TAR Veneto Sez.III n. 3807 del 30 novembre 2007
Rumore. Esercizi commerciali

L’interesse alla quiete pubblica, strettamente connessa alla salute individuale e collettiva, prevalga sugli interessi commerciali dei pubblici esercizi, e sulla gratificazione dei loro frequentatori: prevalenza che, una volta comunque accertata la lesione di quel bene, impone alle autorità preposte di avvalersi di ogni strumento idoneo a tutelarlo, inclusa senza dubbio la limitazione degli orari.
Ric. n. 2662/2005 Sent. n. 3807/07
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Avviso di Deposito
del
a norma dell’art. 55
della L. 27 aprile
1982 n. 186
Il Direttore di Sezione
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza Sezione, con l’intervento dei signori magistrati:
Angelo De Zotti Presidente
Marco Buricelli Consigliere
Angelo Gabbricci Consigliere relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio, introdotto con il ricorso n. 2662/2005, proposto da Lazia Boseggia, rappresentata e difesa dall’avv. M. L. Tezza, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. F. Zambelli in Venezia Mestre, via Cavallotti 22;
contro
il Comune di San Bonifacio, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. ti Lequaglie e Acerboni, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Venezia, S. Croce 312/a;
per l’annullamento dell’ordinanza 28 settembre 2005, n. 159, prot. n. 27350/28900, con cui il sindaco di San Bonifacio ha ordinato a Lazia Boseggia, quale titolare dell’omonimo esercizio pubblico, di cessare alle ore 23,30 ogni attività nei giorni di venerdì, sabato e domenica;
nonché per il risarcimento del danno ingiusto sofferto.
Visto l’ atto di costituzione in giudizio del Comune di San Bonifacio;
viste le memorie prodotte dalle parti;
visti gli atti tutti di causa;
uditi nella pubblica udienza del 25 ottobre 2007 - relatore il consigliere avv. Angelo Gabbricci - l’avv. Avino in sostituzione di Zambelli, per la ricorrente e l’avv. Acerboni per il Comune resistente;
ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
1.1. L’ordinanza sindacale 28 settembre 2005, n. 159, qui impugnata, ha per oggetto la “riduzione orario di attività per situazioni di disturbo alla pubblica quiete e di pericolo per la pubblica incolumità”, disposta nei confronti della “ditta Boseggia Lazia titolare di licenza di pubblico esercizio di somministrazione alimenti e bevande in via Cav. V. Veneto n. 22”.
Nel preambolo del provvedimento sono intanto richiamati i rapporti di polizia, relativi a verifiche disposte dopo le “numerose ... segnalazioni di disturbo alla quiete pubblica da parte dei residenti nel fabbricato in cui trova collocazione il pubblico esercizio di cui trattasi, unitamente alle segnalazioni dei residenti nelle immediate vicinanze”; gli stessi rapporti avevano altresì ravvisato pericoli “per l’incolumità delle persone che si trovano a transitare sul tratto di strada interessato”.
Tale situazione sarebbe da imputare ai comportamenti dei clienti del “Bar Lazia”, i quali vi affluiscono in soprannumero rispetto alla capienza del locale, in particolare nei giorni di venerdì, sabato e domenica dopo le ore 23,00.
1.2. Così, tenuto altresì conto che precedenti richiami alla titolare, affinché adottasse comportamenti appropriati, non avevano avuto esito, ed affermato che “giurisprudenza costante attribuisce al Sindaco, ai sensi dell’ art. 54 comma 3 del d. lgs. 267/00, il potere di ordinare l’anticipazione dell’orario di chiusura di un esercizio pubblico (bar) in presenza di reiterate segnalazione e lamentele”, l’ordinanza sindacale stabilisce in conclusione che l’orario di chiusura del bar Lazia nei giorni di venerdì, sabato e domenica sarebbe stato anticipato alle ore 23.30, rimanendo invariato negli altri giorni della settimana.
2.1. Avverso l’ordinanza la Boseggia ha proposto il ricorso in esame; si è costituito in giudizio il Comune di San Bonifacio, concludendo per la reiezione.
La Sezione, con ordinanza cautelare 1029/05, ha accolto l’istanza di sospensione .
2.2. Nel 2007, persistendo la situazione di disagio, il Comune ha reiterato l’ordinanza de qua: e, in questo caso, l’istanza cautelare è stata respinta con l’ordinanza 610/07.
Quasi contemporaneamente, l’Amministrazione resistente “si è fatta carico” – come essa si esprime – di un’istanza per il prelievo del ricorso 2662/2005, che è stato così assegnato a decisione.
3.1. Il ricorso della Boseggia può essere così riassunto:
a) quanto al primo ed al terzo motivo, nella violazione dell’art. 54 d. lgs. 267/00, oltre che sull’eccesso di potere per carenza dei presupposti di fatto: sarebbero mancate le condizioni d’indifferibilità ed urgenza per emettere il provvedimento de quo;
b) quanto al secondo motivo, nell’eccesso di potere per sviamento: le situazioni addotte a fondamento dell’ordinanza non sono imputabili alla ricorrente, ma consisterebbero in comportamenti vietati e sanzionati dalle norme in materia di polizia urbana, igiene pubblica e traffico, che il Comune dovrebbe far rispettare direttamente, e con strumenti appropriati;
c) quanto al quarto ed al quinto motivo, ancora nella violazione del ripetuto art. 54, nonché nell’eccesso di potere sotto vari profili: la chiusura anticipata sarebbe una misura sproporzionata rispetto all’obiettivo perseguito, il quale, peraltro, consisterebbe non già in un interesse pubblico, ma in quello privato dei cittadini residenti in prossimità del locale.
3.2. Infine, il VI motivo è ancora compendiato nella violazione del ripetuto art. 54, nello sviamento di potere, nonché “nell’eccesso di potere per mancata fissazione del periodo temporale di efficacia”.
Secondo la ricorrente, invero, le ordinanze contingibili ed urgenti non possono assumere in relazione al loro scopo, carattere di continuità e stabilità di effetti: essendo un provvedimento a carattere eccezionale, deve avere un preciso termine finale di efficacia, che qui manca.
4.1. Orbene, per quanto riguarda le censure compendiate sub 3.1., la Sezione ha già affrontato buona parte delle questioni proposte nella sentenza 1582/07, in cui ha affermato come l’interesse alla quiete pubblica, strettamente connessa alla salute individuale e collettiva, prevalga sugli interessi commerciali dei pubblici esercizi, e sulla gratificazione dei loro frequentatori: prevalenza che, una volta comunque accertata la lesione di quel bene, impone alle autorità preposte di avvalersi di ogni strumento idoneo a tutelarlo, inclusa senza dubbio la limitazione degli orari.
4.2. La lesione del bene va naturalmente accertata in concreto: ciò che, peraltro, nella specie si presenta superfluo.
Come si vedrà più oltre, il ricorso è certamente fondato con riferimento al VI motivo (sub 3.2), né, d’altro canto, vi è un particolare interesse all’esame degli altri motivi, in rapporto ad un’ipotetica futura reiterazione del provvedimento.
Come si è detto, infatti, l’Amministrazione – pur non avvalendosi neppure questa volta dei poteri attribuiti ai sindaci in materia, dapprima dalla l.r. 14 settembre 1994, n. 40, e, attualmente, dalla l.r. 21 settembre 2007, n. 29 – ha già emesso una nuova ordinanza nel 2007 (alla quale è stato questa volta apposto un termine finale di efficacia), che il T.A.R. non ha sospeso.
5.1. Come si è testé accennato, l’ordinanza impugnata è illegittima perché priva di una scadenza finale adeguatamente prestabilita.
La giurisprudenza è, in tal senso, univoca, ed il Collegio non vede motivo di discostarsene: come osserva da ultimo T.A.R. Lazio Roma, III, 15 settembre 2006, n. 8614, tali ordinanze, “oltre al carattere della contingibilità, intesa come urgente necessità di provvedere con efficacia ed immediatezza in casi di pericolo attuale od imminente, presentano il carattere della provvisorietà, intesa nel duplice senso di imposizione di misure non definitive e di efficacia temporalmente limitata. Sicché oltre a non ammettersi che le ordinanze in questione vengano emanate per fronteggiare esigenze prevedibili e permanenti non è ammesso che le stesse vengano adottate per regolare stabilmente una situazione od assetto di interessi (Consiglio Stato, sez. VI, 9 febbraio 2001, n. 580).”
5.2. È poi vero, va soggiunto, che la misura urgente può, in relazione al suo contenuto concreto, avere l’attitudine a produrre conseguenze non provvisorie, e non per questo diviene illegittima.
Tuttavia, una cosa è che un ordine non abbia scadenza; altra che, nel periodo prestabilito in cui l’ordine è vigente, esso produca effetti destinati a persistere oltre la scadenza dell’ordine stesso, ciò che è ben possibile, ma non si realizza nella fattispecie, dove la mancanza di un termine non può dunque venire così giustificata.
La funzione che un’ordinanza contingibile ed urgente è destinata a svolgere nella materia su cui si controverte, è invero pienamente compatibile con la fissazione nella stessa di un limite temporale finale, pur non potendosi escludere una successiva reiterazione dell’ordinanza stessa per un ulteriore periodo di tempo.
6. In conclusione il ricorso va accolto, e l’ordinanza impugnata va annullata.
La sospensione a suo tempo disposta consente di escludere la sussistenza di un danno risarcibile e quindi di respingere la relativa istanza.
Le spese, compensate per un terzo seguono per il residuo la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, terza Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe:
a) accoglie la domanda di annullamento e, per l’effetto, annulla il provvedimento in epigrafe impugnato;
b) respinge la domanda di risarcimento del danno.
Compensa le spese di lite tra le parti per un terzo e condanna il Comune resistente alla rifusione del residuo, liquidandole in € 300,00 quanto alle spese anticipate, nonché in € 2.500,00, per diritti, onorari e spese generali, oltre ad i.v.a. e c.p.a..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio addì 25 ottobre 2007.
Il Presidente l’Estensore


Il Segretario




SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il……………..…n.………
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Direttore della Terza Sezione