TRIBUNALE DI NOLA Ufficio
del Giudice per le Indagini Preliminari
Ordinanza 19 maggio 2003
N.
5829/03 R.G.P.M.
N.5272/03
R.G.I.P.
TRIBUNALE DI NOLA Ufficio
del Giudice per le Indagini Preliminari
Ordinanza 19 maggio 2003
ORDINANZA di CONVALIDA del
SEQUESTRO OPERATO d’URGENZA dal P.M. e DECRETO di SEQUESTRO
PREVENTIVO -
art. 321 c.p.p. - |
Il
Giudice, dott. Elia Taddeo,
esaminata
la richiesta di convalida e concessione del sequestro preventivo avanzata dal
P.M. dott. Bisceglia, pervenuta in cancelleria in data 10.05.2003;
letti
gli atti del procedimento sopra emarginato;
OSSERVA
In
fatto:
con provvedimento n.10319/CD di protocollo dell’08.05.03, il sub commissario per la gestione dei rifiuti – per la nota emergenza esistente in Campania – disponeva, a seguito dell’ulteriore emergenza relativa alla chiusura degli impianti di CDR (combustibile da rifiuti), che venissero conferite balle di CDR presso l’area dell’ex discarica c.d. SARI, sita in Terzigno, in via Pizzo/Nespole della Monica;
secondo il provvedimento del sub commissario, Giulio FACCHI, doveva trattarsi di un “deposito temporaneo”, ma può, sin d’ora, rilevarsi che il concetto è utilizzato in maniera atecnica, essendo evidente che la definizione fornita dall’art.6 lett. m) D. Lgs.22/97 (essenzialmente il raggruppamento dei rifiuti nel luogo in cui sono stati prodotti in attesa dell’avvio della fase successiva) non si attaglia a quanto disposto; più correttamente, deve ritenersi che sia stato disposto uno stoccaggio di rifiuti in attesa del loro recupero, ossia il concetto di “messa in riserva” definito dal medesimo art.6 alla lett.l);
l’area
in questione è sita all’interno del perimetro del Parco Nazionale del
Vesuvio, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico – ambientale ex D.
Lgs.490/99, nonché regolamentata dal Piano Territoriale Paesistico approvato
con D.M. 04.7.02 (v., anche, certificato di destinazione urbanistica);
veniva
data immediata esecuzione al provvedimento sub-commissariale, tanto che, lo
stesso 08.05.03, nel corso di vari sopralluoghi compiuti da ausiliari di PG e da
personale tecnico del Parco del Vesuvio, si poteva accertare che era già
cominciato il deposito delle “ecoballe” di CDR; si doveva constatare, però,
che molte delle stesse erano lacerate, ed erano state collocate direttamente sul
terreno, che era privo di qualsiasi protezione (non vi era un manto
impermeabilizzante, né un semplice telo isolante, né un sistema di raccolta
del percolato); inoltre, nell’area vi erano forti esalazioni riferibili –
secondo le valutazioni operate da personale tecnico dell’ente Parco – ai
processi putrefattivi in atto sul materiale organico presente all’interno del
CDR (sul punto, però, non può, almeno allo stato, condividersi il giudizio del
personale dell’ente Parco circa la non corretta produzione del CDR per la
presenza di rifiuti organici; ed, infatti, secondo il punto 1.2 della tipologia
1 dell’allegato 2 / suballegato 1 del D.M.05.02.98 relativo al recupero dei
rifiuti non pericolosi come combustibile, le caratteristiche del rifiuto CDR
consentono una umidità in massa sino al 25%);
inoltre,
lungo la strada che conduce all’area di stoccaggio, veniva notata una striscia
di bagnato dalla quale proveniva un cattivo odore; tale striscia era stata
lasciata dai mezzi di trasporto delle “ecoballe”, ed era, molto
probabilmente, indicativa del percolato proveniente dal CDR; circostanza,
questa, indicativa del fatto che tali “ecoballe” erano fonte di pericolo di
inquinamento;
in
ogni modo, le particolari modalità di stoccaggio dei rifiuti erano tali da
determinare una serie di effetti negativi, e pregiudizievoli, sull’area:
anzitutto, vi era il pericolo di infiltrazione nel sottosuolo di liquami residui
e/o acque di lisciviazione in caso di pioggia, inoltre vi erano tutta una serie
di impatti negativi sulle componenti ecosistemiche e sul paesaggio dell’area
interessata (v. verbale di sopralluogo del personale tecnico dell’ente
Parco del Vesuvio).
Come conseguenza di tale stato di cose, il P.M. disponeva d’urgenza, con decreto delle ore 03,20 del 09.05.2003, il sequestro preventivo dell’area configurando i reati indicati in quel provvedimento; il decreto veniva eseguito dalla P.G. alle ore 10,00 del medesimo giorno;
successivamente,
il Corpo Forestale della stazione di Trecase eseguiva un altro sopralluogo
sull’area in sequestro (alle ore 13,30 del 09.05.03), e poteva accertare la
presenza di n.740 balle di CDR, che occupavano un’area di mq.840 per un volume
complessivo di mc.1.600 circa; la P.G. rilevava, ancora, che le balle poggiavano
direttamente sul suolo senza alcuna protezione, che buona parte delle stesse
presentavano lacerazioni, che tali lacerazioni avevano comportato la fuoriuscita
di parte dei rifiuti con conseguente emissione di gas maleodoranti che si
diffondevano nella zona circostante (v. verbale di accertamento su immobili del
Corpo Forestale, nonché allegati rilievi fotografici).
E’ importante ricordare, inoltre, che: 1) né il Sindaco di Terzigno, né gli organi dell’ente Parco del Vesuvio, né la Regione per vincolo paesaggistico-ambientale, hanno rilasciato alcuna autorizzazione o nulla-osta circa l’adibizione dell’area in questione a sito di stoccaggio del CDR; 2) nel corso di s.i.t. rese nella notte dell’08.05.03 al P.M. procedente, il Sindaco di Terzigno dichiarava di aver saputo dal sub-commissario Facchi che esisteva il problema di prelevare circa 40.000 balle dagli impianti di produzione di CDR per conferirle in vari siti, già individuati, tra i quali vi era l’ex discarica di Terzigno di via Pizzo/Nespole della Monica; aggiungeva il Sindaco, che il Facchi aveva sostenuto che il sito di Terzigno, come gli altri individuati, erano già pronti a ricevere i rifiuti, in quanto, trattandosi dell’area di una ex discarica, si presumeva che la stessa fosse impermeabilizzata nel sottosuolo; secondo il Sindaco, invece, l’area non aveva ricevuto alcun intervento di protezione (v. le s.i.t. citate).
In diritto
Anzitutto, deve precisarsi che il CDR costituisce rifiuto speciale, ai sensi della lett.l) bis, dell’art.7, co.3°, del D. Lgs.22/97, introdotta dall’art.7, co.11°, d.l. n.452/01, conv. in L. n.16/02, ulteriormente modificata dalla L. n.179/02 (si tratta della stessa disposizione sulla quale recente sentenza della corte costituzionale, la n.43/03, ha dichiarato inammissibile una richiesta di referendum popolare), per la precisione, a seguito dell’approvazione del nuovo elenco europeo dei rifiuti, il suo codice CER è 191210; di conseguenza, non appare condivisibile la qualificazione operata dal P.M. allorquando parla di rifiuti di tipologia da identificare: si tratta di CDR.
Neppure può seguirsi l’impostazione data dal P.M. alla sua richiesta di convalida, ed emissione del decreto di sequestro, allorquando ipotizza che l’azione del commissariato per l’emergenza-rifiuti sia affetta da carenza di potere in concreto, per aver attivato i suoi poteri straordinari in assenza del necessario presupposto della situazione di emergenza, non potendosi – secondo il P.M. – parlare ancora di situazione di emergenza a distanza di ben otto anni dal suo insorgere; l’assunto non è condivisibile, in quanto i poteri straordinari attribuiti (sulla base dell’art.5 L.225/92, mediante una lunga serie di O.P.C.M. e O.M.I.) al commissario delegato - Presidente della Regione Campania e al Prefetto di Napoli delegato sono stati prorogati sino alla cessazione dello stato di emergenza con ordinanza del Ministro dell’Interno del 22.12.2000 n.3100 (v. art.1, co.1°), e, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 20.12.2002, lo stato di emergenza-rifiuti nella Regione Campania è stato prorogato – ai sensi e per gli effetti dell’art.5 L.225/92 – sino al 31.12.2003; di conseguenza, a fronte di uno stato di emergenza dichiarato con atto di alta amministrazione (il Presidente del Consiglio rende decreto su delibera del Consiglio dei Ministri in materia che comporta attribuzione di poteri straordinari, per cui è evidente la funzione di coordinamento dell’azione amministrativa con quella politica), adottato sulla base apposita legge, non sembra a questo GIP di poter negare l’esistenza del potere esercitato.
Passiamo al tenore del provvedimento, n.10319/CD di protocollo, adottato l’08.5.03 dal sub-commissario;
orbene, è ben noto che agli organi investiti della gestione dell’emergenza-rifiuti sono stati conferiti poteri straordinari di operare anche in deroga a disposizioni vigenti; ad, esempio, ai sensi dell’art.3 dell’ordinanza n.2560 del Ministero dell’Interno, del 02.05.1997, il Commissario delegato – Presidente della Regione Campania nel dare attuazione, nell’espletamento delle sue funzioni, alle disposizioni del D. Lgs.22/97 ha facoltà di derogare alle disposizioni di carattere formale e procedimentale; ancora, ai sensi dell’art.17 dell’ordinanza del Ministro dell’Interno n.3100 del 22.12.2000, il Commissario delegato – Presidente della Regione Campania può adottare provvedimenti in deroga all’art.151 del D. Lgs.490/99, nonché alla normativa vigente in materia di urbanistica;
deve, però, rilevarsi che, secondo l’art.5, co.5°, L.225/92, le ordinanze emanate in deroga alle leggi vigenti devono contenere l’indicazione delle principali norme a cui si intende derogare, e devono essere motivate; il provvedimento sub-commissariale in questione, invece, oltre a contenere una motivazione estremamente succinta, non indica in alcun modo quali siano le leggi vigenti cui intende – avendone il potere – derogare; e, di certo, lo stoccaggio di CDR disposto dal sub-commissario in Terzigno determina una serie di violazioni di disposizioni di legge, in quanto, per la legittimità dello stesso erano necessarie, tra l’altro, autorizzazioni ex D. Lgs.22/97, autorizzazione dell’autorità preposta alla tutela del vincolo paesistico-ambientale e autorizzazione dell’ente Parco del Vesuvio;
da ciò consegue l’illegittimità del provvedimento sub-commissariale e la possibilità, anche per il giudice penale, di disapplicarlo; ed, infatti, deve ricordarsi la possibilità per il giudice ordinario di sindacare, e disapplicare, l’atto amministrativo illegittimo che possa determinare una lesione di diritti soggettivi (cfr. Cass. sez. un. 17.02.1987 n.3, Giordano); ed è evidente che l’atto amministrativo in questione determini una lesione diretta di diritti costituzionalmente protetti quali quelli alla salute ed all’ambiente.
In
ogni caso, anche se l’ordinanza del sub-commissario avesse indicato
espressamente le norme cui intendeva derogare, la condotta posta in essere sulla
base della stessa sarebbe stata ugualmente illecita, in quanto realizzata in
aperta lesione del principio fissato dall’art.2 D. L.vo 22/97 in materia di
gestione dei rifiuti, ossia il principio dell’effettività della protezione
ambientale, che pone la salute e l’ambiente come valori assolutamente
prioritari, e non disponibili, neppure da soggetti pubblici con provvedimenti
che operino un bilanciamento discrezionale degli interessi che acquistano
rilievo nel caso di specie. Il tutto nel solco di quell’orientamento
giurisprudenziale che, sempre più, accorda tutela incondizionata ai diritti
fondamentali riconosciuti dalle norme precettive (e, di certo, non meramente
programmatiche) della Costituzione (salute art.32; ambiente art.9); diritti
soggettivi, cioè, insuscettibili di essere affievoliti dalla P.A. sulla base
della considerazione di altri confliggenti interessi. Orbene, che neppure con i
poteri straordinari attribuiti al Commissariato all’emergenza-rifiuti si
possano ledere i diritti fondamentali sopra ricordati emerge, anche, dalla
considerazione che i poteri di deroga alla legislazione vigente riguardano,
esclusivamente, gli aspetti formali e procedurali, non certo la tutela di fondo
dei beni protetti dalle varie disposizioni di legge; ed, infatti, lo stesso
art.5 L.225/92, al comma 2° riconosce che le ordinanze in deroga devono essere
adottate nel rispetto dei principi generali e dell’ordinamento giuridico.
In
altri termini, vi sono dei precetti di soglia che sono sempre inviolabili, anche
a fronte di un potere extra ordinem, che, comunque, non può espandersi
sino a travalicare le norme imperative, i principi dell’ordinamento e quelli
della carta costituzionale posti a presidio – nel caso di specie – della
salute e dell’ambiente.
Pertanto,
anche nel caso in cui il sub-commissario avesse operato legittimamente, o, per
mera ipotesi, venga ritenuto legittimo il provvedimento dell’08.05.03, lo
stesso non poteva disporre, con quelle ricordate modalità lesive
dell’ambiente e della salute, un’area di stoccaggio di rifiuti speciali in
un’area protetta, dal rilevante valore paesaggistico-ambientale, quale il
Parco Nazionale del Vesuvio.
Le stesse argomentazioni trovano applicazione anche nel caso in cui si voglia sostenere che il provvedimento sub-commissariale in questione sia riconducibile all’ordinanza contingibile ed urgente di cui all’art.13 D. Lgs.22/97 (circostanza, però, da escludere in quanto nessun elemento formale consente di ricondurre il provvedimento a quella previsione); anche in quel caso, infatti, vi è il fondamentale obbligo di garantire un elevato livello di tutela della salute e dell’ambiente che, nel caso di specie, non è stato in alcun modo garantito;
ove
si vogliano, poi, esplicitare le particolari misure da adottare per rendere
conforme al principio dell’effettività della protezione ambientale una messa
in riserva di rifiuti speciali (è questo quello che è accaduto presso l’area
in sequestro di Terzigno), deve ricordarsi che, ai sensi dell’art.1 del, già
citato, D.M. 05.02.98, i metodi di recupero non devono costituire pericolo per
la salute dell’uomo, né recare pregiudizio all’ambiente (si veda, in
particolare, il disposto delle lettere A., B., C. del primo comma), inoltre, ai
sensi del medesimo decreto ministeriale (in particolare: art.6, lett.c), ove la
messa in riserva di rifiuti avvenga in cumuli, questi devono essere posti su
basamenti che ne permettano la separazione dal suolo sottostante (cosa non
avvenuta nel caso in esame).
Né
può ritenersi rilevante che il sito individuato fosse quello di una ex
discarica (quella c.d. SARI);
del resto, come ricordato dal Sindaco di Terzigno, non erano stati compiuti
interventi di protezione nell’area e, anzi, era in corso la bonifica (v.
s.i.t. citate).
Deve, pertanto, ritenersi che il sequestro d’urgenza sia stato legittimamente disposto dal P.M. per l’urgente necessità di impedire: la protrazione dei reati accertati, l’aggravamento delle loro conseguenze, e la commissione di altri reati;
considerato
che sono stati osservati i termini di cui all’art.321, comma 3 bis, c.p.p.;
ritenuto
che la richiesta di sequestro preventivo può essere accolta, essendovi il
pericolo concreto che la libera disponibilità dell’area in questione da parte
degli indagati BOCCIA Aniello (proprietario dell’area) e FACCHI Giulio possa
determinare la commissione di ulteriori reati, la protrazione dei reati
accertati, nonché un ulteriore aggravamento delle conseguenze dei reati di cui:
1) all’art.51, comma 1°, d. lgs.22/97, di smaltimento illecito di rifiuti; 2)
agli artt.6, co.3°, 11, co.3° e 30 L.394/91, per la violazione del divieto di
incidere sui terreni siti nel Parco in modo da alterarne la morfologia e gli
equilibri, e per la violazione del divieto di attività che possano
compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati;
3) all’art.163 D. Lgs.490/99 per aver operato un intervento di alterazione dei
luoghi sottoposti a vincolo paesaggistico-ambientale in assenza di
autorizzazione; 4) all’art.734 c.p. per aver alterato le bellezze naturali del
luogo, trattandosi di area protetta rientrante all’interno del perimetro di
parco nazionale; 5) all’art.674 c.p. per le esalazioni maleodoranti
provenienti dal sito di stoccaggio.
Devono
escludersi, invece: 1) le contestazioni relative alla normativa urbanistica, in
quanto non si è in presenza di una trasformazione urbanistica del territorio,
anche per il carattere chiaramente provvisorio del deposito delle “ecoballe”
nel sito di Terzigno; 2) la configurabilità della discarica abusiva, anche in
questo caso, per il carattere di temporaneità del deposito, mentre si ha
discarica solo in presenza di una modalità di smaltimento che sia stabile e
duratura nel tempo.
visti
gli artt. 321 comma 3 bis c.p.p.; e 92, 104 disp. att. c.p.p.
P.
Q. M.
CONVALIDA
e DISPONE
il sequestro preventivo - operato dalla Polizia Giudiziaria nei luoghi, nella data ed in danno delle persone indicate negli uniti verbali di sequestro in data 09.05.2003 - riguardante l’area, analiticamente descritta nel medesimo verbale, sita in Terzigno, in via Pizzo/Nespole della Monica.
Manda
alla cancelleria per l’immediata trasmissione del presente provvedimento, in
duplice copia, al Pubblico Ministero presso la Procura della Repubblica di Nola,
che ne disporrà l’esecuzione.
Nola,
19/05/03
Il G.I.P.
dott.
Elia Taddeo