TAR Campania (NA), Sez. VIII, n. 3472, del 4 luglio 2013
Urbanistica.Organismo edilizio e autonoma utilizzabilità

L'espressione “organismo edilizio” indica sia una sola unità immobiliare sia una pluralità di porzioni volumetriche e la difformità totale può riconnettersi sia alla costruzione di un corpo autonomo sia all'effettuazione di modificazioni con un intervento incidente sull'assetto del territorio attraverso l'aumento del c.d. “carico urbanistico”. Inoltre, il riferimento alla “autonoma utilizzabilità” non impone che il corpo difforme sia fisicamente separato dall'organismo edilizio complessivamente autorizzato, ma ben può riguardare anche opere realizzate con una difformità quantitativa tale da acquistare una sostanziale autonomia rispetto al progetto approvato. Al contrario, il concetto di difformità parziale si riferisce ad ipotesi tra le quali possono farsi rientrare gli aumenti di cubatura o di superficie di scarsa consistenza, nonché le variazioni relative a parti accessorie che non abbiano specifica rilevanza. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 03472/2013 REG.PROV.COLL.

N. 04333/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4333 del 2012, proposto da:
Affinito Filomena, Grauso Antonio, Grauso Salvatore, Grauso Marzia, rappresentati e difesi dagli avv.ti Luigi M. D'Angiolella e Antonio Barbieri, con domicilio eletto presso Luigi M. D'Angiolella in Napoli, viale Gramsci, 16;

contro

Comune di Maddaloni, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Di Nuzzo, con domicilio eletto presso Francesco Di Lorenzo in Napoli, Viale Gramsci, 19;

per l'annullamento

dell’ingiunzione a demolire n. 11 del 25/7/2012, nonché di tutti gli atti richiamati nel citato provvedimento, ivi compresi il verbale di contravvenzione della Polizia Municipale prot. n. 316/10 del 12 luglio 2012 e la relazione di sopralluogo prot. n. 4459 del 9 luglio 2012 a firma dei tecnici dell’Ufficio Comunale del Controllo Edilizio e di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente;



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Maddaloni;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 giugno 2013 il dott. Gianluca Di Vita e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

I Sig.ri Affinito Filomena, Grauso Antonio, Grauso Salvatore e Grauso Marzia sono comproprietari di un fabbricato sito nel Comune di Maddaloni alla via Imposimato (già via Montevergine), pervenuto in eredità dal Sig. Grauso Michele, deceduto nel 1994.

Con l’epigrafato ricorso gli istanti impugnano l’ordine di demolizione n. 11 emesso in data 25 luglio 2012 con cui l’intimata amministrazione locale ha contestato l’abusiva realizzazione in difetto di titolo abilitativo delle opere di seguito descritte: “realizzazione di n. 4 appartamenti di cui n. 2 al piano primo e n. 2 al piano secondo per una superficie complessiva di circa mq. 265,00 e sviluppante una volumetria di circa mc. 1828,50”.

Affidano il mezzo di gravame ai profili di illegittimità di seguito descritti: violazione degli artt. 3 e 97 Cost., violazione degli artt. 1 e seguenti della L. 7 agosto 1990 n. 241, carenza di istruttoria, errore sui presupposti, carenza e contraddittorietà della motivazione, violazione e falsa applicazione degli artt. 31 e seguenti D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, eccesso di potere, violazione del principio della tutela dell’affidamento, violazione del principio di economicità ed imparzialità dell’azione amministrativa.

In sintesi, l’atto sarebbe illegittimo per difetto di motivazione e per violazione delle garanzie procedimentali.

Inoltre, proseguono i deducenti, il provvedimento sarebbe inficiato da palese difetto di istruttoria in quanto il Comune avrebbe erroneamente contestato l’esecuzione di lavori edilizi in assenza di titolo abilitativo senza avvedersi che il manufatto sarebbe stato interamente realizzato in virtù di pregressi provvedimenti concessori rilasciati al de cuius Sig. Michele Grauso nel 1959 e nel 1965 (titoli esibiti in giudizio).

Quindi, non si tratterebbe di costruzione realizzata in difetto di permesso di costruire (che giustificherebbe l’applicazione della sanzione demolitoria ex art. 31 D.P.R. 380/2001) ma, al limite, di una mera difformità e, per l’effetto, sarebbe ammissibile la fiscalizzazione dell’illecito ai sensi dell’art. 34 del Testo Unico in materia edilizia.

Inoltre, i ricorrenti lamentano la lesione dell’affidamento, tenuto conto del notevole lasso di tempo decorso dall’avvenuta ultimazione delle opere.

Ritengono che non vi sarebbe ostacolo per l’eventuale accertamento di conformità ex art. 36 D.P.R. 380/2001 e censurano l’omessa indicazione del termine e dell’Autorità per ricorrere.

Il Tribunale ha accolto la richiesta di sospensiva con ordinanza cautelare n. 1679 del 6 dicembre 2012.

Resiste in giudizio l’amministrazione locale che replica nel merito e conclude per il rigetto del ricorso.

Con nota del 29 maggio 2013 i ricorrenti eccepiscono la tardiva costituzione dell’ente locale ai sensi del codice di rito.

Alla pubblica udienza del 19 giugno 2013 la causa è stata spedita in decisione.

In limine litis, non ha pregio l’eccezione in rito sollevata dalla difesa di parte ricorrente: invero, mette conto evidenziare che l’ente locale si è costituito con memoria depositata il 17 maggio 2013, quindi entro il termine previsto dall’art. 73 cod. proc. amm. (30 dalla celebrazione dell’udienza pubblica del 19 giugno 2013).

Nel merito, è destituita di giuridico fondamento la censura che attiene alla violazione dell’art. 3 della L. 241/90.

In senso contrario, il provvedimento impugnato reca specifica indicazione in ordine alla natura e consistenza delle opere abusive, rinviando agli esiti dell’accertamento svolto dai tecnici comunali di cui alla relazione di sopralluogo prot. n. 4459 del 9 luglio 2012 e, altresì, al verbale di contravvenzione redatto dal Corpo di Polizia Municipale di Maddaloni prot. n. 316 del 12 luglio 2012.

L’ente locale non si è discostato dai principi giurisprudenziali che governano l’esercizio dei poteri sanzionatori in materia edilizia secondo i quali, in presenza di un'opera abusiva, l'autorità amministrativa è tenuta ad intervenire affinché sia ripristinato lo stato dei luoghi, non sussistendo alcuna discrezionalità in ordine al provvedere. Infatti, l'ordinanza di demolizione di opere edilizie abusive è atto dovuto e vincolato e non necessita di motivazione ulteriore rispetto all'indicazione dei presupposti di fatto e all'individuazione e qualificazione degli abusi edilizi. Trattandosi di attività doverosa e vincolata, certamente non occorre, per giustificare l'adozione dell'ingiunzione di ripristino, una motivazione ulteriore rispetto all'indicazione delle norme violate e al riferimento per relationem ai presupposti di fatto contenuti nei verbali accertativi, così come si registra nel caso in esame.

Quanto alla censura che attiene alla violazione delle garanzie partecipative prescritte dalla L. 241/90, è sufficiente rammentare che, per costante giurisprudenza, in caso di ordine di demolizione delle opere abusive non è necessaria la comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della L. 241/90, trattandosi di atto dovuto, sicché non sono richiesti apporti partecipativi del soggetto destinatario (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 29 gennaio 2009 n. 5001).

Venendo al punto nodale, la controversia ruota intorno alla corretta qualificazione giuridica dei manufatti de quibus. In particolare, occorre assodare se si tratti di nuove opere realizzate in difetto di titolo abilitativo (come contestato dall’amministrazione procedente) ovvero di interventi eseguiti in parziale difformità da pregressi provvedimenti concessori (come ritengono i ricorrenti): dal relativo inquadramento normativo discende anche la valutazione in ordine alla legittimità della sanzione amministrativa irrogata dall’ente.

Alla luce della memoria difensiva depositata dall’amministrazione dopo l’adozione dell’ordinanza cautelare n. 1679/2012 e all’esito di un vaglio più approfondito proprio della fase di merito, il Collegio ritiene che le argomentazioni dei ricorrenti si appalesano destituite di giuridico fondamento.

In punto di diritto, giova rammentare l’orientamento giurisprudenziale (Cassazione penale, Sez. III, 24 gennaio 2008 n. 16676) secondo cui la difformità totale si verifica allorché si costruisca"aliud pro alio" e cioè qualora siano riscontrabili opere non rientranti tra quelle consentite, che abbiano una loro autonomia e novità, oltre che sul piano costruttivo, anche su quello della valutazione economico-sociale. Difatti, l’art. 31 del D.P.R. 380/2001, considera interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire "quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, plano - volumetriche, o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l'esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile".

L'espressione “organismo edilizio” indica sia una sola unità immobiliare sia una pluralità di porzioni volumetriche e la difformità totale può riconnettersi sia alla costruzione di un corpo autonomo sia all'effettuazione di modificazioni con un intervento incidente sull'assetto del territorio attraverso l'aumento del c.d. “carico urbanistico”.

Inoltre, il riferimento alla “autonoma utilizzabilità” non impone che il corpo difforme sia fisicamente separato dall'organismo edilizio complessivamente autorizzato, ma ben può riguardare anche opere realizzate con una difformità quantitativa tale da acquistare una sostanziale autonomia rispetto al progetto approvato.

Al contrario, il concetto di difformità parziale si riferisce ad ipotesi tra le quali possono farsi rientrare gli aumenti di cubatura o di superficie di scarsa consistenza, nonché le variazioni relative a parti accessorie che non abbiano specifica rilevanza.

Sulla base di tali premesse, nel caso in esame, non può non condividersi quanto sostenuto dalla difesa dell’amministrazione, secondo cui i titoli esibiti dai ricorrenti non riguardano (e quindi non legittimano) le opere indicate nell’ordinanza di demolizione.

Difatti, le licenze di costruzione del 14 ottobre 1959 e dell’11 ottobre 1965 hanno ad oggetto l’esecuzione di lavori al piano terra consistenti, rispettivamente, nella realizzazione di un “nuovo vano a pianterreno e accessori” e, altresì, “due vani ed accessori a piano terra”.

Viceversa, nel gravato procedimento sanzionatorio sono contestate opere abusive ulteriori e distinte rispetto a quelle assentite dai richiamati titoli concessori e, precisamente, il primo ed il secondo piano: difatti, si è visto che il Comune ha rilevato l’abusiva costruzione di “n. 4 appartamenti di cui n. 2 al piano primo e n. 2 al piano secondo per una superficie complessiva di circa mq. 265,00 e sviluppante una volumetria di circa mc. 1.828,50”.

Non vi è dubbio, quindi, che l’ampliamento del fabbricato originariamente posto al piano terreno con nuove sopraelevazioni al primo e secondo piano e l’edificazione di n. 4 appartamenti abbiano dato luogo a distinti organismi edilizi autonomamente utilizzabili, tenuto conto della relativa consistenza (n.2 sopraelevazioni che hanno dato luogo ad un incremento di superficie di mq. 265,00 e nuova volumetria per mc. 1.828,50) e della relativa frazionabilità ed utilizzabilità economica (n.4 nuovi appartamenti).

Ne consegue che – trattandosi di autonomi organismi edilizi per i quali occorreva munirsi preventivamente del permesso di costruire - l’amministrazione ha correttamente applicato l’art. 31 D.P.R. 380/2001 ed ha legittimamente irrogato l’ordine di demolizione contemplato dalla richiamata disposizione.

Quanto alla doglianza che si appunta sulla pretesa violazione del principio dell’affidamento, valgano le considerazioni che seguono.

In punto di fatto, la censura è sfornita di riscontro probatorio.

Anche se negli atti istruttori richiamati nell’ordinanza di demolizione si legge che “la struttura non è di recente realizzazione”, i ricorrenti non hanno comprovato la data di realizzazione dei manufatti abusivi che, come si è visto, non possono essere certamente ricondotti ai titoli concessori del 1959 e del 1965.

In punto di diritto, occorre inoltre rilevare che il mero decorso del tempo non è sufficiente a far insorgere un affidamento sulla legittimità dell'opera o comunque sul consolidamento dell'interesse del privato alla sua conservazione, né, per conseguenza, ad imporre la necessità di una specifica motivazione in ordine all'esistenza di un interesse pubblico prevalente. Infatti, l'unico interesse, la cui tutela è rimessa dal legislatore alla sanzione demolitoria, è l'interesse al ripristino dell'assetto del territorio preesistente all'abuso, tipizzato come prevalente dallo stesso legislatore, con la conseguenza che il potere di irrogare delle sanzioni in materia edilizia ed urbanistica può essere esercitato in ogni tempo, posto che la legge non lo sottopone a termini di prescrizione, né di decadenza, e che riguarda una situazione di illiceità permanente, ossia una situazione di fatto attualmente contra ius.

Non merita condivisione la censura che si appunta sulla omessa valutazione in ordine all’assentibilità delle opere ex art. 36 D.P.R. 380/2001.

In argomento, deve rammentarsi che l'accertamento di conformità disciplinato dalla menzionata disposizione va effettuato su iniziativa dell'interessato e non dell'amministrazione (T.A.R. Lazio, Roma, 4 settembre 2009 n. 8389) e che la normativa urbanistica non pone alcun obbligo in capo al Comune, prima di emanare l'ordinanza di demolizione, di verificarne la sanabilità (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VI, 6 novembre 2008 n. 19290).

Infine, l’omessa indicazione nel provvedimento amministrativo circa il termine e l'Autorità cui è possibile ricorrere comporta una mera irregolarità che non incide né sulla validità né sull'efficacia del provvedimento stesso e, al più, può dar luogo, nel concorso di significative ulteriori circostanze, alla concessione del beneficio della rimessione in termini (Consiglio di Stato, Sez. V, 2 maggio 2013 n. 2402).

Conclusivamente, le svolte considerazioni conducono alla reiezione del ricorso.

L’esito del giudizio e la complessiva condotta processuale delle parti (in specie dell’amministrazione che si è costituita in giudizio dopo l’esaurimento della fase cautelare) giustificano l’integrale compensazione delle spese ed onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.

Compensa spese ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 19 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:

Antonino Savo Amodio, Presidente

Gianluca Di Vita, Primo Referendario, Estensore

Olindo Di Popolo, Primo Referendario

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 04/07/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)