TAR Piemonte, Sez. I. n. 1235, del 20 novembre 2013
Beni Ambientali.Valutazione d’incidenza ex art. 5 d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357

In forza del d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 ai proponenti piani territoriali, urbanistici e di settore, riguardanti, direttamente o indirettamente, un'area protetta, si richiede la predisposizione di uno studio volto a consentire l'individuazione e la valutazione degli effetti che gli interventi programmati potrebbero avere sull'area in questione, onde verificarne la compatibilità con le esigenze di conservazione perseguite. La Regione, a sua volta, è chiamata ad esprimere la prescritta valutazione di incidenza, che costituisce elemento essenziale dell'iter procedimentale, teso all'approvazione del progetto. Ove, infatti, la valutazione di incidenza risulti negativa, l'intervento proposto potrà essere realizzato esclusivamente nel caso in cui sussistano motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, previa adozione delle necessarie misure compensative; ovvero, qualora il progetto investa siti al cui interno siano presenti tipi di habitat naturali o specie prioritarie, soltanto per esigenze connesse alla salute dell'uomo e alla sicurezza pubblica ovvero a esigenze di primaria importanza per l’ambiente o per altri motivi imperativi di interesse pubblico. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).

N. 01235/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00400/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 400 del 2010, proposto da: 
Legambiente O.N.L.U.S., rappresentata e difesa dall'avv. Andrea Fenoglio, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Torino, via Susa, 35;

contro

Regione Piemonte, rappresentata e difesa dall'avv. Pier Carlo Maina, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Torino, piazza Castello, 165;

nei confronti di

So.Ri.Te. S.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Giorgio Santilli, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Torino, via Paolo Sacchi, 44;

per l'annullamento

della deliberazione della Giunta regionale della Regione Piemonte in data 30 dicembre 2009, n. 15-12957, pubblicata sul Bollettino ufficiale in data 7 gennaio 2010, recante la valutazione di incidenza, relativa al progetto di sistemazione definitiva dell'area denominata Po morto di Carignano, interventi edilizi, riqualificazione ambientale e attività estrattive connesse, presentato dalla So.ri.te. S.r.l. in data 11 luglio 2007,

nonché

di tutti gli atti e provvedimenti presupposti, antecedenti, consequenziali, successivi o comunque connessi con la predetta deliberazione.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Piemonte e di So.Ri.Te. S.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 novembre 2013 il dott. Giovanni Pescatore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. In data 11 luglio 2007, la So.ri. te. S.r.l. ha presentato alla Direzione attività produttive della Regione Piemonte un progetto di sistemazione definitiva dell’area denominata “Po morto di Carignano”, facente parte dell’ambito 13 del piano d’area del fiume Po, al fine di ottenere la pronuncia di compatibilità ambientale, ai sensi dell’art. 12 comma 1 L.R. 40/1998, nonché la prescritta valutazione di incidenza, ai sensi dell'art. 5, d.P.R. 8 settembre 1997 n. 357. Il progetto prevede interventi edilizi e di riqualificazione ambientale, con annesse attività estrattive, mentre l'area all’interno della quale lo stesso dovrebbe essere realizzato costituisce sito di importanza comunitaria, ai sensi della direttiva 92/43/CEE, nonché zona di protezione speciale, ai sensi della direttiva 79/409/CEE, facente parte della rete ecologica europea denominata Natura 2000.

1.1 Con deliberazione n. 57-10036 adottata in data 10 novembre 2008, la Giunta regionale della Regione Piemonte ha espresso una positiva valutazione di incidenza, subordinatamente, tuttavia, al rispetto di alcune condizioni, incluse le seguenti:

- "deve essere dimostrata la non presenza della specie Pelobates fuscus insubricus nell'area di intervento ed aree limitrofe";

- "devono essere condotti, a carico del proponente, i seguenti ulteriori monitoraggi con relazione annuale:.. sulle specie Pelobates fuscus insubricus ed Emys orbicularis [ .. ];

- nel caso si evidenzi a seguito di tali rilievi la presenza di popolazioni della specie prioritaria Pelobates fuscus insubricus, dovrà essere esclusa tassativamente ogni modificazione dell'area di ritrovamento ed avviata la procedura di modifica dell'autorizzazione, per motivi di pubblico interesse".

1.2 Il Pelobates fuscus insubricus è specie prioritaria, ai sensi dell'allegato B, d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357, nonché specie necessitante di protezione rigorosa, ai sensi dell’allegato D del medesimo decreto.

1.3 In esito agli accertamenti del caso condotti nel corso del 2009, l'Ente di gestione del sistema delle aree protette della fascia fluviale del Po, tratto torinese, ha rilevato la possibile presenza di esemplari della specie Pelobates fuscus insubricus all’interno dell’ambito territoriale interessato dal progetto. Le rilevazioni effettuate dall’Ente di gestione del Parco Fluviale del Po torinese hanno altresì attestato la presenza in loco di popolazioni di Rana latastei, anche questa classificata (al pari della prima) tra le specie soggette al regime di protezione rigorosa, ai sensi dell'allegato D, d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357.

1.4 La Giunta regionale della Regione Piemonte, con la deliberazione n. 15-12957, in data 30 dicembre 2009, ha quindi confermato la positiva valutazione di incidenza in precedenza espressa, impartendo tuttavia alla società proponente alcune ulteriori prescrizioni al fine di salvaguardare le specie protette presenti nell’area.

2. La delibera da ultimo menzionata è stata impugnata sulla base delle seguenti censure.

I) Violazione dell'art. 8 d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357, in relazione all'allegato D del medesimo decreto.

A detta della ricorrente, la realizzazione degli interventi previsti avrebbe l’effetto di perturbare le specie Pelobates fuscus insubricus e Rana latastei, entrambe oggetto di protezione rigorosa, ai sensi dell’allegato D del decreto, alterando in modo significativo l'habitat naturale all'interno del quale esse vivono e si riproducono. Peraltro, le misure correttive indicate dall'amministrazione, quale strumento di salvaguardia delle specie protette, oltre a risultare di dubbia adeguatezza, si rivelerebbero incompatibili con i divieti contenuti al menzionato art. 8.

II) Violazione dell'art. 5, comma 8, d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357, e dell'art. 4 d.P.G.r. 16 novembre 2001, n.16. Risulterebbe eluso il fondamentale principio per il quale l'acquisizione della valutazione di incidenza deve essere necessariamente preventiva all'approvazione del piano o dell'intervento, insistenti su un sito di importanza comunitaria o zona di protezione speciale. In spregio a quanto stabilito dall'art. 5, comma 8, d.P.R 8 settembre 1997, n. 357, nonché dall'art. 4 d.P.G.r. 16 novembre 2001, n. 16, la Giunta regionale avrebbe emanato una sorta di delega in bianco in favore della società proponente, esprimendo un giudizio positivo su un progetto di cui l'amministrazione stessa riconosce, sotto vari profili, l'inidoneità ad assicurare la conservazione delle specie protette, e impartendo una serie di prescrizioni di cui neppure sarebbe stata verificata la concreta praticabilità.

III) Violazione dell'art. 1 d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357, in relazione all'allegato B del medesimo decreto. Ribadito che il Pelobates juscus insubricus costituisce specie prioritaria, in virtù di quanto previsto dall'allegato B del d.P.R 8 settembre 1997, n. 357, si evidenzia come la deliberazione in questa sede impugnata non abbia previsto efficaci misure correttive atte ad impedire il verificarsi di pregiudizi irreparabili per la specie suddetta.

IV) Difetto di motivazione. Il provvedimento impugnato presenterebbe, oltre ai denunciati vizi di illegittimità per violazione di legge, evidenti profili di contraddittorietà e illogicità nella motivazione, relativamente agli aspetti essenziali della decisione sopra riepilogati.

3. Si sono costituite in giudizio la Regione Piemonte e la SO.RI.TE. s.r.l., replicando alle deduzioni avversarie e chiedendone l’integrale rigetto.

In via preliminare la Regione ha eccepito l’inammissibilità del gravame a causa della mancata impugnazione del giudizio positivo di compatibilità ambientale espresso dalla Regione con D.G.R. n. 57-10036 del 10 novembre 2008, costituente atto presupposto della deliberazione oggetto della presente impugnazione.

4. Il ricorso è stato discusso all’udienza pubblica del 7 novembre 2013, e, all’esito della stessa, è stato trattenuto a decisione.

5. Prima di affrontare la disamina delle singole censure, si impone una preliminare ricognizione delle linee essenziali del quadro normativo di riferimento.

La fonte principale è costituita dal d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357, con il quale il legislatore nazionale ha dato attuazione alla direttiva 92/43/CEE in materia di conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche. Il d.P.R. prevede la costituzione di zone speciali di conservazione, individuate dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio nell’ambito di siti di importanza comunitaria (art. 3). La competenza all’adozione delle più opportune misure di conservazione, atte a salvaguardare gli habitat e le specie presenti nelle zone speciali di conservazione site all'interno del proprio territorio, è invece attribuita alle Regioni e alle Province autonome (art. 4).

Ai proponenti piani territoriali, urbanistici e di settore, riguardanti, direttamente o indirettamente, un'area protetta, si richiede la predisposizione di uno studio volto a consentire l'individuazione e la valutazione degli effetti che gli interventi programmati potrebbero avere sull'area in questione, onde verificarne la compatibilità con le esigenze di conservazione perseguite. La Regione, a sua volta, è chiamata ad esprimere la prescritta valutazione di incidenza, che costituisce elemento essenziale dell'iter procedimentale, teso all'approvazione del progetto. Ove, infatti, la valutazione di incidenza risulti negativa, l'intervento proposto potrà essere realizzato esclusivamente nel caso in cui sussistano motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, previa adozione delle necessarie misure compensative; ovvero, qualora il progetto investa siti al cui interno siano presenti tipi di habitat naturali o specie prioritarie, soltanto per esigenze connesse alla salute dell'uomo e alla sicurezza pubblica ovvero a esigenze di primaria importanza per l’ambiente o per altri motivi imperativi di interesse pubblico (art. 5).

Una tutela speciale e più rigorosa è riservata alle specie animali e vegetali dettagliatamente elencate nell’allegato D del decreto. Per esse è previsto il divieto di catturare, abbattere o anche semplicemente perturbare esemplari, nel loro ambiente naturale, segnatamente durante le fasi del ciclo riproduttivo o durante l'ibernazione, lo svernamento e la migrazione, di distruggere o raccogliere le uova e i nidi, di danneggiare o distruggere i siti di riproduzione o le aree di sosta. Sono vietati, altresì, la sottrazione, il trasporto, lo scambio e la commercializzazione di esemplari prelevati dall’ambiente naturale (art.8).

Entrambe le specie che vengono in considerazione nella controversia all’esame (Pelobates fuscus insubricus e Rana latastei), in quanto inserite nell’allegato D, necessitano di una protezione rigorosa secondo i dettami dell’art. 8 d.P.R. 357/1997. ll solo Pelobates fuscus insubricus costituisce, poi, specie prioritaria, agli effetti dell’art. 5 d.P.R. 357/1997.

6. Chiarita la cornice normativa di riferimento, merita di essere esaminata, innanzitutto, l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla Regione sulla base della mancata impugnazione del giudizio positivo di compatibilità ambientale, espresso con D.G.R. n. 57-10036 del 10 novembre 2008.

A detta della Regione, la delibera del 2009 qui impugnata rappresenterebbe atto meramente confermativo e attuativo del giudizio presupposto contenuto nella delibera del 2008, sicché in quest’ultima, e non nella prima delibera, andrebbe rinvenuto il provvedimento effettivamente lesivo. Risulterebbe insussistente, pertanto, l’interesse a ricorrere avverso la sola delibera del 2009.

6.1 L’eccezione è infondata, in quanto basata su un fuorviante riferimento alla categoria dell’atto meramente confermativo che non calza con la vicenda procedimentale all’esame. La più classica esemplificazione di determinazione “meramente confermativa” è quella dell’atto che richiama, ribadendone il contenuto, un precedente provvedimento, senza che tra il primo e il secondo sia intervenuta alcuna nuova istruttoria e alcun nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto in precedenza già considerati (ex multis Cons. St. sez. IV, 17 settembre 2013, n. 4602; sez. III, 12 settembre 2013, n. 4520).

Alla stregua del criterio enunciato, non pare potersi discorrere - con riguardo alla delibera regionale del 2009 - di un atto meramente confermativo della precedente delibera del 2008: tra la prima e la seconda, infatti, sono intercorsi nuovi accertamenti tecnuico-scientifici (raccolti nella relazione redatta dall’ente in data 11 agosto 2009) che hanno significativamente innovato il quadro degli elementi oggetto di valutazione da parte dell’amministrazione. Ne è scaturita una nuova e diversa ponderazione del materiale istruttorio, sfociata nell’adozione di determinazioni conclusive che hanno integrato e corretto quelle contenute nella precedente delibera.

6.2 Per meglio chiarire il punto in esame e dare conto del divario di contenuti e presupposti che separa le due delibere, appare utile analizzarne sinteticamente i contenuti.

Con la prima di esse (delibera del 2008) la Regione ha sancito - sulla scorta delle valutazioni espresse dagli enti partecipanti alla conferenza dei servizi e degli accertamenti compiuti dagli organi tecnici competenti (più volte integrati nel corso dell’istruttoria) - la compatibilità ambientale e la positiva valutazione di incidenza del progetto.

La stessa delibera ha tuttavia arricchito questo giudizio conclusivo con una serie di specifiche prescrizioni, alcune delle quali riguardanti le specie faunistiche presenti nell’area di intervento. In particolare, ha predisposto un programma di monitoraggio dei luoghi, al fine di escludere la presenza della specie Pelobates fuscus insubricus; ha previsto, inoltre – per il caso in cui fosse stata riscontrata la presenza in loco di detta specie – l’esclusione tassativa di ogni modificazione dell’area di ritrovamento e l’avvio di una procedura di modifica dell’autorizzazione, ai sensi dell’art. 8 L.R. 69/1978, che prevedesse nuove misure di tutela; infine, con un’ulteriore clausola di tenore più generico, ha stabilito che “nel caso in cui gli esiti dei monitoraggio faunistici effettuati nell’area di intervento avessero rilevato il verificarsi di criticità a carico della fauna selvatica derivanti dalle attività estrattive o di lavorazione degli inerti previste in progetto”, il proponente avrebbe dovuto “prevedere e mettere in atto idonee misure correttivi” da concordare “con l’ente di gestione del parco del Po – tratto torinese, con l’Arpa Via Vas e con le direzioni regionali competenti in materia di tutela della biodiversità e della fauna selvatica”.

6.3 Dalle indagini faunistiche condotte nel 2009 (le cui risultanze sono state riportate nella relazione dell’ente gestore del parco fluviale datata 11 agosto 2009) è emersa la possibile presenza nell’area di uno/pochi individui della specie Pelobates; nel corso delle attività di monitoraggio è inoltre stata rilevata la sussistenza in loco di più individui di Rana latastei, il cui possibile ritrovamento non era stato in precedenza ipotizzato.

6.4 La delibera del 2009 ha quindi recepito gli esiti degli accertamenti faunistici e ha dato attuazione alle prescrizioni contenute nella DGR del 2008, da un lato confermando la valutazione di compatibilità ambientale e di positiva incidenza del progetto; dall’altro, condizionando tale giudizio all’effettuazione da parte del proponente di ulteriori misure correttive, singolarmente dettagliate e riferite distintamente alle due specie faunistiche rinvenute nell’area dell’intervento.

6.5 L'impugnata delibera del 2009 fonda, dunque, sulla già accertata compatibilità dell’intervento e recepisce integralmente, sul punto, quanto statuito con la DGR del 2008.

In più, amplia i contenuti della precedente delibera, arricchendoli di disposizioni attuative mirate alla tutela delle due specie animali. Tra i due atti non pare quindi ravvisabile alcun nesso di mera conformità. Parimenti va esclusa una relazione di presupposizione o pregiudizialità, non trattandosi di atti esplicativi di funzioni amministrative distinte, per quanto funzionalmente connesse. Le due delibere, al contrario, costituiscono esplicazione dello stesso potere, ripetono, almeno in parte, lo stesso contenuto (pur con gradi di approfondimento diverso) e fanno capo alla medesima autorità emanante.

7. Superata, sotto tutti i profili esaminati, l’eccezione di inammissibilità del ricorso, e venendo al merito delle contestazioni svolte dalla parte ricorrente, occorre muovere dalla prima serie di censure, con le quali si afferma che la realizzazione degli interventi previsti entrerebbe in radicale contrasto con l'art. 8 d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357, in relazione all'allegato D del medesimo decreto, in quanto altererebbe in modo significativo l'habitat naturale all'interno del quale le due specie protette vivono e si riproducono. In particolare, con riferimento alla Rana latastei, si contesta la prevista misura di “trasferimento degli individui in un habitat sostitutivo idoneo", in quanto palesemente configgente con il divieto di interventi di prelievo dal loro ambiente naturale di specie soggette a protezione rigorosa (art. 8).

In relazione, invece, al Pelobates fuscus insubricus, la proposta realizzazione di "piccole depressioni”, destinate a diventare ''piccole zone umide adatte alle esigenze riproduttive della specie", lascia intendere, secondo la ricorrente, seppur in modo implicito, che, successivamente all'ultimazione degli interventi di riqualificazione ambientale, gli attuali siti di nidificazione, riproduzione e sosta siano destinati a divenire inservibili. Tale evenienza costituirebbe un'indebita interferenza con il normale svolgersi del ciclo vitale della specie.

7.1 Con riferimento a quest’ultima specie animale va tuttavia osservato - con ciò affrontando il primo e terzo motivo di ricorso, che si prestano ad una trattazione unitaria - che la valutazione meramente probabilistica circa la presenza di uno/pochi individui della specie Pelobates, espressa nella delibera del 2009, è stata superata dai più recenti monitoraggi compiuti nel corso del 2012, i quali hanno escluso la presenza di una popolazione strutturata di tale esemplare. In particolare, se nel corso del monitoraggio del 2009 era stata rilevata la presenza di un unico esemplare, nel corso dei rilievi del 2012 non è stato contattato neppure un singolo Pelobates.

- La parte ricorrente si limita a respingere le risultanze dei monitoraggi condotti, senza tuttavia fornire dati scientifici in grado di contrastarne gli esiti e senza comprovare le ragioni dell’asserita inattendibilità del metodo impiegato nello svolgimento delle indagini.

- Nel merito, l’accertata assenza dei Pelobates costituisce circostanza di rilievo in quanto, pur essendo entrambe le specie comprese sia nell’allegato B che nell’allegato D del D.P.R. 357/1997, solo la Pelobates (evidenziata nell'allegato B con un asterisco *) costituisce specie prioritaria per la cui conservazione l'Unione europea ha una responsabilità particolare a causa dell'importanza della loro area di distribuzione naturale, ai sensi dell’art. 2 lett. h).

- Anche l’asserita mancata previsione di efficaci misure correttive atte ad impedire il verificarsi di pregiudizi irreparabili per la specie suddetta, non risulta confermata dalle iniziative adottate dalla Regione.

La delibera del 2009 fissa, infatti, sulla scorta delle valutazioni espresse in sede di conferenza dei servizi (e della relazione ARPA del 18 novembre 2009), delle prescrizioni per gli interventi di pulizia e riqualificazione della vegetazione spontanea con creazione di piccole depressioni atte a diventare zone umide adatte alle esigenze riproduttive della specie. La delibera attesta, inoltre, che per quanto riguarda la specie Pelobates “gli interventi di pulizia e riqualificazione della vegetazione spontanea cresciuta nella lanca non (sono) in contrasto con la tutela e conservazione della specie”. La relazione sulle attività di monitoraggio condotte nel 2012, infine, conferma l’utilità del programma di azioni previste all’interno del progetto approvato in sede di conferenza dei servizi che consentano il potenziamento e il miglioramento degli habitat della lanca. L’area, infatti, attualmente versa in condizione di elevato degrado che non la rendono un ambiente favorevole per l’insediamento stabile di popolazioni ben strutturate di anfibi vulnerabili.

- I dati sin qui richiamati e le risultanze delle verifiche specialistiche condotte nel corso del procedimento smentiscono, quindi, i rilievi critici di parte ricorrente e in particolare la temuta alterazione dell’habitat naturale all'interno del quale la specie vive e si riproduce. I rischi paventati in ricorso, peraltro, non risultano supportati da documentati riscontri tecnici in grado di confutare i qualificati pareri espressi dagli organi competenti in sede di conferenza dei servizi.

7.2 Con riferimento alla specie Rana latastei la delibera impugnata prevede il trasferimento degli individui in un habitat sostitutivo idoneo, sotto il controllo di un referente scientifico. La D.G.R. si cura, inoltre, di individuare l’area del nuovo insediamento e detta apposite prescrizioni cautelative, pur rimettendone l’ulteriore specificazione ad una fase successiva alla presentazione di una proposta progettuale da sottoporre alla valutazione della Commissione a ciò deputata (alla quale prendono parte, tra gli altri, l’ente gestore dell’area protetta e l’ARPA). Tale modus procedendi ha trovato l’avallo dell’ARPA (cfr. relazione del 18 novembre 2009).

Per come concepito, l’intervento in esame non pare foriero di un rischio di perturbamento della specie o di distruzione dei nidi e dei siti di riproduzione o di sosta (art. 8 D.P.R. 357/1997). Per un verso, infatti, le operazioni di conservazione risultano programmate con una tempistica e una gradualità appositamente mirate a scongiurare tale rischio; per altro verso, l’obiettivo cui mira il progetto è quello di attuare il trasferimento degli individui in un habitat sostitutivo idoneo, non già di privarli di un contesto ambientale adeguato alla loro sussistenza. E ciò in linea con le generali finalità delle procedure disciplinate dal d.P.R. 357/1997, intese ad assicurare il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di fauna e flora selvatiche di interesse comunitario.

Oltretutto, che le misure predisposte siano inadeguate all’obiettivo prefissato o carenti di adeguati supporti scientifici, è affermazione, come già esposto, sguarnita di elementi dimostrativi. La mole di apporti consultivi acquisiti nel corso della conferenza dei servizi non è bilanciata da rilievi critici di pari tenore tecnico-scientifico, in difetto dei quali le deduzioni di parte ricorrente scontano un oggettivo limite di sostanziale genericità e inconferenza.

8. Anche la seconda censura non pare meritevole di accoglimento.

Con essa si contesta l’elusione della regola istruttoria per cui la valutazione di incidenza deve sempre precedere l'approvazione del piano o dell'intervento (art. 5, comma 8, d.P.R 8 settembre 1997, n. 357). A detta della ricorrente nel caso in esame, al contrario, la Giunta regionale avrebbe emanato una sorta di delega in bianco in favore della società proponente, esprimendo un giudizio positivo su profili non ancora compiutamente accertati e impartendo una serie di prescrizioni di cui non sarebbe stata verificata, ex ante, la concreta praticabilità.

8.1 Ora, diversamente da quanto sostenuto in ricorso, non constano limiti normativi alla possibilità di inserire, nel contesto di un documento recante valutazione di compatibilità, clausole prescrittive o richieste di integrazione al cui adempimento sia subordinato il rilascio dell’autorizzazione finale. Parimenti, è ritenuto legittimo il giudizio positivo di compatibilità ambientale subordinato all'ottemperanza di prescrizioni e condizioni, in quanto una valutazione condizionata di impatto costituisce un giudizio allo stato degli atti integrato dall'indicazione preventiva degli elementi capaci di superare le ragioni del possibile dissenso, in ossequio al principio di economicità dell'azione amministrativa e di collaborazione tra i soggetti del procedimento (Cons. St. sez. VI, 23 febbraio 2009, n. 1049). I principi richiamati risolvono i rilievi sollevati dalla parte ricorrente.

8.2 Nel caso in esame, peraltro, la delibera contiene prescrizioni in parte già definite e solo in altra parte rimesse a successive fasi di accertamento e valutazione, sicché l’affermata elusione della funzione propedeutica del giudizio di incidenza non appare rispondente alla effettiva e concreta configurazione dell’atto impugnato.

9. La quarta e ultima censura attiene ad un asserito difetto di motivazione. Il provvedimento impugnato presenterebbe, oltre ai denunciati vizi di violazione di legge, evidenti profili di contraddittorietà e illogicità, relativamente ad aspetti essenziali della decisione. In particolare, l’amministrazione, dopo essersi in un primo tempo espressa nel senso dell’impossibilità di approvare il progetto, nel caso in cui fosse stata riscontrata la presenza di popolazioni di Pelobates fuscus insubricus, avrebbe poi inopinatamente mutato opinione, giungendo a formulare una positiva valutazione di incidenza, benché gli accertamenti nel frattempo eseguiti avessero inequivocabilmente confermato l'esistenza di esemplari della predetta specie nel sito in questione. Inoltre, la delibera, pur avendo dato atto della necessità di “ulteriori misure correttive”, non ne avrebbe specificato gli esatti contenuti, e ciò anche con riguardo al reperimento del sito alternativo ove dovrebbero essere trasferiti gli esemplari di Rana latastei.

9.1 Il motivo in esame reitera doglianze già formulate, qui riproposte sotto il profilo della incoerenza e illogicità della motivazione del provvedimento.

L’asserita contraddittorietà, tuttavia, non tiene conto del fatto che la prima delibera recava una clausola di riserva per l’ipotesi in cui fosse stata rilevata la presenza di una popolazione della specie Pelobates. Non essendosi verificata tale circostanza, ma essendo stata appurata la possibile presenza di uno/pochi individui, si è ritenuto opportuno ricalibrare le misure di tutela in funzione del riscontrato minor rischio di incidenza. L’esito dei successivi rilievi ha confermato l’assenza della specie, così giustificando la già descritta modulazione delle misure cautelative.

9.2 Risulta inoltre del tutto indimostrata – per quanto già esposto - l’inadeguatezza delle misure predisposte rispetto all’obiettivo di tutela programmato.

9.3 Anche l’affermata indeterminatezza della delibera, nella parte relativa all’individuazione del sito di ricollocamento delle Rane latistei, appare smentita dal contenuto dell’atto impugnato, che affronta diffusamente la questione e conclude optando per l’angolo SE come zona idonea al nuovo insediamento. La delibera individua inoltre il momento di avvio delle operazioni di conservazione della popolazione e le modalità delle attività di monitoraggio e verifica.

Anche sotto i profili da ultimo considerati, va confermata, pertanto, la statuizione di infondatezza e di reiezione del ricorso.

La natura delle questioni trattate e la delicatezza degli interessi coinvolti giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

lo respinge.

Compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:

Lanfranco Balucani, Presidente

Ariberto Sabino Limongelli, Primo Referendario

Giovanni Pescatore, Referendario, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 20/11/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)