TAR Campania (NA), Sez. VIII, n. 1400, del 12 marzo 2013
Urbanistica.Legittimità diniego sanatoria per deposito materiali e recupero rifiuti in area agricola

E’ legittimo il diniego del permesso di costruire in sanatoria per la realizzazione di un deposito di materiali con relativo ufficio per il recupero di rifiuti non pericolosi provenienti dalle demolizioni e dall’edilizia in genere, in area agricola. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 01400/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00376/2012 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 376/ 12 R.G, proposto da: 
Taxus S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t. rappresentata e difesa dall'avvocato Fabrizio Perla, con domicilio eletto presso lo stesso in Napoli, via Santa Brigida, 39;

contro

Comune di Carinaro in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Guido D'Angelo, con domicilio eletto presso lo stesso in Napoli, via del Rione Sirignano n.6;

per l'annullamento

del provvedimento del Comune di Carinaro n.6925/2011 con si comunica il diniego della richiesta del permesso di costruire in sanatoria per la realizzazione di un deposito di materiale edile.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Carinaro;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Data per letta nell'udienza pubblica del 6 marzo 2013 la relazione del consigliere Paolo Corciulo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

In data 18 ottobre 2010 la Taxus s.r.l., società conduttrice di un fondo di proprietà della signora Della Gatta Giuseppina, avente destinazione agricola ed ubicato nel territorio del Comune di Carinaro, presentava istanza n. 4788 per la realizzazione di un deposito di materiali con relativo ufficio per il recupero di rifiuti non pericolosi provenienti dalle demolizioni e dall’edilizia in genere.

Dopo numerosi solleciti rimasti senza effetto, l’amministrazione comunale inviava preavviso di diniego ai sensi dell’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990 n. 241, rilevando che “nel P.U.C. adottato con deliberazione del Consiglio comunale n. 37 dell’8 giugno 2011 l’area interessata dal progetto ha la destinazione di zona agricola con proposta di destinazione a parco urbano di salvaguardia agricola, non pertinente con l’intervento proposto”. Seguiva definitivo provvedimento di diniego n. 6925 del 25 ottobre 2011, avente medesima motivazione.

La Taxus s.r.l. ha così proposto ricorso a questo Tribunale chiedendo l’annullamento del diniego, deducendo che la destinazione agricola dell’area interessata in sé non sarebbe tale da giustificare la bocciatura del progetto, dal momento che, secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, tale caratteristica impedirebbe la sola attività edilizia di tipo residenziale; la ricorrente ha poi richiamato, come precedente in termini, la sentenza della Terza Sezione di questo Tribunale del 6 ottobre 2009 n. 5175, evidenziando altresì che il PUC adottato non aveva cambiato la destinazione agricola originaria.

Si è costituito in giudizio il Comune di Carinaro concludendo per il rigetto del ricorso.

All’udienza pubblica del 6 marzo 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.

Il ricorso non è meritevole di accoglimento.

Rileva il Collegio che l’orientamento secondo cui la destinazione agricola assegnata a zone del territorio da parte dello strumento generale di pianificazione urbanistica, in tanto può assumere quel carattere di generalità invocato dalla società ricorrente, tale alla fine da sfociare in una sostanziale neutralità dal punto di vista della classificazione urbanistica, così da rendere compatibili con essa i più disparati interventi aventi destinazione diversa da quella propriamente agricola – purchè non residenziale - in quanto manchi un’espressa volontà generale di realizzare obiettivi di specifica salvaguardia e promozione proprio dell’attività di coltivazione; pertanto, la tesi propugnata dalla ricorrente non può spingersi al punto da giungere a sfumare la significatività propria della destinazione agricola, ove l’ente pianificatore abbia invece espressamente voluto renderla oggetto di particolare tutela; diversamente opinando, infatti, si rischierebbe di trasformare la destinazione agricola in un concetto equivalente di zona territoriale omogenea non residenziale, eccedendo in tal modo l’interprete nel percorso di disancoramento dal dato letterale che, in ogni caso, nella fattispecie esprime comunque l’originario significato di zona legata all’esercizio dell’agricoltura.

Nel caso in esame, come è possibile rilevare dalla motivazione contenuta nell’impugnato diniego, nonché dagli atti generali di pianificazione depositati dalla difesa del Comune di Carinaro (art. 34 del P.R.G. vigente e disciplina delle Zone E1 e E2 del PUC in fase di approvazione), la destinazione dell’area interessata dall’intervento non è affatto da intendersi come “genericamente agricola”, quindi in un certo senso aspecifica, ma piuttosto come manifestazione di una volontà precisa di promozione e conservazione dell’identità colturale tradizionale, anche attraverso il progetto di creazione di un Parco Urbano di Salvaguardia Agricola; d’altronde, nel disegno configurato dal soggetto titolare del potere di pianificazione il perseguimento di tale obiettivo dovrebbe consentire, congiuntamente al divieto di edificazione, non solo di evitare saldature tra zone già urbanizzate del territorio, ma anche di favorire l’attività di coltivazione dei fondi e di rendere tale parte del territorio una meta fruibile per attività di escursioni e svago per i cittadini; e si tratta di finalità esclusive del tutto incompatibili con l’attività produttiva cui sarebbe stato destinato l’impianto per la cui realizzazione è stato richiesto dalla società ricorrente il denegato permesso di costruire.

Va, da ultimo, aggiunto che la congruità e correttezza della motivazione opposta, non risultano minimamente scalfite dalla denunciata mancata osservanza di un precedente giurisprudenziale che, a prescindere dalla specifica aderenza al caso in esame, giammai avrebbe potuto vincolare l’amministrazione oltre i limiti del caso deciso.

Le spese seguono la soccombenza con condanna della società ricorrente al relativo pagamento in favore del Comune di Carinaro che si liquidano nella misura di €2.000,00(duemila/00).

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

lo respinge e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del Comune di Carinaro nella misura di €2.000,00(duemila /00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2013 con l'intervento dei magistrati:

Antonino Savo Amodio, Presidente

Paolo Corciulo, Consigliere, Estensore

Gianluca Di Vita, Primo Referendario

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 12/03/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)