TAR Campania (SA) Sez.II n. 352 del 9 marzo 2020
Urbanistica.Realizzazione soppalco
 
La costruzione di un soppalco rientra nell'ambito degli interventi edilizi minori, per i quali non è richiesto il permesso di costruire, allorquando sia insuscettibile di incrementare la superficie dell'immobile, ossia allorquando lo spazio realizzato col soppalco consista in un vano chiuso, senza finestre o luci, di altezza interna modesta, tale da renderlo assolutamente non fruibile al soggiorno delle persone


Pubblicato il 09/03/2020

N. 00352/2020 REG.PROV.COLL.

N. 01843/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1843 del 2018, proposto da
Emma Cuomo, rappresentata e difesa dagli avvocati Simona Corradino, Francesco Lanocita, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Atrani, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

dell'ordinanza di demolizione n. 7 del 21/09/2018.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2019 il dott. Olindo Di Popolo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


Premesso che:

- col ricorso in epigrafe, Cuomo Emma (in appresso, C. E.) impugnava, chiedendone l’annullamento, l’ordinanza di demolizione n. 7 del 21 settembre 2018, emessa dal Responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Atrani, unitamente alla relazione di sopralluogo prot. n. 3405 del 9 agosto 2018;

- gli abusi contestati consistevano nelle seguenti opere sine titulo, nonché in violazione della normativa antisismica, presso l’immobile in proprietà della ricorrente, ubicato in Atrani, via Arte della Lana, censito in catasto al foglio 1, particella 257, sub 1, nonché ricadente in zona sottoposta a vincolo paesaggistico giusta d.m. 22 settembre 1960: «1. Nella zona living sul lato destro entrando, è stata realizzata una partizione orizzontale in metallo e legno, poggiata a terra e realizzata a ridosso della pareti, delle dimensioni di circa 1,46 x 2,48 m, superficie calpestabile di 3.65 mq (20,8% della superficie utile dell’immobile) con altezza utile massima di circa 1,83 m ed altezza dal pavimento di circa 2,04 accessibile tramite una scala del medesimo materiale avente dimensioni in pianta di circa 0,55 x 3,30 m, e dislivello pari all’altezza della partizione. 2. Sono stati realizzati dei gradini discendenti all’ingresso per un dislivello di circa 33 cm, mentre l’altezza misurava nell’area living, nel corso del sopralluogo, da un massimo di 3,95 m ad un minimo 3,52 m. Tenendo conto dello stato dell’immobile e degli orizzontamenti a volta, e dei criteri riportati nella relazione tecnica prot. n. 3405 del 9 agosto 2018, atto di P.G., è stato calcolato un incremento volumetrico come segue, partendo da una superficie utile di circa 17,50 mq: volume preesistente: 17,50 mq x 3,30 m = 57,75 mc; volume attuale: 17,50 x 3,63 m = 63,53 mc; incremento volumetrico: (63,53 – 57,75 =) mc 5,78 mc (+10%). 3. E’ stato effettuato un mutamento di destinazione d’uso all’attuale destinazione A/4, abitativa, dichiarata nei documenti catastali e riscontrabile dal sopralluogo effettuato, laddove l’immobile aveva, storicamente, destinazione C/4 “Fabbricati e locali per servizi sportivi”»;

- nell’avversare l’adottata misura repressivo-ripristinatoria, la C. deduceva, in estrema sintesi, che: -- trattandosi di acclarata violazione dell’art. 22 del d.p.r. n. 380/2001, nonché in assenza dei presupposti della richiamata normativa antisismica, la realizzazione del contestato soppalco non avrebbe potuto sanzionarsi in via demolitoria; -- il dislivello del calpestio dell’unità immobiliare controversa rispetto all’esterno piano di campagna sarebbe dipeso non già da un abbassamento della relativa quota (comportante il ravvisato incremento volumetrico), bensì dall’innalzamento del pianerottolo antistante l’ingresso dell’edificio; -- il contestato mutamento di destinazione d’uso sarebbe irrilevante, in quanto operato in via catastale (ossia ai fini fiscali) e in quanto, comunque, intervenuto tra categorie funzionali omogenee; -- l’ordinanza di demolizione n. 7 del 21 settembre 2018 non sarebbe stata preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio ex art. 31 del d.p.r. n. 380/2001 né sarebbe stata adeguatamente motivata avuto riguardo al considerevole arco temporale trascorso dalla commissione degli illeciti edilizi riscontrati;

- l’intimato Comune di Atrani, non costituitosi ritualmente in giudizio mediante difensore patrocinante, depositava la relazione del Responsabile dell’Ufficio Tecnico Comunale prot. n. 182 del 9 gennaio 2019;

- a sua volta, la ricorrente versava in atti la relazione tecnica asseverata a cura del professionista all’uopo incaricato;

- all’udienza pubblica del 18 dicembre 2019, la causa era trattenuta in decisione;

Considerato, innanzitutto, che:

- l’emessa ordinanza di demolizione, per la sua natura di atto urgente dovuto e rigorosamente vincolato, non implicante valutazioni discrezionali, ma risolventesi in meri accertamenti tecnici, fondato, cioè, su un presupposto di fatto rientrante nella sfera di controllo del soggetto interessato, non richiede apporti partecipativi di quest’ultimo, il quale, in relazione alla disciplina tipizzata dei procedimenti repressivi, contemplante la preventiva contestazione dell'abuso, ai fini del ripristino di sua iniziativa dell'originario assetto dei luoghi, viene, in ogni caso, posto in condizione di interloquire con l'amministrazione prima di ogni definitiva statuizione di rimozione d'ufficio delle opere abusive; tanto più che, in relazione ad una simile tipologia provvedimentale, può trovare applicazione l’art. 21 octies della l. n. 241/1990, che statuisce la non annullabilità dell’atto adottato in violazione delle norme sul procedimento, qualora, per la sua natura vincolata, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello concretamente enucleato (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. V, n. 6071/2012; sez. VI, n. 2873/2013; n. 4075/2013; sez. V, n. 3438/2014; sez. III, n. 2411/2015; sez. VI, n. 3620/2016; TAR Campania, Napoli, sez. III, n. 107/2015; Salerno, sez. II, n. 69/2015; Napoli, sez. IV, n. 685/2015; sez. II, n. 1534/2015; Salerno, sez. II, n. 664/2015; n. 1036/2015; Napoli, sez. III, n. 4392/2015; n. 4968/2015; sez. VIII, n. 1767/2016; sez. IV, n. 4495/2016; n. 4574/2016; sez. III, n. 121/2017; n. 677/2017; sez. VI, n. 995/2017; sez. IV, n. 2320/2017; sez. VIII, n. 4122/2017; sez. III, n. 5967/2017; Salerno, sez. II, n. 24/2018; Napoli, sez. III, n. 898/2018; n. 1093/2018; sez. IV, n. 1434/2018; n. 1719/2018; n. 2241/2018; TAR Lazio, Roma, sez. I, n. 2098/2015; n. 10829/2015; n. 10957/2015; n. 2588/2016; TAR Puglia, Lecce, sez. III, n. 1708/2016; n. 1552/2017);

- l’ingiunta misura repressivo-ripristinatoria, in quanto – come detto – atto dovuto e rigorosamente vincolato, era affrancata dalla ponderazione discrezionale del confliggente interesse al mantenimento in loco della res, dove l’interesse pubblico risiede in re ipsa nella riparazione (tramite ripristino dello stato dei luoghi) dell’illecito edilizio e, stante il carattere permanente di quest’ultimo, non viene meno per il mero decorso del tempo, insuscettibile di ingenerare affidamenti nel soggetto trasgressore (cfr., ex multis, Cons. Stato, ad. plen., n. 9/2017; sez. IV, n. 3955/2010; sez. V, n. 79/2011; sez. IV, n. 2592/2012; sez. V, n. 2696/2014; sez. VI, n. 3210/2017; TAR Campania, sez. VI, n. 17306/2010; sez. VII, n. 22291/2010; sez. VIII, n. 4/2011; n. 1945/2011; sez. III, n. 4624/2016; n. 5973/2016; sez. VI, n. 2368/2017; sez. VIII, n. 2870/2017; TAR Puglia, Lecce, sez. III, n. 1962/2010; n. 2631/2010; TAR Piemonte, Torino, sez. I, n. 4164/2010; TAR Lazio, Roma, sez. II, n. 35404/2010; TAR Liguria, Genova, sez. I, n. 432/2011);

Considerato, altresì, che:

- la C. non riesce a confutare fondatamente l’addebito di incremento volumetrico (pari a mc 5,78) dell’unità immobiliare in sua proprietà mediante abbassamento della quota di calpestio (non inverosimilmente realizzato al fine di rendere fruibile il soppalco, sia pure in funzione di deposito-ripostiglio);

- essa si limita, infatti, a formulare obiezioni meramente congetturali – non adeguatamente corroborate dalla documentazione fotografica esibita in giudizio – quale, segnatamente, quella incentrata sul presunto innalzamento del pianerottolo antistante l’ingresso dell’edificio;

- in realtà, a dispetto degli assunti attorei, e come congruentemente illustrato ed argomentato – sulla scorta della coincidenza di misura tra il dislivello dei gradini di ingresso e lo scostamento di altezza media dei locali, risultanti, rispettivamente, dalla planimetria storica e dagli esiti del sopralluogo del 18 luglio 2018 – nella relazione del Responsabile dell’Ufficio Tecnico Comunale prot. n. 182 del 9 gennaio 2019, oltre che nella stessa ordinanza di demolizione n. 7 del 21 settembre 2018: «Dalla planimetria storica si evince un’altezza di 3,30 m, e non vi è traccia dei gradini all’ingresso per un dislivello di 32 cm, mentre l’altezza misurata nell’area living va da un massimo di 3,95 m ad un minimo di 3,52 m misurato ai piani di imposta. La planimetria aggiornata al 19 luglio 2018 riporta un’altezza da un minimo di 3,00 m ad un massimo di 3,90. Avendo l’immobile i soffitti a volte, immutati nel tempo, si potrebbe presumere che l’altezza indicata in planimetria storica fosse un’altezza media, pertanto ha senso mediare anche le altezze rinvenute attualmente per fare un raffronto. La media delle altezze rinvenute nel corso del sopralluogo del 18 luglio 2018 nei punti principali (centri volte, piani di imposta e tratto del corridoio) restituisce un valore di circa 3,63 m, e dunque un incremento di altezza di circa 0,33 m … che corrisponde al dislivello dei gradini di ingresso, mediante abbassamento del piano di calpestio»;

Considerato, poi, che:

- per ammissione della stessa amministrazione comunale intimata (cfr. relazione del Responsabile dell’Ufficio Tecnico Comunale prot. n. 182 del 9 gennaio 2019), il soppalco contestato, per le relative caratteristiche dimensionali e strutturali, è configurabile a guisa di vano adibito a deposito-ripostiglio ed è da intendersi, come tale, assoggettato non già al regime abilitativo del permesso di costruire, bensì al regime abilitativo della SCIA;

- al riguardo, giova rammentare che, per giurisprudenza consolidata, la costruzione di un soppalco rientra nell'ambito degli interventi edilizi minori, per i quali non è richiesto il permesso di costruire, allorquando sia insuscettibile di incrementare la superficie dell'immobile, ossia allorquando – come, appunto, nella specie – lo spazio realizzato col soppalco consista in un vano chiuso, senza finestre o luci, di altezza interna modesta, tale da renderlo assolutamente non fruibile al soggiorno delle persone (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. VI, n. 4166/2018; sez. IV, n. 4780/2019; sez. II, n. 5518/2019);

- di qui, dunque, l’illegittimità della misura repressivo-ripristinatoria adottata nei confronti della C.;

- né vale a menomare tale approdo la circostanza che, a norma dell’art. 37, comma 6, del d.p.r. n. 380/2001, invocato dal Comune di Atrani, in assenza della prescritta SCIA, «resta comunque salva, ove ne ricorrano i presupposti in relazione all’intervento realizzato, l’applicazione delle sanzioni di cui agli articoli 31, 33, 34, 35 e 44»;

- ed invero, l’amministrazione intimata non ha argomentato in sede procedimentale né in sede processuale come e perché ricorressero i presupposti applicativi della sanzione demolitoria;

Considerato, infine, che:

- i dati catastali non sono decisivi ai fini dell'accertamento della legittimità urbanistico-edilizia di un immobile, perché il catasto viene implementato a seguito di comunicazioni e dichiarazioni dei soggetti interessati, sulle quali l'amministrazione finanziaria può, al più, esercitare un riscontro formale ab externo (cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 631/2015; TAR Puglia, Lecce, sez. III, n. 2615/2015; TAR Marche, Ancona, n. 664/2017);

- conseguentemente, la circostanza – enfatizzata dal Comune di Atrani – che, in data 26 marzo 1991, l’immobile controverso abbia subito una variazione di classamento catastale dalla categoria C/4 (Fabbricati e locali per servizi sportivi) alla categoria A/4 (Abitazioni di tipo popolare) non sta, di per sé, a significare anche che esso abbia subito un corrispondente mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante rispetto alla sua originaria legittimazione;

Ritenuto, in conclusione, che:

- stante l’acclarata fondatezza delle censure rivolte ai punti 1 e 3 dell’ordinanza di demolizione n. 7 del 21 settembre 2018, e la ravvisata infondatezza delle altre censure, così come dianzi scrutinate, il ricorso in epigrafe deve essere accolto limitatamente alle prime, con conseguente annullamento in parte qua del provvedimento con esso impugnato;

- quanto alle spese di lite, considerati i profili di reciproca soccombenza, sussistono giusti motivi per dichiararle irripetibili nei confronti del non ritualmente costituito Comune di Atrani;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla in parte qua l’ordinanza di demolizione n. 7 del 21 settembre 2018.

Spese irripetibili.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2019 con l'intervento dei magistrati:

Maria Abbruzzese, Presidente

Paolo Severini, Consigliere

Olindo Di Popolo, Consigliere, Estensore