Consiglio di Stato Sez. IV n. 2836 del 21 marzo 2023
Beni ambientali.Parere di compatibilità paesaggistica

Il parere di compatibilità paesaggistica costituisce un atto endoprocedimentale emanato nell’ambito di quella sequenza di atti ed attività preordinata al rilascio del provvedimento di autorizzazione paesaggistica (o del suo diniego). Le valutazioni espresse sono finalizzate, dunque, all’apprezzamento dei profili di tutela paesaggistica che si consolideranno, all’esito del procedimento, nel provvedimento di autorizzazione o di diniego di autorizzazione paesaggistica. Nell’esercizio della sua funzione consultiva, la Soprintendenza formula le proprie valutazioni di merito, in termini di compatibilità paesaggistica, di cui deve tenere conto l’autorità competente nell’emanare il provvedimento finale. Decorso il termine per l’adozione del parere da parte della Soprintendenza, l’organo statale può comunque esprimersi in ordine alla compatibilità paesaggistica dell’intervento, fermo restando che, ove tardivamente reso, l’atto consultivo perde il suo carattere di vincolatività e deve essere, perciò solo, autonomamente e motivatamente valutato dall’amministrazione deputata all’adozione dell’atto autorizzatorio finale.


Pubblicato il 21/03/2023

N. 02836/2023REG.PROV.COLL.

N. 00756/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 756 del 2021, proposto dalla società agricola Pasetti di Pasetti Domenico S.S., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Pietro Chichiarelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per l’Abruzzo, sezione I, n. 365 del 19 ottobre 2020, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero per i beni e le attività culturali;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2022 il consigliere Alessandro Verrico e udito l’avvocato Pietro Chichiarelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’oggetto del presente giudizio è rappresentato da:

a) la domanda di annullamento dei seguenti provvedimenti:

a1) determinazione della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per la città dell’Aquila prot. n. 4655 del 12 luglio 2019, recante il parere negativo, ex art. 146 d.lgs. n. 42 del 2004, sul progetto presentato dalla ditta Pasetti per la realizzazione di una struttura di produzione e trasformazione vitivinicola nel comune di Capestrano – in area tutelata paesaggisticamente ai sensi dell’art. 142, comma 1, lettera f), del d.lgs. n. 42/2004 “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio” in quanto ricompresa nel perimetro del Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, classificata come Zona B1 “Trasformabilità mirata” dal Piano Paesistico della Regione Abruzzo e confinante a est con la Zona A1 di protezione integrale e con le aree tutelate come “Boschi” ai sensi dell’art. 142, comma 1, lett. g), del d.lgs. n. 42/2004, a ovest con altra Zona A1 di protezione integrale che si sovrappone alla fascia di tutela e rispetto del fiume Tirino (art. 142, comma 1, lett. c);

a2) determinazione della Direzione generale del Ministero per i beni e le attività culturali n. 21/2018 del 4 aprile 2010;

a3) la determinazione del comune di Capestrano n. 2881 del 14 ottobre 2019 recante il diniego definitivo al rilascio del permesso di costruire la cantina vitivinicola;

b) la domanda di risarcimento del danno derivante dal rilascio del parere negativo.

2. In particolare, ricostruendo in cronologico l’intera vicenda in esame, si osserva che:

i) con l’intenzione di realizzare una cantina - sulle aree individuate nel catasto terreni del comune di Capestrano, foglio 42, particelle 96, 98, 99, 100, 102,103,156,157, 158, 159, 167 e foglio 30 part. 509 – 977 - in data 1° giugno 2016 la società agricola Pasetti chiedeva di poter eseguire dei saggi nella zona di interesse archeologico;

ii) la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per la città dell’Aquila, con nota dell’8 novembre 2016, comunicava che in dette particelle non insistevano siti archeologici;

iii) in data 20 luglio 2017, la ditta Pasetti presentava al comune di Capestrano un progetto per la realizzazione di una struttura di produzione e trasformazione vitivinicola;

iv) la Soprintendenza, con nota prot. n. 171 dell’11 gennaio 2018, esprimeva parere negativo;

v) successivamente, in data 22 giugno 2018 la società agricola presentava un secondo progetto, determinando l’avvio di un nuovo procedimento autorizzatorio;

vi) sulla base del parere negativo espresso dal Comitato tecnico scientifico per il paesaggio di Roma espresso con verbale n. 7 del 14 maggio 2018, la Soprintendenza, con nota prot. n. 0004847 del 31 luglio 2018, comunicava preavviso di parere negativo ai sensi dell’art. 10-bis l. n. 241/90;

vii) la società agricola, dopo aver presentato in via informale alla Soprintendenza in data 8 novembre 2018 un nuovo progetto, in data 8 aprile 2019 presentava il progetto definitivo al comune di Capestrano, il quale prima esprimeva parere favorevole sotto il profilo paesaggistico e quindi, in data 30 aprile 2019, trasmetteva lo stesso alla Soprintendenza;

viii) con nota del 22 maggio 2019 prot. n. 3166 la Soprintendenza trasmetteva la richiesta di attivazione del tavolo (nonché la documentazione inerente i precedenti progetti già respinti) al Direttore generale, il quale, con nota prot. n. 16577/P del 13 giugno 2019, trasmetteva l’atto di indirizzo n. 21/2018 del 4 aprile 2010;

ix) con nota del 14 giugno 2019, trasmessa al comune di Capestrano, la Soprintendenza, richiamando l’atto di indirizzo del Direttore generale, comunicava il preavviso di rigetto ai sensi dell’art. 10-bis della l. n. 241/1990 sull’istanza di autorizzazione paesaggistica;

x) con istanze presentate in data 14, 19, 20 e 21 giugno 2019, la società Agricola Pasetti chiedeva quindi l’accesso agli atti del procedimento non conosciuti e, in relazione a tali richieste, la Soprintendenza, con note prot. n. 4634 e n. 4635 dell’11 luglio 2019, accoglieva solo parzialmente le istanze;

xi) infine, con nota prot. 4655 del 12 luglio 2019, la Soprintendenza esprimeva il parere definitivo negativo al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica;

xii) seguiva la determinazione del comune di Capestrano n. 2881 del 14 ottobre 2019 recante il diniego definitivo al rilascio del permesso di costruire la cantina vitivinicola.

3. La società agricola Pasetti di Pasetti Domenico S.S. proponeva ricorso dinanzi al T.a.r. per l’Abruzzo, sede di L’Aquila (r.g. n. 358/2019), affidandolo a due complessi motivi (estesi da pagina 9 a pagina 34 del ricorso), in tal modo rubricati:

i) “Violazione ed erronea applicazione di legge (art. 146 del D.Lgs. 42/2004 in relazione all’art. 10 bis della L. n. 241/1990) - violazione del procedimento - eccesso di potere (difetto assoluto di motivazione - di istruttoria - del presupposto - erroneità - sviamento - arbitrarietà)”;

ii) “Violazione ed erronea applicazione dell’art. 146 del D.lgs. 42/2004, nonché dell’art. 3 della L. 241/1990. Eccesso di potere, incompetenza, difetto di motivazione e di istruttoria, travisamento dei fatti, sviamento di potere, illogicità manifesta”.

3.1. Con atto di motivi aggiunti la ditta Pasetti contestava il diniego comunale per invalidità derivata.

4. Il T.a.r. per l’Abruzzo, sez. I, con la sentenza n. 365 del 19 ottobre 2020:

- ha respinto i motivi impugnatori posti a sostegno del ricorso principale;

- ha respinto il ricorso per motivi aggiunti incentrati sulla invalidità derivata dei provvedimenti ivi impugnati;

- ha respinto la domanda di risarcimento del danno;

- ha compensato fra le parti le spese di lite.

5. La società originaria ricorrente ha proposto appello, per ottenere la riforma della sentenza impugnata e il conseguente accoglimento integrale del ricorso originario. In particolare, l’appellante ha affidato il gravame a sei motivi impugnatori e ad un settimo, con cui si reitera la domanda di risarcimento del danno (estesi da pagina 6 a pagina 24 del ricorso).

6. Si è costituito in giudizio per resistere il Ministero per i beni e le attività culturali.

7. La sezione, con ordinanza n. 801 del 19 febbraio 2021, ha respinto l’istanza cautelare, motivando anche sulla carenza di fumus boni iuris, nei seguenti termini: “Considerato che l’appello richiede definizione nel merito, non essendo peraltro prima facie corredato da sufficiente fumus boni juris, in quanto essenzialmente incentrato su censure che impingono il merito della valutazione di incompatibilità paesaggistica; Considerato che non sussiste, in termini di gravità e irreparabilità, il pregiudizio allegato, posto che la polizza fideiussoria di prossima scadenza, come ammesso dalla stessa interessata, può essere rinnovata, facendosi ovviamente la parte carico dei relativi costi, e tenendo presente che essa ha già ricevuto in acconto la metà delle somme ammesse a finanziamento; Ritenuto equo compensare le spese della presente fase cautelare”.

8. All’udienza pubblica del 6 dicembre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

9. Preliminarmente, il collegio dichiara inammissibile, per violazione del divieto dei nova sancito dall’art. 104, comma 2 c.p.a, la produzione documentale di parte appellante diversa da quella versata nel fascicolo di primo grado e, in particolare, gli allegati riguardanti: le sezioni della struttura, la foto planimetrica con rendering della cantina, il rendering della cantina dall’alto, il confronto tra la foto degli scavi e il renderig dell’opera, la determina DPD018.115 del 25 agosto 2020 di concessione contributo, la polizza di garanzia regionale, la DGR n. 693 di istituzione della polizza fideiussoria, lo stralcio del bando PSR 4.1.1.-1, la graduatoria preliminare e definitiva del bando PSR misura 4.1.1.

10. Nel merito, l’appello risulta infondato e deve pertanto essere respinto.

11. Con un primo motivo di appello la società agricola eccepisce la carenza istruttoria insita nel parere negativo espresso dalla Soprintendenza, da esso non emergendo alcuna valutazione delle peculiarità architettoniche e delle soluzioni costruttive ed essendo state ignorate le caratteristiche conformative e mimetiche dell’edificio progettato. L’impugnato provvedimento si limiterebbe infatti ad indicare il quadro normativo edilizio dell’area, l’aspetto paesaggistico della zona e alcuni caratteri peculiari dell’intervento, facendo richiamo dell’atto di indirizzo del Direttore generale.

Con la quarta censura, l’appellante denuncia inoltre l’assenza di motivazione a sostegno del giudizio di “grande dimensione” formulato dalla Soprintendenza con riferimento all’insediamento progettato.

Infine, con un quinto motivo di appello la società ha rilevato, sotto altro profilo, che il provvedimento sarebbe illegittimo a causa dell’omessa indicazione degli effetti nocivi che l’insediamento produrrebbe sul paesaggio.

11.1. Al riguardo, occorre premettere che il collegio condivide il tradizionale orientamento giurisprudenziale espresso da questa sezione in materia di autorizzazione paesaggistica e con particolare riferimento alla casistica relativa al silenzio assenso, al parere tardivo, all’ambito delle valutazioni da parte della Soprintendenza (limitatamente agli aspetti paesaggistici e archeologici), ai rapporti coi titoli edilizi, alla tutela delle identità tradizionali e culturali delle popolazioni locali (Cons. Stato, sez. IV, n. 563 del 2022, n. 181 del 2022, n. 941 del 2021, n. 4765 del 2020, n. 3170 del 2020), in forza dei quali:

a) il parere di compatibilità paesaggistica costituisce un atto endoprocedimentale emanato nell’ambito di quella sequenza di atti ed attività preordinata al rilascio del provvedimento di autorizzazione paesaggistica (o del suo diniego). Le valutazioni espresse sono finalizzate, dunque, all’apprezzamento dei profili di tutela paesaggistica che si consolideranno, all’esito del procedimento, nel provvedimento di autorizzazione o di diniego di autorizzazione paesaggistica;

b) nonostante il decorso del termine per l’espressione del parere vincolante ai sensi dell’art. 146 d.lgs. n. 42 del 2004 da parte della Soprintendenza, non può escludersi in radice la possibilità per l’organo statale di rendere comunque un parere in ordine alla compatibilità paesaggistica dell’intervento, fermo restando che, nei casi in cui vi sia stato il superamento del termine, il parere perde il suo carattere di vincolatività e deve essere autonomamente e motivatamente valutato dall’amministrazione deputata all’adozione dell’atto autorizzatorio finale (cfr. ex plurimis, Cons. Stato, sez. VI, n. 2136 del 27 aprile 2015; n. 4927 del 28 ottobre 2015; in termini da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 2 febbraio 2021, n. 941);

c) nel procedimento in cui la Soprintendenza reca le proprie valutazioni di compatibilità paesaggistica, la stessa può formulare le valutazioni di merito, di cui deve tenere conto l’autorità competente ad emanare il provvedimento finale (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 17 marzo 2020, n. 1903; Sez. VI, 23 luglio 2018, n. 4466; Sez. VI 15 maggio 2017, n. 2262; Sez. VI, 28 dicembre 2015, n. 5844; Sez. VI, 4 giugno 2015, n. 2751).

11.2. Da tali coordinate ermeneutiche deriva che l’opzione zero può e deve essere consentita.

Tale soluzione non pare in contrasto con la più recente affermazione giurisprudenziale secondo cui laddove, nella particolare materia della tutela del paesaggio, si fronteggino “opinioni divergenti, tutte parimenti plausibili, il giudice deve dare prevalenza alla posizione espressa dall’organo istituzionalmente investito (dalle fonti del diritto e, quindi, nelle forme democratiche) della competenza ad adottare decisioni collettive, rispetto alla prospettazione individuale dell’interessato. In quest’ultimo caso, non si tratta di garantire all’Amministrazione un privilegio di insindacabilità (che sarebbe contrastante con il principio del giusto processo), ma di dare seguito, sul piano del processo, alla scelta legislativa di non disciplinare il conflitto di interessi ma di apprestare solo i modi e i procedimenti per la sua risoluzione” (Cons. Stato, sez. VI, 23 settembre 2022, n. 8167).

Invero, a differenza delle scelte politico-amministrative (c.d. «discrezionalità amministrativa»), nel caso di valutazioni dei fatti complessi richiedenti particolari competenze (c.d. «discrezionalità tecnica»), difettando parametri normativi a priori che possano fungere da premessa del ragionamento sillogistico, il giudice non ‘deduce’ ma ‘valuta’ se la decisione pubblica rientri o meno nella (ristretta) gamma delle risposte maggiormente plausibili e convincenti alla luce delle scienze rilevanti e di tutti gli altri elementi del caso concreto. Pertanto, ove l’interessato non ottemperi all’onere di mettere in discussione l’attendibilità tecnico-scientifica della valutazione amministrativa e si fronteggino opinioni divergenti parimenti plausibili, il giudice deve far prevalere la posizione espressa dall’organo istituzionalmente competente ad adottare la decisione.

11.3. In particolare, con la pronuncia da ultimo citata, è stato correttamente e condivisibilmente posto in luce che la necessità del bilanciamento diviene maggiore quando confligge l’interesse alla tutela dell’ambiente con quello alla tutela del paesaggio.

Ebbene, stante l’assenza - in generale - di una primazia o prevalenza assoluta di un principio e diritto fondamentale rispetto agli altri, tale assunto valendo anche per i ‘diritti’ (sentenza della Corte costituzionale n. 85 del 2013) e per gli ‘interessi’ di rango costituzionale (vieppiù quando assegnati alla cura di corpi amministrativi diversi), si impone per essi una tutela di carattere “sistemico”, da perseguire in un rapporto di integrazione reciproca.

11.4. Del resto, a tali fini non assume specifica rilevanza l’individuazione della natura monostrutturata o polistrutturata della decisione, sviluppata nella citata sentenza ai fini dell’applicabilità del meccanismo del silenzio assenso, di cui all’art. 17-bis della legge n. 241 del 1990, all’autorizzazione paesaggistica disciplinata dall’art. 146 del d.lgs. n. 42/2004, da intendersi nel senso che, nel primo caso, le due amministrazioni (quella titolare del procedimento e quella interpellata) devono condividere la funzione decisoria ed essere titolari di un potere decisorio sostanziale, mentre, nel secondo caso, una delle due amministrazioni riveste un ruolo meramente formale, nel senso che raccoglie e trasmette l’istanza all’altra amministrazione, unica decidente.

11.5. D’altro canto, non può essere sottovalutato che il nuovo testo dell’art. 9 Cost., come novellato dalla legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1, depone nel senso della maggiore, e non minore, tutela dei valori ambientali e paesaggistici nell’ottica della salvaguardia delle generazioni future e dello sviluppo sostenibile.

Ne discende che l’esegesi delle disposizioni che disciplinano i procedimenti in materia di ambiente e paesaggio dovrebbe essere orientata nel senso di conseguire tale obbiettivo di fondo e quindi accrescere e non diminuire il livello di protezione effettiva di tali valori.

11.6. Ciò considerato, diversamente da quanto dedotto da parte appellante, non si ravvisano nell’impugnato parere difetti di motivazione e istruttoria tenuto conto che:

a) l’insediamento (azienda vinicola) consta di una volumetria f.t. per 10.000 mq con una altezza di 5 metri;

b) l’area interessata dall’intervento è tutelata paesaggisticamente ai sensi dell’art. 142, comma 1, lettera f), del d.lgs. n. 42/2004, è ricompresa nel perimetro del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga ed è distante dalle zone maggiormente antropizzate del comune di Capestrano;

c) detta area, nel Piano Paesistico della Regione Abruzzo, è classificata come Zona B1 “Trasformabilità mirata” e confina a est con la Zona A1 di protezione integrale e con le aree tutelate ai sensi dell’art. 142, comma 1, lett. g), “Boschi”, a ovest con altrettanta Zona A1 di protezione integrale che si sovrappone alla fascia di tutela e rispetto del fiume Tirino (art. 142, comma 1, lett. c). In particolare, nelle NTA del PRP, per Zone “B” si intendono “quegli elementi territoriali per i quali sono risultati dalle analisi tematiche “elevati” i valori relativi agli aspetti paesaggistici e/o biologici e/o naturalistici, e/o geologici […] per le suddette subzone, il P.R.P. tende ad assicurare che la domanda di trasformazione sia subordinata a valutazioni degli effetti conseguenti dall’inserimento dell’oggetto della trasformazione, al fine di valutarne la idoneità e la ammissibilità con riferimento alla finalità della conservazione delle configurazioni paesistiche significative evidenziate dall’esame delle caratteristiche costitutive” (art. 36). Per le subzone 1, fra gli usi compatibili per l’uso agricolo, sono comunque anche compresi gli “interventi diretti alla realizzazione di impianti e manufatti destinati alla lavorazione e trasformazione di prodotti agricoli” (art. 38 punto 1.4).

11.7. In conclusione, alla luce di tali considerazioni, risulta palese come l’amministrazione, nel motivare il parere negativo, abbia adeguatamente fatto rilevare come la volumetria dell’insediamento risulti eccesiva per una zona compresa in un Parco nazionale che, sia pure suscettibile di trasformazione, è qualificata di elevato pregio ambientale ed è priva di significative presenze antropiche (a differenza di altre aree su cui potrebbe essere insediata la cantina vinicola per cui è causa).

12. A mezzo delle rimanenti censure la società appellante:

a) ha lamentato il travisamento dei fatti da parte della Soprintendenza, sotto i seguenti profili: i) per non aver adeguatamente considerato il posizionamento di circa l’80% dei volumi del fabbricato al di sotto del piano di campagna; ii) per essersi basata su un parere del Comitato tecnico-scientifico emesso su una diversa proposta progettuale; iii) per la errata valutazione del grado di antropizzazione della zona e della “grande dimensione” dell’insediamento (secondo motivo);

b) ha denunciato l’eccesso di potere in ragione dell’illogicità della valutazione di “grandezza dimensionale” dell’opera, essendo stata dedotta dal raffronto con i fabbricati presenti in zona (terzo motivo), ed in quanto la decisione presa si troverebbe in netto contrasto con i provvedimenti emessi in precedenza dalla Soprintendenza nei confronti della medesima proponente (sesto motivo).

12.1. Al riguardo, il collegio rileva che tali censure sono inammissibili, in quanto impingono nel merito delle valutazioni ampiamente discrezionali dell’Autorità preposta alla tutela del paesaggio, rese ai sensi dell’art. 146 del codice dei beni culturali (ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, n. 941 del 2021, n. 3170 del 2020).

12.2. In ogni caso, anche nel merito, tali doglianze sono inaccoglibili alla stregua delle risultanze della documentazione legittimamente versata in atti. In particolare:

a) il richiamo al parere del Comitato tecnico-scientifico di cui al verbale del 14 maggio 2018, sebbene sia stato emesso su una diversa proposta progettuale, risulta finalizzato a dare risalto all’apprezzamento svolto in quella sede in ordine al particolare pregio del contesto paesaggistico in cui si sarebbe andato ad inserire l’intervento (Piana di Capestrano – Valle del Tirino), ossia un ambito territoriale “caratterizzato dalla prevalenza di un assetto naturale, rurela e scarsamente antropizzato” (in tali termini, il Comitato);

b) in tutte le valutazioni rese dall’Autorità preposta alla tutela del paesaggio è sempre stato apprezzato l’elemento della eccessiva dimensione del manufatto destinato ad ospitare la cantina vinicola.

13. In conclusione l’appello deve essere respinto.

14. Le spese del presente grado di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate in dispositivo tenuto conto dei parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n. 55 e dell’art. 26, comma 1, c.p.a.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello (r.g. n. 756/2021), come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento, in favore del Ministero della cultura, delle spese del presente grado di giudizio, nella misura di euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori di legge se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2022, con l’intervento dei magistrati:

Vito Poli, Presidente

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

Alessandro Verrico, Consigliere, Estensore

Giuseppe Rotondo, Consigliere

Michele Conforti, Consigliere