TAR Liguria, Sez. I, n. 1002, del 3 dicembre 2015
Urbanistica.Realizzazione dell’ascensore con sporti di uscita sulla facciata retrostante del condominio.

La giurisprudenza ha condivisibilmente negato la natura di costruzione all’ascensore realizzato all’esterno di un caseggiato, in quanto l’aggiunta di tale manufatto non avrebbe potuto essere ammessa dalla conformazione della tromba delle scale o degli altri ambienti interni. La decisione è giunta all’esito di una riflessione che ha portato a delineare la nozione di volume tecnico come quell'opera edilizia priva di alcuna autonomia funzionale, anche potenziale, che viene destinata a contenere gli impianti serventi di una costruzione principale per esigenze tecnico-funzionali della costruzione medesima. Si tratta di quegli impianti necessari per l'utilizzo dell'abitazione che tuttavia non possono essere ubicati all'interno di questa, come quelli connessi alla condotta idrica, termica o all'ascensore. La nozione così introdotta è derivata appunto dalla consapevolezza maturata in giurisprudenza relativamente al significato della proprietà, soprattutto condominiale, in una società che è mutata anche anagraficamente, e che considera l’ascensore come un bene indispensabile non solo alla vita delle persone con problemi di deambulazione, ma anche di coloro che trovano sempre più difficoltoso salire e scendere i numerosi piani di scale che li separano dalle vie pubbliche. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 01002/2015 REG.PROV.COLL.

N. 00727/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 727 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto dall’ingegner Luigi Beraldo rappresentato e difeso dagli avvocati Luigi Pizzorni e Marco Giannini, con domicilio eletto presso il primo a Genova in via xx settembre 14/31; 

contro

Comune di Recco in persona del sindaco in carica; 

nei confronti di

condominio di via Cavour 52 a Recco in persona dell’amministratore in carica rappresentato e difeso dagli avvocati Silvia Repetto e Carlotta Zerega con domicilio eletto presso la prima a Genova in via Marcello Durazzo 1/9; 

e con l'intervento di

ad opponendum:
signora Chiara Novella rappresentata e difesa dagli avvocati Silvia Repetto e Carlotta Zerega con domicilio eletto presso la prima a Genova in via Marcello Durazzo 1/9; 

per l'annullamento

del provvedimento 18.5.2015, n. 15 del comune di Recco

della nota 25.5.2015, n. 12846 del comune di Recco

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione del condominio resistente

visto l’atto notificato contenente l’intervento ad opponendum della signora Chiara Novella

visto l’atto notificato contenente motivi aggiunti di impugnazione

visti gli atti e le memorie depositate;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 novembre 2015 il dott. Paolo Peruggia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

L’ingegner Luigi Beraldo si ritenne leso dalle determinazioni indicate nell’epigrafe per il cui annullamento notificò l’atto 29.7.2015, depositato il 4.8.2015, affidato alle seguenti censure:

violazione dell’art. 7 della legge 7.8.1990, n. 241 in tema di partecipazione, imparzialità, pubblicità e trasparenza dell’azione amministrativa, eccesso di potere per contraddittorietà tra provvedimenti, illogicità, erroneità manifesta, ingiustizia grave e manifesta.

Violazione dell’art. 3 della legge 7.8.1990, n. 241, dell’art. 9 comma 1 del dm 1444 del 1968, dell’art. 79 del dpr 6.6.2001, n. 380, degli artt. 873 e 907 cod. civ., eccesso di potere per insufficiente istruttoria e motivazione, travisamento dei fatti e dei presupposti, erroneità manifesta.

Si è costituito in causa il condominio di Recco in via Cavour 52 che ha chiesto respingersi la domanda.

Con atto debitamente notificato è intervenuta in causa la signora Chiara Novella che ha chiesto respingersi la domanda.

Con atto notificato il 16.10.2015, depositato il 26.10.2015, il ricorrente ha dedotto il seguente ulteriore motivo:

violazione dell’art. 3 della legge 7.8.1990, n. 241, dell’art. 9 comma 1 del dm 1444 del 1968, dell’art. 79 del dpr 6.6.2001, n. 380, degli artt. 873 e 907 cod. civ., della normativa in tema di superamento delle barriere architettoniche, omessa motivazione, travisamento dei fatti e degli atti presupposti.

Le parti hanno depositato memorie e documenti.

L’impugnazione è rivolta contro gli atti del comune di Recco che hanno assentito la realizzazione dell’ascensore con sporti di uscita sulla facciata a settentrione del condominio resistente: si tratta di un immobile elevato per cinque piani fuori terra che dalla documentazione risulta non avere altre possibilità di installare l’ascensore al servizio dei suoi abitanti. Il fabbricato di proprietà dell’interessato è ubicato in posizione retrostante rispetto al condominio, sì che si pongono questioni soprattutto sulle distanze tra il bene in progetto e l’abitazione del ricorrente.

L’amministrazione condominiale presentò perciò la d.i.a. che preannunciava l’inizio delle opere, il ricorrente intervenne nel procedimento, ottenne la sospensione dei lavori, la cui esecuzione è stata invece legittimata dall’impugnata revoca della citata sospensione.

Con il primo motivo l’interessato denuncia la violazione procedimentale che vizierebbe la revoca impugnata, in quanto trattasi di un atto che incide su una pregressa situazione tutelata, sì che la sua perdita di efficacia può essere decisa solo previo il rispetto delle garanzie procedimentali; nella specie tale osservanza non vi sarebbe stata, posto che l’atto con cui l’amministrazione preannunciava l’intendimento di revocare la precedente sospensione dell’efficacia della d.i.a. è stato inviato il 6.5.2015, che tale comunicazione venne ricevuta dall’odierno ricorrente il 13.5.2015, e che l’atto lesivo è datato 18.5.2013.

Su tali presupposti il collegio deve convenire con la censura, posto che la revoca della sospensione dell’efficacia della d.i.a. che era stata decisa informava favorevolmente la situazione giuridica del ricorrente, sì che egli avrebbe avuto titolo ad avere per tempo la comunicazione ed a controdedurre.

Il motivo è pertanto fondato, ma la sua attitudine a comportare l’annullamento delle determinazioni impugnate (art. 21 octies della legge 7.8.1990, n. 241) potrà essere apprezzata all’esito dell’esame degli ulteriori profili dedotti.

Con la seconda articolata censura il ricorrente lamenta nell’ordine la violazione:

dell’art. 9 del dm 2.4.1968, n. 1444;

dell’art. 79 del dpr 6.6.2001, n. 380;

degli artt. 873 e 907 del codice civile.

La norma di cui al decreto 1444/1968 sarebbe violata in quanto non intercorrerebbe il necessario distacco tra la parete finestrata dell’immobile di proprietà dell’interessato e la cabina dell’ascensore che è prevista in vetro con poggioli installati ai diversi piani, così da permettere il transito degli utenti verso gli appartamenti posti ai vari livelli.

La violazione denunciata deriverebbe dalla misurazione operata dal tecnico officiato dal ricorrente, che tuttavia ha considerato le distanze esistenti tra i due fabbricati tracciando una linea in diagonale, e con ciò violando le regole che la condivisa giurisprudenza ha istituito al riguardo (cass. 25.6.1993, n. 7048, tar Sardegna, 14.5.2014, n. 335) che ritiene invece illegittimo l’apprezzamento dei distacchi tra gli edifici avvalendosi del criterio radiale. Ne consegue che non avendo i due immobili una diretta frontistanza la misura indicata è erronea e non può essere condivisa.

Con un successivo profilo di impugnazione il ricorrente lamenta che la cabina dell’ascensore sarà posta a meno di tre metri dal muro confinario esistente tra le due proprietà, bene su cui è tra l’altro edificato un parapetto che consente la vista sul condominio, sì che la nuova edificazione si porrebbe in violazione degli artt. 873 e 907 cod. civ.

In ordine alla prima delle norme citate si osserva che la giurisprudenza (cass. 3.2.2011, n. 2566 e cons. Stato, 6253 del 2012) ha condivisibilmente negato la natura di costruzione all’ascensore realizzato all’esterno di un caseggiato, in quanto l’aggiunta di tale manufatto non avrebbe potuto essere ammessa dalla conformazione della tromba delle scale o degli altri ambienti interni.

La decisione soprattutto della corte di cassazione è giunta all’esito di una riflessione che ha portato a delineare la nozione di volume tecnico come quell'opera edilizia priva di alcuna autonomia funzionale, anche potenziale, che viene destinata a contenere gli impianti serventi di una costruzione principale per esigenze tecnico-funzionali della costruzione medesima. Si tratta di quegli impianti necessari per l'utilizzo dell'abitazione che tuttavia non possono essere ubicati all'interno di questa,

come quelli connessi alla condotta idrica, termica o all'ascensore.

La nozione così introdotta è derivata appunto dalla consapevolezza maturata in giurisprudenza relativamente al significato della proprietà, soprattutto condominiale, in una società che è mutata anche anagraficamente, e che considera l’ascensore come un bene indispensabile non solo alla vita delle persone con problemi di deambulazione, ma anche di coloro che trovano sempre più difficoltoso salire e scendere i numerosi piani di scale che li separano dalle vie pubbliche (nel caso in questione sino a quattro livelli sopra quello terreno).

L’applicazione dei condivisi principi giurisprudenziali al caso di specie comporta la dichiarazione di infondatezza del motivo in esame, posto che il computo delle distanze tra le proprietà non può tener conto dell’innovazione rappresentata dalla colonna dell’ascensore in progetto, non dovendosi mutare tale opinione solo perché la rappresentazione grafica del manufatto erigendo prefigura degli spazi destinati allo sbarco degli utenti ai diversi livelli; si tratta infatti degli accessori di un manufatto che non va considerato volume tecnico per le ragioni esposte, sì che anche i piccoli spazi previsti appunto per la salita e la discesa dei passeggeri non possono far mutare l’opinione al riguardo.

Un’ulteriore censura va esaminata, benché essa presupponga la disattesa considerazione dell’ascensore come costruzione, e come tale ne afferma la soggezione alla disciplina sulle distanze legali.

Rileva al riguardo il ricorrente che il vano ascensore in progetto fronteggerà la parete rocciosa che si contrappone alla facciata nord del condominio controinteressato, e che venne scavata alla base al tempo della costruzione del caseggiato.

La deduzione è corroborata dalla citazione della giurisprudenza che, ai fini del controllo del rispetto delle distanze legali, considera i rilievi di terra creati dall’opera dell’uomo alla stregua di una costruzione, così come può dirsi almeno in parte per la parete posta a settentrione del condominio.

L’assunto è ulteriormente sviluppato con la considerazione della proprietà del muro o parete in capo al ricorrente, ovvero con quella della comproprietà del versante tra le parti in causa, cosa che legittimerebbe comunque l’interessato a dedurre il vizio in considerazione.

Il tribunale non può condividere neppure questo motivo.

Non è infatti prodotto alcun documento che permetta di ritenere che la proprietà del ricorrente si estenda sino al muro, dovendosi per ciò ritenere la carenza di idonei titoli a dar la prova del diritto affermato.

Per sostenere la tesi in esame nel corso dell’udienza per la discussione della causa il difensore del ricorrente ha fatto riferimento a quanto si deduce dai documenti nn. 12 e 13 prodotti dal condominio il 16.10.2015 per affermare che il confine tra le proprietà in contestazione passa sul colmo della parete, restando così insufficiente il distacco tra la facciata della casa ed il fronte roccioso.

Anche in questo caso è possibile rilevare che l’interessato nulla ha allegato in ordine al diritto vantato sui beni in questione, sì che la mera produzione ad opera della controparte di una raffigurazione dello stato dei luoghi può difficilmente essere ricondotta alla nozione di asserzione fatta contra se.

Appare piuttosto corretto l’esame della situazione in fatto alla luce della norme che il codice civile dedica al rapporto tra proprietà vicine, risultando corretto affermare che la specie è regolata dall’art. 881 c.c., in quanto la stessa memoria notificata contenente i motivi aggiunti espone che in caso di pioggia l’acqua scorre sulla parete di che si tratta e così in direzione del fondo condominiale. Ciò configura la situazione del piovente, terminologia utilizzata dalla norma citata per attribuire la titolarità esclusiva del diritto reale sul muro a colui che deve sopportare la caduta delle acque da un tetto o appunto lungo un muro.

Deve pertanto concludersi che anche a voler considerare l’ascensore alla stregua di una costruzione non è dal muro divisorio che possono misurarsi le distanze di legge, trattandosi di un bene che, allo stato delle produzioni e nei limiti della cognizione prevista dall’art. 8 c.p.a., va attribuito in piena proprietà al condominio controinteressato.

E’ poi dedotta l’illegittimità degli atti impugnati, nella parte in cui integrano la violazione dell’art. 907 cc che deriverebbe dalla vicinanza tra la cabina dell’ascensore in progetto ed il prospetto da cui il ricorrente dichiara di esercitare il diritto di veduta sul fondo del condominio sottostante. La censura è pertanto nel senso che il prospetto (ad esempio immagine di cui al doc. 11 della produzione del condominio 16.10.2015) posto sulla sommità della parete o muro che suddivide i rispettivi fondi aggetta sul condominio, sì che risulterebbero illegittimi gli atti impugnati nella parte in cui hanno ammesso la possibilità di apporre la cabina dell’ascensore ad una distanza inferiore a quella prevista dalla norma denunciata, che a sua volta richiama la modalità di misurazione del distacco che è prevista dall’art. 905 cc.

Il motivo così formulato peraltro collide con la condivisa giurisprudenza (ad esempio cass. 7.4.2015, n. 6927) che nega la possibilità di configurare l’esistenza del diritto di veduta quando il suo esercizio sia previsto dalla sommità di un muro che costituisce elemento divisorio tra due o più fondi: nella specie sì è già rilevata la scarsa chiarezza circa il confine tra i fondi, ma è certo che la doglianza si basa sulla violazione del diritto che il ricorrente ritrarrebbe dagli atti impugnati ove l’ascensore fosse posto a distanza inferiore a quella di legge rispetto al punto sommitale della parete.

La tutela legale di una consimile situazione di fatto è peraltro esclusa dalla lettura data dalla corte di cassazione alla norme denunciate, con che anche questo motivo non può trovare favorevole considerazione.

 

Tali conclusioni inducono a ritenere inammissibili anche le censure proposte con i motivi aggiunti, posto che la mancata prova della posizione differenziata in capo al ricorrente esclude che egli possa legittimamente censurare l’inserimento del nuovo ascensore nella facciata nord del condominio resistente.

In conclusione l’infondatezza o l’inammissibilità di tutti i rilievi sollevati dal ricorrente esclude l’incidenza dell’omissione procedimentale rilevata nel corso dell’esame del primo motivo di impugnazione sulla legittimità dei provvedimenti (art. 21 octies citato).

Il ricorso va pertanto accolto in parte, in parte respinto o dichiarato inammissibile, ma gli atti impugnati non possono essere annullati.

L’esito della lite comporta la compensazione delle spese occorse tra tutte le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Prima)

Accoglie in parte il ricorso, per altra parte lo respinge e lo dichiara inammissibile, disattesa l’istanza di annullamento degli atti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 26 novembre 2015 con l'intervento dei magistrati:

Roberto Pupilella, Presidente

Paolo Peruggia, Consigliere, Estensore

Richard Goso, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 03/12/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)