Consiglio di Stato, Sez. III, n. 1361, del 19 marzo 2014
Elettrosmog.SRB illegittimità obbligo conferma della validità dell’autorizzazione posseduta alla data di entrata in vigore del regolamento comunale
Esula dai poteri riconosciuti dall’art. 8, comma 6, della l. n. 36/2001 ai Comuni la potestà di aggravare, senza che ve ne siano le specifiche ragioni da tale legge previste, il procedimento finalizzato al rilascio dei titoli abilitativi contemplati dal Codice delle Comunicazioni Eletrtroniche, onerando gli operatori, di nuove e/o periodiche procedure di “conferma” di titoli già validi ed efficaci, ai sensi della normativa nazionale, sotto comminatoria di decadenza, dato che tale potestà non si può mai tradurre nel potere di sospendere la efficacia e validità dei titoli abilitativi formati e di incidere, come appunto accade nel caso di specie, sul procedimento di formazione della d.i.a. presentata per l’ammodernamento tecnologico dell’impianto, così introducendo un’inammissibile misura di carattere generale, sostanzialmente cautelativa rispetto alle emissioni derivanti dagli impianti di telefonia mobile. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).
N. 01361/2014REG.PROV.COLL.
N. 03937/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3937 del 2013, proposto da:
H3G s.p.a.,
in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avv. Natalino Irti e dall’Avv. Alfredo Irti, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Irti, in Roma, via Andrea Vesalio n. 22;
contro
Comune di Cerveteri,
in persona del Sindaco pro tempore,
costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avv. Maria Antonia Caredda, con domicilio eletto presso l’Avv. Siro Bargiacchi, in Roma, viale Parioli n. 54;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA - SEZIONE II BIS n. 09258/2012, concernente diniego d.i.a. per l’adeguamento dell’impianto di comunicazione elettronica.
Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Cerveteri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 20 febbraio 2014, il Cons. Massimiliano Noccelli;
Uditi per le parti, alla stessa udienza, l’Avv. F. Arnaud su delega dell’Avv. A. Irti e l’Avv. M. A. Caredda;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. H3G s.p.a. è titolare della licenza individuale per la prestazione del servizio pubblico di comunicazioni mobili secondo lo standard UMTS e per l’installazione della relativa rete sul territorio italiano, rilasciata dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni on delibera n. 2/01/CONS in data 10.1.2001.
2. La società ricorrente denunciava, ai sensi dell’art. 87-bis del d. lgs. 259/2003, l’adeguamento tecnologico dell’impianto di comunicazione elettronica esistente nel Comune di Cerveteri (RM), via Fontana Morella n. 40.
3. La predetta d.i.a. veniva presentata tanto al Comune di Cerveteri quanto all’A.R.P.A. Lazio in data 17.6.2011.
4. Con nota prot. 23927 del 22.6.2011 l’Amministrazione comunale esprimeva il diniego alla d.i.a. presentata da H3G s.p.a., assumendo in particolare che:
- la titolare dell’impianto già in esercizio avesse omesso di adempiere quanto dettato dall’art. 11 del vigente “Regolamento per la disciplina delle installazioni delle Stazioni Radio Base per telefonia mobile e telecomunicazioni nel Comune di Cerveteri”, approvato con Deliberazione del Commissario Straordinario n. 28 del 7.2.2008;
- la mancanza del nullaosta dell’organismo competente ad effettuare i controlli di cui all’art. 14 della l. 36/2001 circa la compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità, stabiliti uniformemente a livello nazionale in relazione al disposto della l. 36/2001 e relativi provvedimenti di attuazione;
- la mancanza dell’indicazione della ditta che avrebbe dovuto installare l’impianto di progetto e della certificazione DURC, secondo la normativa vigente in materia, della stessa;
- la mancanza del nullaosta al vincolo militare 2.500 metri: fascia di Servitù “F” – D.M. n. 227 del 29.11.1990 e s.m.i. ivi esistente, qualora l’impianto e/o l’adeguamento di progetto superi i 200 W di picco;
- la mancata indicazione, sull’elaborato grafico, del titolo abilitativo urbanistico che legittima lo stato ante opera.
5. H3G s.p.a. impugnava pertanto l’anzidetto provvedimento di diniego, nonché l’art. 11 del citato Regolamento per la disciplina delle installazioni delle stazioni radio base per la telefonia mobile e telecomunicazioni nel territorio di Cerveteri, chiedendone, previa sospensione, l’annullamento.
6. Si costituiva nel giudizio di primo grado il Comune di Cerveteri, resistendo all’avversario ricorso.
7. Il T.A.R. Lazio, con ordinanza n. 720 del 23.2.2012, rigettava la domanda di sospensione, avverso la quale H3G s.p.a. proponeva appello cautelare avanti a questo Consiglio, che, con ordinanza n. 2012 del 25.5.2012, accoglieva l’appello e, per l’effetto, la domanda di sospensione in primo grado proposta della società appellante.
8. Il T.A.R. Lazio, con sentenza n. 9258 del 12.11.2012, rigettava infine il ricorso di H3G s.p.a.
9. Avverso tale sentenza ha proposto H3G s.p.a., chiedendone, previa sospensione, la riforma per i seguenti motivi:
- la violazione e la falsa applicazione dell’art. 7 della l. 241/1990;
- la violazione e la falsa applicazione degli artt. 86, 87 e 87-bis del d. lgs. 259/2003 (Codice delle Comunicazioni Elettroniche) e dell’art. 8, comma sesto, della l. 36/2001, il difetto di istruttoria;
- la violazione e la falsa applicazione degli artt. 87 e 87-bis del Codice delle Comunicazioni Elettroniche e dell’art. 9 del Regolamento per la disciplina delle installazioni delle stazioni radio base per telefonia mobile e telecomunicazione nel territorio di Cerveteri, approvato con deliberazione del Commissario Straordinario n. 28 del 7.2.2008;
- il difetto di istruttoria e la violazione e la falsa applicazione del d.m. 29.11.1990, n. 227.
10. Si è costituito nel presente giudizio l’appellato Comune di Cerveteri, opponendosi all’accoglimento dell’avversario gravame.
11. Con ordinanza n. 2259 del 14.6.2013 veniva accolta da questa Sezione l’istanza cautelare proposta dall’appellante e veniva sospesa l’esecutività della sentenza impugnata.
12. Nella pubblica udienza del 20.2.2014 il Collegio, uditi i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.
13. L’appello è fondato e va accolto.
13.1. Ritiene il Collegio che siano decisivi ed assorbenti i motivi, con i quali l’appellante ha denunciato la violazione e la falsa applicazione degli artt. 86, 87 e 87-bis del d. lgs. 259/2003 e dell’art. 8, comma 6, della l. n. 36/2001, nonché il difetto di istruttoria degli atti gravati in prime cure.
13.2. L’impugnato provvedimento di diniego si fonda sull’applicazione, da parte del Comune di Cerveteri, dell’art. 11 del Regolamento comunale per la disciplina delle installazioni di stazioni radio base per la telefonia mobile e telecomunicazioni del medesimo Comune, approvato con deliberazione del Commissario Straordinario n. 28.del 7.2.2008.
13.3. L’art. 11 di tale Regolamento prevede, alla lettera b), che “qualora il titolare di un impianto per le telecomunicazioni sia già in possesso, alla data di entrata in vigore del presente regolamento, di autorizzazione comunale a qualsiasi titolo rilasciata, nell’ambito della cui istruttoria sia stato esaminato con esito positivo l’aspetto dell’esposizione ai campi elettromagnetici in riferimento ai contenuti delle vigenti normative, questi deve chiedere al Comune la conferma della validità dell’autorizzazione posseduta per l’installazione di apparecchiature tecnologiche e richiedere la conformità del proprio titolo autorizzativo edilizio; in caso di mancata comunicazione l’autorizzazione si intende decaduta e l’impianto è da ritenersi abusivo”.
13.4. H3G s.p.a. ha dedotto nel giudizio di prime cure e ribadito con il mezzo di gravame qui riproposto che tale disposizione si pone in palese violazione delle norme che regolano i procedimenti autorizzatori della installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica.
13.5. Essa ha infatti denunziato che, avendo maturato un valido titolo alla installazione della stazione radio base esistente, come da d.i.a. del 2003 e da documentazione tecnica allegata (doc. 6 fasc. parte ricorrente in primo grado), la previsione dell’art. 11, punto b), del Regolamento comunale, della richiesta della “conferma della validità dell’autorizzazione posseduta […] e [della] conformità del proprio titolo autorizzativo edilizio”, a pena di decadenza dell’autorizzazione stessa, travalichi i poteri riconosciuti all’ente locale.
13.6. Il Comune avrebbe infatti illegittimamente aggravato la posizione dell’operatore telefonico, aggiungendo ai titoli abilitativi previsti dal legislatore un ulteriore titolo, sotto forma di conferma, che non trova giustificazione né nell’art. 8, comma 6, della l. n. 36/2001 né nel Codice delle Comunicazioni Elettroniche.
13.7. In altri termini, lamenta l’appellante, nel Comune di Cerveteri vigerebbe un regime speciale, per il quale, oltre all’autorizzazione ed alla d.i.a. previste dall’art. 87 e ss. del Codice delle Comunicazioni Elettroniche, esiste un tertium genus di titolo abilitativo, consistente nella “conferma della validità dell’autorizzazione posseduta”, in mancanza della quale “l’autorizzazione si intende decaduta e l’impianto è da ritenersi abusivo”; non diversamente, quindi, da un eventuale intervento realizzato sine titulo, con un’equiparazione, o, comunque, con un’assimilazione del tutto irragionevole, per effetto della quale gli impianti illegittimamente realizzati finirebbero per essere soggetti al medesimo trattamento giuridico previsto per le opere considerate prive di titolo sol perché non è stata richiesta, come previsto dalla contestata disposizione regolamentare, la conferma della validità del titolo a suo tempo ottenuto.
13.8. La grave illegittimità di tale scelta, sostiene inoltre H3G s.p.a., apparirebbe in tutta la sua evidenza anche alla luce delle ulteriori conseguenze che ne deriverebbero anche per quanto concerne, nel caso di specie, il richiesto ammodernamento della rete di comunicazione elettronica alle più moderne tecnologie trasmissive (c.d. banda larga mobile), poiché H3G s.p.a. si troverebbe costretta a realizzare nuovi impianti anziché intervenire su quelli preesistenti, con grave nocumento, quindi, per gli stessi principi di mitigazione degli impianti esistenti e di precauzione.
13.9. Al contrario la sempre maggiore quantità di servizi, suscettibili di essere offerti per il tramite della rete di telefonia mobile, impone a quest’ultima, si sostiene, un costante aggiornamento tecnologico, sicché si è inteso favorire, da parte del legislatore, “la realizzazione degli investimenti per il completamento della rete di banda larga mobile”.
14. Il T.A.R. Lazio ha ritenuto, invece, legittima la scelta compiuta dal Comune nell’art. 11 del Regolamento, rilevando che il suo disposto sarebbe “finalizzato al controllo di conformità degli impianti alla disciplina regolamentare introdotta, unitamente alle ragioni di celerità correlate all’efficienza dell’azione amministrativa, le quali forniscono piena logica all’apposizione di una condizione generale risolutiva per le operazioni di verifica” (p. 4 dell’impugnata sentenza).
14.1. Il giudice di prime cure ha sottolineato, in tale prospettiva, che la verifica dell’art. 11 non si esaurirebbe nella mera disamina dei dati tecnici dell’impianto, ma potrebbe comportare attività complesse, quali la richiesta del parere dell’A.R.P.A. sull’esposizione ai campi elettromagnetici (lett.c)), l’imposizione ai gestori di interventi di adeguamento e di riduzione a conformità normativa per i limiti di esposizione e di attenzione e per gli obiettivi di qualità previsti dal regolamento ovvero l’imposizione della delocalizzazione, quando necessaria, in ragione delle esigenze di tutela della salute collettiva o della necessità di ordine urbanistico connesse all’attuazione del piano di rete.
14.2. Inoltre, ha rilevato ancora il T.A.R., la norma contempla un termine semestrale per gli adeguamenti tecnologici.
15. Le argomentazioni espresse dal primo giudice non sono condivisibili.
15.1. È anzitutto evidente che il Regolamento comunale abbia imposto agli operatori e, in particolare, ad H3G s.p.a. un ingiustificato aggravio procedimentale, richiedendo la “conferma” dei titoli autorizzatori già rilasciati, addirittura a pena di decadenza dei titoli stessi, con una previsione che è contraria alla ratio di semplificazione e di speditezza, che informa l’intera disciplina dettata dal Codice delle Comunicazioni Elettroniche in questa materia; aggravio che appare tanto più irragionevole e penalizzante, nel caso di specie, quanto più si consideri che H3G s.p.a., già dotata di regolare autorizzazione, aveva richiesto solo l’ammodernamento tecnologico del proprio impianto ai sensi dell’art. 87-bis del d. lgs. n. 259/2003.
15.2. Esula invero dai poteri riconosciuti dall’art. 8, comma 6, della l. n. 36/2001 ai Comuni la potestà di aggravare, senza che ve ne siano le specifiche ragioni da tale legge previste, il procedimento finalizzato al rilascio dei titoli abilitativi contemplati dal Codice delle Comunicazioni Eletrtroniche, onerando gli operatori, come nel caso di specie, di nuove e/o periodiche procedure di “conferma” di titoli già validi ed efficaci, ai sensi della normativa nazionale, sotto comminatoria di decadenza, dato che tale potestà non si può mai tradurre nel potere di sospendere la efficacia e validità dei titoli abilitativi formati e di incidere, come appunto accade nel caso di specie, sul procedimento di formazione della d.i.a. presentata per l’ammodernamento tecnologico dell’impianto, così introducendo un’inammissibile misura di carattere generale, sostanzialmente cautelativa rispetto alle emissioni derivanti dagli impianti di telefonia mobile (v., ex plurimis, Cons. St., sez. VI, 15.6.2011, n. 3646).
15.3. Vero è che la Sezione non ha mancato di ribadire, nella sua costante giurisprudenza e ancor di recente, che il favor assicurato, soprattutto dagli artt. 86 ss. del d. lgs. 259/2003, alla diffusione delle infrastrutture a rete della comunicazione elettronica, se comporta una forte compressione dei poteri urbanistici conformativi ordinariamente spettanti ai Comuni, non arriva a derogare alle discipline poste a tutela degli interessi differenziati (in quanto espressione di principi fondamentali della Costituzione), come quello naturalistico-ambientale.
15.4. Ma questa stessa Sezione ha anche chiaramente precisato, nel solco della giurisprudenza costituzionale (cfr, tra le altre, Corte cost. n. 331/2003, n. 307/2003 e n. 336/2005 ), che la potestà assegnata ai Comuni dall’art. 8, comma 6, della legge quadro n. 36/2001 (che prevede la possibilità che i Comuni adottino un regolamento c.d. di minimizzazione finalizzato a garantire "il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e a minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici") deve tradursi nell’introduzione, sotto il profilo urbanistico, di regole a tutela di zone e beni di particolare pregio ambientale, paesaggistico o storico-artistico (ovvero, per ciò che riguarda la minimizzazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, nell’individuazione di siti che per destinazione d’uso e qualità degli utenti possano essere considerati sensibili alle immissioni radioelettriche), senza trasformarsi in limitazioni alla localizzazione degli impianti di telefonia mobile per intere ed estese porzioni del territorio comunale, in assenza di una plausibile ragione giustificativa (cfr., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 4.4.2013, n. 1873).
15.5. E tanto è accaduto nel caso di specie, dove il Comune, in mancanza di tale plausibile ragione giustificativa, è giunto ad introdurre una indiscriminata ed indebita limitazione alla localizzazione degli impianti, richiedendo una inutile e non consentita conferma della validità dell’autorizzazione già legittimamente posseduta dagli operatori per l’installazione delle apparecchiature tecnologiche e prevedendo persino che l’autorizzazione si intenda decaduta e l’impianto debba considerarsi abusivo nell’ipotesi di omissione dell’apposita comunicazione introdotta dalla norma regolamentare comunale, con conseguente illegittima paralisi dell’attività regolarmente esercitata ed autorizzata.
15.6. Premesso che in merito all'interpretazione della disposizione dell’art. 8 cit. si è ormai consolidato in giurisprudenza un condiviso orientamento secondo il quale le previsioni dei regolamenti c.d. di minimizzazione possono ritenersi legittime solo qualora indirizzate al perseguimento delle finalità indicate dalla norma e non anche quando tendano a scopi differenti, .palese risulta l’illegittimità dell’art. 11, lett. b), del Regolamento comunale, laddove ha introdotto, a pena di decadenza, una simile ingiustificata limitazione alla localizzazione degli impianti.
15.7. Né certo a giustificare tale previsione valgono le inconferenti considerazioni sul punto svolte dal T.A.R. in ordine alla delocalizzazione degli impianti, ben evidente essendo l’error in iudicando nel quale è incorso il primo giudice laddove non si è avveduto che l’impianto di H3G s.p.a. non rientra in alcuna delle ipotesi contemplate dell’art. 11, lett. h), del Regolamento e che, comunque, la sua installazione non si pone in conflitto con alcuno dei requisiti localizzativi indicati dall’art. 8, lett. a), del medesimo Regolamento.
15.8. Non sussistevano, nel caso di specie, e non sussistono quelle esigenze di tutela della salute collettiva e quelle necessità di ordine urbanistico, connesse all’attuazione del piano di rete, che invece il T.A.R. ha ritenuto prevalenti e addirittura tali da motivare un ingiustificato, inutile e soverchio aggravio procedimentale in danno degli operatori.
Ciò in contrasto con un orientamento giurisprudenziale ormai del tutto consolidato, secondo cui non spetta ai Comuni disciplinare, nei loro regolamenti, l'installazione di impianti di telefonia mobile con limitazioni o divieti generalizzati e tali da non consentire una diffusa localizzazione sul territorio del servizio pubblico relativo, quando tale potere sia rivolto ad aspetti collegati con la salute umana, dal momento che siffatte esigenze sono valutate dagli organi statali a ciò deputati.
15.9. Quanto al riferimento alla possibilità, da parte del Comune, di richiedere il parere dell’A.R.P.A., addotto dalla sentenza impugnata a giustificazione della previsione dell’art. 11, lett. b), del contestato Regolamento, basti qui rilevare che il parere reso dall’A.R.P.A. Lazio già attesta, senza ulteriori necessità di verifica, la piena conformità ai limiti di esposizione, valori di attenzione e obiettivi di qualità, di cui alla l. 36/2001 e al d.p.c.m. 8 luglio 2003 e che l’impianto non è ubicato in zone per le quali è prevista la delocalizzazione a norma del combinato disposto degli artt. 8, lett. a), e 11, lett. h), del Regolamento comunale.
16. Erra infine il T.A.R. anche quando ritiene, a p. 5 della sentenza impugnata, che a giustificare la legittimità del diniego vi sia anche la considerazione che nella d.i.a. non sono indicati il nominativo dell’impresa commissionaria degli interventi, laddove il d.P.R. 380/2001 prescrive che i relativi dati debbano essere indicati nella denuncia, né i dati relativi alla potenza dell’impianto, laddove l’art. 11, lett. a) e b), del Regolamento prescrive che nelle comunicazioni debbano essere forniti i dati generali e quelli utili a rilevare l’esposizione ai campi elettromagnetici.
16.1. Quanto al primo rilievo, infatti, occorre ricordare che la d.i.a. – ora s.c.i.a. – prevista dall’art. 87-bis del d. lgs. n. 259/2003 “Codice delle Comunicazioni Elettroniche” deve essere conforme “ai modelli predisposti dagli enti locali e, ove non predisposti, al modello B di cui all’allegato n. 13” e lo stesso art. 9, primo comma, del Regolamento comunale per l’installazione delle stazioni radio base prevede che “per l’ottenimento della relativa autorizzazione, i titolari o i legali rappresentanti della Società dovranno presentare al Comune una istanza nei modi stabiliti dal Decreto Legislativo n. 259 del 01/08/2013”, risultando chiaro, proprio dall’esame di tali previsioni, che è al modello B di cui al Codice delle Comunicazioni Elettroniche che deve farsi unicamente riferimento.
16.2. Tale modello (doc. 8 fasc. di primo grado di H3G s.p.a.) richiede la descrizione dell’impianto e delle aree circostanti e, nello specifico, l’allegazione della scheda tecnica dell’impianto, dei diagrammi angolari di irradiazione orizzontale e verticale del sistema radiante e l’indicazione del Comune, della via e del numero civico o foglio mappale con coordinate UTM della dislocazione dell’impianto, mentre nulla è prescritto con riguardo alla indicazione dell’impresa incaricata dell’esecuzione dei lavori e della certificazione DURC, che il Comune di Cerveteri ha invece illegittimamente preteso.
16.3. Il Collegio non può al riguardo che ribadire, anche in questa sede, il consolidato orientamento di questo Consiglio, secondo cui l’autorizzazione, di cui all’art. 87 del d. lgs. 259/2003, non costituisce atto che presuppone o è presupposto a quello richiesto dal testo unico in materia edilizia, ma assorbe in sé e sintetizza, all’esito del procedimento previsto dallo stesso art. 87, anche la valutazione urbanistico-edilizia che presiede al titolo, facendo salve le sole disposizioni, non rilevanti nel caso all’esame, del D. Lgs. n. 42/2004.
16.4. Laddove infatti il nuovo procedimento fosse destinato non a sostituire, ma ad abbinarsi a quello edilizio ordinario, verrebbero di fatto vanificati i principii ispiratori del Codice delle Comunicazioni Elettroniche e, in particolare, quelli della previsione di procedure tempestive, non discriminatorie e trasparenti per la concessione del diritto di installazione e della riduzione dei termini per la conclusione dei procedimenti nonché della regolazione uniforme dei medesimi (v., ex plurimis, Cons. St., sez. VI, 12.1.2011, n. 98).
Deve insomma escludersi, in applicazione degli ordinari principi in materia di gerarchia delle fonti, che i regolamenti comunali possano derogare al modulo procedimentale previsto in materia dalla legge, ispirato alla ratio di semplificazione e di concentrazione al suo interno di tutte le relative valutazioni di carattere urbanistico-edilizio ed igienico- sanitario.
16.5. Ne deriva, quindi, l’illegittimità del provvedimento di diniego anche nella parte in cui, in pretesa applicazione dell’art. 22 del d.P.R. 380/2001, ha richiesto ad H3G s.p.a. il nominativo dell’impresa commissionaria degli interventi, aggiungendo indebitamente requisiti ulteriori rispetto a quelli esclusivamente richiesti, in subiecta materia, dal Codice delle Comunicazioni Elettroniche e dal modello B da esso previsto, sicché l’impugnata sentenza, anche laddove ha ritenuto legittima tale richiesta, ha fatto erronea applicazione del d.P.R. 380/2001 in tale materia, sì da non poter essere condivisa e meritare quindi riforma.
16.6. Meritevole di riforma è, altresì, la sentenza impugnata, per violazione del d.m. 227/1990, anche nella parte in cui ha ritenuto legittimo il diniego per la riscontrata carenza dei dati relativi alla potenza dell’impianto, in quanto il Comune ha giustificato tale provvedimento anche con il rilievo che la società non avrebbe prodotto il “nulla osta al vincolo militare 2.500 metri: Fascia di servitù “F” – D.M. n. 227 del 29/11/1990 e s.m.i. ivi esistente, qualora l’impianto e/o adeguamento di progetto superi i 200 W di picco”.
16.7. Si tratta di assunto erroneo perché infondato in fatto, dato che dalla relazione tecnica allegata alla d.i.a. di H3G s.p.a. (doc. 9 fasc. di primo grado) poteva facilmente evincersi che la potenza dell’impianto, nella massima condizione di carico, è pari a 40,2 W per ciascun settore e quindi, complessivamente, a 120,6 W, ben al di sotto, perciò, dei limiti previsti dalla menzionata fascia di settore.
16.8. Erroneo è pure l’assunto secondo cui la d.i.a. difetterebbe dei dati utili a rilevare l’esposizione ai campi elettromagnetici, poiché, al contrario, a tale fondamentale aspetto è specificamente dedicata la relazione sull’Adeguamento di impianto esistente, allegata alla stessa d.i.a. di H3G s.p.a. (doc. 9 fasc. di primo grado di H3G s.p.a.), mentre le stime del campo elettromagnetico generato sono riportate nella relazione di “Analisi di impatto elettromagnetico”, anch’essa allegata alla d.i.a. (doc. 5 di primo grado di H3G s.p.a.).
17. Occorre infine rilevare per completezza, non essendo stato tale motivo di ricorso esaminato dal giudice di primo grado ed essendo invece stato qui riproposto dall’appellante, che l’amministrazione comunale, nell’impugnato provvedimento di diniego, ha attribuito efficacia preclusiva anche alla mancata produzione, da parte di H3G s.p.a., del nullaosta dell’organismo competente ad effettuare i controlli di cui all’art. 14 della l. 36/2001, e cioè l’A.R.P.A. Lazio, circa la compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità, stabiliti uniformemente a titolo nazionale in relazione al disposto della l. 36/2001 e relativi provvedimenti di attuazione.
17.1. Anche tale ulteriore ragione giustificativa del diniego, rileva il Collegio, è infondata e va disattesa.
17.2. Come la giurisprudenza di questo Consiglio ha più volte chiarito, infatti, la previsione dell’art. 87 del d. lgs. 259/2003 postula che il parere dell’A.R.P.A. sia richiesto esclusivamente ai fini della concreta attivazione dell’impianto, non sussistendo un onere, per l’operatore richiedente, di allegare il parere in questione in sede di presentazione dell’istanza ovvero della d.i.a. (v., inter multas, Cons. St., sez. VI, 24.9.2010, n. 7128); a norma, poi, dell’art. 87-bis del D. Lgs. n. 259/2003, il parere dell’ARPA deve intervenire “entro trenta giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda”.
17.3. In ogni caso la questione di diritto è superata, in fatto, dalla dirimente considerazione che H3G s.p.a. ha ottenuto il parere favorevole dell’A.R.P.A. Lazio per l’adeguamento tecnologico dell’impianto, come da nota del 27.6.2011 (doc. 7 del fascicolo di primo grado di H3G s.p.a.).
17.4. Va poi soggiunto che il Comune ha errato anche nel censurare la mancata “indicazione, su elaborato grafico, del titolo abilitativo – urbanistico che legittima lo stato ante opera”.
17.5. Anche simile rilievo, come ha dedotto l’appellante, è frutto di una evidente carenza di attività istruttoria, da parte dell’Amministrazione, poiché nella relazione tecnica illustrativa, allegata alla d.i.a. (doc. 10 del fascicolo di primo grado di H3G s.p.a.), è dedicato uno specifico capoverso “Precedenti riferimenti autorizzativi dell’impianto esistente” e in esso veniva indicata la “D.I.A. ai sensi degli artt. 5 e 6 D. Lgs. del 04.09.2002, n. 198, trasmessa con raccomandata A/R al Comune di Cerveteri in data 11.8.2003”.
17.6. In linea generale, infine, quanto alle pretese carenze documentali, come s’è visto del tutto insussistenti, occorre sottolineare che comunque il responsabile del procedimento avrebbe dovuto in tal caso far ricorso al potere di richiesta di integrazioni, di cui all’art. 87, comma 5, del D. Lgs. n. 259/2003; ed a questo fine rileva, ed è fondata, anche la denunciata violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990.
18. Alla luce di tutte le esposte ragioni, in conclusione, sono evidenti ed assorbenti, diversamente da quanto ha ritenuto il primo giudice, sia la violazione degli artt. 87 e 87-bis del Codice delle Comunicazioni Elettroniche, del d.m. 227/1990 e dell’art. 14 della l. n. 36/2001, sia il difetto di istruttoria, che inficiano il provvedimento di diniego gravato in prime cure, come anche l’illegittimità dell’art. 11, lett. b), del Regolamento comunale, pure impugnato da H3G s.p.a. col ricorso originario.
19. Ne segue che, in accoglimento del proposto appello, la sentenza di primo grado deve essere interamente riformata, accogliendo il ricorso in primo grado proposto da H3G s.p.a. ed annullando, quindi, tutti gli atti ivi gravati.
20. Ai sensi del combinato disposto dell’art. 26 c.p.a. e dell’art. 92, comma secondo, c.p.c., considerato che H3G s.p.a., proponendo un appello di ben 33 pagine contro una sentenza di sole 5, è venuta meno al fondamentale dovere di sinteticità degli atti prescritto dall’art. 3, comma 2, c.p.a., le spese del doppio grado di giudizio possono essere interamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in integrale riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso in primo grado proposto da H3G s.p.a., annullando tutti gli atti con esso gravati.
Compensa interamente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 febbraio 2014 con l’intervento dei magistrati:
Salvatore Cacace, Presidente FF
Roberto Capuzzi, Consigliere
Hadrian Simonetti, Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/03/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)