Corte Costituzionale, Sentenza n. 117 del 5 giugno 2013.
Ambiente in genere.Illegittimità diniego regionale preventivo e generalizzato per ricerca idrocarburi
Il legislatore lucano non contesta la previsione della necessità dell’intesa, ma dispone un diniego preventivo e generalizzato di addivenire, in tutti i casi concreti, ad un accordo. Tale previsione legislativa si pone in aperto contrasto con la ratio stessa del principio di leale collaborazione, che impone il rispetto, caso per caso, di una procedura articolata, tale da assicurare lo svolgimento di reiterate trattative. La preventiva e generalizzata previsione legislativa di diniego di intesa vanifica la bilateralità della relativa procedura, che deve sempre trovare sviluppo nei casi concreti, e si pone in simmetrica corrispondenza con le norme che hanno introdotto la «drastica previsione» della forza decisiva della volontà di una sola parte, sia essa, di volta in volta, lo Stato, la Regione o la Provincia autonoma, ritenute costituzionalmente illegittime da questa Corte. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
SENTENZA N. 117
ANNO 2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Franco GALLO; Giudici : Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 37 della legge della Regione Basilicata 8 agosto 2012, n. 16 (Assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2012 e del bilancio pluriennale per il triennio 2012/2014), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso spedito per la notifica l’8 ottobre 2012, depositato in cancelleria l’11 ottobre 2012 ed iscritto al n. 140 del registro ricorsi 2012.
Visto l’atto di costituzione della Regione Basilicata;
udito nell’udienza pubblica del 21 maggio 2013 il Giudice relatore Gaetano Silvestri;
uditi l’avvocato dello Stato Lorenzo D’Ascia per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Luigi Manzi per la Regione Basilicata.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso spedito per la notifica l’8 ottobre 2012 e depositato il successivo 11 ottobre, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 37 della legge della Regione Basilicata 8 agosto 2012, n. 16 (Assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2012 e del bilancio pluriennale per il triennio 2012/2014), per violazione degli artt. 3, primo comma, 41, 97, 117, commi primo, secondo, lettera m), e terzo, della Costituzione, e del principio di leale collaborazione.
La disposizione impugnata prevede: «1. La Regione Basilicata nell’esercizio delle proprie competenze in materia di governo del territorio ed al fine di assicurare processi di sviluppo sostenibile, a far data dall’entrata in vigore della presente norma non rilascerà l’intesa, prevista dall’art. 1, comma 7, lettera n), della legge 23 agosto 2004, n. 239, di cui all’accordo del 24 aprile 2001, al conferimento di nuovi titoli minerari per la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi.
2. Le disposizioni della presente norma si applicano anche ai procedimenti amministrativi in corso per il rilascio dell’intesa sul conferimento di nuovi titoli minerari per la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi.
3. Sono fatte salve le intese relative a titoli minerari in essere».
1.1.– La difesa statale ritiene che la norma impugnata incida sull’ambito materiale della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.
Lo Stato avrebbe fissato i principi fondamentali in materia di localizzazione di impianti energetici con la legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia). La legge citata conterrebbe, altresì, disposizioni per il settore energetico che contribuiscono a garantire «la tutela della concorrenza, la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, la tutela dell’incolumità e della sicurezza pubblica fatta salva la disciplina in materia di rischi da incidenti rilevanti, la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema al fine di assicurare l’unità giuridica ed economica dello Stato e il rispetto delle autonomie regionali e locali, dei trattati internazionali e della normativa comunitaria» (art. 1, comma 1).
In particolare, il ricorrente richiama l’art. 1, comma 4, della legge n. 239 del 2004, il quale prevede che «Lo Stato e le regioni, al fine di assicurare su tutto il territorio nazionale i livelli essenziali delle prestazioni concernenti l’energia nelle sue varie forme e in condizioni di omogeneità sia con riguardo alle modalità di fruizione sia con riguardo ai criteri di formazione delle tariffe e al conseguente impatto sulla formazione dei prezzi, garantiscono: […] d) l’adeguatezza delle attività energetiche strategiche di produzione, trasporto e stoccaggio per assicurare adeguati standard di sicurezza e di qualità del servizio nonché la distribuzione e la disponibilità di energia su tutto il territorio nazionale», nonché «f) l’adeguato equilibrio territoriale nella localizzazione delle infrastrutture energetiche, nei limiti consentiti dalle caratteristiche fisiche e geografiche delle singole regioni, prevedendo eventuali misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale qualora esigenze connesse agli indirizzi strategici nazionali richiedano concentrazioni territoriali di attività, impianti e infrastrutture ad elevato impatto territoriale, con esclusione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili».
Inoltre, il successivo comma 7 dell’art. 1 della legge citata attribuisce allo Stato il compito di provvedere, «anche avvalendosi dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas», alla «identificazione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale con riferimento all’articolazione territoriale delle reti infrastrutturali energetiche dichiarate di interesse nazionale ai sensi delle leggi vigenti» (lettera g), nonché «le determinazioni inerenti la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, ivi comprese le funzioni di polizia mineraria, adottate, per la terraferma, di intesa con le regioni interessate» (lettera n) e «l’individuazione, di intesa con la Conferenza unificata, della rete nazionale di gasdotti» (comma 8, lettera b, numero 2).
L’Avvocatura generale precisa che l’art. 29 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59) e l’art. 52-quinquies del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità) attribuiscono allo Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, un potere autorizzatorio nella materia in esame, riconoscendo all’amministrazione statale «una competenza amministrativa generale e di tipo gestionale» per far fronte ad esigenze di carattere unitario.
Il necessario coinvolgimento delle Regioni interessate sarebbe assicurato dal d.P.R. n. 327 del 2001 con la previsione di un’intesa in senso forte, che garantirebbe la loro adeguata partecipazione al procedimento di rilascio dell’autorizzazione di cui all’art. 52-quinquies, comma 2. È inoltre prevista dal comma 6 del medesimo articolo una procedura alternativa, attivabile in caso di mancato raggiungimento dell’intesa con la Regione interessata.
Pertanto, la norma regionale impugnata, negando a priori il rilascio dell’intesa per il conferimento di nuovi titoli minerari per la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, si porrebbe in contrasto con i principi generali dettati dallo Stato in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», con conseguente violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost. Così facendo, la Regione Basilicata paralizzerebbe, senza una preventiva valutazione delle singole situazioni, le funzioni che lo Stato deve esercitare in maniera unitaria nella materia in esame, precludendo, in particolare, le attività che lo Stato stesso è chiamato a compiere ai sensi dell’art. 1, comma 7, lettera n), e comma 8, lettera b), numero 2, della legge n. 239 del 2004.
1.2.– Sarebbe altresì violato, secondo il ricorrente, il principio di leale collaborazione, richiamato dall’art. 1, comma 3, della legge n. 239 del 2004 unitamente ai principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. La disposizione legislativa censurata, infatti, conterrebbe «un’affermazione di chiusura verso ogni soluzione prospettata dallo Stato, a prescindere dalle diverse valutazioni che, anche in futuro, potranno essere effettuate».
L’inammissibilità del rifiuto unilaterale, disposto dalla norma impugnata, si evincerebbe anche da quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 331 del 2010.
1.3.– La difesa statale prospetta la violazione dell’ulteriore parametro costituzionale costituito dall’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., in quanto l’art. 37 della legge reg. Basilicata n. 16 del 2012, ostacolando lo sviluppo della rete dei gasdotti di interesse nazionale e con essa l’efficiente erogazione di gas, determinerebbe l’impossibilità di provvedere alle esigenze fondamentali dei cittadini. Ciò a fronte del fatto che la legge n. 239 del 2004 si prefiggerebbe l’obiettivo di «assicurare su tutto il territorio nazionale i livelli essenziali delle prestazioni concernenti l’energia nelle sue varie forme e in condizioni di omogeneità sia con riguardo alle modalità di fruizione sia con riguardo ai criteri di formazione delle tariffe e al conseguente impatto sulla formazione dei prezzi» (art. 1, comma 4).
1.4.– Sarebbe, inoltre, violato l’art. 97 Cost., in quanto la norma impugnata obbligherebbe a ricorrere alla procedura alternativa prevista dal comma 6 dell’art. 52-quinquies del d.P.R. n. 327 del 2001, rendendo più gravoso il procedimento di autorizzazione con conseguente violazione del principio di buon andamento dell’azione amministrativa, sancito dall’art. 97 Cost.
Peraltro, il diniego dell’intesa, contenuto nella disposizione regionale, non sarebbe accompagnato da un’adeguata motivazione, frutto di una istruttoria e della valutazione di specifici elementi di fatto. Il legislatore regionale, infatti, si sarebbe limitato ad un generico riferimento alla finalità «di assicurare processi di sviluppo sostenibile», senza alcuna considerazione della pluralità di situazioni eterogenee che potranno essere oggetto di esame da parte dello Stato e delle Regioni.
1.5.– Il ricorrente sostiene che la norma impugnata violi anche l’art. 117, primo comma, Cost., «nella misura in cui esclude il rilascio dell’intesa regionale per il conferimento di titoli minerari relativi ad idrocarburi anche gassosi». Tale preclusione sarebbe incompatibile con il perseguimento dell’obiettivo della sicurezza degli approvvigionamenti di gas naturale, individuato nel punto 22 del preambolo della direttiva 13 luglio 2009, n. 2009/73/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale e che abroga la direttiva 2003/55/CE).
Al riguardo, la difesa statale ritiene che l’intervento normativo regionale, consentendo le sole attività estrattive in corso e quelle relative ai programmi di lavoro già approvati, vanifichi «gli indirizzi di sicurezza degli approvvigionamenti energetici imposti dalla predetta direttiva dell’Unione, che non possono prescindere dallo sviluppo delle ingenti potenzialità produttive del territorio lucano».
1.6.– Da ultimo, il Presidente del Consiglio dei ministri rinviene, nella normativa impugnata, la violazione degli artt. 3, primo comma, e 41 Cost., i quali imporrebbero che le limitazioni all’iniziativa economica privata perseguano finalità di utilità sociale e siano informate ai principi di ragionevolezza e proporzionalità.
Nel caso di specie il «rifiuto aprioristico e totale del rilascio dell’intesa», sebbene astrattamente rivolto a perseguire un fine di utilità sociale, quale la riduzione del consumo del suolo nel contesto del governo del territorio, non potrebbe ritenersi conforme a ragionevolezza e proporzionalità, giacché impedirebbe la ponderazione delle singole istanze, necessaria all’assunzione di misure proporzionate alle concrete fattispecie ad esse sottese.
2.– La Regione Basilicata è intervenuta nel giudizio, chiedendo che il ricorso sia rigettato.
Preliminarmente, la difesa regionale assume che, con l’odierno ricorso, il Presidente del Consiglio dei ministri abbia inteso manifestare «disapprovazione» per la «forma» con cui la Regione ha esternato il proprio dissenso al conferimento di nuovi titoli minerari per la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi.
Al riguardo, la resistente rileva che non è contestata la sua competenza a concorrere con lo Stato alla definizione delle politiche di governo del territorio, al fine di assicurare l’equilibrio nella localizzazione delle infrastrutture energetiche, e che non sussistono dubbi circa la possibilità per la Regione di negare il proprio consenso al conferimento di nuovi titoli, anche sulla scorta di una sua asserita migliore conoscenza del territorio.
In virtù delle considerazioni anzidette, la difesa regionale dichiara di non comprendere le ragioni per le quali il dissenso è legittimo se manifestato “caso per caso” in via amministrativa, mentre non lo sarebbe se contenuto in una norma di legge, quindi «utilizzando uno strumento espressivo di una maggiore rappresentatività democratica».
La resistente richiama in proposito i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, rispetto ai quali risulterebbe coerente la scelta del legislatore regionale, il cui intento non sarebbe quello di opporre un sistematico ed ingiustificato rifiuto all’intesa, ma di affermare e ribadire le prerogative regionali in tema di uso razionale del territorio.
La difesa regionale ritiene, inoltre, che a seguito della norma impugnata le procedure preordinate al rilascio dell’autorizzazione «non potranno che ricevere una sensibile semplificazione […] atteso che non sarà più necessaria […] l’osservanza dei vincoli temporali e procedurali richiesti a regime».
La resistente conclude rilevando che la norma impugnata, in quanto limita la sua portata al modo in cui si intende manifestare il dissenso regionale a nuove installazioni, non invade sfere di competenze statali e non sottrae ambiti di efficacia ed efficienza all’azione dello Stato.
Considerato in diritto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 37 della legge della Regione Basilicata 8 agosto 2012, n. 16 (Assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2012 e del bilancio pluriennale per il triennio 2012/2014), per violazione degli artt. 3, primo comma, 41, 97, 117, commi primo, secondo, lettera m), e terzo, della Costituzione, e del principio di leale collaborazione.
2.– Le questioni sono fondate nei termini di seguito precisati.
2.1.– La disposizione censurata ricade sia nell’ambito della competenza legislativa «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», che in quello del «governo del territorio», compresi nella disciplina di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.
La natura concorrente della potestà legislativa relativa ad entrambe le materie dimostra la ragionevolezza della scelta del legislatore statale, che ha previsto l’intesa tra Stato e Regioni interessate per le «determinazioni inerenti la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi». Con l’art. 1, comma 7, lettera n), della legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia), il legislatore statale ha preso atto dell’interferenza di competenze di Stato e Regioni ed ha individuato lo strumento per risolvere i possibili conflitti nell’atto maggiormente espressivo del principio di leale collaborazione. Questa Corte ha affermato la necessità dell’intesa con riferimento alla stessa normativa statale che viene in rilievo nel presente giudizio, che si deve intendere implicitamente richiamata in tutte le disposizioni legislative sul medesimo oggetto (sentenza n. 383 del 2005).
2.2.– Il legislatore lucano non contesta la previsione della necessità dell’intesa, di cui al citato art. 1, comma 7, lettera n), della legge n. 239 del 2004, ma dispone un diniego preventivo e generalizzato di addivenire, in tutti i casi concreti, ad un accordo.
Tale previsione legislativa si pone in aperto contrasto con la ratio stessa del principio di leale collaborazione, che impone il rispetto, caso per caso, di una procedura articolata, tale da assicurare lo svolgimento di reiterate trattative.
La preventiva e generalizzata previsione legislativa di diniego di intesa vanifica la bilateralità della relativa procedura, che deve sempre trovare sviluppo nei casi concreti, e si pone in simmetrica corrispondenza con le norme che hanno introdotto la «drastica previsione» della forza decisiva della volontà di una sola parte – sia essa, di volta in volta, lo Stato, la Regione o la Provincia autonoma – ritenute costituzionalmente illegittime da questa Corte con giurisprudenza costante (ex plurimis, sentenze n. 39 del 2013, n. 179 del 2012, n. 33 del 2011, n. 121 del 2010, n. 24 del 2007).
Si deve pertanto dichiarare l’illegittimità costituzionale della norma regionale impugnata.
3.– Restano assorbiti gli altri profili di illegittimità costituzionale segnalati dal ricorrente.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 37 della legge della Regione Basilicata 8 agosto 2012, n. 16 (Assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2012 e del bilancio pluriennale per il triennio 2012/2014).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 giugno 2013.
F.to:
Franco GALLO, Presidente
Gaetano SILVESTRI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 5 giugno 2013.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI