Cass. Sez. III n.16085 del 28 aprile 2025 (CC 13 feb 2025)
Pres. Ramacci Rel. Aceto Ric. Lupi
Urbanistica.Accertamento dell'aggravio del carico urbanistico
In tema di reati urbanistici, il cd. carico urbanistico costituisce l'effetto prodotto dall'insediamento primario in termini di domanda di strutture ed opere collettive, in dipendenza del numero delle persone insediate su di un determinato territorio. Ai fini della verifica dell’aggravio del carico urbanistico dell’opera da ultimo realizzata si deve tenere conto anche dell’incidenza delle opere precedentemente realizzate nella medesima area ed a tal fine le dimensioni degli immobili possono costituire un valido elemento da prendere in considerazione
RITENUTO IN FATTO
1.Marcella Lupi ricorre per l’annullamento dell’ordinanza del 1 ottobre 2024 del Tribunale di Roma che ha annullato il decreto dell’11 luglio 2024 del Giudice per le indagini preliminari del medesimo tribunale limitatamente ai fabbricati indicati al punto 2 del verbale di sopralluogo del 22 marzo 2024, siti in Roma, via della Pisana, 950, confermando il sequestro preventivo degli altri immobili disposto, a fini cautelari, nell’ambito del procedimento penale iscritto a suo carico per i reati di cui agli artt. 44 d.P.R. n. 380 del 2001, 181 d.lgs. n. 42 del 2004, 13 e 30 legge n. 394 del 1991, per aver abusivamente realizzato, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e all’interno di una riserva naturale protetta, tre nuove costruzioni in muratura, una casetta prefabbricata e altri manufatti, senza permesso di costruire e senza l’autorizzazione delle autorità preposte alla tutela dei vincoli.
1.1.Con unico motivo deduce, limitatamente alla sola costruzione in muratura ad uso residenziale, la violazione dell’art. 321 cod. proc. pen. in relazione alla affermata sussistenza del pericolo di aggravio del carico urbanistico, non desumibile dalla sola esistenza dell’opera abusivamente realizzata, senza alcun riferimento agli indici della consistenza dell’insediamento urbanistico, del numero dei nuclei familiari, della dotazione minima degli spazi pubblici per abitare nonché della domanda di strutture e di opere collettive. Il presupposto del sequestro preventivo adottato a fini cautelari consiste nel pericolo che la libera disponibilità della cosa pertinente al reato possa aggravare, protrarre le conseguenze del reato o agevolare la commissione di altri reati. Tale presupposto - afferma - non trova logica esplicazione né nel decreto di sequestro, né nell’ordinanza impugnata. Peraltro, nel caso di specie si tratta dell’uso abitativo della sola ricorrente, persona anziana, sicché - si chiede quest’ultima - non si comprende come potrebbe mai questo fatto aggravare il carico urbanistico. La zona, aggiunge, è dotata di opere di urbanizzazione primaria, donde l’assenza di un concreto e attuale pericolo derivante dalla disponibilità dell’immobile, aggravamento che non può essere desunto dall’esistenza di un tubo di scarico delle acque reflue trovato nei pressi dell’abitazione e che recapiterebbe in un fosso sottoposto a vincolo paesaggistico. Il “tubo” non è di pertinenza dell’immobile, afferisce a manufatto non sequestrato e recapita solo acqua piovana.
2.Con memoria trasmessa il 3 febbraio 2025 il difensore della ricorrente, Avv. Gaia Minuti, ha replicato alla richiesta del PG di declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato e proposto al di fuori dei casi consentiti dalla legge nella fase di legittimità.
2.Si contesta alla ricorrente di aver realizzato all’interno della riserva regionale “Tenuta dei Massimi”, sottoposta a vincolo paesaggistico ai sensi degli artt. 136, comma 1, lett. c) e d), e 142, comma 1, lett. c) ed f), d.lgs. n. 42 del 2004, in assenza del permesso di costruire, dell’autorizzazione dell’autorità preposta al vincolo e del nulla-osta dell’ente, un manufatto in muratura ad uso residenziale con tetto a doppia falda della superficie di 90 metri quadrati (punto 1 del verbale di sopralluogo del 13 marzo 2024), nonché di aver realizzato una piscina interrata estesa 45 metri quadrati, una casetta di legno ad uso deposito di circa 3 metri quadrati, una costruzione in muratura con tetto a doppia falda in legno ad uso ufficio e deposito della superficie di circa 60 metri quadrati, una cisterna della superficie di circa 3 metri quadrati, una ulteriore costruzione in muratura con tetto a doppia falda in legno ad uso residenziale e deposito della superficie di circa 60 metri quadrati, una casetta prefabbricata ad uso residenziale della superficie di circa 24 metri quadrati con adiacente tettoia metallica della superficie di circa 25 metri quadrati (punto 2 del verbale di sopralluogo del 13 marzo 2024). In sede di sopralluogo era stata accertata, altresì, la presenza di altri precedenti manufatti oggetto di precedente condanna per reati urbanistici ed ambientali ma mai demoliti in violazione dell’ordine disposto con sentenza.
2.1.Per questi fatti si imputano alla ricorrente i reati di cui agli artt. 44, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001, 181 d.lgs. n. 42 del 2004 e 13, comma 1, legge n. 394 del 1991.
2.2.Il Giudice per le indagini preliminari aveva ritenuto la sussistenza delle esigenze cautelari in considerazione dell’aggravio del carico urbanistico derivante dalla complessiva realizzazione delle opere in questione (estese 230 metri quadrati) in zona poco urbanizzata, all’interno di una riserva naturale protetta, aggiungendo che dalla tettoia metallica si dipartiva una tubazione di scarico che recapitava le acque reflue in direzione di un fosso sottoposto a vincolo ai sensi dell’art. 142, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 42 del 2004.
2.3.Il Tribunale del riesame ha annullato il sequestro limitatamente ai fabbricati di cui al punto 2 del verbale di sopralluogo, confermandolo per il fabbricato di cui al punto 1 pur dando atto della sua accertata ultimazione al momento del sopralluogo.
2.4.L’ordinanza così motiva la decisione: (a) a decorrere dal 2009 sull’area di interesse l’edificazione si è implementata nel tempo con la realizzazione di una pluralità di manufatti cui si sono aggiunti quelli di cui ai punti 1 e 2 del verbale di sopralluogo del 2024, questi ultimi realizzati, per la maggior parte, non più tardi degli anni 2018-2019, tranne il fabbricato di cui al punto 1 la cui realizzazione è iniziata dopo l’aprile 2022 ed era da considerarsi ultimato alla data del sopralluogo; (b) di conseguenza i reati connessi alla realizzazione dei manufatti di cui al punto 2 del verbale sono ormai estinti per prescrizione; (c) con riferimento al fabbricato di cui al punto 1 sussiste il concreto pericolo di aggravio del carico urbanistico considerato che tale immobile si aggiunge a quelli preesistenti non potendosi effettuare, in situazioni come queste, una valutazione parcellizzata di ogni singolo abuso ai fini del carico urbanistico, collegando tale valutazione all’ultimo manufatto in ordine di tempo; (d) a tal fine, aggiunge il Tribunale, la valutazione del Giudice per le indagini preliminari è stata persino riduttiva avendo quegli escluso, ai fini del carico urbanistico, gli immobili realizzati nel 2009 e mai demoliti (un capannone di 200 metri quadrati sorretto da 12 pilastri e 6 capriate in ferro; un manufatto in legno con destinazione abitativa dotato di porticato e suddiviso al suo interno in tre ambienti, più il bagno), tanto più che si tratta di opere realizzate all’interno di un parco naturale e per opera della medesima persona; (e) a ciò si aggiunga la realizzazione di un tubo di scarico che recapita i reflui sotto il terreno in direzione di un fosso anch’esso soggetto a tutela; (f) le foto satellitari prodotte dalla difesa a sostegno dell’urbanizzazione dell’area danno conto della presenza in zona di altri manufatti che non risultano accatastati e la cui realizzazione, afferma il Tribunale, non è chiaro se sia avvenuta legittimamente oppure no, laddove è certo che nella zona sono presenti in prevalenza arbusti e prati e la strada esistente non è nemmeno asfaltata.
3.La ricorrente lamenta, in prima istanza, il difetto di motivazione del decreto di sequestro del Giudice per le indagini preliminari che non avrebbe potuto essere colmato dal Tribunale del riesame.
3.1.Il rilievo è manifestamente infondato ed è smentito dalla stessa ordinanza impugnata che, invece, dà conto delle ragioni delle cautela come espressamente indicate dal primo Giudice e ritenute, addirittura, quasi “generose” nei confronti della ricorrente essendo state escluse, ai fini della valutazione del carico urbanistico, le opere realizzate già nel 2009.
3.2.La mancanza di motivazione che, ai sensi dell’art. 309, comma 9, cod. proc. pen., impone l’annullamento dell’ordinanza “genetica” deve consistere nella assenza grafica della motivazione, nella sua carenza assoluta. Rileva, dunque, la mancanza di motivazione in senso grafico o, su un piano di equivalenza, una motivazione di stile meramente apparente o del tutto inadeguata o basata su affermazioni apodittiche (ex plurimis, Sez. 3, n. 3038 del 14/11/2023, dep. 2024, Emme Ci Tex Srl, Rv. 285747 - 01; Sez. 5, n. 643 del 06/12/2017, dep. 2018, Pohl, Rv. 271925 - 01; Sez. 2, n. 46136 del 28/10/2015, Campanella, Rv. 265212 - 01; Sez. 3, n. 49175 del 27/10/2015, Grosso, Rv. 265365 - 01; Sez. 1, n. 5787 del 21/10/2015, Calandrino, Rv. 265984 - 01).
3.3.Motivazione apparente è quella che «non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo su cui si è fondata la decisione, mancando di specifici momenti esplicativi anche in relazione alle critiche pertinenti dedotte dalle parti» (Sez. 1, n. 4787 del 10/11/1993, Rv. 196361 - 01), come, per esempio, nel caso di utilizzo di timbri o moduli a stampa (Sez. 1, n. 1831 del 22/04/1994, Rv. 197465-01; Sez. 4, n. 520 del 18/02/1999, Rv. 213486-01; Sez. 1, n. 43433 dell’8/11/2005, Rv. 233270-01; Sez. 3, n. 20843, del 28/04/2011, Rv. 250482-01) o di ricorso a clausole di stile (Sez. 6, n. 7441 del 13/03/1992, Rv. 190883-01; Sez. 6, n. 25631 del 24/05/2012, Rv. 254161 - 01) e, più in generale, la motivazione è apparente quando dissimuli la totale mancanza di un vero e proprio esame critico degli elementi di fatto e di diritto su cui si fonda la decisione, o sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidonea a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U., n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692 - 01; nello stesso senso anche Sez. 4, n. 43480 del 30/09/2014, Rv. 260314, secondo cui la motivazione è meramente apparente - quindi censurabile con il ricorso per cassazione per violazione di legge - quando le argomentazioni non risultano ancorate alle peculiarità del caso concreto).
3.4.Per converso, l’insufficienza motivazionale non impedisce al giudice del riesame di integrare la motivazione stessa.
3.5.Nel caso di specie, esclusa la mancanza grafica di motivazione sul periculum, non ricorre nessuna delle ipotesi indicate dalla giurisprudenza di legittimità per qualificare la motivazione del provvedimento genetico come “apparente”.
3.6.Il Giudice per le indagini ha infatti ben spiegato le ragioni della cautela nei termini sopra indicati, ragioni opportunamente integrate dal Tribunale del riesame che ha correttamente fatto riferimento, ai fini dell’incidenza sul carico urbanistico, alle opere realizzate anche nel 2009.
4.Quanto alle considerazioni del Tribunale, va ricordato che avverso le ordinanze emesse a norma degli artt. 322-bis e 324 cod. proc. pen., il ricorso per cassazione è ammesso solo per violazione di legge.
4.1.Come più volte affermato dalla Corte di cassazione, «in tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di "violazione di legge” per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell'art. 325, comma 1, cod. proc. pen., rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, ma non l'illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell'art. 606 stesso codice» (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Bevilacqua, Rv. 226710 - 01; si vedano, nello stesso senso, Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino, Rv. 224611-01, e, in motivazione, Sez. U, n. 5 del 26/02/1991, Bruno; tra le più recenti, Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, Rv. 269119 - 01; Sez. 6, n. 20816 del 28/02/2013, Rv. 257007-01; Sez. 1, n. 6821 del 31/01/2012, Rv. 252430-01; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Rv. 248129 - 01).
4.2.Non sono dunque ammesse censure che (anche di fatto) deducono, come nel caso di specie, vizi di motivazione. Non altrimenti possono essere qualificate le censure difensive che stigmatizzano il malgoverno degli elementi di prova a disposizione dei Giudici della cautela per sostenere l’aggravamento del carico urbanistico.
4.3.Si afferma, da parte della ricorrente, che l’uso abitativo di un solo immobile abitato da una persona anziana non può aggravare in concreto il carico urbanistico e che il ragionamento dei Giudici del riesame pecca, anche per questo, di astrattatismo non potendosi ricollegare il carico urbanistico alle sole dimensioni degli insediamenti preesistenti senza considerare l’uso che di tali immobili viene fatto.
4.4.Il ragionamento difensivo postula l’esistenza di opere di urbanizzazione (questione di fatto non deducibile) ed è comunque erroneo anche a voler ipotizzare l’esistenza di tali opere.
4.5.In primo luogo, seguendo la tesi della ricorrente si giungerebbe alla conseguenza paradossale di astrarre l’impatto urbanistico di ogni singola costruzione da quella che la precede e da quella che la potrebbe seguire così da negare l’aggravio del carico urbanistico gravante sull’intera area sol perché l’ultima abitazione in ordine di tempo è utilizzata da una persona sola, per di più anziana. In questo modo si giungerebbe, per assurdo, a negare il concetto stesso di aggravamento e, in definitiva, del carico urbanistico stesso quale nozione rilevante anche a fini penalistici e che non può prescindere da una valutazione dinamica delle conseguenze dell’attività edilizia sul territorio.
4.6.Come autorevolmente spiegato in motivazione da Sez.U, n. 12878 del 29/01/2003, Innocenti, la nozione di carico urbanistico «deriva dall'osservazione che ogni insediamento umano è costituito da un elemento c.d. primario (abitazioni, uffici, opifici, negozi) e da uno secondario di servizio (opere pubbliche in genere, uffici pubblici, parchi, strade, fognature, elettrificazione, servizio idrico, condutture di erogazione del gas) che deve essere proporzionato all'insediamento primario ossia al numero degli abitanti insediati ed alle caratteristiche dell'attività da costoro svolte. Quindi, il carico urbanistico è l'effetto che viene prodotto dall'insediamento primario come domanda di strutture ed opere collettive, in dipendenza del numero delle persone insediate su di un determinato territorio. Si tratta di un concetto, non definito dalla vigente legislazione, ma che è in concreto preso in considerazione in vari istituti di diritto urbanistico: a) negli standards urbanistici di cui al D.M. 2.4.1968 n. 1444 che richiedono l'inclusione, nella formazione degli strumenti urbanistici, di dotazioni minime di spazi pubblici per abitante a seconda delle varie zone; b) nella sottoposizione a concessione e, quindi, a contributo sia di urbanizzazione che sul costo di produzione, delle superfici utili degli edifici, in quanto comportino la costituzione di nuovi vani capaci di produrre nuovo insediamento; c) nel parallelo esonero da contributo di quelle opere che non comportano nuovo insediamento, come le opere di urbanizzazione o le opere soggette ad autorizzazione; d) nell'esonero da ogni autorizzazione e perciò da ogni contributo per le opere interne (art. 26 L. N. 47/1985 e art. 4 comma 7 l. 493/1993) che non comportano la creazione di nuove superficie utili, ferma restando la destinazione dell'immobile; e) nell'esonero da sanzioni penali delle opere che non costituiscono nuovo o diverso carico urbanistico (art. 10 L. n. 47/1985 e art. 4 L. 493/1993)».
4.7.Tale nozione è stata ripresa e fatta propria da Sez. 3, n. 6599 del 24/11/2011, Susinno, non mass. sul punto, e, più nello specifico, da Sez. 3, n. 36104 del 22/09/2011, Armelani, Rv. 251251 - 01, secondo cui l'incidenza di un intervento edilizio sul carico urbanistico dev'essere considerata con riferimento all'aspetto strutturale e funzionale dell'opera, ed è rilevabile anche nel caso di una concreta alterazione dell'originaria consistenza sostanziale di un manufatto in relazione alla volumetria, alla destinazione o all'effettiva utilizzazione, tale da determinare un mutamento dell'insieme delle esigenze urbanistiche valutate in sede di pianificazione, con particolare riferimento agli standard fissati dal D.M. 2 aprile 1968, n. 1444. Spiega, in motivazione, la sentenza che «altre decisioni successive [a Sez. U, Innocenti] hanno ulteriormente delineato i termini della questione, richiamando l’attenzione sulla circostanza che il pericolo degli effetti pregiudizievoli del reato, anche relativamente al carico urbanistico, deve presentare il requisito della concretezza, in ordine alla sussistenza del quale deve essere fornita dal giudice adeguata motivazione (Sez. III n. 4745, 30 gennaio 2008; conf. Sez. VI n. 21734, 29 maggio 2008; Sez. Il n. 17170, 5 maggio 2010) e chiarendo che, a tal fine, l'abuso va considerato unitariamente (Sez. III n. 28479, 10 luglio 2009; Sez. III n. 18899, 9 maggio 2008). L'aggravamento del carico urbanistico è stato riconosciuto anche con riferimento alle ipotesi di realizzazione di opere interne comportanti il mutamento della originaria destinazione d'uso di un edificio (Sez. III n. 22866, 13 giugno 2007; conf. Sez. IV n. 34976, 28 settembre 2010). Nelle menzionate pronunce vengono, inoltre, indicate ipotesi specifiche di incidenza dei singoli interventi sul carico urbanistico, richiamando, ad esempio, il contenuto dell'articolo 41sexies Legge 17 agosto 1942, n. 1150 come modificato dalle leggi 122\89 e 246\05 che richiede, per le nuove costruzioni ed anche per le aree di pertinenza delle costruzioni stesse, la esistenza di appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione (Sez. III n. 28479\09, cit.); la rilevanza di nuove costruzioni in termini di esigenze di trasporto, smaltimento rifiuti, viabilità etc. (Sez. III n.22866\07, cit.); l'ulteriore domanda di strutture ed opere collettive, sia in relazione alle prescritte dotazioni minime di spazi pubblici per abitante nella zona urbanistica interessata (Sez. III n. 34142, 23 settembre 2005)».
4.8.Dunque, la “metratura” degli immobili preesistenti all’ultima edificazione fornisce dati sufficienti e idonei a calcolare il complessivo impatto di tali immobili (compreso l’ultimo in ordine di tempo) sul carico urbanistico gravante sull’area essendo evidente che anche la realizzazione di una sola unità abitativa in più non può che aumentare la domanda di ulteriori servizi (si pensi, a titolo di puro esempio, all’incidenza che hanno le superfici degli immobili ai fini del calcolo del quantum della tassa sui rifiuti, cd. TARI, e del costo del relativo servizio di smaltimento; art. 1, commi 639 e segg., legge b. 147 del 2013). Del resto, l’art. 3 D.M. n. 1444 del 1968 àncora le dotazioni minime inderogabili di spazi pubblici e privati per ogni singolo abitante (da insediare o già insediato) in termini di metri quadri a disposizione di ciascuno di essi. Dunque, è evidente che la maggiore o minore dimensione dello spazio abitativo concorre a definire il fabbisogno di opere di urbanizzazione primaria e secondaria che la realizzazione dell’immobile inevitabilmente comporta. Non a caso l’incidenza degli oneri di urbanizzazione prima e secondaria è parametrata anche all’ampiezza e all’andamento demografico dei comuni e ai limiti e rapporti minimi inderogabili fissati in applicazione dell’art. 41-quinquies legge n. 1150 del 1942 (art. 16, comma 4, d.P.R. n. 380 del 2001).
4.9.Va dunque affermato il seguente principio di diritto: «in tema di reati urbanistici, il cd. carico urbanistico costituisce l'effetto prodotto dall'insediamento primario in termini di domanda di strutture ed opere collettive, in dipendenza del numero delle persone insediate su di un determinato territorio. Ai fini della verifica dell’aggravio del carico urbanistico dell’opera da ultimo realizzata si deve tenere conto anche dell’incidenza delle opere precedentemente realizzate nella medesima area ed a tal fine le dimensioni degli immobili possono costituire un valido elemento da prendere in considerazione».
4.10.In questo contesto, sostenere l’irrilevanza logica della presenza del tubo di scarico, in disparte le inammissibili deduzioni fattuali a sostegno della sua non riconducibilità alla ricorrente, costituisce argomento debole poiché neglige il fatto che l’esistenza di tale tubo e il suo recapito in un fosso vincolato prova l’inesistenza delle opere di urbanizzazione primaria.
4.11.Infine, la circostanza che i reati relativi ai pregressi interventi immobiliari siano stati ritenuti prescritti dal Tribunale del riesame non rileva ai fini del calcolo urbanistico posto che all’estinzione del reato non ha corrisposto, nel caso di specie, la fisica eliminazione delle opere.
4.12.Per queste ragioni il ricorso è inammissibile.
5.Ritiene tuttavia il Collegio doveroso rimarcare che, fermo restando quanto già affermato in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari, sulla base di quanto risulta evidente dalla lettura del provvedimento impugnato, la progressione realizzativa degli immobili integra il ben più grave reato di lottizzazione abusiva (cd. materiale) che, come noto, comporta l'illegittima trasformazione urbanistica od edilizia del territorio, da intendersi come trasformazione di consistenza tale da incidere in modo rilevante sull'assetto urbanistico della zona, sia nel senso d'intervento innovativo sul tessuto urbanistico, che sotto il profilo della necessità dell'esecuzione di nuove opere d'urbanizzazione o di potenziamento di quelle già esistenti.
5.1.Si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio, recita, l’art. 30, comma 1, d.P.R. n. 380 del 2001, «quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio» (l’art. 23, legge reg. Lazio n. 15 del 2008 contiene una definizione sostanzialmente sovrapponibile).
5.2.La lottizzazione abusiva può realizzarsi in tre modi: a) lottizzazione materiale (o con opere o fisica), di cui alla prima parte del comma 1 dell’art. 30, cit.; b) lottizzazione negoziale, di cui alla seconda parte del comma 1; c) lottizzazione cd. mista (quando all’attività negoziale o di frazionamento segue quella di materiale realizzazione delle opere e del programma lottizzatorio). Nel caso di specie si verte senza alcun dubbio nell’ipotesi della lottizzazione materiale.
5.3.Il reato di lottizzazione abusiva pregiudica le scelte programmatiche sull'uso del territorio che sono riservate dalla legge alla competenza dello Stato e degli enti territoriali, nonché il condizionamento della pubblica amministrazione ad eseguire le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, incidendo negativamente sulla riserva pubblica di programmazione territoriale (Sez. U, n. 1200 del 28/11/1981, dep. 1982, Giulini, Rv. 152055; di attentato al potere programmatico dell'Autorità Pubblica parla Sez. U, n. 4708 del 27/03/1992, Fogliani, Rv. 190830; secondo Cons. St. Sez. IV, sentenza n. 2937 del 13/05/2011, «il bene giuridico protetto dall'art. 18, L. n. 47 del 1985 è non solo quello dell'ordinata pianificazione urbanistica e del corretto uso del territorio, ma anche (e soprattutto) quello relativo all'effettivo controllo del territorio da parte del soggetto titolare della stessa funzione di pianificazione (cioè dal Comune), cui spetta di vigilare sul rispetto delle vigenti prescrizioni urbanistiche, con conseguente legittima repressione di qualsiasi intervento di tipo lottizzatorio, non previamente assentito»; nello stesso senso Cons. di Stato, Sez. IV, sent. n. 6060/2006). Il reato di lottizzazione abusiva presuppone un'illegittima trasformazione urbanistica od edilizia del territorio, da intendersi come trasformazione di consistenza tale da incidere in modo rilevante sull'assetto urbanistico della zona, sia nel senso d'intervento innovativo sul tessuto urbanistico, che sotto il profilo della necessità dell'esecuzione di nuove opere d'urbanizzazione o di potenziamento di quelle già esistenti (Sez. 3, n. 33150 del 08/07/2008, Rv. 240970).
5.4.È un vero e proprio “furto di democrazia” che sottrae alla collettività il diritto-dovere di governare il territorio a fini urbanistico-edilizio-paesaggistici imponendo, di fatto, la volontà (e la supremazia degli interessi) del singolo rispetto a quella espressa attraverso gli organi rappresentativi dell’ente territoriale e agli interessi pubblici che tale governo intende amministrare.
5.5.Il reato di lottizzazione abusiva fisica o materiale si distingue da quello di costruzione senza titolo abilitativo in quanto, nel primo, l'intervento, per le sue dimensioni o caratteristiche, è idoneo a pregiudicare la riserva pubblica di programmazione territoriale laddove, diversamente, nel secondo, l'intervento per la dimensione del manufatto, non presuppone opere di urbanizzazione primaria e secondaria (Sez. 3, n. 9446 del 21/01/2010, Rv. 246340; cfr., altresì, nello stesso senso, Sez. 3, n. 15404 del 21/01/2016, Rv. 266811, che ha ritenuto corretta la qualificazione giuridica di lottizzazione abusiva attribuita dal giudice di merito alla realizzazione di un fabbricato ad uso residenziale articolato su quattro piani, frazionato in undici unità immobiliari, mediante ristrutturazione con modifica non autorizzata della originaria destinazione d'uso direzionale, variazione di sagoma e prospetti; in senso conforme anche Sez. 3, n. 37383 del 16/07/2013, Rv. 256519, in un caso di lavori interni di redistribuzione degli spazi, finalizzati alla trasformazione in appartamenti di un complesso immobiliare con precedente destinazione d'uso alberghiera, sul rilievo che il reato di lottizzazione abusiva è integrato non solo dalla trasformazione effettiva del territorio, ma da qualsiasi attività che oggettivamente comporti anche solo il pericolo di una urbanizzazione non prevista o diversa da quella programmata; cfr. anche Sez. 3, n. 17663 dell’11/05/2005, Rv. 231511, citata anche dai ricorrenti, secondo cui, al fine di definire la distinzione tra semplice abuso edilizio e lottizzazione abusiva, va qualificata come lottizzazione quell'insieme di opere o di atti giuridici che comportano una trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni a scopo edificatorio intesa quale conferimento all'area di un diverso assetto territoriale, attraverso impianti di interesse privato e di interesse collettivo, tali da creare una nuova maglia di tessuto urbano. Conseguentemente allorché la nuova costruzione non presuppone opere di urbanizzazione primaria o secondaria, mentre è richiesto il preventivo permesso di costruire, non si rende necessaria l'autorizzazione lottizzatoria non risultando pregiudicata la riserva pubblica di pianificazione urbanistica). Sin dal 1994, del resto, la Corte costituzionale aveva affermato che la lottizzazione abusiva costituisce una forma di intervento sul territorio ben più incisiva, per ampiezza e vastità, di quanto non sia la costruzione realizzata in difformità o in assenza di concessione, con compromissione molto più grave, nel primo caso, della programmazione edificatoria del territorio stesso (sentenza n. 148 del 1994).
5.6.A tal fine è necessario che la modificazione urbanistica o edilizia conferisca ad una porzione di territorio comunale un assetto differente, che venga posta in essere senza autorizzazione, ovvero in totale difformità dalla stessa, ed in violazione delle prescrizioni stabilite dagli strumenti urbanistici vigenti od adottati, e tale da poter determinare l'insediamento di abitanti o lo svolgimento di attività, con conseguente necessità di predisporre od integrare le opere di urbanizzazione (Sez. 3, n. 20930 del 07/04/2004, Rv. 228612). Non è necessario che l’area di intervento sia totalmente sfornita di opere di urbanizzazione. Si è precisato, infatti, che integra il reato di lottizzazione abusiva anche l'edificazione realizzata, in assenza di piano attuativo, in un fondo ubicato in zona già urbanizzata, qualora la situazione di fatto richieda un intervento idoneo a restituire efficienza all'abitato mediante il riordino o la definizione "ex novo" di un disegno urbanistico dell'area, essendo esclusa la necessità dello strumento attuativo nel solo caso in cui tale situazione sia con esso del tutto incompatibile a causa della pressoché completa edificazione della zona (Sez. 3, n. 47280 del 12/09/2019, Rv. 277363; Sez. 3, n. 37472 del 26/06/2008, Rv. 241097; Sez. 3, n. 20373 del 20/01/2004, Rv. 228447), oppure che la modifica di destinazione d'uso di una struttura alberghiera in complesso residenziale realizzata attraverso la parcellizzazione dell'immobile in numerosi alloggi suscettibili di essere occupati stabilmente configura il reato di lottizzazione abusiva pur laddove l'area sia urbanizzata e gli strumenti urbanistici generali consentano una utilizzabilità alternativa di tipo alberghiero e residenziale, salvo che le opere già esistenti siano sufficienti non solo a soddisfare i bisogni degli abitanti già insediati ma anche di quelli da insediare (Sez. 3, n. 27289 del 06/06/2012, Rv. 253147).
5.7.Si è ulteriormente affermato che il reato di lottizzazione abusiva è configurabile nel caso in cui i permessi di costruire, destinati a creare nuovi insediamenti abitativi in una zona in cui il P.R.G. subordini l'attività edificatoria all'adozione di piani di lottizzazione convenzionata, siano stati rilasciati in assenza dei prescritti strumenti attuativi e difetti la prova della preesistenza e sufficienza delle opere di urbanizzazione primaria che rendevano, questi ultimi, superflui e che la valutazione del corretto stato di urbanizzazione deve coincidere con l'intero perimetro del comprensorio oggetto di pianificazione attuativa e non può limitarsi alle sole aree di contorno dell'edificio progettato, costituendo tale valutazione una questione di fatto, insindacabile in sede di legittimità (Sez. 3, n. 23646 del 12/05/2011, Tarantino, Rv. 250521; Sez. 3, n. 12426 del 07/02/2008, Bardini, Rv. 239343; cfr. altresì Sez. 3, n. 35880 del 25/06/2008, Mancinelli, Rv. 241031, secondo cui il reato non è escluso dall'eventuale preesistenza d'opere d'urbanizzazione secondaria).
5.8.Il reato di lottizzazione abusiva è configurabile anche con riferimento a zone di nuova espansione o scarsamente urbanizzate relativamente alle quali sussiste un'esigenza di raccordo con il preesistente aggregato abitativo e di potenziamento delle opere di urbanizzazione, quando l'attività edificatoria è eseguita in assenza di un piano attuativo dello strumento urbanistico generale, in quanto l'approvazione del piano di lottizzazione o di un suo equipollente, salvo diverse e specifiche indicazioni dettate dalla legge o dall'atto di pianificazione generale, si pone come condizione di legittimità per il rilascio dei singoli permessi di costruire (Sez. 3, n. 6629 del 07/10/2014, Giannattasio, Rv. 258932). Peraltro, ogni qualvolta l'incompletezza delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria non permetta di qualificare una zona come quartiere stabilizzato e completo, l'edificazione di un complesso residenziale, per il quale il piano regolatore imponga l'approvazione di un piano di lottizzazione, senza averne chiesto l'approvazione, configura la condotta del reato di lottizzazione abusiva, essendo superflua ogni indagine diretta ad accertare la effettiva consistenza delle opere comunque presenti nella zona (Sez. 3, n. 3074 del 07/12/2002, Russo, Rv. 223226; nello stesso senso, Sez. 3, n. 37472 del 26/06/2008, Belloi, Rv. 241097, che ha precisato che mentre il reato di lottizzazione abusiva deve escludersi con riferimento a zone completamente urbanizzate, lo stesso è configurabile sia con riferimento a zone assolutamente inedificate, sia con riferimento a zone parzialmente urbanizzate in cui sussista un'esigenza di raccordo con il preesistente aggregato abitativo e di potenziamento delle opere d’urbanizzazione; nel senso che nell'ipotesi di asservimento per la prima volta di un'area non ancora urbanizzata ad insediamento edilizio, la previsione del piano regolatore generale della sola rete delle principali vie di comunicazione stradale, in assenza di regolamentazione delle altre opere di urbanizzazione primaria, quali fognature, rete idrica e di distribuzione dell'energia elettrica e del gas, pubblica illuminazione, spazi di verde attrezzato, di sosta e di parcheggio, nel caso di specie rimandati alla pianificazione intermedia, non esaurisce quanto occorre per la trasformazione edilizia del territorio, sussistendo in tal caso gli elementi materiali del reato di lottizzazione abusiva, Sez. 3, n. 8062 del 29/04/1983, Ambrosini, Rv. 160533).
5.9.Quanto alle zone agricole, si è affermato che la preesistenza di qualche opera di urbanizzazione non significa che questa sia già in atto. All'uopo è invece necessario che nella zona si sia venuto a formare un aggregato di persone e un numero di edifici a destinazione residenziale, produttiva o di servizio, con variabile indice di densità, ma non al di sotto della soglia di percepibilità di un intervenuto mutamento dei caratteri originari dell'ambiente (agricolo o naturale). Nell'ipotesi in cui questa trasformazione sia incipiente, la pianificazione privata dell'uso del territorio, diretta ad estenderla o intensificarla, non è svincolata dal controllo preventivo dell'autorità, che ha il compito di indirizzare e governare l'andamento del fenomeno (Sez. 3, n. 9582 del 13/07/1984, Rv. 166488). Nelle zone agricole, peraltro, il requisito della pressoché integrale urbanizzazione dell’area oggetto di intervento è ancor più pregnante in considerazione del fatto che tali zone hanno una vocazione del tutto diversa da quella residenziale.
5.10.La lottizzazione abusiva non richiede che l’area di intervento sia completamente inedificata trattandosi di tesi confutata da questa Corte da più di tre lustri. Costituisce infatti insegnamento consolidato della Corte di cassazione che integra il reato di lottizzazione abusiva anche la modifica dell'originaria destinazione d'uso di immobili oggetto di un piano di lottizzazione, attraverso il frazionamento di un complesso immobiliare in modo che le singole unità perdano la originaria destinazione d'uso alberghiera per assumere quella residenziale, atteso che tale modificazione si pone in contrasto con lo strumento urbanistico costituito dal piano di lottizzazione (Sez. 3, n. 22038 dell’11/04/2019, Rv. 275794; Sez. 3, n. 24096 del 07/03/2008, Rv. 240726; Sez. 3, n. 13687 del 28/02/2007, Rv. 236340; Sez. 3, n. 6990 del 29/11/2005, dep. 2006, Rv. 233552; Sez. 3, n. 10889 del 21/01/2005, Rv. 230976). Solo il venir meno dell’esigenza di tutelare la riserva pubblica di programmazione territoriale rende penalmente irrilevante la lottizzazione abusiva per insussistenza del bene/interesse tutelato e, dunque, per la inoffensività della condotta. E ciò accade, come già spiegato, nei casi in cui l’area abusivamente lottizzata sia integralmente urbanizzata, circostanza da escludere nel caso di specie per la totale assenza di opere di urbanizzazione.
5.11.La consistenza dei precedenti interventi, l’ampiezza dell’area interessata, la totale assenza di titoli edilizi legittimanti gli interventi progressivamente realizzati, peraltro dalla stessa persona, militano ictu oculi a favore della qualificazione del fatto in termini di lottizzazione abusiva cd. “materiale”.
5.12.Le considerazioni che precedono rendono oltremodo irrilevante la questione della preesistenza o meno di opere di urbanizzazione primaria e conducono alla rivalutazione persino della effettiva prescrizione dei reati collegati alla realizzazione delle opere dissequestrate dal Tribunale del riesame posto che alla data del sequestro il reato di lottizzazione abusiva era ancora in corso di realizzazione (con quanto ne consegue in termini di esigenza di cessazione della permanenza).
6.Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., essendo essa ascrivibile a colpa della ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l'onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente nella misura di € 3.000,00. Il Collegio intende in tal modo esercitare la facoltà, introdotta dall’art. 1, comma 64, legge n. 103 del 2017, di aumentare, oltre il massimo edittale, la sanzione prevista dall’art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilità del ricorso considerate le ragioni della inammissibilità stessa come sopra indicate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 13/02/2025.