Consiglio di Stato, Sez. IV,  n. 4502 del 6 agosto 2012
Beni Ambientali.Individuazione vincolo area boscata

Il concetto di bosco dato dall’art. 6 del decreto legislativo n. 227 del 2001 è, per espresso disposto di legge, cedevole rispetto alle eventuali diverse definizioni stabilite dalle regioni con norme già adottate o da adottarsi nei dodici mesi successivi. Per determinare se un appezzamento di terreno è ricompreso all’interno di una superficie con vincolo boschivo, l’accertamento dell’ente competente deve riguardare non la sola area oggetto di indagine, ma l’area considerata nel suo complesso. D’altronde, se così non fosse, basterebbe ritagliarsi, all’interno di un’area boscata, una porzione di terreno con dimensioni inferiori ai parametri previsti dalle norme per negare a questa la natura di area boscata e pretendere allora il rilascio di un titolo edificatorio, il che sarebbe evidentemente inammissibile. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 04502/2012REG.PROV.COLL.

N. 03186/2012 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3186 del 2012, proposto da:

Regione Puglia, rappresentato e difeso dall'avv. Maria Scattaglia, con domicilio eletto presso Delegazione romana della Regione Puglia in Roma, via Barberini, 36;

contro

Salvatore Tricarico, Gianluca Tricarico, rappresentati e difesi dagli avv. Ernesto Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso Saverio Sticchi Damiani in Roma, via Bocca di Leone, 78; Francesco Leporale;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZIONE I n. 00406/2012, resa tra le parti, concernente DINIEGO NULLA OSTA IDROGEOLOGICO PER LA REALIZZAZIONE DI UN PROGETTO DI CIVILI ABITAZIONI, LOCALE COMMERCIALE, GARAGE E DEPOSITO.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Salvatore Tricarico e di Gianluca Tricarico;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 luglio 2012 il Cons. Giuseppe Castiglia e uditi per le parti gli avvocati Maria Scattaglia ed Ernesto Sticchi Damiani;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

I signori Salvatore e Gianluca Tricarico sono proprietari di un terreno nel comune di Gallipoli, in zona B 10, sottoposto a vincolo idrogeologico-forestale.

In data 7 febbraio 2011, hanno presentato all’Amministrazione comunale un progetto per la realizzazione, in tale area, di un edificio destinato a civili abitazioni, locale commerciale, garage e deposito. Il successivo 6 maggio, hanno presentato alla Regione Puglia istanza per il rilascio del nullaosta forestale.

Con nota del 14 luglio 2011, la Regione ha comunicato il preavviso di diniego dell’istanza, da considerarsi come definitivo in difetto di osservazioni da parte degli interessati.

I signori Tricarico, senza controdedurre, hanno impugnato il provvedimento di diniego. Accolta la domanda cautelare con ordinanza 20 ottobre 2011, n. 720, il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia – Lecce, Sezione I, ha poi accolto il ricorso anche nel merito con sentenza 6 marzo 2012, n. 406, annullando di conseguenza il provvedimento in questione.

Il giudice di primo grado ritiene che non sarebbe utilizzabile la definizione di “bosco” data dall’art. 2 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, destinata a valere – ai sensi del comma 6 dello stesso articolo – “nelle more dell’emanazione delle norme regionali … e ove non diversamente già definitivo dalle regioni stesse”. Per la Regione Puglia, pertanto, occorrerebbe riferirsi al piano urbanistico territoriale tematico per il paesaggio (P.U.T.T./p), che prevede una propria classificazione delle aree boscate e considera l’area in oggetto annessa al bosco e non boscata. Il provvedimento di diniego, inoltre, non sarebbe assistito da idonea istruttoria e motivazione circa l’incompatibilità dell’intervento progettato con l’assetto idrologico dell’area.

Contro la sentenza la Regione ha interposto appello, chiedendone anche la sospensione dell’esecutività.

Secondo la Regione, non essendo state ancora emanate le norme regionali cui il decreto legislativo citato fa rinvio, dovrebbe continuare ad applicarsi la definizione recata dalla legislazione nazionale, sostanzialmente non dissimile, peraltro, da quella del piano regionale.

Sarebbe poi irrilevante la circostanza che l’area non sia considerata come bosco nella cartografia annessa al piano. Questa avrebbe un valore indicativo, sarebbe superata da successive, più fedeli cartografie (dalle quali risulterebbe come “bosco di conifere”) e dovrebbe comunque cedere di fronte al dato oggettivo della presenza di un bosco.

La Regione, infine, ripropone le difese già formulate in primo grado.

I signori Tricarico si sono costituiti in giudizio per resistere all’appello. Insistono particolarmente sulla carenza di istruttoria e motivazione del provvedimento di diniego, anche a fronte della relazione idrogeologica depositata in primo grado, e contestano comunque nel merito le argomentazioni dell’appellante.

Anche alla luce dell’esigenza di accertare le caratteristiche dell’area di cui è causa, la domanda cautelare è stata accolta dal Consiglio di Stato, Sezione IV, con ordinanza 22 maggio 2012, n. 1947, che ha fissato per la discussione della causa nel merito l’udienza pubblica del 3 luglio 2012.

Successivamente la Regione ha disposto sull’area un sopralluogo, il cui verbale ha poi depositato in atti.

Nel frattempo gli appellanti hanno depositato documenti e, in seguito, memoria, intesa a ribadire che l’area in questione non sarebbe classificabile come bosco e che, in ogni caso, i lavori progettati non comporterebbero pregiudizi idrogeologici tali da precluderne la realizzazione. Contesta poi le risultanze del sopralluogo, che avrebbe preso in considerazione l’intera area boscata e non solo il terreno di proprietà Tricarico.

Con memoria del 13 giugno, la Regione ha ritenuto la memoria degli appellati tardiva, perché presentata oltre il termine previsto dall’art. 73, comma 1, c.p.a., e, con successiva memoria, insiste per l’accoglimento dell’appello.

All’udienza pubblica del 3 luglio 2012, la causa è stata chiamata e trattenuta in decisione.

 

DIRITTO

1. In via preliminare, va dichiarata l’inammissibilità della memoria presentata dalla parte privata l’11 giugno scorso, perché fuori termine.

2. Nel merito, si controverte in primo luogo sul se l’area di cui è causa debba considerarsi boscata e se a tale riguardo si debba fare riferimento alla normativa nazionale o a quella regionale.

La questione, in realtà, non è dirimente perché - come conviene la stessa Regione appellante (p. 20 del ricorso in appello) - non vi sono differenze sostanziali tra le definizioni recate dall’una e dall’altra fonte.

Correttamente, peraltro, la sentenza impugnata ha ritenuto applicabile la nozione di provenienza regionale.

Il concetto di “bosco” data dall’art. 6 del citato decreto legislativo n. 227 del 2001 è, per espresso disposto di legge, cedevole rispetto alle eventuali diverse definizioni stabilite dalle regioni con norme già adottate o da adottarsi nei dodici mesi successivi.

La disposizione legislativa richiamata fa rinvio alle norme regionali e non richiede che questa assumano veste di norme di legge. Nel caso di specie, il P.U.T.T./p della Regione Puglia è strumento idoneo allo scopo, dato che esso, oltre a recare prescrizioni concrete, ha natura di atto normativo (così Cons. Stato, Sez. IV, 31 gennaio 2012, n. 476).

3. Peraltro, proprio ai parametri offerti dal piano ai fini della definizione di “bosco” (in termini di superficie, larghezza media e copertura) ha riguardo il sopralluogo effettuato dalla Regione nell’area in discorso.

Dal sopralluogo emerge che il terreno in oggetto rientra nella definizione normativa di “bosco”.

A questa conclusione fattuale, non contestata nella sua concreta dimensione, non possono essere opposti:

né i dati per avventura difformi recati dalla cartografia annessa al piano o ad altri strumenti urbanistici (dovendosi per l’appunto prendere in considerazione, ai fini della tutela, lo stato di fatto);

né il rilievo - sviluppato dalla parte privata anche nell’udienza pubblica - che il sopralluogo avrebbe avuto ad oggetto non la sola area di proprietà degli appellati, bensì l’intera area boscata, perché oggetto di indagine non poteva che essere l’area considerata nel suo complesso. D’altronde, se così non fosse, basterebbe ritagliarsi, all’interno di un’area boscata, una porzione di terreno con dimensioni inferiori ai parametri previsti dalle norme per negare a questa la natura di area boscata e pretendere allora il rilascio di un titolo edificatorio: il che sarebbe evidentemente inammissibile.

4. Trattandosi dunque di bosco, si applica l’art. 4, comma 2, del decreto legislativo più volte ricordato, secondo cui “la trasformazione del bosco è vietata, fatte salve le autorizzazioni rilasciate dalle regioni …”.

In effetti gli appellati non contestano che l’area sia sottoposta a vincolo idrogeologico ai sensi dell’art. 1 del regio decreto legge 30 dicembre 1923, n. 3267. Per tale ragione hanno fatto richiesta di nulla osta forestale, cui la Regione ha risposto con un preavviso di diniego, poi divenuto definitivo.

Come bene rileva, sotto questo aspetto, la sentenza, è irrilevante il fatto che l’area sia stata classificata nel nuovo strumento urbanistico di Gallipoli come zona B 10, sulla base del parere favorevole reso dall’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo idrogeologico, poiché tale parere favorevole non esclude la necessità di valutare caso per caso le singole richieste di autorizzazione, avuto riguardo alla specificità degli interventi da realizzare.

5. Sul difetto di istruttoria e di motivazione del provvedimento negativo, rilevata dal Tribunale regionale, insistono le difese della parte privata.

In particolare il Giudice di primo grado ha censurato il provvedimento impugnato per non avere valutato le caratteristiche dell’intervento (relativo a una superficie molto limitata e confinante con area già urbanizzata), senza tenere conto del rapporto tra l’area oggetto dell’intervento medesimo e quella complessivamente votata alla salvaguardia della falda acquifera con il divieto di emungimento.

Osserva il Collegio che lo stesso art. 4, comma 2, del decreto legislativo n. 227 del 2001 assume tra i criteri di compatibilità, da tenere presenti ai fini delle autorizzazioni alla trasformazione del bosco, la stabilità dei terreni e il regime delle acque, che qui precisamente vengono in gioco.

Come si legge nella motivazione del preavviso di diniego, l’area in questione è un’area di versante ed è inclusa nelle zone a divieto di emungimento; ciò, proprio a causa della salinizzazione della acque di falda profonda, determinato - tra le altre cause - dall’uso intenso delle risorse idriche sotterranee e dalla impermeabilizzazione dei suoli legata allo sviluppo urbanistico.

Ma allora è del tutto evidente che qualunque ulteriore sviluppo urbanistico nell’area (in ogni porzione dell’area) è suscettibile di accentuare quel fenomeno negativo (salinizzazione delle acque con correlato divieto di emungimento).

Oltretutto, che nel caso di specie, l’intervento progettato sia tutt’altro che modesto appare per tabulas, trattandosi di realizzare un edificio per civili abitazioni, locale commerciale, garage e deposito.

D’altronde, in una valutazione complessiva della vicenda, si deve rilevare che la stessa relazione geologico tecnica di parte non esclude, in previsione dello scavo previsto per la costruzione dell’immobile, la possibilità che flussi idrici (anche se stimati “di modesta entità”) si possano infiltrare attraverso fratture e fessure preferenziali nell’ammasso roccioso, defluendo lungo la parete del futuro fronte di scavo. La possibile ripercussione delle opere sul regime delle acque, dunque, è riconosciuta.

In definitiva, il Collegio è dell’avviso che il vizio di carenza di istruttoria e di motivazione, che renderebbe illegittimo il provvedimento impugnato in primo grado, non sussista.

6. Dalle considerazioni che precedono discende che l’appello dell’Amministrazione regionale è fondato e va perciò accolto.

Conformemente alla legge, le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, conferma il provvedimento oggetto del giudizio di primo grado.

Condanna la parte appellata alle spese, che liquida nell’importo di euro 3.000,00 (tremila/00), oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 luglio 2012 con l'intervento dei magistrati:

Paolo Numerico, Presidente

Sergio De Felice, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

Umberto Realfonzo, Consigliere

Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 06/08/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)