Cass. Sez. V n. 25728 del 3 luglio 2012 (Ud 30 apr. 2012)
Pres. Grassi Est. Sabeone Ric. Cassone
Caccia e animali. Caccia e furto venatorio

La disciplina di cui agli artt. 30 e 31 della legge  n. 157/92, in materia di attività venatoria di illecita esercitata dal cacciatore in possesso di licenza è ipotesi diversa dal bracconaggio in assenza di licenza ed esclude la possibilità di configurare il c.d. ‘furto venatorio’.

 

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Campobasso, con sentenza del 1 marzo 2011 emessa ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen., ha applicato a C.C. la pena di mesi quattro e giorni dieci di reclusione ed Euro 300,00 di multa per i reati di furto aggravato, maltrattamento di animali ed abusiva uccellagione.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del proprio difensore, lamentando esclusivamente il mancato proscioglimento, ex art. 129 cod. proc. pen..

3. La Settima Sezione Penale di questa Corte, cui gli atti erano stati trasmessi ai fini della valutazione sull'inammissibilità del ricorso con provvedimento del 24 gennaio 2012 ha disposto rimettersi gli atti a questa Sezione per la discussione.

4. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso per l'accoglimento del ricorso.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

2. Deve preliminarmente osservarsi, pur non essendo oggetto di specifico motivo di ricorso, come secondo una corrente interpretazione dei Giudici del merito la Legge sulla caccia 11 febbraio 1992, n. 157 non escluda in via assoluta l'applicabilità del cosiddetto "furto venatorio"; in realtà al contrario prevede tale esclusione solamente in relazione ai casi specificamente previsti dagli artt. 30 e 31, che non esauriscono tutti quelli di apprensione della fauna da ritenersi vietati in base ad altri precetti contenuti nella legge stessa ed infatti la norma che proibisce l'applicazione del "furto venatorio" è l'art. 30, n. 3 il quale recita: "nei casi di cui al comma 1 (dell'art. 30) non si applicano gli artt. 624, 625 e 626 cod. pen." ed analoga previsione è contenuta nell'art. 31 per le sanzioni amministrative.

Si deduce, quindi, che il reato di furto sia stato espressamente escluso soltanto nei casi circoscritti dalla prima parte dell'art. 30 e da tutto l'art. 31 in questione e cioè quelli riguardanti il cacciatore munito di licenza che violi la stessa e cacci di frodo, mentre il bracconiere senza licenza non rientra in questa prima parte dell'art. 30 ed in tutto l'art. 31 e non rientra in nessun'altra previsione specifica e dunque il furto venatorio appare ancora applicabile a suo carico, perchè la fauna resta pur sempre patrimonio indisponibile dello Stato (art. 1, L. cit.) e restano dunque intatti i vecchi presupposti giuridici del "furto venatorio".

Il reato di furto aggravato di fauna ai danni del patrimonio indisponibile dello Stato sarebbe, dunque secondo la suddetta tesi, ancora oggi applicabile nel regime della L. n. 157 del 1992 con riferimento al caso in cui l'apprensione o il semplice abbattimento della fauna sia opera di persona non munita di licenza di caccia.

Tale interpretazione, oltre che sui dati testuali sopra riferiti, risulterebbe anche alla luce del complessivo impianto normativo della L. n. 157 del 1992, il cui art. 1 testualmente stabilisce l'appartenenza della fauna selvatica al patrimonio indisponibile dello Stato e con le norme successive regola le modalità attraverso le quali (concessione da parte dello Stato, art. 12) è consentito l'esercizio dell'attività venatoria, specificando luoghi, tempi, modi e oggetto della stessa e prevedendo, correlativamente, agli artt. 30 e 31 sanzioni penali e amministrative per i comportamenti difformi ivi specificamente ed analiticamente elencati, per i quali è espressamente esclusa la possibilità di applicare le norme di cui agli artt. 624, 625 e 626 cod. pen..

Mentre, dunque, sono regolate minuziosamente le conseguenze dell'inosservanza della disciplina positiva dettata per l'esercizio della caccia, manca del tutto all'interno della legge la previsione delle conseguenze che derivano dall'esercizio della caccia in assenza della stessa licenza, e cioè del presupposto - la licenza appunto - che rende lecito un comportamento altrimenti non consentito.

Ora, proprio l'impianto complessivo della legge, fondato sul principio che è il possesso della licenza a rendere lecita l'appropriazione da parte del cacciatore di una fauna appartenente allo Stato, porta a ritenere che la mancanza della abilitazione faccia scattare la responsabilità per furto secondo le regole generali del codice penale, la cui esclusione è dalla legge stessa prevista solo con riguardo ai comportamenti di cui agli artt. 30 e 31 che, per il loro stesso contenuto di dettaglio, presuppongono il possesso da parte di chi li pone in essere della licenza di caccia.

Il dianzi indicato orientamento interpretativo, espresso nell'unico precedente noto di questa Corte di legittimità (v. Cass. Sez. 4 24 maggio 2004 n. 34352) non è, però, applicabile alla fattispecie sottoposta all'esame di questo Collegio.

Nella specie, alla luce del contestato capo d'imputazione, si verte in ipotesi di c.d. "uccellagione" (L. n. 157 del 1992, art. 30, comma 1, lett. e) ed h)), attività rispetto alla quale non può operarsi l'indicata distinzione tra attività di frodo compiuta dal cacciatore e attività di bracconaggio e che, pertanto, non si presta ad una interpretazione dell'art. 30, comma 3 della citata Legge foriera di conseguenze diverse da quelle della non applicazione delle norme in tema di furto ordinario (artt. 624, 625 e 626 cod. pen.).

3. In definitiva, avendo l'impugnata sentenza di applicazione della pena su richiesta, ex art. 444 cod. proc. pen., irrogato al ricorrente una pena in contrasto con quella di legge ecco che il relativo accordo deve ritenersi viziato, con la necessaria caducazione dell'impugnata sentenza e trasmissione degli atti al Tribunale a quo per nuovo giudizio.

P.Q.M.

La Corte, annuita senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Campobasso per nuovo giudizio.
Così deciso in Roma, il 30 aprile 2012.