TAR Piemonte, Sez. I, n. 946, del 25 luglio 2013
Urbanistica.Legittimità ordinanza di sospensione delle attività di deposito e movimenti inerti

Non è seriamente contestabile l’idoneità dei cumuli d’inerti a determinare una trasformazione del territorio, se si pensa alle dimensioni della superficie a ciò destinata; alle dimensioni degli stessi cumuli, i quali risultano molto più alti ed estesi del camion parcheggiato proprio nelle vicinanze; ed alla necessità di adattare la conformazione originaria del sito alla nuova utilizzazione, che richiede il continuo passaggio di mezzi meccanici. Né la loro legittimità può farsi discendere dalla mancanza di opere edilizie, stante che l’art. 3 lett. e) del D.P.R. 380/01, laddove richiede la esecuzione di “lavori cui consegua una trasformazione permanente del suolo edificato” al fine di sottoporre a preventivo permesso di costruire la realizzazione di depositi di materiali, di merci o di impianti per attività produttive a cielo aperto, esprime l’esigenza che si tratti di situazioni aventi carattere durevole. Per giurisprudenza consolidata il combinato disposto degli artt. 3 e 10 del D.P.R. 380/01 impone il preventivo rilascio del permesso di costruire per ogni opera che sia idonea a cagionare una trasformazione del territorio destinata a soddisfare un bisogno di carattere durevole. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00946/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00089/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 89 del 2008, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Cave Tiro A Segno S.r.l. e Tre Esse Costruzioni S.r.l., rappresentate e difese dagli avv. Giorgio Santilli, Francesca Dealessi, con domicilio eletto presso Giorgio Santilli in Torino, via Paolo Sacchi, 44;

contro

Comune di Moncalieri, rappresentato e difeso dagli avv. Giovanni Martino, Salvatore Mirabile, con domicilio eletto presso Giovanni Martino in Torino, via Stefano Clemente, 22;

a) per l'annullamento:

I) quanto al ricorso principale:

- dell'ordinanza n. 377 del 21 settembre 2007 notificata l'8 novembre 2007, con la quale il Dirigente del settore urbanistica del Comune di Moncalieri ha disposto la sospensione delle attività di deposito e movimenti inerti nelle aree indicate nell'ordinanza stessa;

II) quanto ai motivi aggiunti depositati in data 15.4.2008:

- delle ordinanze n. 28 del 15.2.2008 e n. 47 del 5.3.2008 del Dirigente Settore Sportello Unico - RRPP - Edilizia privata del Comune Moncalieri;

III) quanto ai motivi aggiunti depositati il 3.3.2011:

- delle ordinanze prot. n. 2326 del 18.1.2011 e n. 4 del 17.1.2011 del dirigente del Settore Sportello Unico - RRPP - Edilizia privata del Comune Moncalieri,

B) e per la condanna del Comune di Moncalieri al risarcimento del danno.



Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Moncalieri;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 aprile 2013 il dott. Roberta Ravasio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. La società Cave Tiro a Segno s.r.l. è titolare di una attività finalizzata all’acquisto, alla lavorazione ed alla successiva rivendita di materiali inerti: detta attività, insediatasi negli anni ‘30 ed originariamente deputata alla estrazione di materiale litoide dal fiume Po, è stata successivamente trasferita a vari soggetti sino a pervenire alla prefata Cave Tiro Segno s.r.l., che acquista materiali inerti provenienti da attività di cava o edile, che lavora e rivende a terzi. L’attività si svolge in parte su terreni demaniali ubicati in Comune di Moncalieri e censiti al locale N.C.T. al Foglio 41, mapp. 1, 148, 124, 3, 150, 149, 126, 152, 4, 151, 153, 128, 10, 154, 130, 66, 155, 132, 156, 120, 121, 11, sui quali, in epoca anteriore al 1958, sono stati realizzati quattro silos in calcestruzzo , altri due silos metallici su pilastri in cemento armato ed un pontile con gru scorrevole ; in parte sui terreni censiti all’ N.C.T. del Comune di Moncalieri al Foglio 41, mapp. 24, 35 ed 87, attualmente di proprietà della Tre Esse s.r.l., i quali, invece, sono sempre stati utilizzati solo per lo stoccaggio del materiale inerte da lavorare o già lavorato e pronto per la rivendita a terzi: lo stoccaggio di detto materiale sui citati terreni era stato autorizzato dal Comune di Moncalieri con autorizzazione edilizia n. 121 del 7 gennaio 1992, che però aveva una durata di soli tre anni e che non è mai stata prorogata o rinnovata.

L’attività in sé medesima, considerata come attività produttiva e dal punto di vista della gestione di rifiuti, non risulta invece essere mai stata oggetto di atti autorizzativi, e nel 2007 la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino già sottoponeva a sequestro penale le aree censite al Foglio 41, mapp. 24, 35 ed 87, in quanto adibite allo stoccaggio di materiali qualificabili quali rifiuti non pericolosi, stoccaggio non preventivamente autorizzato dalla Provincia di Torino.

Dal canto suo il Comune di Moncalieri, con ordinanza n. 377 del 21 settembre 2007, rilevato che su tutto l’insieme delle aree sopra indicate – e cioè sia di quelle demaniali, sia di quelle di proprietà della Tre Esse s.r.l. – risultavano in corso attività consistenti nella “costruzione di vari cumuli a cielo aperto di macerie edilizie derivanti da attività di demolizione e di materiale inerte naturale collegati ad attività riconducibili a lavorazione e commercio di sabbia, ghiaia e affini, con utilizzo di vari manufatti edilizi di diversa tipologia, il tutto all’interno dei fondi in oggetto”, e che dette attività e manufatti risultavano essere state poste in essere in assenza di permesso di costruire, in contrasto con le previsioni del vigente strumento urbanistico generale ed in zona soggetta a vincoli di natura paesaggistica ed idrogeologica; tanto premesso ha ordinato la immediata sospensione cautelativa della attività di deposito e movimento di inerti “ed ogni altra iniziativa mirata alla modifica dello stato dei luoghi nelle aree” indicate.

2. Avverso tale ordinanza le due società in epigrafe indicate hanno proposto impugnazione deducendone l’illegittimità per i seguenti motivi:

I) mancanza di presupposti, in relazione alla circostanza che sia l’attività che i relativi manufatti sono stati realizzati ed insediati prima della entrata in vigore delle varie norme urbanistiche e dei vari vincoli richiamati nella ordinanza impugnata e comunque quando l’attività edilizia era libera;

II) violazione degli artt. 7 e segg. L. 241/90, per non essere stata inviata alle ricorrenti la comunicazione di avvio del procedimento;

III) difetto di istruttoria.

Con il ricorso introduttivo del giudizio veniva anche formulata domanda risarcitoria, connessa alla intimata sospensione della attività.

3. Successivamente al deposito del ricorso l’Amministrazione comunale adottava la determina dirigenziale n. 28 de15 febbraio 2008, con la quale ha ingiunto “di rimuovere tutti i cumuli e di demolire tutti i fabbricati non legittimamente autorizzati, ovvero tutti i manufatti rilevati in sede di sopralluogo ad eccezione delle strutture in calcestruzzo ex silos, oggi utilizzate per il trattamento di inerti sui fondi utilizzati in contrasto con la normativa vigente e sopra citati, con la chiusura della attività di commercializzazione e trattamento inerti per la quale non è stata dimostrata la liceità dell’attività insediata con riferimento alle normative di settore, sia in materia edilizia sia in materia di autorizzazione dello svolgimento delle attività economiche (commerciali, industriali, artigianali) e ripristinare lo stato dei luoghi entro e non oltre giorni 90 (novanta) dalla data di notifica del presente provvedimento”.

Con successiva determina n. 47 del 5 marzo 2008 il Dirigente del Settore integrava la motivazione del dianzi ricordato provvedimento con l’indicazione delle ragioni di interesse pubblico che giustificavano l’ingiunzione di rimozione delle opere abusive, e dando atto della impossibilità di ordinare la chiusura della attività in atto, dell’illegittimo mutamento di destinazione d’uso del integrato dalla attività in essere, della inapplicabilità della c.d. “sanatoria giurisprudenziale”. Concludeva rettificando il dispositivo della precedente determina “dando atto che non potranno essere svolte attività di deposito, trattamento e commercializzazione inerti, attività che costituiscono cambio di destinazione d’uso e trasformazione urbanistica edilizia del territorio e per la quale non risulta agli atti del Comune alcuna autorizzazione (licenze, concessioni, permessi, autorizzazioni ambientali, autorizzazioni per lo svolgimento di attività commerciali, etc.), né è stata dimostrata la liceità dalle società citate. La demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi dovrà avvenire entro e non oltre 90 (novanta) giorni dalla data di notifica del presente provvedimento.”.

4. Con motivi aggiunti depositati il 15 aprile 2008 le società ricorrenti hanno impugnato anche tali determine per i seguenti motivi:

IV) eccesso di potere per travisamento, sviamento con violazione del dovere di imparzialità imposto dall’art. 96 Cost.: le società ribadiscono la risalenza nel tempo della attività di lavorazione e commercializzazione di inerti, il difetto di istruttoria iniziale, il fatto che la decisione di ordinare la demolizione era già stata presa prima di concludere l’istruttoria, la inattendibilità delle conclusioni cui l’Amministrazione è pervenuta in ordine alla assenza di permessi, autorizzazioni, etc.etc., siccome fondata su una istruttoria parziale;

V) eccesso di potere e travisamento della ordinanza 15/02/2008, laddove essa ordina il divieto di prosecuzione della attività, divieto che solo formalmente è stato posto nel nulla dalla ordinanza del 5/03/2008: tutte le attività che comportano, secondo l’Amministrazione, trasformazione del territorio risalgono a prima del 1967, quando l’attività edilizia era libera;

VI) difetto di istruttoria e di travisamento : i rilievi aerofotogrammetrici smentiscono la tesi del Comune secondo la quale i vari fabbricati oggetto della ordinanza di demolizione sono stati realizzati in epoca posteriore al 1986, essendo invece provato che risalgono almeno agli anni 1972/73; inoltre è evidente che la decisione sul provvedimento conclusivo era già stata presa in occasione della relazione istruttoria del 7/02/08, tanto vero che l’ordinanza del 15/02/08 è stata pubblicata senza attendere il parere dei legali dell’Ente;

VII) violazione del principio di proporzionalità della sanzione e del corretto procedimento amministrativo: eventuali difformità dei fabbricati esistenti rispetto a quelli in origine costruiti si deve ad interventi di ripristino resisi necessari dopo l’alluvione del 1994 e quindi si tratta di interventi sanzionabili in modo diverso dalla demolizione;

VIII) inadeguatezza della motivazione della ordinanza del 5/03/08: tale motivazione si fonda tutta sull’erroneo presupposto che i manufatti siano stati realizzati dopo il 1986 e pertanto non tiene conto dell’affidamento generato in capo al privato quantomeno sino al 1972; in ogni caso la motivazione relativa al pubblico interesse doveva limitarsi ai manufatti, stante che i cumuli di materiale attengono ad attività in atto quantomeno dal 1948 e che comunque gli stessi sono anche costantemente monitorati dall’Agenzia Interregionale per il Fiume Po;

IX) illegittimità della diffida 28/07 in quanto contestualizza in un unico atto diffida ed ordine di demolizione delle opere abusive insistenti sui beni demaniali

X) illegittimità delle ordinanze impugnate nella parte in cui commina l’acquisizione, in capo al patrimonio del Comune, della proprietà dei mapp. 24, 35 ed 87, ove non ottemperata l’ingiunzione di demolizione, per violazione del principio di proporzionalità.

Con il ricorso per motivi aggiunti le società ricorrenti hanno infine reiterato la domanda risarcitoria già formulata con il ricorso introduttivo del giudizio.

5. Il Comune di Moncalieri si è costituito in giudizio per resistere ad entrambi i ricorsi.

6. Alla camera di consiglio del 7 maggio 2008 il Collegio accoglieva la domanda cautelare e sospendeva gli atti impugnati ai fini del riesame, previa convocazione della parte privata.

7. Di seguito a ciò il Comune di Moncalieri riattivava il procedimento convocando riunioni con i privati, dai quali acquisiva la memoria del 18/12/2008; tuttavia detto procedimento non veniva portato a termine, e le società ricorrenti il 21 ottobre 2010 depositavano ricorso per ottenere l’ottemperanza alla ordinanza collegiale 371/08: su detta istanza il Collegio si pronunciava con ordinanza n. 972/2010, che assegnava al Comune di Moncalieri ulteriori trenta giorni per la conclusione del procedimento.

8. Con ordinanza n. 4 del 17/01/2011 il Comune di Moncalieri concludeva il procedimento di riesame.

Ivi, dandosi atto che con il PRG del 1959 la zona oggetto degli atti impugnati non era inclusa nel centro abitato né in zona di espansione, si riconosceva che la realizzazione di interventi edilizi doveva ivi ritenersi libera sino al 1967. Tuttavia, replicando punto per punto alla memoria 18/12/2008 della parte privata il Comune di Moncalieri ha rilevato, nella motivazione del nuovo provvedimento, che: a) per quanto riguarda i quattro silos in calcestruzzo, i due silos in metallo ed il soprastante ponte con gru mobile, la risalenza a prima del 1967 era già stata riconosciuta nei precedenti provvedimenti; b) la datazione degli ulteriori manufatti rilevati in sito in occasione del sopralluogo del 28/08/2007 era stata effettuata con riferimento a molteplici elementi; c) una planimetria del 6/05/70 raffigurava una tettoia aperta, un adiacente ufficio e due sagome prive di indicazione in corrispondenza, circa, delle aree in cui oggi sono situati una tettoia aperta, un capannone/deposito ed un mensa/servizi, fabbricati questi che però hanno sagome e dimensioni diverse da quelle raffigurate nella planimetria del 1970; inoltre l’attuale edificio adibito ad uffici non risulta proprio raffigurato nella planimetria del 6/05/70; d) una domanda di condono presentata il 1/08/86 non rappresenta gli edifici oggetto della ingiunzione di demolizione; e) in ogni caso con i rilievi fotogrammetrici si risale al massimo agli anni 1972/73, e quindi non v’è una prova certa che, a parte i silos, gli altri edifici siano anteriori al 1967; f) una motivazione relativa all’interesse pubblico alla demolizione non è a rigori necessaria per fondare la legittimità delle sanzioni comminate avverso abusi edilizi; peraltro la rimozione, dalla quale conseguirebbe maggior sicurezza per il deflusso dell’acqua, solleciterebbe l’imprenditore a riallocarsi in altra sede; g) i cumuli di materiali realizzati sui mapp. 24, 35 ed 87 sono di tali dimensioni da doversi ritenere soggetti a permesso di costruire, che nella specie è inesistente e che comunque non potrebbe essere rilasciato per incompatibilità con la tipizzazione urbanistica della zona.

Il Comune di Moncalieri ha pertanto reiterato l’ordine di cui alla ordinanza 15/02/08 come modificata dalla ordinanza 5/03/2008.

9. Avverso questo ultimo provvedimento le società hanno proposto motivi aggiunti depositati il 3 marzo 2011, con i quali hanno dedotto:

XI) illegittimità dell’atto impugnato nella parte in cui fa divieto di esercitare, sui terreni demaniali, l’attività di deposito, trattamento e commercializzazione di inerti, attività che era già in atto prima della entrata in vigore dei nuovi vincoli;

XII) illegittimità dell’atto impugnato nella parte in cui ordina la rimozione dei fabbricati esistenti in sito, che risalgono agli anni ’50 e ’60, come si desume dalla planimetria allegata alla concessione 6/05/70, allegata alla domanda di concessione demaniale del 31/05/68: i cambiamenti dell’attuale stato di fatto rispetto a quello rappresentato nella suddetta planimetria sono verosimilmente da ascrivere a successivi interventi di manutenzione, che tuttavia non possono mettere in dubbio l’avvenuta trasformazione dell’area; il condono del 1986 aveva ad oggetto manufatti realizzati in altra zona, e ciò spiega il motivo per cui quelli in contestazione non sono riprodotti nella planimetria allegata alla suddetta domanda di condono;

XIII) illegittimità del provvedimento impugnato nella parte in cui ordina la rimozione dei cumuli ubicati sui mapp. 24, 35 ed 87: il titolo edilizio si rende necessario, per i depositi di materiali, solo allorché siano accompagnati da opere idonee a determinare una irreversibile trasformazione;

illegittimità del provvedimento impugnato per aver sostanzialmente disatteso lo spirito sotteso all’ordinanza collegiale 371/08, effettuando un riesame teso soltanto alla difesa dei precedenti provvedimenti impugnati.

10. Il Comune di Moncalieri resisteva anche al secondo ricorso per motivi aggiunti.

11. Alla camera di consiglio del 24 marzo 2011 il Collegio decideva di accogliere la domanda cautelare limitatamente alla parte in cui l’atto impugnato ordinava l’interruzione della attività, disponeva una verificazione finalizzata ad accertare la conformità delle opere contestate alla normativa urbanistica ed edilizia, e fissava per la prosecuzione la camera di consiglio del 22 settembre 2011.

In tale occasione le parti chiedevano rinvio ed il ricorso veniva trattato alla camera di consiglio del 20/10/2011, allorché il Collegio respingeva la domanda cautelare sulla scorta di quanto riferito dal verificatore.

Il ricorso è stato infine introitato a decisione alla pubblica udienza del 18/04/2013.

12. Il Collegio non ritiene di doversi discostare da quanto già osservato nella ordinanza cautelare n. 672 del 2 ottobre 2011.

13. Va anzitutto precisato che sia l’ordinanza del 17/01/2011 che l’ordinanza del 15/02/2008, come emendata dalla ordinanza del 5/03/2008, non ha affatto inteso ordinare il divieto della attività esercitata dalla società Cave Tiro a Segno sui terreni demaniali, così come parte ricorrente, in maniera suggestiva, asserisce: con i menzionati provvedimenti il Dirigente firmatario dei provvedimenti ha invece inteso rappresentare, in guisa di monito, che l’attività di deposito, trattamento e commercializzazione di materiali inerti sull’area in argomento non risultava conforme alle vigenti previsioni urbanistiche - che tipizzano la stessa quale zona “FV1 – Aree a parco pubblico od assoggettate ad uso pubblico di livello urbano ed interurbano” - e pertanto, ove proseguita, avrebbe implicato un mutamento di destinazione d’uso non consentito dallo strumento urbanistico. In parte qua le menzionate ordinanze intendevano quindi chiarire all’attuale gestore, anche in un’ottica collaborativa e di trasparenza, che la prosecuzione della attività avrebbe potuto integrare ulteriori abusi edilizi, e da tale punto di vista esse non paiono immediatamente lesive né, peraltro, illegittime, dovendosi convenire, nel merito, con le conclusioni cui è pervenuto il Dirigente del Comune.

14. Per quanto riguarda i terreni demaniali, va precisato che sugli stessi era stata inizialmente insediata una attività di lavorazione e rivendita di materiale litoide estratto dal Fiume Po, e proprio l’oggetto di tale attività ne giustificò l’insediamento in zona demaniale, immediatamente a margine del corso d’acqua. Con il tempo, tuttavia, l’oggetto della attività è cambiato, poiché il materiale trattato e rivenduto non è più stato estratto dal fiume ma è stato acquistato come scarti di attività edilizia e di coltivazione di cava. Non si sa di preciso quando tale cambiamento abbia avuto luogo, ma esso ha implicato la presenza in sito non più di cumuli di materiale litoide estratto dal fiume, bensì di cumuli di scarti di attività, come tali qualificabili in termini di rifiuto (ragione per cui alla società cave Tiro a Segno è stata ad un certo punto contestata anche l’attività di deposito e trattamento di rifiuti non autorizzata), di cumuli di prodotto pronto per la rivendita ed ha presumibilmente originato anche la necessità di dotare l’attività di ulteriori impianti.

14.1. I terreni di che trattasi, come già precisato, sono stati tipizzati dal PRGC vigente quale zona “FV1 – Aree a parco pubblico od assoggettate ad uso pubblico di livello urbano ed interurbano”, e pertanto è evidente che non vi è consentito l’insediamento di attività produttive; oltre a ciò a partire dagli anni ottanta sono sopravvenuti una serie di vincoli di natura paesaggistica e idro-geologica. Le società ricorrenti sostengono che l’attività ivi esercitata sarebbe anteriore alla entrata in vigore di tali previsioni, che sarebbero pertanto inopponibili alla Cave Tiro a Segno s.r.l., ma ciò può dirsi vero solo nei limiti e nella consistenza in cui l’attività era svolta prima della entrata in vigore dei vincoli e della vigente tipizzazione urbanistica. Invero l’imposizione ad un sito di una destinazione urbanistica diversa da quella preesistente, sebbene conformi solo l’attività edilizia futura, preclude la realizzazione e/o l’ampliamento di attività o edifici esistenti che non abbiano una destinazione d’uso compatibile con quella noviter impressa , di guisa che in tali casi sono normalmente consentiti solo interventi di manutenzione o conservativi degli edifici o delle attività già esistenti. Le norme di attuazione possono naturalmente disciplinare la situazione in maniera diversa, ma nel caso di specie non risulta che il PRGC vigente consenta, sui terreni demaniali in questione, l’ampliamento di edifici esistenti, la costruzione di nuovi fabbricati e, per quanto interessa specificamente il caso di specie, l’utilizzazione degli stessi per usi accessori ad attività esistenti, ad esempio per realizzare una estensione della superficie adibita al deposito del materiale da lavorare o lavorato.

Orbene, i documenti relativi alle concessioni demaniali prodotti dalle ricorrenti dimostrano soltanto che la relativa superficie fu data in concessione, ma nulla dicono in ordine alla effettiva estensione della superficie effettivamente ed in concreto adibita a deposito del materiale e non v’è modo di sapere se e quali superfici, dei terreni demaniali costituenti la zona “A”, fossero già utilizzate a tale scopo nel momento in cui entravano in vigore le nuove previsioni urbanistiche. In particolare, per quanto riguarda la c.d. “piarda”, essa era destinata ad ospitare solo dei silos. Se tali superfici fossero individuabili si potrebbe dire che l’attività potrebbe continuare legittimamente nei limiti e con le caratteristiche in cui essa si svolgeva prima delle entrata in vigore delle nuove previsioni urbanistiche. Ma proprio per la ragione che in realtà nulla di preciso è dato sapere sia in ordine al momento in cui l’attività mutò di oggetto, sia in ordine alla ubicazione precisa delle aree che ospitavano i cumuli di materiale da lavorare e lavorato, non si può non convenire con il Dirigente in ordine al fatto che la prosecuzione della attività, come ora esercitata, integrerebbe un illecito edilizio sanzionabilesub specie di mutamento di destinazione d’uso non consentito.

15. Passando ai fabbricati realizzati sui terreni demaniali, un sopralluogo eseguito nell’agosto del 2007 ha rivelato l’esistenza di quanto segue: un fabbricato in letero-cemento ad un piano fuori terra destinato ad uffici di dimensioni 25,15 x 8,60; un vano tecnico in calcestruzzo e tetto piano ad un piano fuori terra con sagoma a “L”, con a fianco la pompa del carburante; una cabina Enel; un capannone con struttura in calcestruzzo di dimensioni 24,50 x 17,25, sul retro del quale sono stati rilevati un bidone, un boiler ed altri rifiuti; un fabbricato in calcestruzzo destinato a mensa servizi; una tettoia lignea delle dimensioni di 3,50 x 3,70; una torre di trattamento inerti in calcestruzzo di mt. 14 x 9; un locale tecnico in blocchi cementizi di 2,55 x 2,05; un accesso carraio con cancello metallico scorrevole; un cumulo di rifiuto formato da rifiuti di vario tipo.

Con riferimento a tutti le menzionate costruzioni, ad eccezione della torre in calcestruzzo per il trattamento di inerti e del locale tecnico di 2,55 x 2,05, la verificazione espletata in corso di causa ha confermato che non risulta essere mai stato rilasciato un titolo edilizio e che, peraltro, non vi è prova che essi siano stati realizzati in epoca anteriore al 1967.

Non si dispone di aero-fotogrammetrie risalenti ad epoca precedente i primi anni settanta; ed anche la planimetria allegata alla domanda di concessione demaniale del 31 maggio 1968 non prova che i manufatti ivi riprodotti sommariamente fossero stati realizzati in epoca anteriore all’entrata in vigore della L. 765/67. Ma anche a voler dare una qualche rilevanza a quanto emerge da tale planimetria non si potrebbe non attribuire rilievo alla circostanza, non contestata da controparte, secondo cui le dimensioni e la sagoma dei fabbricati attualmente esistenti risulta diversa da quella dei fabbricati riprodotti in quella planimetria, i quali sono stati evidentemente demoliti per essere ricostruiti in maggiori dimensioni in epoca più recente (un eventuale intervento di mero ampliamento di quei vecchi fabbricati sarebbe invero visibile nella struttura, ed invece non risulta segnalata né si apprezza dalle fotografie allegate alla verificazione).

In definitiva tutte le costruzioni attualmente esistenti sui terreni demaniali in uso alle Cave Tiro a Segno s.r.l. risultano abusive in quanto non vi è prova che siano state realizzate prima dell’entrata in vigore della L. 765/67, e tuttavia non risultano essere state assentite da alcun atto, che ovviamente erano le ricorrenti a dover produrre.

16. Con riferimento ai cumuli di terra che occupano i mappali 24, 35 ed 87 si deve pure convenire, con le determine dirigenziali impugnate, sul fatto che integrano un abuso edilizio in quanto, da una parte, opera soggetta a preventivo rilascio di permesso di costruire e, d’altra parte, in quanto opera incompatibile con la destinazione urbanistica del sito, che anche in questo caso risulta essere “FV1 – Aree a parco pubblico od assoggettate ad uso pubblico di livello urbano ed interurbano”.

Per giurisprudenza consolidata il combinato disposto degli artt. 3 e 10 del D.P.R. 380/01 impone il preventivo rilascio del permesso di costruire per ogni opera che sia idonea a cagionare una trasformazione del territorio destinata a soddisfare un bisogno di carattere durevole, carattere certamente ravvisabile nel caso di specie, ove è pacifico che i cumuli sono stati realizzati in forza di una autorizzazione triennale rilasciata nel 1992 e mai più prorogata né rinnovata.

Non è seriamente contestabile l’idoneità dei cumuli di che trattasi a determinare una trasformazione del territorio, se si pensa alle dimensioni della superficie a ciò destinata; alle dimensioni degli stessi cumuli, apprezzabili dalla fotografia n. 5 allegata alla verificazione, i quali risultano molto più alti ed estesi del camion parcheggiato proprio nelle vicinanze; ed alla necessità di adattare la conformazione originaria del sito alla nuova utilizzazione, che richiede il continuo passaggio di mezzi meccanici. Né la loro legittimità può farsi discendere dalla mancanza di opere edilizie, stante che l’art. 3 lett. e) del D.P.R. 380/01, laddove richiede la esecuzione di “lavori cui consegua una trasformazione permanente del suolo edificato” al fine di sottoporre a preventivo permesso di costruire la realizzazione di depositi di materiali, di merci o di impianti per attività produttive a cielo aperto, esprime l’esigenza che si tratti di situazioni aventi carattere durevole, carattere che – come già precisato – è certamente già provato nel caso di specie.

Anche la abusività, dal punto di vista edilizio, dei cumuli di inerti realizzati sui mapp. 24, 35 ed 87 deve quindi essere confermata.

17. Prive di fondamento appaiono, ancora, le censure tese a contestare la adeguatezza della motivazione che sorregge l’ordine di demolizione delle opere abusive, che si giustifica con la mera abusività di un’opera: per costante giurisprudenza l’interesse pubblico alla repressione di un abuso è in re ipsa e tale considerazione preclude che, di fronte ad abusi edilizi risalenti nel tempo, si possa dare rilievo a differenti valutazioni, quali ad esempio quelle relative all’eventuale affidamento generato nel privato.

18. Incensurabile appare, infine, la valutazione del Comune relativa alla impossibilità di applicare la c.d. “sanatoria giurisprudenziale” a cospetto della incompatibilità delle opere e della attività con l’attuale destinazione urbanistica: è evidente che in un’ottica di leale collaborazione il Comune, prima di disporre la rimozione degli abusi rilevati, si è posto il problema della di loro eventuale sanabilità, la quale è stata esclusa perché l’evidente incompatibilità con le previsione urbanistiche in vigore sul sito. Non si apprezza, dunque, alcun atteggiamento persecutorio, bensì un ponderato esercizio dei poteri sanzionatori.

19.Passando alle censure afferenti la legittimità del procedimento sanzionatorio il Collegio osserva quanto segue.

Sia l’ordinanza del 15 febbraio 2008 che quella del 17 gennaio 2011 contengono l’avviso che per le opere insistenti sui fondi demaniali l’ordinanza costituiva diffida non rinnovabile ai sensi dell’art. 35 D.P.R. 380/01, con l’avviso che in caso di inottemperanza la demolizione sarebbe stata eseguita a cura del Comune ed a spese del responsabile. Non si apprezza, quindi, alcuna violazione della menzionata disposizione.

Quanto, invece, alla pretesa violazione del principio di proporzionalità integrato dall’avviso di acquisizione in proprietà dei mapp. 24, 35 ed 87 per il caso di mancata ottemperanza alla ordinanza di rimozione dei cumuli, va detto che tale acquisizione costituisce un atto dovuto e peraltro suscettibile di maggior specificazione a seguito della inottemperanza, allorché l’Amministrazione identifica il perimetro dell’area da acquisire in proprietà. La censura è quindi infondata, sia per mancanza di lesività attuale, sia perché l’acquisizione in proprietà costituisce un atto addirittura automatico conseguente alla inottemperanza all’ordine di demolizione.

20. Le argomentazioni che precedono danno pienamente ragione della legittimità sia della ordinanza 15 febbraio 2008, come modificata dalla ordinanza 5 marzo 2008, sia della ordinanza 17 gennaio 2011, che si giustificano anche solo sulla base dei menzionati argomenti, con assorbimento di ogni ulteriore censura.

Vanno pertanto respinti i motivi aggiunti, mentre il ricorso introduttivo del giudizio va dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse, avendo lo stesso ad oggetto l’ordinanza del 2007, con la quale era stata disposta la sospensione della attività esercitata dalla ricorrente , ampiamente superata dai provvedimenti successivi di cui si è acclarata la legittimità.

La particolarità del caso di specie suggerisce la compensazione delle spese del giudizio, ad eccezione delle spese di verificazione, che si pongono interamente a carico di parte ricorrente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, respinge i motivi aggiunti depositati il 15 aprile 2008 ed 3 marzo 2011 e dichiara improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse il ricorso introduttivo del giudizio.

Compensa le spese del giudizio e pone le spese di verificazione definitivamente a carico di parte ricorrente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 18 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:

Lanfranco Balucani, Presidente

Roberta Ravasio, Primo Referendario, Estensore

Ariberto Sabino Limongelli, Primo Referendario

Da Assegnare Magistrato, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 25/07/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)