Corte di Giustizia (Prima Sezione) 9 settembre 2020
«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 92/43/CEE – Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche – Articolo 6, paragrafo 3 – Ambito di applicazione – Nozioni di “progetto” e di “accordo” – Opportuna valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto su un sito protetto – Decisione che proroga la durata di un’autorizzazione per la costruzione di un terminale di rigassificazione di gas naturale liquefatto – Decisione iniziale fondata su una normativa nazionale che non ha trasposto correttamente la direttiva 92/43»
SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
9 settembre 2020(*)
«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 92/43/CEE – Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche – Articolo 6, paragrafo 3 – Ambito di applicazione – Nozioni di “progetto” e di “accordo” – Opportuna valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto su un sito protetto – Decisione che proroga la durata di un’autorizzazione per la costruzione di un terminale di rigassificazione di gas naturale liquefatto – Decisione iniziale fondata su una normativa nazionale che non ha trasposto correttamente la direttiva 92/43»
Nella causa C‑254/19,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla High Court (Alta Corte, Irlanda), con decisione del 13 marzo 2019, pervenuta in cancelleria il 26 marzo 2019, nel procedimento
Friends of the Irish Environment Ltd
contro
An Board Pleanála
con l’intervento di:
Shannon Lng Ltd,
LA CORTE (Prima Sezione),
composta da J.-C. Bonichot (relatore), presidente di sezione, M. Safjan, L. Bay Larsen, C. Toader e N. Jääskinen, giudici,
avvocato generale: J. Kokott
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
– per la Friends of the Irish Environment Ltd, da F. Logue, solicitor, J. Kenny, BL, e J. Devlin, SC;
– per l’An Bord Pleanála, da B. Magee, solicitor, F. Valentine, BL, e N. Butler, SC;
– per la Commissione europea, da C. Hermes e M. Noll-Ehlers, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 30 aprile 2020,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU 1992, L 206, pag. 7; in prosieguo: la «direttiva habitat»).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Friends of the Irish Environment Ltd e l’An Bord Pleanála (Agenzia per la pianificazione territoriale, Irlanda; in prosieguo: l’«Agenzia»), in merito alla decisione di quest’ultima di concedere un termine supplementare di cinque anni per la costruzione di un terminale di rigassificazione di gas naturale liquefatto, oltre al termine di dieci anni inizialmente fissato in una precedente decisione.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
La direttiva habitat
3 Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat:
«Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica».
La direttiva VIA
4 La direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 2012, L 26, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014 (GU 2014, L 124, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva VIA»), definisce, al suo articolo 1, paragrafo 2, lettera a), primo trattino, la nozione di «progetto» come «la realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od opere».
5 Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), di tale direttiva, un’«autorizzazione» costituisce la «decisione dell’autorità competente, o delle autorità competenti, che conferisce al committente il diritto di realizzare il progetto stesso».
Il diritto irlandese
6 L’articolo 40, paragrafo 1, del Planning and Development Act 2000 (legge in materia di pianificazione e sviluppo urbanistico-edilizio del 2000), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: il «PDA 2000»), prevede quanto segue:
«Fatto salvo il paragrafo 2), un’autorizzazione concessa ai sensi della presente parte, allo scadere del termine fissato (ferma restando la validità di quanto realizzato in conformità ad essa prima della scadenza del termine), cessa di produrre effetti per quanto riguarda:
a) l’intero progetto, nel caso in cui il progetto cui si riferisce l’autorizzazione non sia iniziato durante detto periodo, e
b) la parte del progetto che non è stata completata entro il periodo fissato, nel caso in cui il progetto sia iniziato durante tale periodo».
7 L’articolo 42 del PDA 2000 prevede che, su istanza dell’interessato, sia concessa una proroga della durata dell’autorizzazione dell’opera quando siano stati realizzati ingenti lavori in forza dell’autorizzazione dell’opera nel corso del periodo inizialmente stabilito e il progetto sarà completato entro un termine ragionevole, oppure quando considerazioni di natura commerciale, economica o tecnica che esulano dalla volontà del richiedente hanno ostacolato in modo sostanziale l’avvio del progetto o dell’esecuzione di lavori ingenti. In quest’ultimo caso, una proroga dei termini non può essere concessa se, dalla data di rilascio dell’autorizzazione, si sono verificati cambiamenti talmente significativi negli obiettivi di sviluppo stabiliti nel progetto che esso non è più coerente con il requisito di pianificazione adeguata e di sviluppo sostenibile della zona interessata. È inoltre necessario che il progetto non sia incompatibile con gli «orientamenti ministeriali».
8 L’articolo 42 del PDA 2000 precisa che, quando l’opera non è ancora iniziata, prima di rilasciare l’autorizzazione urbanistica l’autorità locale di pianificazione deve accertare che siano state effettuate una valutazione dell’incidenza sull’ambiente o un’opportuna valutazione, o entrambe, se è richiesto. Peraltro, il termine supplementare non può superare i cinque anni e una domanda di proroga della durata di un’autorizzazione di un’opera può essere presentata una sola volta.
9 L’articolo 50 del PDA 2000 prevede che la validità di un’autorizzazione di un’opera può essere contestata solo nell’ambito di un ricorso giurisdizionale, entro un termine di decadenza di otto settimane che può essere prorogato in determinate circostanze.
10 L’articolo 146 B del PDA 2000 istituisce una procedura particolare che consente di modificare l’autorizzazione di un progetto riguardante un’infrastruttura strategica.
11 L’articolo 146 B del PDA 2000 dispone quanto segue:
«(...)
3) Se l’[Agenzia] decide che la modifica -
(…)
b) costituirebbe una modifica significativa, essa decide se i) procedere alla modifica; ii) procedere ad una modifica delle condizioni dell’opera di cui trattasi, (...) che sia diversa da quella formulata nella domanda (...) o iii) rifiutare di procedere alla modifica.
4) Prima di adottare una decisione a norma del paragrafo 3, lettera b), l’[Agenzia] determina se la portata e la natura di a) la modifica richiesta ai sensi del paragrafo 1 e, b) qualsiasi altra modifica considerata ai sensi del paragrafo 3, lettera b), punto ii), siano tali che la modifica, se effettuata, potrebbe produrre effetti significativi sull’ambiente (e, a tale riguardo, l’[Agenzia] deve aver adottato una decisione finale in merito alla portata e alla natura di qualsiasi altra modifica così considerata)».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
12 Il 31 marzo 2008 l’Agenzia autorizzava un progetto di costruzione di un terminale di rigassificazione di gas naturale liquefatto sulla riva meridionale dell’estuario del fiume Shannon nella contea di Kerry (Irlanda). Tale autorizzazione prevedeva che i lavori dovessero essere realizzati entro un termine massimo di dieci anni (in prosieguo: l’«autorizzazione iniziale»).
13 Il progetto doveva essere realizzato in un luogo adiacente a due siti Natura 2000, vale a dire la zona speciale di conservazione del corso inferiore del fiume Shannon (sito IE0002165) e la zona di protezione speciale degli estuari del fiume Shannon e del fiume Fergus (sito IE0004077).
14 Il giudice del rinvio ricorda che, alla data di rilascio dell’autorizzazione iniziale, la Corte aveva statuito, nella sentenza del 13 dicembre 2007, Commissione/Irlanda (C‑418/04, EU:C:2007:780), che la normativa irlandese non trasponeva correttamente la direttiva habitat, in particolare, come risulta dai punti 230 e 231 di tale sentenza, in quanto l’opportuna valutazione dell’incidenza ai sensi di tale direttiva era assimilata alla valutazione richiesta dalla direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 1985, L 175, pag. 40).
15 Secondo il giudice del rinvio, l’autorizzazione iniziale non faceva riferimento né alla direttiva habitat né ai due siti protetti che potevano subire l’impatto del progetto di cui trattasi nel procedimento principale e non conteneva neppure rilievi o conclusioni completi, precisi e definitivi atti a dissipare qualsiasi ragionevole dubbio scientifico in merito agli effetti dei lavori previsti.
16 Nel settembre 2017 la costruzione di tale terminale non era ancora iniziata e il committente ha adito l’Agenzia, sulla base dell’articolo 146 B del PDA 2000, sottoponendole una domanda di proroga della durata del permesso edilizio. Esso ha indicato in tale occasione che il ritardo nell’avvio dei lavori risultava in particolare da cambiamenti della politica in materia di accesso alla rete nazionale di trasporto del gas in Irlanda e, più in generale, dalla situazione economica di tale paese. La domanda di cui l’Agenzia è stata così investita non implicava alcuna modifica materiale dell’opera.
17 L’autorizzazione iniziale è scaduta il 31 marzo 2018 senza che fosse stato realizzato alcun lavoro.
18 Il 13 luglio 2018 l’Agenzia ha concesso al committente un termine supplementare di cinque anni per la realizzazione del progetto di costruzione del terminale, ossia fino al 31 marzo 2023 (in prosieguo: l’«autorizzazione del procedimento principale»).
19 Dalla decisione di rinvio risulta che in tale occasione l’Agenzia avrebbe proceduto ad una valutazione dell’impatto ambientale, in esito alla quale avrebbe ritenuto che la proroga della durata di realizzazione del progetto di costruzione esaminato non produceva alcun effetto rilevante sull’ambiente.
20 L’autorizzazione del procedimento principale è stata contestata dinanzi alla High Court (Alta Corte, Irlanda) dalla Friends of the Irish Environment.
21 In tali circostanze, ritenendo che la causa oggetto del procedimento principale sollevasse difficoltà d’interpretazione del diritto dell’Unione, la High Court (Alta Corte) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se la decisione di prorogare la durata di un’autorizzazione costituisca un accordo su un progetto, tale da comportare l’applicazione dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat.
2) Se la risposta alla questione sub 1) risenta delle seguenti considerazioni.
a) L’autorizzazione (la cui durata è oggetto di proroga) era stata concessa in base a una disposizione di diritto nazionale che non ha attuato correttamente la direttiva habitat, in quanto la normativa equiparava erroneamente l’opportuna valutazione ai fini della direttiva habitat alla valutazione dell’impatto ambientale ai fini della direttiva [85/337].
b) L’autorizzazione inizialmente concessa non indica se la richiesta di autorizzazione sia stata trattata nell’ambito della [prima fase] o della [seconda fase] dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat, e non contiene “rilievi e conclusioni completi, precisi e definitivi atti a dissipare qualsiasi ragionevole dubbio scientifico in merito agli effetti dei lavori previsti [sul sito] in questione”, come richiesto nella sentenza del 24 novembre 2011, Commissione/Spagna (C‑404/09, EU:C:2011:768).
c) Il periodo iniziale dell’autorizzazione è scaduto e di conseguenza l’autorizzazione ha cessato di produrre i suoi effetti per l’intero progetto. In attesa dell’eventuale proroga dell’autorizzazione, non è possibile realizzare lavori di sviluppo in conformità con essa.
d) Non sono mai state realizzate opere di sviluppo nel quadro dell’autorizzazione.
3) Nel caso in cui la risposta alla questione sub 1) sia affermativa, quali siano le considerazioni di cui l’autorità competente è tenuta a tenere conto nell’esercizio del controllo relativo alla [prima fase] ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat. Ad esempio, se l’autorità competente debba tenere conto di una o di tutte le seguenti considerazioni: i) se sono state apportate modifiche alle opere e all’uso proposti; ii) se vi è stato un cambiamento nel contesto ambientale, ad esempio in termini di designazione dei siti europei, successivamente alla data di concessione dell’autorizzazione; iii) se vi sono stati cambiamenti significativi nelle conoscenze scientifiche, ad esempio indagini più aggiornate con riguardo ai “qualified interests” (legittimi interessi) dei siti europei.
In alternativa, se sia necessario che l’autorità competente valuti l’impatto ambientale dell’intero progetto.
4) Se esista una distinzione tra i) un’autorizzazione che impone un termine per l’esercizio di un’attività (fase operativa) e ii) un’autorizzazione che impone un termine per il solo periodo durante il quale possono essere effettuati i lavori di costruzione (fase di costruzione) ma, a condizione che i lavori di costruzione siano completati entro tale termine, non impone alcun termine per l’attività o il funzionamento.
5) In che misura, se del caso, l’obbligo di un giudice nazionale di interpretare la legislazione per quanto possibile in conformità delle disposizioni della direttiva habitat e della [convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, firmata ad Aarhus il 25 giugno 1998 e approvata a nome della Comunità europea con la decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005 (GU 2005, L 124, pag. 1; in prosieguo: la “convenzione di Aarhus”)], sia subordinato al requisito che le parti del procedimento abbiano eccepito espressamente dette questioni interpretative. Più specificamente, laddove il diritto nazionale preveda due processi decisionali, di cui solo uno garantisca il rispetto della direttiva habitat, se il giudice nazionale sia tenuto ad interpretare la legislazione nazionale in modo che possa essere invocato solo il processo decisionale conforme, sebbene questa specifica interpretazione non sia stata espressamente dedotta dalle parti nella causa in questione.
6) a) Nel caso in cui la risposta alla questione sub 2), a), supra sia nel senso che è rilevante valutare se l’autorizzazione (la cui durata è oggetto di proroga) sia stata concessa ai sensi di una disposizione di diritto nazionale che non ha recepito correttamente la direttiva habitat, se il giudice nazionale sia tenuto a disapplicare una norma di diritto processuale nazionale che impedisce a un ricorrente di mettere in discussione la validità di una precedente autorizzazione (scaduta) nel contesto di una successiva domanda di autorizzazione.
b) Se detta norma di diritto procedurale interno sia incompatibile con l’obbligo di porre rimedio, di recente ribadito nella sentenza del 17 novembre 2016, [Stadt Wiener Neustadt] (C‑348/15, EU:C:2016:882)».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima e sulla seconda questione pregiudiziale
22 Le circostanze menzionate ai punti da a) a d) della seconda questione pregiudiziale sono le seguenti: l’autorizzazione iniziale era stata concessa in forza di una normativa nazionale che non trasponeva correttamente la direttiva habitat; tale autorizzazione non faceva riferimento a detta direttiva né conteneva rilievi o conclusioni completi, precisi e definitivi atti a dissipare qualsiasi ragionevole dubbio scientifico in merito agli effetti dei lavori previsti; la detta autorizzazione ha cessato di produrre effetti giuridici alla scadenza del termine da essa fissato per tali lavori e questi ultimi non sono iniziati.
23 Ne risulta in particolare che il giudice del rinvio muove dalla premessa che, nel procedimento principale, l’autorizzazione iniziale non era stata preceduta da una valutazione dell’incidenza sul sito conforme a quella richiesta dall’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat.
24 Di conseguenza, occorre considerare che, con la prima e la seconda questione, che vanno esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se una decisione di proroga del termine inizialmente fissato per la realizzazione di un progetto di costruzione di un terminale di rigassificazione di gas naturale liquefatto debba essere considerata come accordo dato a un progetto, nell’accezione dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat, qualora l’autorizzazione iniziale del progetto non sia stata preceduta da una valutazione dell’incidenza sul sito interessato, in conformità a tale disposizione, tale autorizzazione abbia cessato di produrre i suoi effetti giuridici alla scadenza del termine che essa aveva stabilito per tali lavori edilizi, e questi ultimi non siano stati avviati.
25 L’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat prevede una procedura di valutazione volta a garantire, mediante un controllo preventivo, che un piano o un progetto non direttamente connesso o necessario alla gestione del sito interessato, ma idoneo ad avere incidenze significative sullo stesso, sia autorizzato solo se non pregiudicherà l’integrità di tale sito (sentenza del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen, C‑411/17, EU:C:2019:622, punto 117 e giurisprudenza ivi citata).
26 A tal proposito, occorre ricordare che il fatto che un progetto la cui valutazione ambientale è contestata si collochi non già nelle zone Natura 2000 interessate, bensì all’esterno di queste ultime, come sembra accadere nel procedimento principale, non esclude assolutamente l’applicabilità dei requisiti enunciati all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat. Infatti, come si evince dalla formulazione di tale disposizione, quest’ultima assoggetta al meccanismo di tutela ambientale in essa previsto «[q]ualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito» (v., in tal senso, sentenza del 26 aprile 2017, Commissione/Germania, C‑142/16, EU:C:2017:301, punto 29).
27 Tale disposizione distingue due fasi nella procedura di valutazione che essa prevede. La prima, di cui alla prima frase di detta disposizione, richiede che gli Stati membri effettuino un’opportuna valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto su un sito protetto quando è probabile che tale piano o progetto pregiudichi in maniera significativa detto sito. La seconda, di cui alla seconda frase della stessa disposizione, che interviene una volta effettuata detta opportuna valutazione, assoggetta l’autorizzazione di un simile piano o progetto alla condizione che lo stesso non pregiudichi l’integrità del sito interessato, fatte salve le disposizioni del paragrafo 4 dell’articolo 6 della direttiva habitat (v., in tal senso, sentenza del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen, C‑411/17, EU:C:2019:622, punti 118 e 119).
28 In primo luogo, per valutare se una decisione che proroga il termine stabilito nell’autorizzazione iniziale per realizzare un terminale di rigassificazione di gas naturale liquefatto, i cui lavori non sono cominciati, riguardi un «progetto», nell’accezione dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat, occorre ricordare che dalla giurisprudenza risulta che la nozione di «progetto», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva VIA, può essere a tal fine presa in considerazione (v., in questo senso, sentenza del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen, C‑411/17, EU:C:2019:622, punto 122 e giurisprudenza citata).
29 Inoltre, posto che la definizione della nozione di «progetto» risultante dalla direttiva VIA è più restrittiva di quella risultante dalla direttiva habitat, la Corte ha statuito che, se un’attività rientra nell’ambito di applicazione della direttiva VIA, essa deve, a fortiori, rientrare nell’ambito di applicazione della direttiva habitat (sentenze del 7 novembre 2018, Coöperatie Mobilisation for the Environment e a., C‑293/17 e C‑294/17, EU:C:2018:882, punto 65, nonché del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen, C‑411/17, EU:C:2019:622, punto 123).
30 Ne consegue che se un’attività è considerata un «progetto» ai sensi della direttiva VIA, essa può costituire un «progetto» ai sensi della direttiva habitat (sentenza del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen, C‑411/17, EU:C:2019:622, punto 124 e giurisprudenza ivi citata).
31 Occorre ricordare che la definizione del termine «progetto», contenuta nell’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva VIA, concerne, al suo primo trattino, la realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od opere e, al suo secondo trattino, di altri interventi sull’ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo.
32 Inoltre, dalla giurisprudenza della Corte emerge che il termine «progetto» corrisponde, alla luce, in particolare, della formulazione dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), primo trattino, della direttiva VIA, a lavori o interventi di modifica della realtà fisica del sito (sentenza del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen, C‑411/17, EU:C:2019:622, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).
33 Nel caso di specie, la decisione di prorogare un termine inizialmente fissato per la costruzione di un terminale di rigassificazione di gas naturale liquefatto, i cui lavori non sono iniziati, integra siffatti criteri e deve pertanto essere considerata come vertente su un «progetto» nell’accezione della direttiva VIA.
34 Una decisione del genere deve pertanto essere considerata vertente su un «progetto» anche ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat.
35 Tuttavia, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 32 delle conclusioni, se, in considerazione, segnatamente, della loro frequenza, della loro natura o delle loro condizioni di esecuzione, talune attività devono essere considerate un’unica operazione, esse possono essere reputate un unico e solo progetto ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat, dispensato da una nuova procedura di valutazione in forza di tale disposizione (v., in tal senso, sentenze del 14 gennaio 2010, Stadt Papenburg, C‑226/08, EU:C:2010:10, punti 47 e 48, nonché del 7 novembre 2018, Coöperatie Mobilisation for the Environment e a., C‑293/17 e C‑294/17, EU:C:2018:882, punti 78 e 80).
36 Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che l’autorizzazione del procedimento principale riguarda lo stesso progetto inizialmente autorizzato.
37 Non se ne può tuttavia dedurre che un’autorizzazione come quest’ultima non fosse soggetta, per questo solo fatto, all’applicazione dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat.
38 Infatti, a differenza delle cause sfociate nella giurisprudenza ricordata al punto 35 della presente sentenza, una siffatta autorizzazione persegue non già lo scopo di rinnovare l’autorizzazione di un’attività ricorrente in corso di gestione, bensì di consentire la realizzazione di un progetto che, come risulta dalla decisione di rinvio, e in particolare dalla descrizione del contesto normativo irlandese, ha formato oggetto di una prima autorizzazione divenuta inefficace, senza che i lavori previsti fossero iniziati.
39 Ne consegue che tale autorizzazione riguarda un «progetto» assoggettato ai requisiti di cui all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat, a prescindere, peraltro, dalla questione inerente al fatto che tale disposizione dovesse essere o meno rispettata al momento dell’adozione dell’autorizzazione iniziale.
40 In secondo luogo, occorre chiarire se un’autorizzazione come l’autorizzazione del procedimento principale costituisca un «accordo» dato a tale progetto, ai sensi della citata disposizione.
41 L’Agenzia respinge tale analisi adducendo il motivo che dovrebbero riscontrarsi due caratteristiche, ossia conferire il diritto di realizzare il progetto e riguardare la sostanza stessa di quest’ultimo. Nel caso di specie, secondo l’Agenzia, queste due condizioni non ricorrono poiché, per quanto riguarda la prima, la costruzione del terminale di rigassificazione di gas naturale liquefatto avrebbe potuto essere avviata sin dall’autorizzazione iniziale e, quanto alla seconda, l’autorizzazione del procedimento principale si limita a prolungare la durata di costruzione del progetto senza modificarlo.
42 A tal riguardo occorre ricordare che, sebbene la direttiva habitat non definisca le condizioni alle quali le autorità «danno il loro accordo» per un determinato progetto, in applicazione del suo articolo 6, paragrafo 3, la nozione di «autorizzazione» di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva VIA è rilevante per definire il significato di tali termini (sentenza del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen, C‑411/17, EU:C:2019:622, punto 142).
43 L’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva VIA definisce il concetto di «autorizzazione» come «la decisione dell’autorità competente, o delle autorità competenti, che conferisce al committente il diritto di realizzare il progetto».
44 Contrariamente a quanto sostiene l’Agenzia, dalla sentenza del 7 gennaio 2004, Wells (C‑201/02, EU:C:2004:12), citata da quest’ultima per corroborare la sua argomentazione, non risulta che solo una decisione che modifica il progetto inizialmente autorizzato possa costituire un’«autorizzazione» nell’accezione di tale disposizione. Si evince infatti dai punti da 44 a 47 di detta sentenza che è la constatazione dell’inefficacia dell’autorizzazione iniziale e della necessità di una nuova autorizzazione per continuare l’attività che ha indotto la Corte a ritenere che la decisione che consentiva il proseguimento di tale attività avesse sostituito non solo i termini, ma anche la sostanza stessa dell’autorizzazione iniziale e che tale decisione costituisse quindi una nuova autorizzazione.
45 Orbene, come risulta dalla decisione di rinvio, l’autorizzazione iniziale ha cessato di produrre effetti alla scadenza del termine di dieci anni che essa aveva fissato e nessun lavoro poteva più essere realizzato. Ne consegue che, alla scadenza di tale termine, l’autorizzazione iniziale era divenuta inefficace e che essa, quindi, è stata non già modificata dall’autorizzazione del procedimento principale, bensì sostituita da quest’ultima.
46 La circostanza che il progetto di cui trattasi nel procedimento principale avrebbe potuto essere realizzato in forza dell’autorizzazione iniziale è, a tal riguardo, irrilevante.
47 Ne consegue che un’autorizzazione come l’autorizzazione del procedimento principale costituisce effettivamente una nuova autorizzazione, ai sensi della direttiva VIA, e, pertanto, anche un «accordo», a norma dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat.
48 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima e alla seconda questione dichiarando che una decisione che proroga il termine di dieci anni inizialmente fissato per la realizzazione di un progetto di costruzione di un terminale di rigassificazione di gas naturale liquefatto deve essere considerata come un accordo dato su un progetto, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat, quando l’autorizzazione iniziale di tale progetto, divenuta inefficace, ha cessato di produrre i suoi effetti giuridici alla scadenza del termine che essa aveva fissato per tali lavori e questi ultimi non sono stati avviati.
Sulla terza questione
49 Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, di precisare, in caso di risposta affermativa alla prima questione sollevata, le condizioni di applicazione del requisito dell’opportuna valutazione dell’incidenza sul sito interessato, previsto all’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, della direttiva habitat, a un’autorizzazione come l’autorizzazione del procedimento principale. Esso desidera in particolare sapere se l’autorità competente sia tenuta a prendere in considerazione le modifiche eventualmente apportate ai lavori inizialmente autorizzati e all’uso previsto, nonché le evoluzioni, dopo l’autorizzazione inizialmente concessa, del «contesto ambientale» e delle conoscenze scientifiche. Il giudice del rinvio chiede inoltre se l’autorità competente debba valutare l’incidenza sul sito dell’intero progetto.
50 Al riguardo, come ricordato al punto 27 della presente sentenza, l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat distingue due fasi della procedura di valutazione da esso prevista; la prima, cui si fa riferimento nella prima frase di tale disposizione, richiede che gli Stati membri effettuino un’opportuna valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto su un sito protetto quando è probabile che tale piano o progetto pregiudichi in maniera significativa detto sito (sentenza del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen, C‑411/17, UE:C:2019:622, punto 119 e giurisprudenza citata).
51 Tenuto conto, in particolare, del principio di precauzione, si ritiene che un siffatto rischio sussista laddove non si può escludere, sulla base delle migliori conoscenze scientifiche in materia, che il piano o il progetto possa pregiudicare gli obiettivi di conservazione di tale sito. La valutazione del rischio va effettuata, in particolare, alla luce delle caratteristiche e delle condizioni ambientali specifiche del sito interessato da tale piano o progetto (sentenza del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen, C‑411/17, EU:C:2019:622, punto 134).
52 Un’opportuna valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto implica che, prima dell’approvazione di quest’ultimo, devono essere individuati, tenuto conto delle migliori conoscenze scientifiche in materia, tutti gli aspetti del piano o progetto di cui trattasi che possano, da soli o congiuntamente ad altri piani o progetti, pregiudicare gli obiettivi di conservazione del sito protetto. Le autorità nazionali competenti autorizzano un’attività solo a condizione che abbiano acquisito la certezza che tale attività è priva di effetti pregiudizievoli per l’integrità di detto sito. Ciò avviene quando non sussiste alcun ragionevole dubbio da un punto di vista scientifico circa l’assenza di tali effetti (sentenza del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen, C‑411/17, EU:C:2019:622, punto 120 e giurisprudenza ivi citata).
53 Pertanto, una valutazione effettuata sulla base dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat non può essere considerata un’opportuna valutazione se essa contiene lacune ed è priva di rilievi e conclusioni completi, precisi e definitivi atti a dissipare qualsiasi ragionevole dubbio scientifico in merito agli effetti dei lavori previsti sul sito protetto (sentenza del 24 novembre 2011, Commissione/Spagna, C‑404/09, EU:C:2011:768, punto 100).
54 È opportuno aggiungere che occorre tener altresì conto delle valutazioni eventualmente realizzate in occasione di autorizzazioni anteriori, onde evitare che un medesimo progetto sia sottoposto a varie valutazioni ambientali che coprano tutte le condizioni della direttiva habitat (v., per analogia, sentenze del 10 settembre 2015, Dimos Kropias Attikis, C‑473/14, EU:C:2015:582, punto 55, e del 22 marzo 2012, Inter-Environnement Bruxelles e a., C‑567/10, EU:C:2012:159, punto 42).
55 Tuttavia, la circostanza che si prendano in considerazione siffatte valutazioni anteriori quando si emana un’autorizzazione che proroga la durata di costruzione di un progetto come l’autorizzazione di cui trattasi nel procedimento principale può escludere un rischio di impatto significativo su un sito protetto solo se queste contengono conclusioni complete, precise e definitive atte a dissipare qualsiasi ragionevole dubbio scientifico in merito agli effetti dei lavori, e a condizione che i dati ambientali e scientifici pertinenti non siano mutati, che il progetto non sia stato modificato e che non esistano altri piani o progetti da prendere in considerazione.
56 Ne consegue che spetta all’autorità competente valutare se un’autorizzazione come quella oggetto del procedimento principale, che proroga il termine inizialmente fissato in una prima autorizzazione per la realizzazione di un progetto di costruzione di un terminale di rigassificazione di gas naturale liquefatto, debba essere preceduta dalla valutazione opportuna delle incidenze di cui all’articolo 6, paragrafo 3, prima frase della direttiva habitat e, se del caso, se essa debba riguardare l’intero progetto o una parte di esso, tenendo conto, in particolare, sia di una valutazione anteriore eventualmente realizzata sia dell’evoluzione dei dati ambientali e scientifici rilevanti, ma anche di un’eventuale modifica del progetto o dell’esistenza di altri piani o progetti.
57 Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che il progetto di costruzione di un terminale di rigassificazione di gas naturale liquefatto doveva essere realizzato in prossimità di due siti protetti e che l’autorizzazione iniziale non è stata preceduta da una valutazione contenente conclusioni complete, precise e definitive atte a dissipare qualsiasi ragionevole dubbio scientifico in merito agli effetti dei lavori previsti su tali siti.
58 Ne consegue, da un lato, che non si può escludere che un siffatto progetto possa incidere significativamente su detti siti e, dall’altro, che siffatte circostanze, che spetta al giudice del rinvio verificare, sono tali da comportare l’obbligo che un’autorizzazione come quella oggetto del procedimento principale sia preceduta dall’opportuna valutazione dell’incidenza richiesta dall’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat. Ne risulta altresì che una siffatta valutazione non può essere costituita da un mero aggiornamento della valutazione che sia stata precedentemente realizzata, ma che essa deve consistere in una valutazione completa dell’incidenza dell’intero progetto sugli stessi siti.
59 Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alla terza questione sollevata dichiarando che spetta all’autorità competente valutare se una decisione di prorogare il termine inizialmente fissato per la realizzazione di un progetto di costruzione di un terminale di rigassificazione di gas naturale liquefatto, la cui autorizzazione iniziale è divenuta inefficace, debba essere oggetto dell’opportuna valutazione dell’incidenza prevista all’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, della direttiva habitat e, se del caso, se essa debba riguardare l’intero progetto o una parte di esso, tenendo conto, in particolare, sia di una valutazione anteriore eventualmente realizzata, sia dell’evoluzione dei dati ambientali e scientifici rilevanti, ma anche di un’eventuale modifica del progetto o dell’esistenza di altri piani o progetti. Tale valutazione dell’incidenza dev’essere svolta laddove non si possa escludere, sulla base delle migliori conoscenze scientifiche in materia, che detto progetto pregiudichi gli obiettivi di conservazione del sito interessato. Una valutazione anteriore di detto progetto, realizzata prima dell’adozione dell’autorizzazione iniziale dello stesso, può escludere tale rischio solo se contiene conclusioni complete, precise e definitive tali da dissipare ogni ragionevole dubbio scientifico in merito agli effetti dei lavori, e fatte salve l’assenza di evoluzione dei dati ambientali e scientifici rilevanti, l’eventuale modifica del progetto o l’esistenza di altri piani o progetti.
Sulla quarta questione
60 Con la sua quarta questione, il giudice chiede, in sostanza, se la risposta alle questioni dalla prima alla terza sia diversa a seconda che un’autorizzazione di un progetto disponga un termine per la fase operativa o fissi unicamente un termine per la fase di realizzazione, a condizione che i lavori siano completati entro tale termine.
61 A questo riguardo, occorre rilevare che una distinzione tra tali due tipi di autorizzazione risulta irrilevante ai fini della controversia principale.
62 Di conseguenza, dal momento che la ratio del rinvio pregiudiziale non risiede nell’esprimere pareri consultivi su questioni generiche o ipotetiche, bensì nella necessità di dirimere concretamente una controversia (sentenza del 26 marzo 2020, Miasto Łowicz e Prokurator Generalny, C‑558/18 e C‑563/18, EU:C:2020:234, punto 44 e giurisprudenza ivi citata), occorre dichiarare la quarta questione irricevibile.
Sulla quinta questione
63 Con la sua quinta questione, il giudice del rinvio chiede in che misura l’obbligo di un giudice nazionale di interpretare la legislazione nazionale per quanto possibile in conformità con le disposizioni della direttiva habitat e della convenzione di Aarhus sia subordinato al requisito che le parti del procedimento principale abbiano eccepito esplicitamente dette questioni interpretative. Più nello specifico, laddove il diritto nazionale preveda due processi decisionali, di cui solo uno garantisce il rispetto della direttiva habitat, il giudice del rinvio chiede se il giudice nazionale sia tenuto ad interpretare la legislazione nazionale in modo che possa essere invocato solo il processo decisionale conforme, sebbene questa interpretazione non sia stata espressamente dedotta dalle parti in causa.
64 Secondo costante giurisprudenza della Corte, spetta soltanto al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia principale e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolarità del caso di specie, tanto la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza quanto la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte (sentenza del 19 dicembre 2019, Junqueras Vies, C‑502/19, EU:C:2019:1115, punto 55, e giurisprudenza ivi citata).
65 Ne consegue che le questioni sollevate dai giudici nazionali sono assistite da una presunzione di rilevanza e che il rifiuto della Corte di statuire su tali questioni è possibile soltanto qualora risulti che l’interpretazione richiesta non ha alcun rapporto con la realtà o con l’oggetto della controversia nel procedimento principale, oppure qualora il problema sia di natura ipotetica, o anche quando la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per rispondere proficuamente a dette questioni (sentenza del 19 dicembre 2019, Junqueras Vies, C‑502/19, EU:C:2019:1115, punto 56, e giurisprudenza ivi citata).
66 Orbene, occorre rilevare, in via preliminare, che la quinta questione sollevata non menziona in modo sufficientemente preciso le disposizioni della convenzione di Aarhus di cui si chiede l’interpretazione.
67 Risulta peraltro dalla decisione di rinvio e dalle osservazioni scritte presentate dinanzi alla Corte che tale questione è stata posta in quanto il giudice del rinvio desidera rilevare che la disposizione nazionale in base alla quale l’autorizzazione del procedimento principale è stata adottata è errata in quanto esisterebbe un’altra disposizione, nella fattispecie l’articolo 42 del PDA 2000, che, interpretata alla luce dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat, sarebbe conforme al diritto dell’Unione. Tuttavia, tale errore di diritto non sarebbe stato dedotto dalla ricorrente nel procedimento principale e non potrebbe, pertanto, essere rilevato d’ufficio dal giudice del rinvio.
68 Ne consegue che la quinta questione sollevata verte in realtà sulla possibilità, per un giudice nazionale, di fondarsi su un’interpretazione di una disposizione nazionale conforme al diritto dell’Unione al fine di rilevare d’ufficio la contrarietà a tale diritto di un’altra disposizione nazionale, che funge da base giuridica per l’autorizzazione di cui trattasi nel procedimento principale.
69 Tuttavia, come osservato dall’avvocato generale ai paragrafi 61 e 68 delle sue conclusioni, non risulta chiaramente per quali ragioni il giudice del rinvio dovrebbe sforzarsi di stabilire la base giuridica adeguata dell’autorizzazione del procedimento principale se dovesse in ogni caso rilevare che tale autorizzazione è stata adottata in violazione dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat, fermo restando, inoltre, che sembra emergere dal fascicolo di cui dispone la Corte che la Friends of the Irish Environment ha effettivamente fatto valere che l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat era stato violato.
70 Occorre aggiungere che dalla decisione di rinvio non risulta chiaramente se il diritto irlandese vieti, in ogni caso, ad un giudice nazionale di rilevare d’ufficio motivi di diritto che non siano stati sollevati da un ricorrente.
71 Ne consegue che la Corte non dispone degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere proficuamente alla quinta questione sollevata e che quest’ultima è, pertanto, irricevibile.
Sulla sesta questione
72 Con la sua sesta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se, nel caso in cui si debba rispondere alla sua seconda questione, lettera a), nel senso che l’applicazione dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat a un’autorizzazione come l’autorizzazione del procedimento principale dipende dall’inosservanza di tale disposizione al momento della concessione dell’autorizzazione iniziale, il diritto dell’Unione debba essere interpretato nel senso che osta a una norma procedurale nazionale che impedisce a un ricorrente, nell’ambito del suo ricorso contro un’autorizzazione come l’autorizzazione oggetto del procedimento principale, di eccepire l’illegittimità, per questo motivo, dell’autorizzazione inizialmente concessa. Esso chiede, inoltre, se una siffatta norma procedurale sia conforme all’obbligo degli Stati membri di porre rimedio alle violazioni del diritto dell’Unione.
73 Orbene, dalla risposta fornita alla prima e alla seconda questione risulta che la circostanza che un’autorizzazione come quella iniziale rispetti la direttiva habitat non è rilevante per valutare se un’autorizzazione come l’autorizzazione del procedimento principale costituisca un accordo su un progetto, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, di tale direttiva.
74 Ne consegue che non è necessario risolvere la seconda questione.
Sulle spese
75 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:
1) Une decisione che proroga il termine di dieci anni inizialmente fissato per la realizzazione di un progetto di costruzione di un terminale di rigassificazione di gas naturale liquefatto deve essere considerata come un accordo dato su un progetto, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, quando l’autorizzazione iniziale, divenuta inefficace, ha cessato di produrre i suoi effetti giuridici alla scadenza del termine che essa aveva fissato per tali lavori e questi ultimi non sono stati avviati.
2) Spetta all’autorità competente valutare se una decisione di prorogare il termine inizialmente fissato per la realizzazione di un progetto di costruzione di un terminale di rigassificazione di gas naturale liquefatto, la cui autorizzazione iniziale è divenuta inefficace, debba essere oggetto dell’opportuna valutazione dell’incidenza prevista all’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, della direttiva 92/43 e, se del caso, se essa debba riguardare l’intero progetto o una parte di esso, tenendo conto, in particolare, sia di una valutazione anteriore eventualmente realizzata, sia dell’evoluzione dei dati ambientali e scientifici rilevanti, ma anche di un’eventuale modifica del progetto o dell’esistenza di altri piani o progetti.
Tale valutazione dell’incidenza dev’essere svolta laddove non si possa escludere, sulla base delle migliori conoscenze scientifiche in materia, che detto progetto pregiudichi gli obiettivi di conservazione del sito interessato. Una valutazione anteriore di detto progetto, realizzata prima dell’adozione dell’autorizzazione iniziale dello stesso, può escludere tale rischio solo se contiene conclusioni complete, precise e definitive tali da dissipare ogni ragionevole dubbio scientifico in merito agli effetti dei lavori, e fatte salve l’assenza di evoluzione dei dati ambientali e scientifici rilevanti, l’eventuale modifica del progetto o l’esistenza di altri piani o progetti.