domande presentate, considerato poi che i provvedimenti di diniego sono intervenuti in epoca antecedente allo spirare del secondo periodo temporale di 24 mesi (decorrente dalla data di adozione del preavviso di diniego da parte degli uffici comunali).

E’ sufficiente in proposito ricordare che, in materia di condono edilizio, la formazione del silenzio assenso per decorso del termine di ventiquattro mesi, postula che l'istanza sia assistita da tutti i presupposti di accoglibilità, non determinandosi ope legis la regolarizzazione dell'abuso (in applicazione dell'istituto del silenzio assenso) ogni qualvolta manchino i presupposti di fatto e di diritto previsti dalla norma quando la documentazione allegata all'istanza non risulti completa ovvero quando la domanda si presenti dolosamente infedele (cfr., per tutte, Cons. Stato, Sez. VI, 7 gennaio 2021 n. 209).

Sul punto si riscontra un indirizzo giurisprudenziale pacifico di questo Consiglio di Stato (cfr., da ultimo Cons, Stato, Sez. VI, 15 marzo 2022 n. 181), poiché:

- affinché possa formarsi il silenzio assenso sulle istanze di condono edilizio, il termine di 24 mesi decorre dalla presentazione della medesima domanda, purché risulti completa in ogni sua parte, non essendo peraltro l’amministrazione tenuta a chiedere l'integrazione della documentazione incompleta nel predetto termine biennale (cfr., tra le molte, Cons. Stato, Sez. II, 18 febbraio 2021 n. 1474);

- in materia di condono edilizio, quindi, il termine legale per la formazione del silenzio-assenso presuppone che la relativa istanza sia stata corredata dalla prescritta documentazione, non sia infedele, sia stata interamente pagata l'oblazione e, inoltre, che l'opera non sia in contrasto con i vincoli di inedificabilità (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 24 novembre 2020 n. 7382).

8. - Con il secondo motivo di appello la signora Giura contesta l’interpretazione offerta dal giudice di primo grado e, prima ancora dal Comune di Torino, in merito alla non condonabilità delle opere realizzate.

Come è noto, per la richiamata costante giurisprudenza, la lettura corretta delle disposizioni recate dall'art. 32, commi 26, lett. a), e 27, lett. d), d.l. 269/2003, convertito con modificazioni dalla l. 326/2003 e del relativo allegato 1, segue i seguenti passaggi:

- ai sensi dell'art. 32, comma 26, lett. a), d.l. 269/2003: “Sono suscettibili di sanatoria edilizia le tipologie di illecito di cui all'allegato 1: a) numeri da 1 a 3, nell'ambito dell'intero territorio nazionale, fermo restando quanto previsto alla lettera e) del comma 27 del presente articolo, nonché 4, 5, e 6 nell'ambito degli immobili soggetti a vincolo di cui all'articolo 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47”;

- l’art. 32, comma 27, lett. d), del medesimo decreto legge prevede che: “Fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, le opere abusive sono comunque suscettibili di sanatoria, qualora (...) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesaggistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”.

In base alle surriprodotte norme, dunque (e diversamente da quanto è stato affermato dal giudice di primo grado nella sentenza qui oggetto di appello, facendo propria una difforme interpretazione delle norme applicabili rispetto a quella qui – ancora una volta dalla Sezione – ribadita, sebbene tale errata interpretazione normativa offerta dal TAR non possa in alcun modo giovare alla odierna appellante, tenuto conto della confermata insanabililità, ai sensi delle disposizioni sul c.d. terzo condono, delle opere edilizie oggetto delle due domande di condono respinte dal Comune di Torino), non sono in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai numeri 1, 2 e 3 dell'allegato 1 alla citata legge (cd. abusi maggiori), realizzate su immobili soggetti a vincoli, a prescindere dal fatto che (ed anche se) si tratti di interventi conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici e al fatto che il vincolo non comporti l'inedificabilità assoluta dell'area. Sono invece sanabili, se conformi a detti strumenti urbanistici, solo gli interventi cd. minori di cui ai numeri 4, 5 e 6, dell'allegato 1 al d.l. 326/2003, cit. (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria), previo parere dell'autorità preposta alla tutela del vincolo.

9. - La giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 2 maggio 2016 n. 1664, 23 febbraio 2016 n. 735 e 18 maggio 2015 n. 2518) ha affermato con indirizzo costante che, ai sensi dell'art. 32, comma 27, lett. d), d.l. 269/2003, convertito dalla l. 326/2003, le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli sono sanabili solo se, oltre al ricorrere delle ulteriori condizioni - e cioè che le opere siano realizzate prima della imposizione del vincolo, che siano conformi alle prescrizioni urbanistiche e che vi sia il previo parere dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo - siano opere minori senza aumento di superficie e volume (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria). Pertanto, un abuso comportante la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in area assoggettata a vincolo, indipendentemente dal fatto che il vincolo non sia di carattere assoluto, non può essere sanato.

Secondo l'indirizzo consolidato della giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, dunque, non sono suscettibili di sanatoria le opere abusive di tipologia 1, anche se l'area è sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa e gli interventi risultano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 17 gennaio 2020 n. 425), e non possono essere sanate neppure quelle opere che comportano la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, sia esso di natura relativa o assoluta, o comunque di inedificabilità anche relativa (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 28 ottobre 2019 n. 7341 e 17 settembre 2019 n. 6182; Sez. IV, 29 marzo 2017 n. 1434 e 21 febbraio 2017 n. 813. In argomento si veda anche Cass. pen., Sez. III, 20 maggio 2016 n. 40676).

In conclusione, ad impedire l’accoglimento del secondo (ma principale) motivo di appello si oppone la corretta lettura (seppur diversa da quella proposta dal giudice di primo grado) delle norme da applicarsi al caso di specie (relative al c.d. terzo condono), in virtù delle quali la possibilità di usufruire della sanatoria edilizia legislativa del 2003 è circoscritta, per le aree vincolate, solo alle tipologie di interventi edilizi nn. 4, 5, 6 indicate nell'allegato 1 della legge (opere di restauro e risanamento conservativo e opere di manutenzione straordinaria realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio; opere o modalità di esecuzione non valutabili in termini di superficie o di volume). La sussistenza del vincolo impedisce, invece e anche in astratto, la possibilità del condono in caso di nuove costruzioni realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e in caso di ristrutturazione edilizia (tipologie 1, 2, 3) (cfr., ancora, Cons. Stato, Sez. II, 20 dicembre 2019 n. 8637).

Tenuto conto che, in punto di fatto, è incontestato che le opere per le quali la odierna appellante aveva richiesto l’applicazione della sanatoria legislativa del 2003 siano state realizzate in area vincolata (non interessa se con impedimento assoluto o relativo alla costruzione, per quanto si è sopra chiarito) e abbiano ad oggetto nuove costruzioni e che, dunque, esse rientrino nella tipologia 1, il secondo motivo di appello non può trovare accoglimento.

10. – Il terzo motivo di appello risulta essere assorbito nella infondatezza dei due motivi principali di doglianza sopra scrutinati e respinti, nello specifico va comunque ribadito che (cfr., tra le molte e da ultimo, Cons. Stato, Sez. VI, 17 marzo 2022 n. 1957):

- il diniego di condono è adeguatamente motivato mediante la descrizione del manufatto e l'enunciazione delle ragioni giuridiche ostative al rilascio del titolo in sanatoria;

- l'onere di cui all'art. 10-bis, l. 241/1990, nella versione applicabile ratione temporis (e quindi in epoca anteriore alla modifica provocata dal c.d. decreto semplificazione nel 2020), non comporta la puntuale confutazione analitica delle argomentazioni svolte dalla parte privata; al contrario, per giustificare il provvedimento conclusivo adottato è sufficiente la motivazione complessivamente e logicamente resa a sostegno dell'atto stesso, alla luce delle risultanze acquisite (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. V, 20 ottobre 2021 n. 7054);

- in quanto atto rigidamente vincolato, non potrebbero di per sé condurre alla sua annullabilità le asserite violazioni del contraddittorio procedimentale - peraltro riferite ad atti endoprocedimentali e comunque assorbiti dal provvedimento gravato - in quanto il dispositivo adottato non avrebbe potuto essere diverso (ai sensi dell'art. 21-octies, comma 2, l. 241/1990).

11. - Miglior sorte non può avere l’eccezione di costituzionalità, sollevata in primo grado dalla odierna parte appellante e ribadita nella presente sede di appello, dovendosi escludere la ricorrenza del deficit di costituzionalità rilevato (dalla medesima appellante) con riferimento alla disposizione normativa della quale è stata fatta applicazione nell’adottare i provvedimenti di diniego di condono edilizio impugnati.

Va premesso che, secondo l'indirizzo espresso dalla giurisprudenza costituzionale, per il cosiddetto terzo condono, di cui all'art. 32 d.l. 269/2003, anche i vincoli che non comportino l'inedificabilità assoluta assumono carattere ostativo alla sanatoria (cfr. Corte cost, 25 giugno 2015 n. 117).

Il Collegio rammenta, ad accrescere la portata della predetta indicazione del Giudice delle leggi, che la Corte costituzionale (con le sentenze n. 54 del 2009, n. 49 del 2006, n. 71 e 70 del 2005, n. 196 del 2004), ha sottolineato come il legislatore regionale, pur non potendo vanificare i vincoli di cui all'art. 32, comma 27, lett. d), d.l. 269/2003: “ben può nell'esercizio delle prerogative di cui è attributario (...) introdurre (...) una disciplina di maggiore rigore rispetto alla disciplina nazionale”. Dalla giurisprudenza costituzionale emerge: “per un verso, il carattere più restrittivo del terzo condono rispetto ai precedenti, in ragione dell'effetto ostativo alla sanatoria anche dei vincoli che comportano inedificabilità relativa; per altro verso, il significativo ruolo riconosciuto al legislatore regionale, ferma restando la preclusione dell'ampliamento degli spazi applicativi del condono, a cui è assegnato il delicato compito di 'rafforzare la più attenta e specifica considerazione (...) di interessi pubblici, come la tutela dell'ambiente e del paesaggio” (cfr., in termini, Corte cost. 26 luglio 2019 n. 208).

Da ciò rileva la manifesta infondatezza della richiesta di avvio di un giudizio incidentale di costituzionalità dell’art. 32, comma 27, lett. d), d.l. 269/2003, convertito dalla l. 326/2003, laddove non prevede che l’immobile che abbia ottenuto condono ambientale ex l. 308/2004 possa ottenere anche il condono ex l. 326/2903, essendo ininfluente, ai fini dell’accoglimento della domanda di condono, l’intervenuto parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo, dal momento che l’impedimento al condono trova la propria radice nella norma di legge che la Corte ha (come si è sopra riferito) considerato compatibile con i principi costituzionali.

12. - In ragione di quanto si è sopra illustrato i motivi di appello principale dedotti non si prestano ad essere accolti, di talché il mezzo di gravame proposto va respinto con conseguente conferma della sentenza di primo grado qui oggetto di appello, sebbene con diversa motivazione (per quanto si è sopra chiarito). La reiezione dell’appello principale conduce alla dichiarazione di inammissibilità dell’appello incidentale spiegato dal Comune di Torino.

Le spese del grado di giudizio possono essere compensate tra le parti, sussistendo i presupposti di cui all’art. 92 c.p.c., per come espressamente richiamato dall’art. 26, comma 1, c.p.a..

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come indicati in epigrafe:

a) respinge l’appello principale e dichiara inammissibile l’appello incidentale;

b) per l’effetto, conferma - con diversa motivazione - la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, Sez. II, 12 giugno 2015 n. 976, con la quale sono stati respinti i ricorsi riuniti (nn. R.g. 372 e 373/2009) proposti in primo grado;

c) compensa le spese del grado di giudizio;

d) ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 14 aprile 2022 con l'intervento dei magistrati:

Carmine Volpe, Presidente

Oreste Mario Caputo, Consigliere

Dario Simeoli, Consigliere

Stefano Toschei, Consigliere, Estensore

Francesco De Luca, Consigliere